domenica 27 marzo 2011

UN EROE DEI NOSTRI TEMPI

Questa volta parliamo di Roberto Saviano. Basta leggere le scarne righe di Wikipedia per capire che Saviano, prima dell’uscita del fortunato “Gomorra” era un nessuno perfetto. Non aveva scritto nulla degno di nota, anche come giornalista, titolo di cui si fregia, non se ne hanno particolari notizie. Dunque, questo personaggio, nato nel 1979, deve la sua fortuna ad un libro come “Gomorra”. Dopo, è da notare, non ha praticamente scritto altro che remake del primo libro. Anche il meno fortunato “Vieni via con me” è il prodotto della collaborazione con un altro discutibilissimo personaggio come Fabio Fazio, di cui discorreremo più avanti. Vediamo un po’ più da vicino il libro: non si tratta di un romanzo, ma di un libro-documento, di una infinita noia (io stesso ho durato fatica ad arrivare all’ultima riga), una giustapposizione di documenti, eventi, commenti per lo più asettici su quanto prima esposto dall’autore. Tanto valeva leggere il rapporto annuale della Direzione Antimafia. Saviano non ha il dono della scrittura: non sa appassionare, elenca ma non convince, non sa calamitare l’interesse del lettore sulle sue pedanti osservazioni. Dunque, con Saviano abbiamo scoperto che c’è la Camorra. O bella, ma questo lo sapevamo già. Sapevamo benissimo che una cospicua parte del territorio italiano gode di uno strano regime politico ed economico di extraterritorialità, un po’ come se fosse una enclave in terra straniera, o uno stato sovrano come San Marino. Che un quartiere come Scampia fosse nelle mani della criminalità organizzata non ha fatto sobbalzare sulla sedia nessuno. Che le infiltrazioni della Camorra fossero arrivate ed abbiano profondamente intriso il tessuto economico e sociale del Nord, beh, anche questo non può sorprenderci più di tanto: il denaro non emana cattivo odore, e i politicanti e pubblici amministratori del nord non hanno fatto troppa fatica ad adeguarsi a taluni costumi, per così dire, disinvolti tipici del mezzogiorno. Quindi la domanda è: ma ci voleva proprio Saviano per farci conoscere una realtà che è sotto gli occhi di tutti? Sono passati da molto tempo gli anni in cui qualche notabile democristiano, alla domanda “secondo lei che cosa è la mafia?” rispondeva, con disarmante candore: “la mafia? Mai sentita, secondo me non esiste.” Qual’è allora il mistero del successo di un noiosissimo libro e di uno scrittore che non sa neppure scrivere bene e che prima e dopo “Gomorra” ha prodotto ben poco, se non nulla? La spiegazione è che intorno a Saviano si sono coagulate diverse spinte e diversi interessi convergenti che ne hanno fatto, strumentalizzandolo, un mito, e, allo stesso tempo, hanno guadagnato in termini di notorietà e ritorni economici. Anzitutto il film. Diretto da un vero talento (lui sì) , Matteo Garrone, esce nel 2008 per la produzione di Rai Cinema e Sky. Saviano partecipa alla stesura del soggetto e della sceneggiatura solo formalmente: il film è solo di Garrone, non esiste alcun collegamento tra il libro (che, ripetiamo, non è un romanzo) e la sua trasposizione cinematografica. Garrone ha fatto un film da vero professionista, che appartiene a lui solo e ai suoi protagonisti, un buon film che fortunatamente non rispecchia la noia mortale del libro. Tra il libro e l’uscita del film, la politica ha cominciato ad occuparsi del fenomeno Saviano, contribuendo non poco a crearne il personaggio. E siccome in Italia tutto deve avere, tassonomicamente, una etichetta ed occupare una posizione precisa nel panorama ideologico, si è deciso che Saviano e la sua denuncia delle malefatte della Camorra sono di sinistra, così come il nucleare è di destra, e l’eutanasia è di sinistra. Sulla base di questa colossale sciocchezza (la mafia non ha colore politico, non ci sono pubblici amministratori, di destra o di sinistra, esenti dalla corruzione) Saviano, che di per sé, spiace dirlo, non brilla per originalità o genialità, si è lasciato trasportare dalla corrente, probabilmente consapevole di non possedere un irresistibile talento  e intravedendo lui pure la possibilità di sviluppi futuri, ha deciso di optare apertamente per la sinistra, è diventato in breve un predicatore, pur non possedendo doti particolari di oratore, e si è fatto imprimere il marchio di qualità di “contestatore di sinistra”, come se la guerra alla criminalità organizzata fosse appannaggio di questa sola parte politica. Poi, sempre dalla stessa parte politica, fa capolino un personaggio del quale ci siamo già, in altre circostanze occupati, una specie di gatta morta della televisione, un buono a nulla capace di tutto, lezioso, affettato, col vezzo di balbettare all’incipit di ogni frase, con la sua faccina pulita e ordinata, le sue cravatte strette e i suoi abiti dimessi, uno che gioca a fare il personaggio incolore, e poi, quando non te lo aspetti, lancia il suo affondo contro il nemico politico. Questa specie di Alfonso Signorini della sinistra, ha subito fiutato, dopo aver presentato il libro nella sua trasmissione, l’odore del buon affare, ha soppesato bene il personaggio che gli stava di fronte e, da vecchia volpe del politicamente corretto, lo ha lanciato, sponsorizzato, blandito, fino alla confezione, tutta di Fazio, della mini serie “Vieni via con me”, trasmissione che sfruttava l’idea del libro della mera elencazione, arricchita però della partecipazione e comparsata di una serie di personaggi, alcuni ormai dimenticati dal grande pubblico, che sono sfilati come in una passerella propagandistica, andando a comporre un grande spot a favore della parte politica di Fazio. Di seguito, dopo le naturali perplessità dell’Editore di Saviano, Mondatori, questo giovane scrittore abbandonava la casa editrice di “Gomorra”, per farsi accogliere come un eroe dei nostri tempi dall’editore Feltrinelli, più adatto ai nuovi panni vestiti dal giovane (ma non troppo) talento. Altro libro, “Vieni via con me”, un “instant book” dove c’è poco di Saviano, giusto qualcuno dei suoi poco appassionanti sermoni, e molto della volpe Fazio, alla ricerca di un eventuale riciclaggio nel caso di una cacciata da casa madre RAI. Intanto, l’eroe dei due mondi, minacciato pesantemente dalla camorra, vive sotto scorta in diverse località segrete, una vita dorata, alle spalle dei contribuenti che, pagando, ringraziano. Il punto è che non si capisce bene se le minacce siano davvero autentiche, dal momento che il danno arrecato alla camorra da Saviano è semplicemente risibile, anzi, se ne potrebbe dedurre che, paradossalmente, il ritratto tratteggiato dallo scrittore della criminalità organizzata non faccia che accrescere, negli ambienti meno acculturati e più predisposti a delinquere, la fama e la leggenda dell’”onorata società”. Da questo punto di vista, in fondo, la Camorra ringrazia e non credo abbia particolare interesse ad eliminare un personaggio divenuto ormai di “carta”, completamente svincolato dalla realtà, divorato dal business della comunicazione, approdato alla televisione come intrattenitore, un personaggi insomma, totalmente incapace di nuocere seriamente alla malavita. Eppure, questo perfetto signor nessuno, vive sotto scorta dal 2006 in luoghi sempre diversi, si gira l’Italia a nostre spese e se la gode. Si dirà :“ma vivere sotto scorta è una privazione della propria libertà, si teme ogni giorni per i propri cari”. E’ vero, ma non per Saviano, che, prima dell’uscita del libro, non era nulla. Ora è diventato una star, e una limitazione alla propria libertà, in cambio di notorietà, prebende, diritti di autore, salati gettoni di presenza per qualche comparsata televisiva, tutto sommato è sopportabile. Ed ecco come una persona mediocre, un buon osservatore, certo, ma senza particolari talenti, ingoiato dallo “star system” diventa una specie di eroe che ha sfidato la Camorra, un mito di cartapesta senza sostanza e senza spessore. In compenso i gatti e le volpi come Fazio hanno lucrato e tratto profitto da questo “eroe dei giorni nostri”, lo hanno plasmato, ne hanno forgiato un candidato perfetto al tritacarne televisivo e massmediologico, ne hanno fatto una icona, un santino non più in grado di nuocere. Perché il bello di questa storia è che se il signor Saviano avesse realmente avuto l’intenzione di arrecare un danno alla camorra, se fosse stato veramente deciso ad intaccare il potere mafioso nella sua terra, si sarebbe comportato come Riccardo Iacona, un vero giornalista, un vero scrittore, un vero uomo. Riccardo Iacona, con le sue inchieste e i suoi libri ha veramente toccato diversi nervi scoperti della società italiana, dalla criminalità organizzata, alla spaventosa corruzione di politici ed amministratori. Ma Iacona, che è giornalista vero e coraggioso, ha sempre rischiato in prima persona, non possiede alcuna scorta, ha diligentemente svolto, con grande, incomparabile professionalità, il compito che si è dato: denunciare, divulgare, non pensando alla propria carriera e a diventare una macchina da soldi, ma facendo semplicemente bene il suo lavoro, come un buon artigiano della televisione. Ecco, ecco chi è l’eroe, quello che non vedi, quello che non riempie le pagine dei rotocalchi, rosa e non, che non partecipa alle trasmissioni ruffiane, che non si fa strumentalizzare da nessuno, che non soffre di protagonismo, che fa tutti i giorni, onestamente e senza clamori, il suo mestiere. Se proprio abbiamo bisogno di esempi o di eroi, ecco, pensiamo a Riccardo Iacona, che non ha la scorta, pur rischiando enormemente di più di un annacquato Roberto Saviano. Se un giorno, Dio non voglia, qualcuno dovesse attentare alla vita di Iacona, allora saremo tutti pronti a dire “ma certo, era un giornalista indipendente che faceva denuncia, inchieste scomode, non aveva neppure la scorta…” si parlerebbe, allora sì, di morte annunciata. Ma noi non vogliamo eroi postumi, ma neppure eroi ipocriti confezionati dalla politica o dalla televisione.
La prossima volta che assisteremo ad una intervista o ad un inchiesta di Iacona  mettiamolo a confronto con i fronzoli televisivi e i sermoni pedanti di Saviano: forse riusciremo meglio a capire la differenza che corre tra chi fa vera denuncia e colpisce il potere mafioso e chi, giocando a fare la televisione, pensa solo al proprio, probabile, futuro politico e personale.

Riccardo Iacona