mercoledì 20 settembre 2017

LA LEGGE RIDICOLA DI FIANO. DA PARTE DI UN FILOSOFO MARXISTA



Il signor Fiano, in gentile compagnia della signora Boldrini, ha una cosa che lo accomuna ai talebani: l’odio per i monumenti, che vorrebbe addirittura manomettere, rimuovendo la scritta “dux”. Caro Fiano, è superfluo ricordarle che manomettere un monumento storico equivale a compiere un gesto vandalico a tutti gli effetti. Lo sa, e non v’è bisogno che sia io a ricordarglielo.
NON SONO MAI STATO FASCISTA. A me, sinceramente, non dà preoccupazione che lei, signor Fiano, voglia rimuovere i riferimenti al fascismo dai monumenti italiani: non sono mai stato fascista. Se fossimo ai tempi di Gobetti, sarei anzi probabilmente tra gli antifascisti militanti. Oggi, però, l’antifascismo serve solo come alibi alle sinistre market friendly: essendo esse al servizio del Capitale, traggono legittimazione dalla lotta contro un nemico che fortunatamente non v’è più, per non combattere contro quello in forze, il capitalismo appunto, che esse difendono integralmente.
Ma questa è un’altra questione. Ciò che mi preoccupa, Fiano, non è tanto - ripeto - che voi volete togliere i simboli del passato: mi preoccupa il fatto che non abbiate simboli alternativi. Mi preoccupa che la vostra vacuità politica e culturale non abbia simboli né riferimenti. Dal Sessantotto, lo sappiamo, il Capitale opera in vista dell’integrale desimbolizzazione e, dunque, in termini schmittiani, della “neutralizzazione” di ogni risorsa simbolica di senso che non sia quella economica concorrenziale.
NICHILISMO DELLA SOCIETÀ. Sancendo l’uguale illegittimità di tutte le figure tradizionali dell’autorità (etica borghese, legame religioso, figura del padre, vincoli della tradizione), delegittima le ultime isole di resistenza all’onnimercificazione: e, per questa via, favorisce il compimento del nichilismo della società del mercato, in cui l’unico valore è quello di scambio e il solo simbolo superstite è il denaro: l’argent n’a pas de maître.

FURIA ULTRA-CAPITALISTA. In quest’opera pervicace di desimbolizzazione, di deeticizzazione e di sradicamento delle ultime frontiere all’estensione onnilaterale della forma merce ha svolto e continua a svolgere un ruolo di primo piano il quadrante sinistro della politica e dell’intellighenzia, le cui crociate anti-borghesi coincidono con quelle della furia del dileguare dell’ultra-capitalismo assoluto e post-borghese.

Diego Fusaro – Lettera 43

lunedì 4 settembre 2017

E' SPARITO IL PARTITO DEMOCRATICO



È sparito il Partito democratico. Vi sarà capitato chissà quante volte di guardare l’orizzonte da un molo e di vedere una barca o una nave e poi un attimo dopo non vederla più. È accaduto col Pd. Non c’è. A vista d’uomo non c’è. Dicono che i suoi leader, compreso il nostrano “Kim”, stiano girando per feste chiamate “dell’Unità” tanto per sfotterci. Dicono che al Nazareno siano indaffarati per calcolare con un pallottoliere quanti voti porta Angelino Alfano al candidato che il Pd si è fatto imporre da Andrea Orlando.
MINNITI FA PERDERE CONSENSO A SINISTRA. Se non ci fosse Massimo D’Alema a dare loro la possibilità di una polemica, non saprebbero che cosa dire. Il Pd è talmente sparito che il suo ministro oggi più in auge, Marco Minniti, non gli porterà un voto perché li farà perdere a sinistra e convincerà la destra che aveva ragione Matteo Salvini.
I TITOLI SONO SOLO PER DI MAIO E SALVINI. Il Pd è sparito dal dibattito politico non essendoci mai stato in quello culturale. I titoli dei giornali sono per Luigi Di Maio e Salvini e già si prepara in panchina Antonio Tajani. Roba forte. Come fa un partito che dirige da tanto tempo il governo e che ha come capo il leader più chiassoso della storia repubblicana a sparire?
Il Paese sta bene, le riforme sono state buone (peccato che siano fallite tutte), bisogna solo continuare sparando ai “gufi”. Ecco l’idea del Paese
Accade perché questo partito ha mostrato tre limiti insuperabili.
  1. Il primo è che non ha un’idea del Paese. Se state a sentire il suo leader l’Italia va bene così. Cosi come? Con quei numeretti sull’occupazione aggiustati ogni tre mesi e il Pil che cresce di zero qualcosa e poco altro. Il Paese sta bene, le riforme sono state buone (peccato che siano fallite tutte), bisogna solo continuare sparando ai “gufi”. Ecco l’idea del Paese.
  2. Il secondo motivo è che il Pd non esiste in alcuna parte d’Italia. Ci sono i boss locali, ciascuno con la sua politica sui vaccini, sull’immigrazione, sul reddito di cittadinanza, ma il Pd come soggetto unitario è, come direbbero i giuristi, una “fictio iuris”.
  3. Il terzo limite è che nessuno vuole più andare col Pd. Se togliete di mezzo Alfano che andrebbe col Pd solo perché a destra non lo vogliono e il riluttante Giuliano Pisapia che “rilutta” senza tregua, il Pd non se lo fila nessuno.
È venuta meno persino l'idea complottista dell'accordo Renzi-Berlusconi: Silvio ormai fa da solo, il forno di Rignano può anche chiudere
Sta anche venendo meno il “grande sospetto”. Cioè quell’idea “complottista” che ci fosse un accordo segreto fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi per dare al primo la premiership e al secondo la legittimazione di governo. Berlusconi ormai fa da solo, il forno di Rignano può anche chiudere.
NON SCALFISCE L'INUTILE SINDACA DI ROMA. Il Pd è talmente inesistente che non riesce neppure a far solletico alla sindaca più inutile di tutta la storia di Roma. Non so se qui è più colpevole Beppe Grillo per aver fatto eleggere una persona così inadatta o il Pd per non riuscire a mettere neppure in imbarazzo un sindaco che sembra la figlia maggiore della Famiglia Addams.
Infine, se stiamo alle previsioni elettorali, capiamo che il Pd in Sicilia arriverà terzo e che forse arriverà terzo anche alle elezioni politiche 2018. Anche se in via di ipotesi Articolo Uno gli regalasse tutti i suoi voti, il Pd ne sta perdendo talmente tanti che terzo resterebbe. Non gioisco per questo. Una stagione politica è finita ed è finita molto male. Finì anche l’Ulivo, ma lasciò un ricordo e persino una nostalgia. L’epoca di Renzi finisce in chiacchiere e distintivo.
E ORA NIENTE PIÙ ACCANIMENTO ANTI-RENZI. Chi sta a sinistra deve imparare tre lezioni: mai “come” il Pd, mai immaginare di stare al governo per il governo. O la sinistra di governo fa la sinistra a Palazzo Chigi o stia a casa. Niente più accanimento anti-Renzi, è finito, pensate ai suoi elettori smarriti. Infine fate un partito, un movimento, fate quel che vi pare, ma ridate all’Italia la possibilità di pensare al futuro e a un futuro in cui cambia l’assetto del potere e la gerarchia sociale. Pensate all’Italia come all’Italia pensarono quelli del primo centrosinistra. Già questa sarebbe una rivoluzione.
Peppino Caldarola

venerdì 18 agosto 2017

SOLITO SCHEMA. CONFUSIONE TOTALE



A 24 ore dall'attacco a Barcellona la prima cosa che viene in mente è: confusione totale. Andiamo per ordine. Prima il furgone contro la folla sulla Rambla, poi la sparatoria in strada, il terrorista asserragliato in un ristorante. La fuga, la caccia all'uomo. Un copione che ormai conosciamo a memoria: Charlie Hebdo, Parigi, Bruxelles.
Ma questa volta non si è trattato di un attacco sofisticato. Un killer a bordo di un veicolo. Punto. Eppure in poco meno di una giornata sono continuate ad arrivare news contrastanti, segno che le stesse autorità spagnole fin dall'inizio non hanno saputo come reagire, dove guardare.
Quando Driss Oukabir, 28 anni, alias "la faina", si è recato alla polizia per dire che il fratello minore gli aveva rubato i documenti per poter noleggiare un furgone lo hanno arrestato. Intanto l'autista vero, il 18enne Moussa Oukabir, si dava alla fuga e mentre scriviamo è ancora a piede libero. I tre suoi presunti complici sono stati catturati (c'è da capire chi sono, da dove vengono e perché). Altri cinque terroristi sono stati invece uccisi a Cambrils, durante un secondo attacco. Il piano era compierne un terzo, seminare panico e terrore.
Indipendente dalle responsabilità di Driss, anche in questa circostanza, come in passato, c'è la storia dei due fratelli. Era accaduto a Boston nel 2013, con gli attentati alla maratona: i fratelli Tsarnaev, ceceni. Era accaduto a Charlie Hebdo: i fratelli Kouachi. A Parigi, nell'assalto del 13 novembre: Brahim e suo fratello minore Salah Abdeslam. Era accaduto anche a Bruxelles, con i kamikaze Khalid e Brahim El Bakraoui.
Un legame di sangue, che ci dice qualcosa sulla natura degli assassini. Giovani, tutti under 30, spesso nati e cresciuti nel Paese colpito. Infelici, senza un'identità, caduti in un'interpretazione distorta dell'islam, troppo difficile da rompere con la sola forza delle braccia.
Nelle ore successive all'assalto si è capito fin da subito che la matrice fosse islamica. Lo suggeriva la dinamica. I separatisti, molto attivi in Spagna, non si muovono in questo modo. Prima che deponesse le armi, anche l'Eta attaccava con dei furgoni. Ma erano furgoni bomba, lanciati contro obiettivi specifici, non contro chiunque com'è accaduto a Barcellona.
Ricordiamo Burgos 2009 e Getxo 2008. Tra l'altro la rivendicazione dello Stato Islamico è arrivata immediatamente. Simpatizzanti dell'Isis in trionfo sul web, ha riferito il Site. C'è un dettaglio però, che va considerato: a quanto pare subito dopo l'attacco, in rete, alcuni fedelissimi del Califfato avrebbero cercato informazioni su Driss Oukabir. Un episodio che conferma due aspetti, uno conseguente all'altro.
Il primo: l'Isis mette il cappello ovunque, sempre, anche quando in apparenza non offre un contributo diretto ai terroristi. Il secondo: il quartier generale di Raqqa si attribuisce la paternità di ogni attacco per mascherare una fase di debolezza. Forse non riescono più a erogare fondi. Sono in declino. È un'ipotesi.
In ogni caso l'utilizzo di veicoli ariete è diventato un classico. Vedi Berlino. Vedi anche Nizza, Stoccolma, Londra. Se n'è parlato anche nelle riviste del Califfato. Al Baghdadi e i suoi uomini hanno dato indicazioni precise ai miliziani. La logica è quella che si segue da Mumbai 2008. Obiettivi soft e armi low tech, vale a dire basso impiego di risorse e massimizzazione del risultato.
Negli ultimi dieci anni è stata una via condizionata per molte cellule terroristiche. Ha iniziato al Qaeda o simili, colpendo ristoranti, hotel, navi da crociera. Luoghi di svago. Con lancio di granate, che facilita l'irruzione, poi fucili-mitragliatori e presa di ostaggi. Ha proseguito l'Isis, riadattando un format studiato a tavolino da Fazul Abdullah Mohammed, l'ex capo di al Shabaab (milizia somala). Lo Stato Islamico ha rivisto alcuni particolari, rendendo il tutto più imprevedibile e letale. Noleggiare un furgone è legale, guidarlo è legale e nessuno può sapere quando il terrorista premerà il piede sull'acceleratore.
A memoria, l'ultimo attentato di matrice islamica condotto in Spagna è Madrid 2004. Poi ne sono stati sventati altri. Uno sempre a Barcellona, nel 2008. Ad agire una cellula dei talebani pakistani (Tehrik-i-Taliban Pakistan). Volevano colpire la metropolitana. Vennero arrestati prima, nel quartiere di Raval. Andando a ritroso ricordiamo il bombardamento de El Descanso (1985), condotto dall'Islamic Jihad Organization, un gruppo salito alle cronache durante la guerra civile libanese. Cugini di al Qaeda. L'obiettivo in quel caso erano militari statunitensi, non il Paese iberico. Per questo l'attacco a Barcellona ha sorpreso più del dovuto, giunto in un momento in cui i flussi di migranti sono quadruplicati a seguito della stretta italiana sulle Ong nel Mediterraneo.
I volti del terrore noti in Spagna sono principalmente tre: Hamed Abderrahman Ahmad, classe 1974, nato a Ceuta (dov'è operativa dal 2006 anche una cellula, la Nadim al Magrebi), catturato in Pakistan e detenuto a Guantanamo; Abu Dahdah, spagnolo di origine siriana condannato a 27 anni di carcere per il suo coinvolgimento negli attacchi alle Torri Gemelle; e Mustafa bin Abd al-Qadir Setmariam Nasar, che ottiene la cittadinanza sposandosi con una spagnola. Nel 2004 è stato trasferito in carcere in Siria e non è da escludere che con la guerra in corso sia tornato operativo. Ceuta e Melilla, invece, sono le due città ad alto potenziale jihadista, le due culle spagnole del radicalismo.
Oggi tutti si domandano quanto sia forte la presenza dell'Isis in Spagna. Abbastanza. A giugno è stata fermata una cellula a Maiorca, nel 2016 a San Sebastian è stato arrestato un allenatore di boxe marocchino sospettato di reclutare uomini per l'Isis (anche in questo caso il pugilato, era un ex pugile pure l'uomo che spinse verso la conversione all'islam il tedesco Deso Dogg, nome di battaglia Abu Talha al-Almani, ossia l'ex direttore responsabile di al Hayat Media Center, il principale mezzo per le comunicazioni e la gestione dei nuovi media dei jihadisti di Isis). Quasi un paio di anni fa a Madrid è arrivata una minaccia video del Califfato: "Ricupereremo la nostra terra dagli invasori'. Nel 2015 è stata attaccata l'ambasciata spagnola a Tripoli, in Libia.
Il Paese iberico fino a ieri era al livello quattro nella scala che misura l'allarme anti-terrorismo. Dal 2001 l'azione di contrasto contro i terroristi è stata forte: quasi 200 arresti per proselitismo e reclutamento, quanti i foreign fighters partiti in Siria e Iraq.
Augusto Rubei – Huffington Post

mercoledì 16 agosto 2017

IL LICEO IN QUATTRO ANNI: LA BARBARIE CAPITALISTA



Non mi stancherò di ribadirlo. Nella distruzione programmata del liceo si esprime non solo la barbarie del tempo unificato sotto il segno della forma merce, ma anche un chiaro progetto politico. Per affermare se stesso in forma piena, il market system dell’integralismo della merce e del fanatismo della finanza deve abbattere i residui bastioni dell’eticità hegelianamente intesa: dalla famiglia come sua cellula allo Stato sovrano come suo compimento, discendendo “per li rami” dei sindacati e della scuola.
L'ISTRUZIONE SI FA AZIENDA. Distruggere la scuola (dal liceo all’università) serve alla global class dominante non solo perché, ça va sans dire, è più facile governare schiavi privi di cultura e di coscienza storica: la cultura è sempre lo spazio della acquisizione della coscienza della propria posizione nel cosmo e nella società. Accanto a questo motivo (e sinergico rispetto a esso), ve ne è un altro: da istituto di formazione di esseri umani pensanti e consapevoli di sé e della propria storia – tale era il liceo nel tempo della civiltà borghese –, la scuola si sta oggi ridefinendo in termini post-borghesi e ultra-capitalistici come “azienda” tra le tante. Più precisamente, come azienda erogatrice di debiti e crediti, pronta a “sfornare” in serie individui non pensanti ma efficienti, idonei per il mercato del lavoro flessibile e precario.
Del resto, ci ricorda Il Sole 24 Ore – l’Osservatore romano della globalizzazione capitalistica – quanto segue: «Maturità in 4 anni: dove è in vigore in Europa, In Italia farebbe risparmiare 1,4 miliardi». Due soli argomenti a favore della nuova barbarie, dunque: 1) in Europa è già così (e quando Bruxelles chiama, Roma non può non rispondere); 2) la nuova barbarie farebbe «risparmiare» (sic!). Tutto il resto non conta e nemmeno è menzionato. Cultura, coscienza critica, sapere, educazione: non si fa motto di ciò. La “ragion calcolante” dell’algida geometria del capitale non conosce altre ragioni. La descolarizzazione come momento fondamentale della distruzione dell’eticità a beneficio della ridefinizione del mondo intero come mercato borderless per atomi consumatori e – possiamo dirlo – ignoranti è già iniziata.
Diego Fusaro – Lettera 43