Tratto dall'intervista su East Journal a cura di Valerio Pierantozzi:
Lo shutdown avrà un fortissimo impatto reale sulla vita quotidiana di tanti
americani. Rimarranno senza stipendio, ma dovranno pagare le bollette e i
mutui. Con queste parole il presidente degli Stati Uniti Barack Obama
spaventava gli americani riguardo al rischio di fallimento. Si è partiti da
qui, dallo sfiorato default degli Usa, e si è finiti poi per parlare di sanità
pubblica, di Europa e della situazione in Italia, passando ovviamente da
Oriente, cioè dalla Cina.
Questo è quanto venuto fuori da una chiacchierata con
Eugenio Benetazzo, economista indipendente che con le sue opinioni non ha mai
paura di andare controcorrente. Negli anni si è affermato anche come un
apprezzato e autorevole analista finanziario, avendo spesso previsto con largo
anticipo alcuni scenari internazionali grazie alle sue spiccate capacità di
“leggere” il panorama socioeconomico della nostra epoca. Parlare con lui può
essere spiazzante, proprio perché ogni volta sa concentrarsi sul punto davvero
importante della questione, senza badare al fumo che sta intorno.
Benetazzo, gli Stati Uniti sono stati davvero vicini
al fallimento? Sì, ma ora
questo tipo di rischio non c’è più perché il Congresso è intervenuto sul tetto
del debito. Ovvero ha alzato la cifra massima che il governo può chiedere in
prestito per finanziare le sue spese.
Ma è un limite che gli USA ritoccano pressoché ogni
anno. Non è in
fondo una specie di trucco finanziario? No assolutamente, non esistono trucchi
qui. Si tratta di un dispositivo che richiede l’approvazione del Congresso e
che permette all’amministrazione federale di prendere più denaro in prestito. E
finché l’alzamento del tetto non è stato legalmente approvato, negli Stati
Uniti rimane tutto fermo.
Come si sta muovendo la Cina in questo scenario ? Ricordiamo che la Cina, dopo il
Giappone, è il paese che ha la maggior esposizione sul debito pubblico
americano. Il nuovo presidente Xi Jinping sta lavorando su un modello che si
basi anche sullo sviluppo industriale, e non solo sull’attività manifatturiera.
Si sta lavorando anche sulla crescita del mercato interno e l’attrazione di
investitori stranieri, in special modo per quanto riguarda le nuove tecnologie.
Insomma, Xi Jinping sta traghettando l’economia cinese da un modello basato
sull’esportazione a uno basato sui consumi interni.
Tornando in America, molti dicono che questo accordo avvenuto fra
democratici e repubblicani sia solo un compromesso che ritarderà il fallimento
di qualche mese. Il default negli Stati Uniti non avverrà mai. Credo che sia
proprio un’eventualità che è stata messa al bando. In Italia se ne è parlato
parecchio e spesso male, molte volte perché non ci sono corrispondenti che
coprono bene le notizie, ma si limitano a fare copia e incolla con le fonti
statunitensi. Comunque al momento quella del default non è proprio
un’eventualità contemplata. Agli americani è bastato vedere cosa è successo per
il fallimento della Lehman Brothers, cinque anni fa.
Dunque? Quindi è inutile parlare di shutdown, è una perdita di
tempo. Sarebbe come parlare della semifinale dei mondiali mentre stanno
giocando la finale.
Parliamo della finale, allora. È sull’Obama Care che si gioca la
partita. Grazie a questa riforma circa 38 milioni di statunitensi potranno
avere una copertura sanitaria, a differenza di quello che avveniva prima. Ma a
una buona fetta di popolazione tale impostazione socialista non è affatto di
gradimento. L’americano “medio” è contento del proprio sistema sanitario, un
sistema dove se paghi tanto hai tanto, e se paghi poco hai di meno. In Italia
sarebbe impensabile una riforma in tal senso. Lasci stare quello che dicono in
Italia. Mentre noi ci chiediamo: “Ma come fanno negli USA ad accettare un
sistema sanitario del genere?”, in America si fanno la stessa domanda su di
noi. “Ma com’è possibile – si chiedono – che il contribuente italiano accetti
di pagare una quota rilevante dal punto di vista percentuale, foraggiando un
sistema dove tutti pagano per tutti?”.
E la soluzione quale sarebbe? La mia proposta è quella di un
sistema ibrido, dove siano garantiti dei livelli essenziali di assistenza, ma
sia introdotta una “Health Tax”, cioè un’imposta in cui i cittadini sopra i 16
anni pagano in base a quanto gli stessi per ragioni induttive saranno imputati
a generare nel corso degli anni. Siccome prevenire è meglio che curare, questo
avrebbe un ricaduta positiva anche nella qualità della vità media
dell’italiano. In pratica, più una persona si mantiene in forma con uno stile
di vita il più possibile sano, meno pagherà di tasse sanitarie.
Da un po’ di tempo si paventa l’istituzione di un
mercato unico euroamericano, il cosiddetto Transatlantic Trade and Investment
Partnership (TTIP). È un’ipotesi realizzabile? E per l’Italia quali sarebbero i
benefici? Sarebbe la naturale evoluzione della Comunità Economica Europea:
unire le potenzialità di due mercati distanti tra loro ma non così diversi.
Sarebbe un passo importante soprattutto per contrastare l’imponente crescita e
l’ingerenza in Europa di alcuni mercati asiatici. Per quanto riguarda l’Italia,
invece, è difficile dire qualcosa, visto che il Paese sarà probabilmente
commissariato dalla UE nei prossimi mesi.
Come dice, scusi? Non lo dico io. Sono questioni che sono state
sollevate dagli organismi sovranazionali a Bruxelles. Se il governo Letta non ha
il coraggio di prendere le strade per le riforme necessarie al Paese, dovrà
intervenire l’Europa. “Commissariamento” forse è un termine impreciso. Si
tratta in realtà dell’applicazione del piano di intervento studiato dalla
Unione Europea lo scorso anno, strutturato per proteggere la stessa
sopravvivenza dell'Europa.
Sembra di
capire che sia una cosa positiva, dal suo punto di vista. In Italia si pensa solo alle
leggi di stabilità. Ma in Europa si aspettano da noi degli interventi
strutturali sulla spesa pubblica che vadano a incidere profondamente
sull’economia italiana. A questo punto, mi auguro che avvenga davvero questo
“commissariamento”: servirebbe per cambiare qualcosa. Meglio un intervento
esterno che continuare con questi governi che non hanno il coraggio di andare
nella direzione necessaria perché sono ostaggio delle varie e numerose lobby.
Eugenio Benetazzo –
eugeniobenetazzo.com