Che ne direste di un’altra bella
manovrina finanziaria per la prossima primavera? Diciamo da 10 miliardi? I
maggiori economisti ed esperti del settore internazionali ne sostengono
l’ineluttabilità. Il ministro Grilli smentisce con sempre meno calore, anche
perché sa benissimo che si tratterà probabilmente dell’ultimo atto di questo
sciagurato governo. Ricapitoliamo: Abbiamo sottoscritto l’unione di bilancio
con l’UE, abbiamo inserito in Costituzione il pareggio di bilancio, ci siamo
dati da soli come scadenza il 2013, più stupidamente di così non era possibile
agire. L’unione di bilancio andava meglio concordata, il pareggio di bilancio
non doveva entrare in Costituzione, per il semplice fatto che non ci arriveremo
mai. Si tratta di un suicidio in piena regola. Nessuna persona sana di mente
penserebbe di raggiungere il pareggio nel 2013, un anno che vedrà l’Italia scivolare
in una recessione ancora peggiore del 2012. Ricordiamo sempre che, nel rapporto
debito pubblico/PIL, se il denominatore rimane negativo, il pareggio è una
chimera. Il PIL non potrà crescere mai in presenza di manovre finanziarie fatte
di tagli e nuove imposizioni fiscali. Si tratta di manovre depressive per
l’economia, che nessun esperto in economia e finanza consiglierebbe. Solo la
nostra insulsa sudditanza alla Germania ci ha imposto politiche di bilancio
semplicemente autolesioniste. Le manovre lacrime e sangue si fanno nei momenti
di crescita, di prosperità economica, guai a praticarle quando l’economia è in
crisi e il debito sovrano cresce costantemente: ci si avvita sulle manovre, che
non bastano mai, perché si insegue un fantasma (il famoso pareggio di bilancio)
che si allontana sempre di più. Si entra nel seguente circolo vizioso: aumento
del debito, cui corrisponde una manovra depressiva, si arrestano i consumi, le
banche attuano la stretta creditizia per cui le imprese vanno in crisi e
licenziano ingrossando le fila dei disoccupati, il PIL necessariamente diventa
sempre più negativo. In questo modo si finisce strangolati dalle manovre. Non
fatevi incantare dai nomi di fantasia che sono stati attribuiti dai signori
professori che ci governano alle manovre sin qui attuate: “spending review”,
“patto di stabilità”, “manutenzione dei conti” ecc., tagli sono, e nuova pressione
fiscale. Il governo Monti ha avuto l’unico pregio di aver proceduto ad un
restyling della facciata italiana, sino ad allora svillaneggiata, con
Berlusconi, da tutto il mondo. Ma le sue qualità finiscono qui. Le manovre
finanziarie ragionieristiche è capace a farle anche un ragioniere diplomatosi
alle serali. Non ci volevano fior di professori. Se non si mette mano allo
sviluppo economico e non si incentiva con investimenti pubblici la crescita, ci
si condanna, tra 18 – 24 mesi al default come sta accadendo in Grecia, in
Argentina e, presto, anche in Spagna. Una BCE che, anche considerando i limiti
entro i quali può operare, fa gli interessi dei paesi del nord Europa (che poi
sono solo Germania, Olanda Finlandia e Austria), le politiche di austerità e
rigore vanno bene per loro che non sono strangolati da un debito elevatissimo,
sono viceversa controindicate ai paesi del sud Europa, compresi Irlanda e
Belgio, che sono indebitati fin al collo e le cui banche sono in crisi di
liquidità. Insomma, per farla breve, il governo Monti ha completamente deluso,
non è stato neppure in grado di scalfire i privilegi della casta, non ha
neppure istituito una patrimoniale sui grandi capitali finanziari improduttivi,
non ha imposto una tassazioni alle pensioni oltre i 150.000 euro annui. Una riforma
delle pensioni come quella varata dalla Fornero l’avrebbe licenziata anche un blairiano come Matteo Renzi,
non è così difficile, è solo impopolare. In Italia, ormai, siamo arrivati al
punto che si dispongono tre manovre finanziarie l’anno: una a primavera, una
nel corso dell’estate, ed un’altra, col decretone milleproroghe, a fine anno. Ma
un paese in crisi acuta come l’Italia, secondo voi, può sopportare a lungo tre
manovre finanziarie l’anno? Pardon, spending review? Tra qualche mese saremo chiamati
alle urne, è una disperazione, nessuno di noi, credo, sa bene dove andremo a
parare. Bersani è un campione di paragoni, ma di economia e finanza non capisce
nulla, Renzi è un dilettante velleitario, Grillo non fa neppure più ridere come
comico, il PDL è un partito totalmente allo sbando, con un Berlusconi che
cambia idea un giorno si e uno no. Non parliamo della Lega che dopo gli ultimi
scandali finanziari è in caduta libera. Ma anche coloro che auspicano un esecutivo
politico con presidente del consiglio Monti (il famoso Monti bis), non temono
che questo compassato e legnoso signore ci porti, seguitando a fare i compiti dettati
della Merkel, sull’orlo del tracollo economico? Sarebbe bella fallire con un
presidente del consiglio economista! L’idea non ci aggrada più di tanto, è
ovvio. Ma se ci guardiamo intorno, nel panorama politico italiano, c’è da piangere.
Nessuno è in grado di prendere il posto di Monti e governare un paese allo
sbando. E forse, al punto in cui siamo, Monti potrebbe rappresentare il male
minore.
Il presente blog si propone di occuparsi di politica, costume, cronaca, attualità, da un punto di vista di un osservatore critico, soprattutto nei confronti della stampa e TV mainstream, cercando di mantenersi il più possibile equilibrato ed obiettivo. In un momento storico come quello attuale, caratterizzato da una deriva totalitaria, le voci veramente libere non sono solo scarse, ma emarginate entro i confini dei social media.
giovedì 29 novembre 2012
martedì 20 novembre 2012
FONDAMENTALISMO IRLANDESE
GALWAY (IRELAND), 16 NOVEMBRE 2012 – La questione dell’aborto si riaccende in Irlanda. Questa volta, provocando una vittima. Una donna di 31 anni di origine Indu, Savita Halappanavar. I dottori le hanno negato l’aborto sulla base della legge irlandese di ispirazione cattolica, provocando così la morte della donna che si trovava alla 17esima settimana di gravidanza. Le indagini si stanno concentrando presso l’ospedale universitario di Galway, ( National University of Ireland in Galway) dove la donna è deceduta. I familiari raccontano che la donna ha più volte esternato la volontà di abortire con i medici, poiché avvertiva fortissimi dolori e contrazioni. Tuttavia, secondo i medici irlandesi, il feto era ancora vivo e non sarebbe stato possibile praticare un’interruzione della gravidanza. <<Finché si sente un battito cardiaco del feto non possiamo fare niente>> avrebbero dichiarato i medici. La donna, pur non essendo né irlandese, né cattolica, ha dovuto piegare il suo destino a quello della legge irlandese. Il marito, di 34 anni, che vive a Galway dove lavora come ingegnere, si trova attualmente in India insieme ai familiari per i funerali di Savita. E’ beffardo a volte il destino: a Savita, è toccata la fortuna di poter vivere ed essere curata in un paese occidentale, al contrario di molti altri indiani che vivono in assoluta povertà. Tuttavia, il prezzo da pagare è stato quello di piegarsi a leggi di ispirazione religiosa ancora più restrittive di quelle che sarebbero state applicate in India. Fortunatamente, il governo di coalizione irlandese sta ora lavorando su una proposta di riforma della normativa vigente, alla luce della sentenza del 2009 della Corte europea che stabilisce che un divieto assoluto di interrompere le gravidanze costituisca una violazione dei diritti umani delle donne.
LGISLAZIONE IRLANDESE IN MATERIA DI ABORTO – La legge irlandese che che regola l’aborto è l’Offences Against the Person Act e successivi emendamenti del 1861, paragrafi 58 e 59. L’atto, originariamente, prevedeva che ogni donna incinta, che, con l’intento di procurarsi l’aborto, si somministra del veleno o altre sostanze velenose, o utilizza strumenti o qualsiasi mezzo con l’intento di procurare l’aborto ad un’altra donna deve essere condannata all’ergastolo. Ovviamente, questa pena è stata poi mitigata dai successivi emendamenti. Ad esempio, con il referendum costituzionale dell’83, fu inserita la tutela della vita della madre, attraverso l’Ottavo emendamento, che recita come segue: “ Lo Stato Riconosce il diritto alla vita del nascituro e , con il dovuto riguardo di un diritto pari della madre, garantisce con le sue leggi, di difendere quest’ultimo diritto. Tuttavia, non vi è ancora nella legislazione irlandese, il riconoscimento del diritto all’interruzione della gravidanza.
CLARISSA MARACCI per fattoediritto.it
Questa è la notizia. E’ morta di parto una giovane
indiana, che c’è di strano? E’ morto anche il bambino, e allora? E allora di
strano c’è che la piccola vicenda che abbiamo narrato è avvenuta nell’anno del
Signore 2012 d.C., nel cuore dell’Europa, il continente liberale,
socialdemocratico, con le democrazie più avanzate del globo, un faro di civiltà
e benessere. Certo, se la famiglia di Savita è venuta in Irlanda per trovare il
benessere può darsi che lo abbia trovato (anche se piuttosto modesto, date le
condizioni economiche del paese), quanto alla civiltà, ha proprio sbagliato
bersaglio. Nell’incivile India, il paese arretrato, autoritario, con grandi
aree ancora selvagge, la sua vita sarebbe stata salvata. Nella civilissima
Irlanda si è optato per la sua morte. Ci deve essere qualcosa, da qualche parte,
che non funziona, che non gira per il verso giusto. Quello che non va, lo
diciamo per gli islamici, ma vale ovviamente per tutti gli integralismi
religiosi, è il fondamentalismo. E’ difficile da credere, lascia sbalorditi,
eppure nel 2012, nel bel mezzo dell’Europa esiste un paese fondamentalista
cattolico e non ce ne eravamo accorti, Ci voleva la morte di una donna
innocente, che aveva il solo torto di attendere un bimbo, per dare una bella
svegliata alle nostre coscienze ed inchiodare gli irlandesi alla gogna della
loro condizione di fanatici religiosi. Il cristianesimo, ma solo quello
cattolico, è la religione ipocrita per eccellenza. Predica il perdono dei
nemici, il porgere l’altra guancia, l’uguaglianza dinanzi a Dio di tutte le
creature, consiglia di non guarda la pagliuzza nell’occhio del proprio vicino
trascurando la trave che si trova nel proprio, predica la tolleranza e la
fratellanza universali, e poi fa ammazzare una donna perché una stupida,
ottusa, fanatica legge liberticida dice che il feto va salvato “ad ogni costo”,
finchè il suo cuore pulsa. Non ha importanza se la madre sta morendo e se un
feto di diciassette settimane non sarebbe mai sopravissuto, la madre deve
“partorire con dolore”, condannata dall’Antico Testamento, e se è il caso, deve
morire. L’aspetto grottesco e tragico di questa vicenda è che il feto, in ogni
caso, era così prematuro che non sarebbe sopravissuto comunque. Gli irlandesi
hanno fama all’estero di essere delle teste di legno, delle “teste calde”, una
razza dura, tenace, testarda e ribelle per eccellenza. Ce ne hanno dato una
splendida prova. Esiste da qualche parte del mondo un popolo più ottuso? Il
fondamentalismo irlandese probabilmente fatica a riconoscere ancora oggi
un’anima alle donne: siamo proprio sicuri che la posseggono anche loro, così
ferine, così legate alla terra, così materiali, concrete, fattrici per
vocazione come giumente, e destinate ai lavori domestici, alla custodia del
focolare? Che siano rimasti al Concilio Tridentino? Non sono arrivati alle
verdi colline d’Irlanda le conclusioni del concilio Vaticano II? Qualche giorno
fa in Europa, l’Irlanda, un paese menefreghista per eccellenza, euroscettico,
che ha sempre badato agli affari propri infischiandosene dei partners europei,
ha scritto una delle pagine più tetre, più buie della sua storia millenaria. Se
l’India fosse a sua volta un paese serio richiamerebbe in patria l’ambasciatore
per consultazioni, un piccolo segno. Si è semplicemente perpetrato un omicidio
in nome di Dio. Ma che, siamo al tempo delle Crociate? E chi è il nostro nemico? Ecco che cosa
produce un malinteso senso della religione, vissuto in modo militante, sempre
contro qualcosa o qualcuno, in antitesi con le più elementari norme di pietà e
di compassione. E’ la religione che rende disumani, freddi, feroci, senza
pietà. L’Irlanda non merita di stare in Europa, nel nostro continente ci
possono stare i mussulmani non integralisti come i turchi, ma i fondamentalisti
cattolici devono trovarsi un’altra casa, un altro alloggio. Non c’è posto per i
fanatici, di qualsiasi parte siano, e soprattutto non c’è posto per gli
assassini che uccidono con la benedizione dell’episcopato e del tribunale.
domenica 18 novembre 2012
DOVE COMINCIA LA CRISI (e chi dobbiamo ringraziare)
Essere sotto scacco nel gioco degli scacchi identifica
una terminologia tecnica con cui si vuole definire uno stato di attacco che non
consente di proteggersi, solitamente rappresenta anche una situazione di
conflitto in cui una parte viene gravemente minacciata da un altra. Sono
ormai passati quattro anni dal fallimento di Lehman Brothers e da quella data
abbiamo visto costantemente peggiorare la nostra sicurezza e serenità sia
finanziaria che occupazionale. Periodicamente i media ci fanno notare i
fenomeni di contestazione e disagio giovanile in varie aree metropolitane
europee sottolineando come ancora oggi governi ed organismi sovranazionali non
abbiano messo in essere programmi credibili di risanamento e rilancio
economico dei vari paesi oggetto di assedio finanziario. A distanza di tutto
questo tempo forse è il caso di soffermarsi a riflettere su chi incolpare per
quello che stiamo subendo. Tanti di voi magari adesso penseranno che i mutui
subprime siano i soli grandi responsabili della grande recessione del 2008 e
della crisi del debito sovrano che ne è conseguita. In vero questa è una lettura
molto banale e popolare, spesso richiamata dalla stampa nazionale per poter
puntare il dito contro qualcuno o qualcosa.
L'origine dei nostri mali è da ricercare piuttosto in
un disposItivo di legge promulgato dagli Stati Uniti (sotto il mandato di Jimmy
Carter) alla fine degli anni Settanta su pressione di esponenti politici
appartenenti al Partito Democratico, ed in più occasioni soggetto a modifiche
ed aggiunte continue nel corso degli anni successivi, denominato Community
Reinvestement Act (CRA) che venne concepito per conseguire ambiziosi ideali
di equità sociale, ma al tempo stesso anche molto utopici. Il CRA aveva come
obiettivo principe quello di aiutare e supportare le minoranze etniche di
lavoratori a basso reddito a conseguire finanziamenti e mutui facilitati,
soprattutto per l'acquisto di una prima abitazione. La ratio che supportava
l'istituzione del provvedimento si basava su statistiche federali che
evidenziavano come in quegli anni l'80% dei bianchi caucasici era proprietario
della propria abitazione, contro il 40% degli afroamericani ed il 20% degli
ispanici ed orientali. In buona sostanza per non dilungarmi troppo gli USA
imposero alle banche attraverso questo provvedimento di prestare
denaro a persone che in assenza di questo intervento legislativo non sarebbero
mai state affidate o lo sarebbero state a condizioni di prestito molto onerose.
Il governo federale si proclamò motore e intermediario di questi prestiti
attraverso le cosidette GSE (Government Sponsored Enterprise), Fannie Mae
e Freddie Mac (acronimi che stanno rispettivamente per Federal National
Mortgage Association e Federal Home Loan Mortgage Corporation).
Quello che è accaduto non ha precedenti storici:
l'America di fatto ha impedito alle banche di poter discriminare, cioè
ha impedito loro di esercitare un mestiere che svolgono da ottocento anni, che
è quello di selezionare con prudenza e perizia i prestiti che concedono,
questo proprio per proteggere e tutelare i depositi dei loro correntisti e
risparmiatori e garantire così facendo la loro stessa solidità ed integrità
patrimoniale. Le banche sono state messe sotto scacco da una legislazione
che prometteva equità e benessere sociale diffuso ed invece ha prodotto il più
grande numero di disoccupati e sfrattati della storia economica recente. In
aggiunta ed in parallelo nel 1999 durante il mandato e la benedizione di Bill
Clinton è stato approvato il Gramm Act (dal nome del Senatore Phil
Gramm) il quale ha revocato gran parte dei vincoli e limiti che erano stati
introdotti con il Glass Steagle Act negli anni Trenta, a suo tempo istituito
per evitare proprio il ripetersi di un'altro crollo finanziario simile a quello
del 1929. Il Gramm Act ha consentito, attraverso la deregolamentazione
finanziaria che ha innescato, la diffusione del contagio nelle altre
economie occidentali, minando la stabilità di tutte le grandi banche
internazionali, nel frattempo cresciute in dimensione degli assets detenuti e
dei rischi assunti proprio grazie al Gramm Act.
Prestito
indiscriminato e farwest finanziario hanno alimentato la più grande bolla
immobiliare degli ultimi cento anni. Sappiamo tutti che cosa è accaduto
dopo: le grandi banche sono state salvate dai governi in quanto troppo
grandi per poter essere lasciate fallire, istituendo programmi di austerity e
ridimensionamenti degli interventi pubblici per risanare le colossali perdite
nei loro bilanci, mettendo l'economia di ogni paese a disposizione dei bailout
bancari. Fate attenzione pertanto a gongolare per la vittoria di Obama, perchè
lui, la lobby professionale che rappresenta (avvocati civilisti come Bill
Clinton che facevano causa a banche che non prestavano denaro ad hispanici ed
afroamericani, principali beneficiari del CRA, citandole per discriminazione
razziale) ed il suo stesso partito sono stati i principali artefici ad
aver dato inizio alla più grande follia finanziaria della storia del
capitalismo occidentale. Oggi grazie ad una compiacenza e appoggio mediatico di
giornali e televisioni nei confronti di questo leader americano non è possibile
puntare il dito contro chi dovrebbe essere messo sul banco degli imputati
per quanto ha provocato direttamente ed indirettamente, di contro invece lo
vediamo continuamente osannato come il nuovo che avanza. Quello che sta
avanzando purtroppo è solo rischio, malessere e depressione economica causata
da infelici scelte di politica sia sociale che economica, irrorate da retorica
e consenso populista in un paese che ha trasformato l'american dream
nell'american nightmare.
Eugenio Benetazzo –
eugeniobenetazzo.com
E’ superfluo aggiungere qualcosa. Questa lezione di storia
dell’economia impartitaci da Eugenio Benetazzo, uno degli analisti economico
finanziari più lungimiranti del nostro tempo, ci insegna che le cause remote
della contrazione mondiale che stiamo vivendo non è da ricercarsi nei grandi
capitalisti americani, un pugno di miliardari che tengono in scacco il mondo
intero con le loro speculazioni (sebbene non siano scevri da colpe
inemendabili), ma dalla politica dissennata, populista, gonfia di retorica “democratica”
innescata prima da Jimmy Carter, il primo responsabile della crisi attuale, e poi da Bill Clinton, che, come spiegato da Benetazzo, ha assecondato
e dato nuovo impulso alla politica suicida che ha portato le banche al
tracollo, e per contagio sistemico, l’intera finanza occidentale alla deriva. Certo, da qui è
cominciato tutto, poi si sono sovrapposte le autolesioniste deregolazioni del
mercato finanziario, che ha potuto, con azioni piratesche, condizionare
completamente economia reale e politica, ma è curioso e istruttivo allo stesso
tempo apprendere che la spaventosa crisi che ci affligge ha i suoi prerequisiti
proprio nelle scelte di due Presidenti democratici. Romney non sarà stato un
fulmine di guerra, anzi, ma il fatto che sia stato rieletto un democratico
presidente degli Stati Uniti aggiunge un elemento di preoccupazione al popolo
americano e anche a noi.
sabato 17 novembre 2012
I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA
Questa mattina, un sabato mattina
qualsiasi, mi trovavo in casa intorno alle 10,30, mi è arrivata una telefonata
che non mi sarei mai atteso. Un vecchio amico, una persona non comune che
conobbi 25 anni fa, un docente di informatica, si è ricordato di me, insieme al
gruppo di informatici che mi onoravano della loro amicizia, proprio io che
allora mi occupavo di teologia, un gruppo che, fortunatamente, il tempo non ha disperso,
non ha appannato, continuano a frequentarsi e a condividere le loro esperienze.
Io li persi di vista, a quel tempo avevo affrontato un’altra esperienza
lavorativa, il risultato fu che mi allontanai, per le alterne vicende della
vita, dalla loro compagnia. Oggi, dopo 25 anni, arriva una telefonata che mi riempie
di gioia. Sono rimasto solo, non ho più con me la persona con la quale ho condiviso un tempo lungo, mi
trovavo anzi in casa proprio per questo motivo: di solito il sabato mattina ero
fuori con questa persona, e per colui che mi ha telefonato l’unico numero reperibile
era quello del telefono fisso. Che strana impressione fa scoprire che, in un
modo o nell’altro, nel bene e nel male, c’è da qualche parte qualcuno (e
qualcuna) che si ricorda di te dopo tanti anni, che hai lasciato un segno, uno
qualsiasi magari, ma una piccola traccia deve essere rimasta nei cuori di
queste persone. Vuol dire che non sei proprio una persona comune, ed io, ancora
una volta nel bene, e molto nel male, non sono una persona qualsiasi. La
conversazione con lui mi ha riportato indietro di un terzo di vita, i primi
anni nella scuola, un’epoca di entusiasmi e di felicità piena, un decennio,
quello degli anni ottanta, nel quale ho
avuto il privilegio di essere molto amato (e molto odiato), ma è stato il
decennio aureo nel quale ero vivo, vitale, nel pieno senso della parola. Riuscivo
a conciliare diversi mestieri, tutti vissuti con una intensità mai più
riscontrata, i rapporti umani erano fertili e fervidi, al punto che avevo l’imbarazzo
della scelta. Non per stupida vanagloria, ma era così. Allora ho seminato
qualcosa del quale io stesso non ero pienamente cosciente, ma che deve aver
dato i suoi frutti se qualcuno, e non una persona qualsiasi, si è ricordato di
me. Fu grazie a quel gruppo di amici e colleghi che, nel corso di una cena,
conobbi quella che sarebbe stata la mia fidanzata per ben quattro anni. Anni
ancora una volta gioiosi, ho imparato molto da lei, e fu proprio lei a gettare
le basi delle mie modeste conoscenze informatiche. Fu lei a trasmettermi una
passione che non mi avrebbe più lasciato. La “joie de vivre” e l’”élan vital”
che mi possedevano allora, mi consentivano di sfiorare la multi scienza, pur
perdendo qualcosa in spessore: dalla letteratura, soprattutto quella romantica
tedesca, alla fisica quantistica, alla chimica farmaceutica, alla teleologia, all’informatica,
all’economia e finanza. E dovevo essere un brillante conversatore se queste
persone, apparentemente lontane dai miei interessi e dalla mia vita, mi
invitavano nella veste di “intrattenitore”
della serata. Si “chiude una porta e si apre un portone”, scrivevo in un
precedente post, quello dedicato a colei che non c’è più (almeno per me),
ironizzando sulla banalità di quel luogo comune. Eppure, qualcosa di vero ci
deve essere in quell’adagio popolare. Dopo 25 anni, all’indomani della
cessazione del mio rapporto sentimentale mi chiama un vecchio amico per
invitarmi ad uno di quei raduni conviviali: semplice coincidenza? Può darsi, me
ci deve essere qualcosa di più. Da vecchio protestante (la mia chiesa di riferimento
è quella riformata di tipo calvinista, quella zurighese per capirci) credo
nella predestinazione assoluta: esiste un “ordine naturale delle cose”
stabilito per sempre, dall’eternità, da Dio stesso, qualcosa come il Fato dei
greci che sta, in un certo senso, anche al di sopra di Zeus. Ora, non esiste un
destino sul quale Dio, nella sua immensa perfezione non possa intervenire, ma
ogni volta che, per un decreto imperscrutabile ai nostri occhi e per le nostre
menti limitate, Dio decide di modificare
quell’”ordine” del quale parlavo, lo deve fare miracolisticamente, compiendo
quello che le creature chiamano “miracolo”. E così, nel mio piccolo, era
scritto nella mia predestinazione che una volta esaurito un rapporto così
importante, si potesse aprire un piccolo spiraglio, d'accordo, ma, come spero, foriero
di novità o di ulteriorità. Non succederà niente di straordinario, non mi
attendo ovviamente di incontrare la persona della mia vita, ma lo leggo
ugualmente come un segno che deve essere raccolto, e che potrebbe dare qualche
buon frutto. Ci vedremo in modo informale, da qualche parte, tra qualche tempo,
ma non potrà che essere un incontro pieno di nostalgia dolcissima, di struggente
malinconia con retrogusto gioioso, un “come eravamo” dal quale potrebbero
rifiorire i sentimenti di riscoperte amicizie. E’ quello che spero, è quello
che auguro a me stesso e a questi amici di allora, mai dimenticati, riposti in
un angolo, neppure troppo segreto, del mio cuore lacerato.
A Roberto, che per me è sempre il ragazzo di allora.
giovedì 15 novembre 2012
MONTI: UN ANNO VISSUTO PERICOLOSAMENTE
Da più parti è stato stilato un
bilancio di un anno di governo Monti. I saldi,come li chiama lui, sono quasi
tutti negativi. Basta consultare la tabella che pubblico più avanti. Lo spread
oscilla pericolosamente tra i 350 e i 400 punti (l’obiettivo era quello di
ridurlo a 150 punti), continuiamo a pagare interessi troppo elevati sui titoli
di stato, la disoccupazione è al 10,80%, massimo storico per la nazione, il PIL
è caduto da -1,51% dello scorso anno a -2,56%, la produzione industriale dal
-4,05% passa a -5,07%, il debito pubblico è ormai prossimo ai 2.000 miliardi di
euro, passando dal 120 al 126% nel rapporto col PIL, i consumi sono crollati, la capacità di
acquisto dei salari idem, i mutui per la prima casa sono calati addirittura del
50%. Non sono numeri di cui si possa andare fieri. Non si vuole certo qui
impartire una lezione al prof. Monti che è un togato della Bocconi, ci
mancherebbe altro, ma una delle leggi dell’economia politica mondiale, almeno quella del capitalismo avanzato e
degenerato come è il nostro, dice che, in presenza di un elevato debito sovrano
le manovre fatte di risparmi di spesa, tagli della spesa pubblica, inasprimento
della pressione fiscale si tramutano, nel concreto, in misure recessive. Questo
lo deve sapere uno studente del primo anno della facoltà di Economia, pena la
bocciatura. L’unico provvedimento sensato, una vera patrimoniale sui capitali
finanziari improduttivi, o un taglio alle pensioni oltre i 150.000 euro l’anno
Monti non è stato in grado di farlo, probabilmente perché non dimentica di
essere stato un banchiere della Goldman Sachs. Ora, è evidente per tutti che
l’unico pregio che dobbiamo riconoscere a Monti è quello di aver riabilitato
l’Italia sotto il profilo dell’immagine a livello internazionale. Berlusconi
l’ha deturpata per lungo tempo, Monti ne ha fatto un restyling. Ma niente di
più. Per il resto la sua politica economica è dettata parola per parola dalla Merkel
e dalla cricca della Commissione europea, che ha esigenze e bisogni
completamente inconciliabili con i nostri. E proprio qui sta il punto. La
debolezza dell’argomento di chi vuole restare nell’euro senza se e senza ma è
che la BCE, nonostante i suoi limitati poteri, ha sinora agito con
provvedimenti che incontrano il favore di nazioni profondamente diverse
dall’Italia come l’Olanda, la Finlandia, la Germania stessa. La mancanza di una
banca centrale che possa attuare una politica monetaria, stampare moneta,
divenire prestatore di ultima istanza ecc., è proprio il requisito che ci
manca, quello più importante. L’euro esploderà per le sue contraddizioni. Dal
momento che non arriveremo mai a costituire una confederazione (la vedete una
federazioni di stati con Finlandia e Italia assieme?), per forza di cosa la
moneta unica si estinguerà. Da molto tempo predichiamo un ritorno alle valute
nazionali ordinato, concordato, pilotato nel modo più indolore possibile. Monti
è stato solo un freddo e solerte esecutore di politiche stabilite altrove e
buone per quei climi e quei paesi. Attuare politiche recessive nei momenti in
cui la crisi morde più forte, come ricordava Keynes, è la cosa più folle, alla
lunga conduce alla depressione economica. Dobbiamo tornare alla lira non perché
ci buttano fuori dall’euro o perché l’euro va in break up, ma facendo in modo
che l’eurogruppo decida di farlo estinguere, preso atto che si è trattato di
uno sbaglio, di una esperienza fallita perché partita nel modo sbagliato. Prima
si perviene ad una unione politica, poi si pensa a quella finanziaria. Noi
abbiamo fatto il contrario. Non poteva durare. Il successo parziale di Monti è
dovuto al livello di corruzione di impreparazione della nostra classe politica.
Monti ha brillato cioè di luce (o di buio) riflessa, perche con dei politicanti
come il nostri avremmo certamente fatto la fine della Grecia. E le prossime
elezioni saranno un grosso problema per assoluta mancanza di preparazione da
parte di politicanti buoni solo a curare i propri interessi e calare come
rapaci sulle risorse pubbliche. Ma la loro inettitudine è almeno pari al loro
livello di corruzione. Per questo il dopo Monti è guardato dai mercati e da noi
stessi con preoccupazione: non perché veniamo privati di colui che si è
comportato con un ragioniere che ha fatto le serali, ma perché nel panorama
politico italiano non c’è una sola persona in grado di governare in un
frangente come questo. Le primarie del PD andate in onda su Sky sono state uno
spettacolo a dir poco penoso per tutti: cinque tristi figuri che parlavano per
frasi fatte, slogan degli anni ottanta, banalità ed ovvietà stucchevoli, la
peggiore retorica ad alto tasso zuccherino che si sia mai vista in TV. Uno
spettacolo desolante. Grillo è diventato un pessimo comico e, purtroppo anche
un pessimo politico, parla a ruota libera e tre quarti di quello che dice è composto da
sciocchezze senza capo né coda, Di Pietro si è fatto pescare con le mani nella
marmellata, IL PDL è un partito in disfacimento, con un Berlusconi che si
aggira come uno spettro per il Parlamento, pare un fantasma. Insomma, nessuno
appare in grado di prendere il timone del paese in un momento così difficile.
Siamo d’accordo che il tempo di Monti è scaduto, le sue manovre (perché nonostante
i nomi di fantasia, sono state tutte manovre finanziarie) ci hanno strangolato
e fatto imboccare la strada della depressione, ma non si profila all’orizzonte
alcuna figura sostitutiva. Qui ci vorrebbe Nembo Kid, e noi abbiamo Brunetta. Peccato,
avevamo riposto su Monti stesso e sul suo esecutivo non poche speranze, ma i
numeri, tanto cari a lui e al suo governo parlano chiaro. E’ stato un
fallimento. Le politiche di austerità e rigore stanno cominciando a creare
anche in Italia una vera instabilità sociale, occorre essere più prudenti se
non si vuole arrivare alla rivolta aperta. Se non si avviano politiche di
investimenti pubblici, se non si fa ripartire l’economia abbandonando il solo
rigore, ci si avvita solo sul debito, entrando in un circolo vizioso senza
fine, la cui ultima tappa è costituita dal default dello stato per eccesso di
indebitamento. C’è qualcuno che crede ancora al pareggio di bilancio nel 2013?
Siamo seri, ci vuole la faccia di bronzo del ministro Grilli per dire una
simile enorme stupidaggine. Ricordiamo che la differenza tra una recessione e
una depressione in economia è piuttosto sottile: la depressione è una
recessione che si prolunga non per qualche trimestre ma indefinitamente, il PIL
può arrivare a toccare percentuali fino a -10%, la produzione si ferma, i
consumi crollano, i prezzi cominciano a scendere. E’ lo spettro della
deflazione, il segnale peggiore. Se seguitiamo sulla strada del “risanamento” e
del “pareggio di bilancio” a tutti i costi, se seguiteremo ad attuare politiche lacrime e sangue, cominceremo a
vedere i prezzi calare e allora capiremo che la depressione è arrivata. Come lo
compresero, dolorosamente, gli americani negli anni ’30.
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