lunedì 21 ottobre 2013

L'ITALIA VISTA DA CARLO DE BENEDETTI



NAPOLI (WSI) - "L’Europa, e l’Italia in particolare, oggi sono la zavorra della crescita mondiale". Parola di Carlo De Benedetti, presidente Gruppo editoriale L'Espresso, che parla in occasione del convegno dei Giovani di Confindustria, che questo anno è stato organizzato a Napoli.

Il declino "non solo economico", ma quello che "più deve preoccuparci è una sorta di declino morale che noi italiani stiamo vivendo. E' senso di frustrazione, quasi di avvilimento, che sta contagiando tutti, anche noi imprenditori, anche quei giovani che devono essere invece la molla del rilancio".

"Quando sento parlare di segnali di ripresa che stiamo o che dobbiamo agganciare penso subito che l’interlocutore stia provando a fregarmi", ha aggiunto, ricordando quando Mario Monti "vedeva la luce in fondo al tunnel nell’estate del 2012. Ebbene stiamo tutti lì a guardare dall’altra parte del tunnel ma è sempre nero pesto".

"No, non c'è niente di normale in questo Paese", risponde a chi gli chiede se l'Italia sia un Paese normale a margine del suo intervento. "Serve una rivoluzione culturale e generazionale. Non c'è niente altro da fare".

Sulla legge di Stabilità: "Ci avevano detto di aspettare, ma dov'è la svolta? Dov'è l'ambizione del rilancio della crescita? Ma non sono Letta e Saccomanni. Cosa possiamo aspettarci, se non il minimo sindacale da questo Governo, da questa politica? In quest'Italia? In questa situazione?".

Per questi motivi serve una rivoluzione, "va ribaltata dal profondo questa Italia vecchia, bloccata dalle rendite di posizione, dagli interessi di parte, dal cinismo di chi considera il potere un fatto privato da gestire a scopi privati". Per De Benedetti "è la classe dirigente da cambiare. Le consorterie da combattere, così come i poteri di veto sindacali e soprattutto - ha concluso - questa orribile politica che si occupa sempre dall'alto e mai dei problemi del Paese".

Dure le parole sul caso Alitalia e Telecom. "Il salvataggio di Alitalia da parte dei cosiddetti capitani coraggiosi (come Silvio Berlusconi aveva definito la cordata di imprenditori italiani che rilevò la compagnia aerea nel 2008, ndr) è stato un perverso scambio di interessi tra una politica che mira al consenso immediato e imprese e banche che guardano al tornaconto immediato e, a volte, personale".

Per quanto riguarda Telecom, "è stato sacrificato in vent’anni fino all’umiliazione finale di vederlo passare agli spagnoli con un’operazione che ha dello scandaloso. Nessuna Opa (Offerta pubblica di acquisto, ndr), nessuna trasparenza per i piccoli azionisti, solo una intesa più o meno sotterranea con le banche che non vedevano l’ora di ridurre la propria esposizione" ha sottolineato. "Uno dei momenti più bassi della Caporetto del capitalismo".
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