venerdì 31 luglio 2015

QUALCHE RIFLESSIONE SULL'AGENZIA DELLE ENTRATE



RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Luciano Dissegna, ex funzionario dell’Agenzia delle Entrate ha nel sangue il cromosoma LIFE che già quando era Direttore di Agenzia Territoriale prevaleva e condizionava l’interpretazione delle norme a favore del contribuente. Un eretico in Agenzia delle Entrate esposto, per questo, alle ritorsioni della dottrina ufficiale.
Ora, da pensionato, continua nella sua sana eresia a difesa di chi, lavorando, mantiene il Paese Italia e viene  sottoposto a vessazioni e sfruttamento per poter essere ancor più “munto”  e divenire, nel contempo, sempre più “mansueto”.
Luciano ha invitato LIFE a sorvegliare l’iter dell’Esposto che lui ha inviato a Governo, Corte dei Conti, Autorità Nazionale Anticorruzione dello Stato italiano, nel quale sinteticamente espone:
 
– L’Agenzia delle Entrate agisce nella piena consapevolezza che gran parte delle cifre accertate sono false;
– Solo 7/8 mld di euro vengono incassati su un accertato di 50 mld (ma per il sindacato Dirpubblica sarebbero molto di meno);
– Non esiste la capacità contributiva non dichiarata (il sommerso);
– ¾ di quanto incassato dall’Agenzia delle Entrate è dovuto a pagamenti “spontanei” dei contribuenti;
– L’Agenzia delle Entrate svolge attività estorsiva;
– Il 90% degli accertamenti è a carico di piccole e medie imprese e dei loro famigliari;
– Non vengono eseguiti accertamenti a carico di professionisti ed imprese che gestiscono gli appalti milionari;
– Troppi accertamenti sono infondati;
– La discrezionalità appannaggio di funzionari e giudici è fonte di corruzione;
– Trasferimento di immani risorse dall’economia reale a quella virtuale, improduttiva, dei contraddittori con conseguente depauperamento della prima;
– Obiettivi monetari e violazione sistematica del “Codice di comportamento” sono causa di morte o di fuga delle piccole e medie imprese.
Daniele Quaglia
Per approfondire vedi l’Esposto depositato: Luglio 2015 – esposto contro agenzia entrate  (source)
 

giovedì 30 luglio 2015

LA CINA E' VICINA. E FA PAURA



Finito il frastuono greco adesso arriva l’ondata di paura e tensione dalla Cina. Mentre la maggior parte delle persone si prepara per le vacanze e con la mente si proietta alle tanto sospirate settimane di relax estivo durante il mese di agosto, i mercati finanziari e gli operatori istituzionali iniziano a prepararsi a quella che potrebbe essere la più grande crisi finanziaria dal dopoguerra ad oggi. La Cina sembra destinata a clonare le gesta degli USA durante lo scoppio della bolla sui mutui sub-prime di otto anni fa. Non che questo sia una novità, del pericolo cinese ne abbiamo dato notizia in diverse occasioni ancora lo scorso anno, tuttavia sembra che quanto accada al di fuori dei confini europei non debba più di tanto interessare. Grande errore di valutazione: la Cina (purtroppo per noi) è diventata il polmone finanziario che ha sorretto con interventi e salvataggi mirati i mercati occidentali durante la crisi del 2008/2009. Adesso internamente si trovano a fare i conti con il fantasma del Natale Passato (citazione tratta da Christmas Carol di Charles Dickens). Il futuro per tutti si intravede purtroppo molto fosco e cupo, proprio a causa di questo. Andiamo per gradi: il cambio di governance politica nel 2013 tra Hu Jintao e Xi Jinping ha dettato le regole di un nuovo modello di crescita economica.
Basta con l’idea di una Cina il cui motore economico era spinto in misura più che rilevante dalle sole esportazioni verso l’occidente grazie ad una struttura produttiva di massa ad intensa laboriosità produttiva sottopagata ed a un volano di investimenti infrastrutturali che aveva abbondantemente superato la soglia della fisiologica saturazione. Con Xi Jinping nel 2013 la Cina vara un cambio radicale di modello economico per la propria crescita, puntando a far lievitare i consumi interni che fino al 2010 pesavano appena un 30% di PIL contro un 50% di spesa infrastrutturale (il rimanente 20% era attribuibile all’export). Inizia pertanto la spinta politica del credito facile alle famiglie cinesi al fine di consentire loro l’acquisto di una nuova abitazione e tutto quello che questo comporta (al pari degli USA tra il 2003 ed il 2007). Nel frattempo la Cina avvia un imponente piano di opere pubbliche ed infrastrutture per mezzo delle grandi aziende di stato controllate dal Partito Comunista in ambito edilizio volto alla realizzazione di nuovi ed immensi quartieri urbani in cui la realizzazione immobiliare tipo è rappresentata da imponenti torri residenziali che ricordano molto gli alveari. Questa strada viene intrapresa per compensare nel frattempo la contrazione delle esportazioni cinesi a seguito della Grande Crisi del 2008/2010 che aveva impattato pesantemente sui principali partner occidentali.
In aggiunta a questo abbiamo anche l’emersione di nuova concorrenza da parte di nazioni limitrofe appartenenti al blocco indocinese come il Vietnam, la Cambogia o la Birmania che si dimostrano più competitive nell’attrazione di nuove produzioni industriali. Ricordiamo inoltre che la Cina è un nazione che deve gestire in ambito sociale e demografico circa 500.000 migrazioni provenienti dalle provincie più povere verso quelle più ricche ed industrializzate su base quasi mensile. Si favoriscono pertanto i prestiti per l’acquisto di nuove abitazioni senza farsi tanti scrupoli: la storia si ripete a distanza di otto anni ovvero debito di bassa qualità erogato a persone dai mezzi limitati nella convinzione che il volano economico continui a sostenersi ed il valore degli immobili continui a salire. Se hanno sbagliato platealmente americani ed inglesi, state certi che anche i cinesi li seguirano a distanza. Purtroppo l’unica differenza con l’America è rappresentata dalle difficoltà di reperire informazioni e dati attendibili sul fenomeno a causa della nota reticenza e censura esercitata dal Partito Comunista. Sempre Xi Jinping per favorire i consumi interni e spingere i cinesi ad effettuare investimenti finanziari non tradizionali sui mercati interni – i cinesi hanno un tasso di risparmio mediamente al 30% del reddito disponibile – ha eliminato il vincolo ad un solo figlio dando la possibilità di averne anche un secondo, non a tutti ma in presenza di requisiti specifici. Ad oggi circa il 20% dei risparmi cinesi sono investiti nelle borse cinesi, che hanno visto quotarsi negli ultimi anni grandi aziende cinesi pesantemente gonfiate di debiti necessari a sostenere il programma di crescita economica infinita voluta dal Partito Comunista.
Circa cento milioni di famiglie cinesi hanno investito in borsa: chi ha investito in azioni lo ha fatto anche indebitandosi proprio come nel 1929, considerate a riguardo che in termini di cultura finanziaria i cinesi sono ancora fermi al tardo medioevo (lo dimostra il fatto che l’asset su cui si ripongono le proprie speranze per il futuro è proprio l’oro). In questo ultimo mese sono stati applicati dei blocchi alle quotazioni in seguito ai pesanti crolli avvenuti durante il mese di Luglio con il Governo che si è proclamato Protettore dei Corsi Azionari obbligando le aziende di stato a comperare i titoli azionari e imponendo dei limiti alle negoziazioni. Mi dà tanto l’idea di una pentola a pressione che sta per scoppiare ed anziché abbassare la fiamma, qualcuno mette un macigno sopra il coperchio sperando che tenga. Da quando dallo scorso anno si è dato il via libera agli operatori istituzionali occidentali di poter investire direttamente nella due grandi borse cinesi (Shanghai & Shenzen) il mercato azionario cinese è diventato volatile, turbo-violento e molto fragile. L’unica speranza che abbiamo è riposta nella capacità e velleità del Partito Comunista di saper gestire con lungimiranza tanto il deterioramento economico cinese quanto il raffreddamento delle due bolle cinesi (immobiliare ed azionaria). Ho smesso di credere alle favole a sette anni, adesso mi preparo al peggio.
Eugenio Benetazzo - EugenioBenetazzo.com

mercoledì 29 luglio 2015

I PERSONAGGI BANALI CHE DOVREBBERO RITIRARSI A VITA PRIVATA



Ogni estate ha la sua pena ma è difficile parlare di quelli che ti sfiancano appena li vedi, anche perché li vedi continuamente coi loro sorrisi vacui, le pose cartonate, i melodrammi al mojito, i costumini e i tattoo e allora pensi: ancora tu? Ma proprio non possiamo non vederti più?
È difficile spiegare perché una faccia stanca, dovrebbe essere istintivo, fisiologico. Ma come spiegare che certi rompiscatole di professione hanno dietro le agenzie, i manager, la fuffa della comunicazione che si incarica di farli vivere, di ficcarli ovunque?
SCHETTINO IN TOUR. Il comandante Schettino, uno che ha addosso una condanna a 16  anni per omicidio colposo di 32 persone tra cui una bambina, ecco, uno così è perfetto: non la finisce di piangersi addosso. il che vuol dire compatirsi, il che vuol dire esaltarsi.
Intanto, insieme con una giornalista Rai sua amica, ma, attento mondo, un po' più che amica, ha fatto un libro patetico sul naufragio della nave da crociera da lui guidata e, una volta tanto con perfetta sapienza, ha ruotato i timoni giusti. Risultato, un tour promozionale, la gente che lo vuol toccare e l'opera già alla seconda edizione.
Ogni estate ha la sua pena e quella dei famosi (o famigerati) perché famosi è inevitabile come le zanzare, le meduse, le insolazioni, complice la rete dei social network che li rende ubiqui in proporzioni da sbiadire Padre Pio.
L'INFINITO DIVORZIO PANNELLA-BONINO. «Ma se alla gente piacciono...», si dice. Che piacciano è da vedere, più che altro vengono imposti in una strategia di occupazione degli spazi e alla fine, per assuefazione, per rassegnazione, per tolleranza come certi stupefacenti finiscono per legarsi all'organismo, diventano quasi rassicuranti, anche se in un totale vuoto tematico, problematico.
Roba di cui c'è niente da dire ma di cui si parla in proporzioni alluvionali, tipo gli sponsali della cronista patrizio-proletaria Beatrice Borromeo col nobiluomo Pierre Casiraghi.
A far da contraltare a un matrimonio autoreferenziale, un divorzio egolatrico (e lungo, lunghissimo, passano le Repubbliche e loro son sempre lì in bilico): no, non quello tra Albano e Romina, l'altro tra Pannella e Bonino.
La royal baby di casa Ramazzotti: imprescindibile fin dalla nascita
La royal baby del cantante Eros Ramazzotti e della soubrette Michelle Hunzicker ha cominciato a essere imprescindibile che non era ancora nata, il padre la annunciava urbi et orbi via canzone e si capiva che non ce ne saremmo liberati facilmente.
Adesso va per i 20 anni e inflaziona warholianamente il faccino ad usum selfie e il lato B «che fa concorrenza a quello della mamma».
AURORA COME NAIKE? Aurora pare in grado di raccogliere il lascito dell'affamata di fama Naike, figlia di Ornella Muti. Mentre non lascia eredi Sara Tommasi, che nostro malgrado ci ha resi tutti psichiatri nel suo oscillare tra osceno e redenzione.
«Ma se sono i giornali a occuparsene...», obiettano. Ma non è proprio così, i giornali sono complici ma questi li cercano, li pretendono, li assumono, sempre con quei sorrisi aproblematici, quell'epicizzarsi senza scampo.
La sindrome dell'ombelico, si potrebbe definire: possono succedere gli attentati jihadisti, le stragi stradali, i disastri ambientali, può cascare il governo, la Grecia, il mondo, il cielo ma loro inesorabili, ciclici, parlar di sé per parlar di sé per parlar di sé.
IL LAMENTO DI BALDINI. Prendete questo Marco Baldini, la cui professione non si è ancora capita dopo anni: intrattenitore no, spalla di Fiorello non più, resta il perdente d'insuccesso, il giocatore che non ne imbrocca una, come quelli di Febbre da cavallo, ma lui non molla e infierisce col piagnisteo.
Oggi non ha i soldi per il pane, ieri per le fiches, domani per tacitare gli usurai e il mondo deve farsi carico delle sue compulsioni, delle sue fughe sempre rimandate, delle voglie suicide che per fortuna non asseconda.
Finché un giorno non s'incontra un professionista, di quelli che giocano duro da quando Baldini scommetteva le caramelle a scuola, che spiega: quello fa teatro, noi giocatori veri non facciamo così, ce li laviamo in casa i nostri panni, se uno si mette a cantare è morto.
Uomini vitruviani al centro dell'universo mediatico
Invece Baldini canta e anche Fedez canta, si fa per dire, più che altro rappa su Twitter: è socialmente logorroico così può dire che non lo lasciano in pace, che lo strumentalizzano, si scanna col parigrado Gasparri, dal Movimento Sociale al movimento social, ardito onnicinguettante, nel tempo lasciato libero dalle dichiarazioni televisive, si capisce. Per non parlare di Razzi.
Questi uomini e donne di Vitruvio, al centro dell'universo mediatico, fanno parte più o meno sempre delle solite categorie: politici, giornalisti in profumo di politica, figli di cognomi dell'Antimafia, sportivi, menestrelli con relativi parenti.
Si segnala ogni tanto qualche meteora, astronautica o gossippara in odor di ricatto.
GASSMAN IN VESTE DI MINISTRO. Tra i medagliati in ascesa, la spadaccina Vezzali che vuol diventare ministro e noi tutti siamo tenuti a prenderne atto.
Anche il figlio di Gassman, Alessandro, s'è inventato un modo veloce e civico per restare sull'onda estiva, un hashtag, #romasonoio, che sa tanto di qualcuno che da grande vorrebbe fare anche lui il ministro, o almeno l'assessore.
C'era una volta un adorabile personaggio di Paolo Panelli, Menelao Strarompi, che con argomenti strampalati si faceva gli affaracci di tutti e non li mollava fino a esaurimento definitivo. Siamo alla rivoluzione copernicana, oggi gli Strarompi si fanno rigorosamente gli affaracci loro ma tu finisci lo stesso al manicomio.
RENZI E SALVINI NON FANNO ECCEZIONE. Poi ci sono due fenomeni a parte che sono l'ontologia dell'autoreferenzialità: poveretti, come soffrono sempre in posa, senza capire che il sistema li sovraespone per bruciarli meglio e in tempi lunghi sarà proprio l'amor fatuo di sé a fregarli.
In questa società di strarompi patologici, nessuno è più incurabile dei due Mattei, il leghista e il rottamatore (già riciclato in restauratore).
Paiono cavalli schiumanti allo sprint del fotoselfinish, ma entrambi dovrebbero ricordarsi quello che il grande promoter Bill Graham disse una volta ai Rolling Stones: «Se non vi togliete mai dalle palle, come fanno a rimpiangervi?». (source)

martedì 28 luglio 2015

QUANDO FINIRA' LA CRISI? SEMPLICE: MAI.



La Borsa di Shanghai oggi ha perso l’8,5% facendo registrare il maggior crollo dal 2007, per i mercati finanziari un inizio di settimana shock che sta contagiando tutte le Piazze mondiali.
E’ accaduto nella sezione pomeridiana, ricordiamo infatti che, a dispetto della nomea di gran lavoratori, in Cina la Borsa contratta per solo quattro ore al giorno, due ore la mattina, seguite da un’ora e mezza di pausa pranzo, e poi due ore il pomeriggio.
Durante le due ore mattutine l’SSE, l’indice principale della Borsa di Shanghai, perdeva 70 punti, quindi poco più di un punto e mezzo percentuale, ma alla ripresa dopo la pausa il crollo è stato verticale, ed alla fine il bilancio è stato impietoso: -8,48%!!!
Il motivo “ufficiale” è stato la diffusione del dato sull’andamento degli utili delle imprese a giugno (-0,3% rispetto all’anno precedente), ma ovviamente quello è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Nella realtà abbiamo già spiegato come le Borse di Shanghai e Shenzen si siano ritrovate in una bolla speculativa dopo che le autorità del gigante asiatico hanno mollato le briglie che di fatto “legavano” il mercato interno, ricordiamo sempre infatti che per “tutto il mondo” la Borsa cinese è sempre stata quella di Hong Kong.
Ed allora, come spesso capita in finanza, si è passati da un eccesso all’altro, l’SSE di Shanghai è letteralmente volato passando in meno di un anno da 2.000 a oltre 5.000 punti. Naturalmente qualcuno ha cominciato a soffrire di “vertigini” ed ad una velocità ancora maggiore rispetto alla salita l’indice è crollato in meno di un mese di nuovo a 3.500 punti.
Nuovo intervento dei “regolatori” cinesi, ed arriva il rimbalzo, fino a giovedì scorso, giornata in cui l’indice si ferma a 4.124 punti, un lieve ribasso il giorno successivo a 4070 ed eccoci al crollo odierno.
Guardando al crollo odierno della Borsa cinese da diverse angolazioni, potremmo quasi definirlo fisiologico se non addirittura salutare, basterebbe infatti ricordare, oggi che ci ritroviamo a 3.725 punti, che un anno fa di questi tempi eravamo a 2.178 punti e lo scorso 8 luglio, sul fondo del crollo, a 3.507 punti, quindi: perché allarmarci?
Ed invece dovremmo davvero allarmarci, almeno per due ordini di motivi.
Il primo è che il crollo odierno è avvenuto dopo che le autorità monetarie del colosso asiatico hanno fatto di tutto per evitare una volatilità così spaventosa, quindi si potrebbe ipotizzare che la vicenda stia sfuggendo di mano anche ai mega burocrati cinesi.
Il secondo ordine di motivi che, se vogliamo, può essere figlio del primo, è che guardando alla nostra Borsa durante il primo crollo dell’indice asiatico il comparto maggiormente tartassato è stato quello del lusso. In pratica cioè il mercato ha pensato: i cinesi, soprattutto i più abbienti, si sentiranno più poveri e spenderanno di meno.
Mentre oggi sul fondo del nostro indice principale ci sono i due titoli del risparmio gestito, segnale che il mercato stia vedendo questo nuovo crollo della Borsa cinese non come un evento interno al colosso asiatico, bensì come un campanello d’allarme che possa far pensare all’inizio di una nuova crisi finanziaria a livello planetario.
Sarebbe una sciagura!
Scusate, ma il nostro Premier non parla dell’inizio di una ripresa mondiale? Ed i segnali che arrivano dalla Cina indicherebbero proprio il contrario?
La confusione regna sovrana.
Finiti i cicli economici? Sì insomma quelle cose lì … espansione … recessione … ripresa e nuova espansione …
Si passa da una recessione all’altra?

In altre parole, quello che ci attende non sono i vent’anni che, secondo il FMI, devono trascorrere prima di una ripresa vera dell’occupazione, ma semplicemente che questa contrazione mondiale, questa crisi globale, in realtà non finirà mai. Non c’è nessuna luce in fondo al tunnel, si continua a galleggiare nella stagnazione economica fino al default finale dell’Europa. Avrete certamente notato come ogni volta che crollano la Borsa e l’indice del FTSE Mib si addebita la débacle ora alla Grecia, ora all’Ucraina, adesso alla Cina, domani all’avanzata dell’Isis. C’è sempre una motivazione cui imputare ingenti perdite finanziarie, sia per il debito di stato che per il risparmio privato. La nostra sensazione è che questa crisi procederà ancora per parecchi decenni, semplicemente indefinitamente.