sabato 30 novembre 2013

LA GRANDE ILLUSIONE DEL PSA



Ogni anno circa 30 milioni di uomini americani si sottopongono al test per l'Antigene Prostatico Specifico (PSA), un enzima prodotto dalla prostata.
Approvato dalla Food and Drug Administration nel 1994, il test della PSA è lo strumento più comunemente usato per rilevare il cancro alla prostata.
La popolarità di questo esame ha portato ad un disastro enormemente costoso alla salute pubblica.
E' un problema che mi è dolorosamente familiare, visto che ho scoperto il PSA nel 1970.
Dato che il Congresso cerca sempre modi per tagliare i costi nel nostro sistema sanitario, un significativo risparmio potrebbe venire dal cambiare il modo in cui l'antigene viene utilizzato per lo screening del cancro alla prostata.
Gli americani spendono una cifra enorme su sperimentazioni per il cancro alla prostata.
Il disegno di legge annuale per lo screening del PSA è di almeno 3 miliardi di dollari, in gran parte pagato da Medicare e il Veterans Administration.
Il cancro alla prostata suscita molti articoli ma consideriamo i numeri: gli uomini americani hanno una probabilità del 16% di avere una diagnosi di cancro alla prostata nell'arco di tutta la vita, ma solo una probabilità del 3% di morirne. Questo perché la maggior parte dei tumori della prostata crescono lentamente.
In altre parole, gli uomini che hanno la fortuna di raggiungere la vecchiaia, hanno più probabilità di morire con il cancro alla prostata piuttosto che per il cancro alla prostata.
Anche in questo caso, il test non è certo più efficace di un lancio di una monetina.
Come cerco di spiegare da molti anni, il test del PSA non è in grado di rilevare il cancro alla prostata e, cosa più importante, non può distinguere tra i due tipi di cancro alla prostata - quello che ti ucciderà e quello che non lo farà.
Invece, il test rivela semplicemente la quantità di antigene prostatica contenuta nel sangue di un uomo. Le infezioni, farmaci da banco come l'ibuprofene e un gonfiore benigno della prostata (semplice ipertrofia) possono elevare i livelli di PSA di un uomo, ma nessuno di questi fattori sono segnali di cancro.
Uomini con valori bassi di PSA potrebbero covare tumori pericolosi, mentre quelli con valori più alti potrebbero essere completamente sani.
In sede di approvazione della procedura, la Food and Drug Administration ha fatto affidamento su uno studio che dimostrò che il test era in grado di rilevare il 3,8% dei tumori alla prostata: un tasso migliore rispetto al metodo standard, l'esame rettale digitale.
Eppure, il 3,8% è un numero molto piccolo.
Tuttavia, soprattutto nei primi giorni di proiezione, gli uomini con un valore superiore a 4 nanogrammi per millilitro, sono stati mandati a fare delle dolorose biopsie prostatiche.
Se la biopsia mostrava qualsiasi piccolissimo segno di cancro, il paziente è stato quasi sempre spinto a operarsi chirurgicamente, alla radioterapia intensiva o altri trattamenti dannosi.
La comunità medica si sta lentamente voltando contro lo screening della PSA.
L'anno scorso, il New England Journal of Medicine ha pubblicato i risultati di due grandi studi, uno in Europa ed uno negli Stati Uniti. I risultati dello studio americano mostrano che in un periodo da 7 a 10 anni, lo screening non ha ridotto il tasso di mortalità negli uomini di 55 anni e oltre.
Lo studio europeo ha mostrato un lieve calo dei tassi di mortalità, ma ha anche scoperto che ben 48 uomini devono essere curati per salvare una vita.
Quindi 47 uomini che, con ogni probabilità, non potranno più funzionare sessualmente (impotenza, ndT) o rimanere fuori dal bagno per molto tempo.
Numerosi sostenitori degli screening, tra cui Thomas Stamey, un noto urologo della Stanford University, hanno preso posizione contro i test di routine, e il mese scorso, l'American Cancer Society ha esortato più cautela nell'utilizzo del test.
L'American College of Preventive Medicine ha concluso inoltre che non vi sono prove sufficienti per raccomandare lo screening di routine.
E allora perché viene ancora usato?
Perché le aziende farmaceutiche continuano a sfoggiare i loro test e i gruppi di difesa che hanno interessi in tal senso spingono all’allerta del cancro alla prostata, invitando gli uomini a fare lo screening.
Vergognosamente, l'American Urological Association, l’associazione degli urologi statunitensi, promuove ancora questa esame preventivo, mentre l’Istituto nazionale dai tumori (National Cancer Institute) rimane molto vago sulla questione, confermando che non c’è chiarezza.
Il gruppo federale che ha il potere di valutare i test di screening dei tumori, il Preventive Services Task Force, ha recentemente sconsigliato lo screening PSA per gli uomini di età compresa tra 75 anni o più. Ma tale gruppo non ha ancora fatto una raccomandazione per gli uomini più giovani.
Il test per l'antigene prostatico specifico, ha un suo senso. Dopo il trattamento per il cancro alla prostata, per esempio, un punteggio in rapido aumento indica un ritorno della malattia.
E gli uomini con una storia familiare di cancro alla prostata dovrebbe probabilmente fare il test regolarmente. Se il loro punteggio inizia a salire, potrebbe significare la presenza di tumore.
Ma questi usi sono limitati.
La prova non deve assolutamente essere distribuita per "proteggere" l'intera popolazione di uomini di età superiore ai 50.
Mai avrei sognato che la mia scoperta quarant’anni fa avrebbe condotto a tale disastro del sistema sanitario pubblico basato sul profitto. La comunità medica deve confrontarsi con la realtà e fermare l'uso inappropriato dello screening PSA. In questo modo si potrebbero risparmiare miliardi di dollari e salvare milioni di uomini da inutili, trattamenti debilitanti.
* Richard J. Ablin è lo scopritore dell’antigene prostatico specifico, PSA.
Professore di Immunobiologia e Patologia al University of Arizona College of Medicine e Presidente della Fondazione Robert Benjamin Ablin per la Ricerca sul Cancro
.

Per chi volesse approfondire l’analogo tema sulla  MAMMOGRAFIA, è sufficiente collegarsi al seguente link: l'errore della mammografia
Fonte: disinformazione.it

mercoledì 27 novembre 2013

IL PUNTO SULL'EUTANASIA



BRUXELLES - Primo ok del Belgio all'estensione dell'eutanasia ai minori. Le commissioni competenti del Senato hanno adottato a larghissima maggioranza il testo di legge che la estende a quei bambini di cui uno psicologo avrà riconosciuto la ''capacità di discernimento''. La proposta di legge deve ora essere esaminata in plenaria. Secondo il testo adottato per 13 voti a favore contro 4 contrari, potrà essere praticata l'eutanasia a quei minori che si trovano di fronte a ''sofferenze fisiche insopportabili e inguaribili, in fase terminale'', se richiesta da loro stessi e ''con l'accordo dei genitori''. Uno psicologo dovrà certificare la ''capacità di giudizio'' dei ragazzini. A votare a favore nelle commissioni Affari sociali e Giustizia del Senato belga, tutte le forze politiche belghe ad accezione dei cristianodemocratici francofoni e fiamminghi (chH e CD&V) e del partito di estrema destra fiammingo Vlaams Belang. Ora il testo dovrà passare in plenaria.

Psicologi, onere decisione non solo a psicologo
- Lo psicologo ''non può essere l'unica figura cui demandare una scelta così gravosa''. Lo afferma il vicepresidente del Consiglio nazionale degli psicologi, Antonio Telesca, commentando il testo di legge che ha ottenuto il primo sì in Belgio e che prevede l'estensione dell'eutanasia anche ai minori ai quali uno psicologo abbia riconosciuto la ''capacità di discernimento''. "Si è di fronte ad una materia complessa che deve essere affrontata con cautela, attenzione, consapevoli - ha rilevato Telesca - che le problematiche vanno analizzate caso per caso''. ''Va comunque chiarito - afferma il vicepresidente del Consiglio nazionale degli psicologi - che lo psicologo non può essere la sola figura cui demandare l'onere di una scelta così gravosa; come in altre situazioni, lo psicologo può contribuire, per la parte di sua competenza, al completare la conoscenza ed il quadro complessivo della condizione del singolo soggetto''.
In Belgio è arrivato il primo sì all'eutanasia per i minori ad alcune condizioni. Il percorso dell'eutanasia, accidentato e contestato, ha attraversato in questi dieci anni l'Europa - ma anche nel resto del mondo il tema e' stato assai dibattuto - e l'ha spaccata in due tracciando una linea tra Paesi che ne hanno riconosciuto la validità e Paesi che hanno continuato a bandirla come omicidio. E' stata l'Olanda, il primo aprile del 2002, a legalizzare - primo Paese al mondo - l'eutanasia diretta, seguita a pochi mesi di distanza proprio dal Belgio che, nel settembre dello stesso anno, autorizzò dopo un acceso e doloroso dibattito il suicidio assistito. In dieci anni migliaia di malati terminali sono ricorsi all'aiuto di farmaci e medici per porre fine a quelle che la legislazione ha definito "sofferenze insopportabili e interminabili". Da allora, secondo dati della Società reale di medicina olandese, circa 4.000 persone l'anno sono state aiutate a morire: in particolare malati terminali di tumore, ma anche pazienti colpiti dalla malattia di Alzheimer in stadio avanzato.
Così il BELGIO (1.133 casi solo nel 2011) prevede al momento il suicidio assistito solo per adulti consenzienti e capaci di intendere e volere, dopo che abbiano presentato una richiesta "volontaria, riflettuta e ripetuta". Nel vicino LUSSEMBURGO nel marzo del 2009 è stata legalizzata l'eutanasia che vale tuttavia solo per adulti e pazienti in condizioni di salute considerate "senza via d'uscita". Vi sono poi Paesi come la SVIZZERA che prevede sia l'eutanasia attiva indiretta (assunzione di sostanze i cui effetti secondari possono ridurre la durata della vita), sia quella passiva (interruzioni dei dispositivi di cura e di mantenimento in vita), sia il suicidio assistito; o come la FRANCIA che ha introdotto con la legge Leonetti del 2005 il concetto di diritto al "lasciar morire", che favorisce le cure palliative. E ancora la GRAN BRETAGNA, dove l'interruzione delle cure a certe condizioni è autorizzata dal 2002 e si è introdotto anche il concetto dell'aiuto al suicidio "per compassione", che dal 2010 è sanzionato in modo meno duro che in passato. La SVEZIA ha legalizzato l'eutanasia passiva nel 2010, tollerata anche in GERMANIA e in AUSTRIA su richiesta del paziente. In altri paesi, come DANIMARCA, NORVEGIA, UNGHERIA, SPAGNA e REPUBBLICA CECA ciascun malato può rifiutare le cure o comunque l'accanimento terapeutico, mentre in PORTOGALLO sono condannate eutanasia passiva e attiva ma è consentito a un comitato etico di interrompere le cure in 'casi disperati'. La 'buona morte' è infine ancora vietata e considerata un reato in ITALIA, il Paese di Piergiorgio Welby, di Eluana Englaro, ma anche, più recente, di Lucio Magri.
ANSA - 27.11.2013

venerdì 22 novembre 2013

CAPOLINEA ITALIA



Sembra notizia di oggi la proposta di un piano di privatizzazioni parziali per la generazione di nuove risorse da destinare all'abbattimento del debito e al contenimento del deficit di bilancio: si parla di cessioni di quote non rilevanti in aziende strategiche, quel tanto che basta per non perdere il controllo sulle rispettive società. Abbiamo nomi eccellenti:  Sace, Enav, Fincantieri, Grandi Stazioni e per finire ENI. Il Governo Letta si appresta a svendere per battere cassa nella speranza di realizzare almeno 10 miliardi. Ormai ci siamo: si tratta a farla grande di aspettare ancora 18 mesi, dopo il destino di contribuenti, pensionati, e risparmiatori italiani sarà presto delineato. Questa volta non ci saranno mezze misure o mezze interpretazioni, il declino del paese si trasformerà nella dipartita della nazione. Quelli che sospirano confidando nell'avvento del Regno di Renzi tra qualche mese sono dei poveri illusi: il Sindaco di Firenze ha come punti chiave all'interno del suo programma una massiva ed imponente opere di alienazioni e dismissioni di patrimonio pubblico e partecipazioni strategiche. La svendita del paese ricordate che è sempre stata una prerogative dei governi di sinistra (Amato, D'Alema e Prodi): si vende come si suol dire l'argenteria per pagare i debiti contratti per giocare alle slot machine.

Continuo a dirvelo da più di un anno, dopo il fallimento anche di Monti, fatevi il Piano B o la vostra exit strategy, perchè questa volta non vi aiuterà o salverà nessuno (pensate non solo ai vostri risparmi ma anche ai vostri cari). Purtroppo non ci saranno scialuppe per tutti, molti faranno la fine di tante povere pecore: scannati vivi. Non servirà a nulla a quel punto il pianto in diretta presso il talk show di turno, l'appello di qualche autorità rinsavita o  le esternazioni prosaiche formulate dagli ambienti cattolici, la strada per il paese e per la popolazione sarà dettata da una lettera, anzi dai punti di una lettera che già due anni fa ci era stata consegnata con l'indicazione di attuare quanto prima misure atte a mettere il paese in sicurezza economica e finanziaria. La lettera ci è pervenuta ancora nell'Agosto nel 2011 a firma di Jean Claude Trichet e Mario Draghi con l'elenco degli interventi che si dovevano quanto prima mettere in moto. Quando sentite parlare delle famose riforme strutturali per l'Italia a che cosa pensate si faccia riferimento ? Quella missiva inviata durante quella calda estate già disegnava le tappe che a breve con il buon senso politico di chi governa o con il ricatto sovranazionale sarebbero state necessarie.

Andatevela a rileggere e studiare. Nei minimi dettagli. Perchè sarà quanto accadrà nei prossimi mesi in Italia nel momento in cui dopo aver messo mano a pensioni e risparmi sarà obbligatorio intervenire su quei gangli vitali che nessuno ha il coraggio di modificare. Quelli della lettera a quel punto vi sembreranno capisaldi di buon senso e necessari per sgravare il peso della attuale fiscalità diffusa. Almeno quanto necessario per provare a rimettere in moto un paese che tra otto anni sarà scalzato dal Messico e dal Brasile. Chi per anni mi ha deriso o insultato sottolineando il mio pessimismo (li correggo: realismo) allora come è già accaduto farà marcia indietro e verrà a chiedere come e dove investire o come fare per salvarsi. Solo che sarà ormai tardi anche per loro, diversamente rinsaviti. Quelli che pagheranno il conto più amaro saranno proprio tutti quei soggetti che hanno vissuto per decenni dentro una cupola intoccabile, protetti da tutto e da tutti. Mi riferisco ai dipendenti pubblici ed ai parastatali, finalmente capiranno che cosa significa semanticamente il termine di equità sociale quando calerà la scure del Memorandum of Undestanding affiancato dalle OMT (Outright Monetary Transactions).

Pur tuttavia, finalmente il paese in qualche modo cambierà: come ho spesso menzionato, alle volte per fare il bene devi iniziare facendo del male. Vi anticipo alcuni dei punti che saranno a breve oggetto di imposizione sovranazionale, che arriveranno quando la nazione non avrà più risorse a cui attingere: aumento della concorrenza nei servizi pubblici (si traduce in fine delle baronie e feudi di famiglia), nuova fiscalità per rendere le imprese italiane più competitive (si traduce in fine dell'IRAP e diminuzione dell'IRE), razionalizzazione dell'assistenza sanitaria (si traduce in assicurazioni private ove non sussista più l'intervento generico dello stato sociale), mercato del lavoro dinamico ed efficiente (si traduce in libertà di licenziamento senza obblighi di reintegro), liberalizzazione dei servizi professionali (si traduce in fine degli ordini professionali), riforma della contrattazione sindacale (si traduce nella fine dello strapotere dei sindacati), miglioramento dell'efficienza amministrativa (si traduce nell'inserimento di indicatori di performance per i dipendenti pubblici per la valutazione del loro operato), snellimento dei centri di responsabilità (si traduce in abolizione del senato, delle province e accorpamento degli enti comunali). 
Eugenio Benetazzo – eugeniobenetazzo.com

martedì 19 novembre 2013

ANCORA ECONOMIA, SENZA BUGIE



La divisione, la distanza tra paese reale e mondo dei politicanti si fa sempre più vasta, assume i contorni di un fossato non valicabile. Con il patetico ministro Saccomanni in testa, impegnato a raccontare bufale dalla mattina alla sera, con don Letta “palle d’acciaio” che parla del nulla al nulla, ad una platea inesistente che non ascolta più i soliloqui di un presidente del consiglio che predica al deserto. Non deve stupire una simile, totale, generale, disaffezione del mondo reale nei confronti della casta parlamentare. I deputati e i senatori della Repubblica non sono stati eletti dagli italiani ma sono stati scelti dai capibastone dei partiti, secondo il principio fondante della porcata di una legge elettorale che i notabili dei partiti non hanno nessuna intenzione di cambiare. L’economia e la finanza sono i territori nei quali alligna il più alto grado di ignoranza possibile, sia da parte dei parlamentari che, ahinoi, da parte della grande maggioranza del pubblico. Diremo anzitutto di non dare il minimo credito a quello che si legge sulla carta stampata e soprattutto si dice nei telegiornali e nei talk show. Solo qualche sito indipendente su internet vi dirà le cose come realmente stanno. Ma anche sulla rete occorre saper scegliere. Il cavallo di battaglia di Saccomanni è la ripresa che vede in fondo al tunnel nel 2014. Non ci sarà nessuna ripresa, né nel 2014, né nel 2020. Per nove trimestri consecutivi l’Italia è in recessione, ha cioè il segno meno davanti al valore del PIL. Ma non è questo il segnale più preoccupante: l’indicatore fondamentale è costituito dal debito pubblico che ha raggiunto la ragguardevole cifra di 2028 miliardi di euro: non solo, il bello è che tende continuamente ad aumentare. Il governo di don Letta “palle d’acciaio” ha aumentato la spesa pubblica, invece di diminuirla, ed ora, come ci sta suggerendo l’OCSE, ci dobbiamo preparare ad una nuova manovra finanziaria d’autunno. La chiamano in vari modi: manutenzione dei conti, spending review, legge di stabilità, e via dicendo. Si chiama, in lingua italiana, manovra finanziaria, e si fa in due soli modi, in questo disgraziato paese: aumentando la pressione fiscale e tagliando linearmente la spesa pubblica. Dal momento che un ministro dell’economia ed uno squadrone di tecnici del tesoro non bastavano, si è chiamato un commissario straordinario, tale Cottarelli, ex funzionario, pensate un po’, del Fondo Monetario Internazionale. Cottarelli, profumatamente pagato dai contribuenti, farà l’unica cosa che gli hanno insegnato al FMI: tagliare, risparmiare, deprimere l’economia. In Italia si sta verificando un fenomeno pericolosissimo per qualsiasi economia: l’inflazione comincia a decrescere, nonostante l’aumento di un punto di IVA, si materializza lo spettro della deflazione. La Grecia si trova già in questa situazione, ha un’inflazione del -2%. La deflazione comporta l’arresto della produzione da parte delle poche aziende rimaste, ed il conseguente blocco dei consumi. E’ l’anticamera della stagnazione economica. In questo senso, il futuro dell’Italia non è costituito da una crescita, per quanto timida: l’economia può solo ristagnare, il paese si ferma, la stretta creditizia delle banche si accentua sino alla cessazione della concessioni di mutui, prestiti e fidi, la povertà guadagna terreno divorando quello che resta della classe media. Il sistema bancario collassa insieme al Tesoro dello stato, i cui titoli si trovano in gran parte nel ventre dei nostri istituti di credito. Ci si avvita sul debito, il Tesoro non può più fronteggiare i pagamenti di pensioni, stipendi e interessi sui titoli di stato, è il default. Se “palle d0acciaio” fosse davvero tale dovrebbe fare alla signora Merkel un discorsetto semplice semplice: “o si cambia politica, si dota la banca centrale europea di poteri tipici delle banche centrali, si inverte la rotta e si smette di inseguire rigore ed austerità oppure lo sai che c’è? Che noi ce ne andiamo dall’Euro.” Di fronte a questi argomenti la Germania sarebbe obbligata a fare un passo indietro, ben sapendo che è stata l’unica nazione veramente miracolata dall’euro. Ed un euro senza Italia non potrebbe continuare ad esistere. Ora, cerchiamo di prevedere i possibili scenari.
1.     Vengono indetti referendum popolari in tutti i paesi dell’eurozona per stabilire se continuare a tenere in vita la moneta unica o meno. Prevarrebbe sicuramente l’uscita composta e ordinata dall’euro, e questa sarebbe l’eventualità più favorevole all’Italia: uscire dalla camicia di forza dell’euro e tornare ordinatamente alla valuta nazionale insieme agli altri paesi. Ma questo è lo scenario meno probabile.
2.     Si crea un euro a due velocità, uno per i paesi “virtuosi” del nord, e un euro2 per l’Europa meridionale.  Non sarebbe, in linea di principio, una idea sbagliata, i paesi del nord Europa hanno esigenze ed obiettivi completamente diversi dall’Europa del sud, e due monete potrebbero rivelarsi utili ad entrambi gli schieramenti. Ma anche questo è uno scenario improbabile, perché una sola banca centrale difficilmente potrebbe gestire due monete.
3.     L’uscita unilaterale dell’Italia dalla moneta unica. Si produrrebbe, come effetto immediato una svalutazione inflattiva, con una perdita di valore dei nostri risparmi ed una impennata dell’inflazione. Il tasso di conversione tra euro e nuova lira non sarebbe più di 1936,27 lire per 1 euro, ma, grosso modo, sarebbe raddoppiato. Il cittadino medio guadagnerebbe 4.000.000 di lire, che sembrano tanti, ma se quando fai la spesa ne spendi 500.000, allora ti rendi conto che in tasca hai della carta straccia. Quello che la nuova Banca d’Italia dovrebbe attuare sarebbe una politica monetaria tale da far accrescere il più possibile il potere di acquisto della nuova moneta, ancorandola magari al dollaro. Non è importante il tasso di svalutazione, quello che conta di più è la capacità di acquisto. Bisognerebbe rinegoziare il debito pubblico con i paesi che detengono ancora l’euro (un 30% del debito italiano è in mani tedesche e francesi), ma, una volta usciti dall’euro, i paesi stranieri si dovrebbero accontentare delle nuove lire. O così o niente. Le esportazioni ripartirebbero alla grande e allo stesso modo le aziende e le fabbriche dismesse potrebbero, almeno in parte, riaprire i battenti e riassumere personale. Questo scenario, fra quelli possibili, è probabilmente quello da preferire. Sarà doloroso, per i primi tempi, ma alla distanza potrebbe dare i primi frutti. L’euro è una gabbia dalla quale uscire al più presto.
Non abbiamo di fronte a noi un futuro rosa. Non esiste nessuna luce in fondo al tunnel, se non usciamo dall’euro ci attende una stagnazione lunga decenni interi. Ed un paese che non regredisce ma neppure progredisce è destinato a morire. L’Italia è già un paese deindustrializzato, grazie alle politiche restrittive e depressive della Troika, Germania in testa. E’ proprio la perdita della nostra sovranità che ci ha condotto a questo punto. Tutti hanno capito che l’agenda politico economica dell’Italia è scritta a Bruxelles e Francoforte, non a Roma. Ma con i politicanti che ci ritroviamo e il discredito che ci ha cucito addosso un ventennio berlusconiano non è facile davvero essere ottimisti.