Il presente blog si propone di occuparsi di politica, costume, cronaca, attualità, da un punto di vista di un osservatore critico, soprattutto nei confronti della stampa e TV mainstream, cercando di mantenersi il più possibile equilibrato ed obiettivo. In un momento storico come quello attuale, caratterizzato da una deriva totalitaria, le voci veramente libere non sono solo scarse, ma emarginate entro i confini dei social media.
giovedì 30 aprile 2015
RENZI SALVATO DAI PEONES
Il termine “Peones” (in spagnolo letteralmente “pedoni”) veniva utilizzato nell’America Latina per identificare i braccianti agricoli meno qualificati, solitamente costretti a lavori umili e precari.
Il nostro giornalismo politico aveva ripreso il termine per identificare quei deputati che non partecipano alle riunioni del “gruppo dirigente” del partito, e quindi non possono influire sulle scelte della linea politica, ma sono tenuti ad assecondarle con il proprio voto.
In cambio della loro “fedeltà” i peones hanno comunque privilegi e prebende che la politica, perlomeno negli anni scorsi, ha sempre profuso a piene mani.
Possiamo così dire che i peones della politica, così come gli umili braccianti agricoli, vengono “ricattati” dai loro “padroni”, in pratica è come se gli venisse detto “Non fai quello che ti diciamo noi? Guarda che hai più tu da perdere, perché se salta tutto sarai tu a pagarne maggiormente le conseguenze”.
Il maggior contenimento dei privilegi politici, che indubbiamente c’è stato in questi ultimi anni, ha avuto un maggior impatto proprio sui “Peones”, costretti ora ad essere ancor più “fedeli” in quanto maggiormente “ricattabili”.
Ma se per il bracciante agricolo la posta in gioco è molto elevata, poiché si tratta di portare a casa il pane per sé ed i propri figli, per il politico non va sottovalutato un aspetto forse ancor più importante, qui infatti entra in ballo la dignità umana.
Ai politici fa certo comodo una “poltrona”, ma sono persone che comunque non morirebbero di fame se non fossero seduti in Parlamento, per questo dico che in gioco c’è la loro “dignità”, fino a che punto è disposto a sottomettersi un “Peones” della politica per salvare il proprio posto?
E’ stato quindi uno spettacolo penoso vedere cinquanta persone, i “Peones” della minoranza Dem del Pd, abbassare la testa (e qualcuno dice anche i pantaloni), e dopo aver tuonato contro la decisione del Segretario del Partito di chiedere la fiducia per far passare una nuova legge elettorale (da molti paragonata alla legge truffa), pronunciare il loro “Sì”.
E’ stato penoso vedere questi “poveracci”, metaforicamente parlando, prostrarsi (non voglio utilizzare “immagini” ancor più umilianti), ma non si può nemmeno sorvolare sull’altro “attore” della vicenda, ossia chi chiede loro di prostrarsi, chi chiede loro un atto di genuflessione, in altre parole chi li umilia.
A mio parere quindi Renzi non ha fatto un “atto di forza”, bensì un “atto di arroganza e prepotenza” nei confronti dei propri sudditi. Ed allora sarà bene, anche in futuro, non dimenticarlo. (source)
mercoledì 29 aprile 2015
PERCHE' L'ITALICUM E' UN COLPO DI STATO
Abbiamo appena celebrato il 70° compleanno della
Liberazione e due giorni dopo ci troviamo in piazza a difenderla da chi l’altro
ieri l’ha insultata, festeggiandola con la retorica di rito con ghirlande e
alloro. Ci vogliamo distinguere da costoro che svuotano la Resistenza,
aboliscono la Liberazione, stravolgono la Carta Costituzionale che gli vieta di
fare quello che stanno facendo e scegliamo di stare dalla parte della dignità e
della legalità, difendendo la nostra sovranità popolare e rifiutando ogni forma
di delega in bianco. Chi delega diventa complice e còrreo, chi si disinteressa
lascia spazio agli incompetenti, ai corrotti e ai maneggioni. Non è più tempo
di mugugno, ora è tempo di RESISTENZA.
Sì, VOGLIAMO RESISTERE al governo Renzi e a chi lo ha
sostenuto fino a ieri e continua a sostenerlo, per il sopruso che sta
commettendo in faccia al popolo italiano. La Legge elettorale e la riforma
della Costituzione non sono materia di governo, ma appartengono di diritto al
parlamento; non a questo parlamento che la Corte Costituzione, dichiarando
illegittima la «legge porcata» che l’ha eletto, ha dichiarato anche,
indirettamente, che esso è pure illegittimo. Questo Parlamento, pertanto, non
può votare né la legge elettorale né la riforma costituzionale.
Per la prima volta in Italia ci troviamo di fronte ad
un’offesa diretta alla Democrazia: il presidente del consiglio dei ministri non
è stato eletto da alcuno; il suo governo meno ancora, il Parlamento è composto
da nominati dai partiti, ma non dal popolo sovrano, il quale, esautorato, non
ha potuto esercitare la propria sovranità nelle forme previste dalla
Costituzione. L’Italia oggi è fuori legge per colpa di una massa di indegni che
rappresentano solo se stessi e i 20 mila euro mensili che si beccano alla
faccia nostra.
Se passa questa doppia porcata, detta eufemisticamente
«Italicum» e contro-riforma costituzionale, la Camera dei Deputati non solo
aumenterà di numero, ma non sarà mai più eletta. Essa, inoltre, sarà alla mercé
del governo che farà eleggere solo chi garantirà obbedienza pronta, cieca e
assoluta, precipitando in pieno fascismo. Il parlamento è già oggi quello che
voleva fosse Mussolini, come dichiarò nel suo discorso d’insediamento da presidente
del consiglio, il 16-11-1922: «Quest’aula sorda e grigia, bivacco di manipoli».
Ciò accade a 70 anni dalla Liberazione non più per mano di Mussolini, ma del Pd
e di un presidente del consiglio non eletto che sta modificando le Istituzioni
nate dalla Resistenza in Ogm del suo personale potere.
Se passa questo mostro renziano, colpevole il Pd,
minoranza del «penultimatum» compresa, responsabili primari di questo scempio e
stupro, si modifica l’assetto democratico e istituzionale. Prevale la forza del
governo sia sul parlamento sia sulla magistratura, eliminando così i tre
classici poteri bilanciati: legislativo, esecutivo, giudiziario. Un governo che
condiziona il parlamento è una struttura di potere che sottomette ogni dissenso
ed elimina ogni contrappeso, per cui la Magistratura sarà, di fatto, eliminata
o asservita, perché condizionata dalle leggi votate da un parlamento succube
del governo.
Se passa questa legge ignobile e immorale, si realizza
in Italia il «Piano di Rinascita Democratica» della P2 di Licio Gelli, di
Berlusconi e della Massoneria. È triste prendere atto che oggi tutto ciò è
opera di coloro che si dichiarano eredi di De Gasperi, di Moro, di Berlinguer,
di Pertini e che due giorni fa passeggiavano facendo finta di onorare la
Resistenza e la Liberazione. Renzi è l’erede in quanto figlio naturale di primo
letto del narcisista che ha rovinato l’Italia con la nostra ignavia.
Renzi e Berlusconi sono la stessa versione, più
aggiornata e meno impresentabile. Fanfarona, indecente, ignobile e anticostituzionale
e antidemocratica. Con la riforma costituzionale è abolito il Senato che
diventa il giaciglio di riposo per i servi fedeli dei partiti, parcheggiati
nelle Regioni e nei Comuni. Non diminuirà nemmeno il costo perché il gettone di
presenza e le spese di viaggio e di residenza saranno tutte a nostro carico.
Non possiamo permetterlo, non dobbiamo tollerarlo.
Se passa la riforma della legge elettorale, è
eliminato l’articolo 1 della Carta Costituzionale che, lapidario, in quindici
parole, al comma 2, afferma: «La sovranità appartiene al popolo, che la
esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». È eliminato l’art. 48
che attua il primo: «Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno
raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il
suo esercizio è dovere civico».
Il Governo Renzi, il Pd e il parlamento ci stanno
espropriando non solo dei diritti, ma anche dei doveri perché il voto è un
«dovere civico» al quale non possiamo rinunciare senza abdicare dalla nostra
condizione di cittadini. Il 4 comma dell’art. 48 s’impone a chiunque per
lucidità, potenza e gentilezza: «Il diritto di voto non può essere limitato se
non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei
casi di indegnità morale indicati dalla legge».
Ecco il punto: per l’art. 48 abbiamo il «dovere civico
del voto» e anche il «diritto di voto» che non possono essere conculcati,
manomessi, aggirati o ridotti. Nessuno può disporre del diritto-dovere di voto
dei cittadini che è il fondamento non solo etico, ma giuridico ed esistenziale
della Democrazia: una testa un voto. Ci dobbiamo opporre con tutte le nostre
forze e fare cadere questo governo per indegnità morale e attentato alla
democrazia.
Noi dobbiamo RESISTERE, RESISTERE, RESTIRE e se
necessario opporre i nostri corpi inermi perché questa legge non passi e non
passi a maggioranza di una sola parte di un partito che riesce a fare
esattamente quello che fece il partito fascista del duce. Noi dichiariamo il Pd
colpevole di lesa democrazia e di lesa sovranità popolare. Affermiamo che il Pd
ha tradito lo spirito e la lettera della RESISTENZA, della LIBERAZIONE, della
DEMOCRAZIA, del SOCIALISMO e anche del LIBERARALISMO. Questo partito,
berlusconizzato fino a superare il maestro, come l’apprendista stregone, si è
trasformato nel partito rifugio dei fascisti, della destra, e oggi anche di
Pierluigi Vinai che passa da Berlusconi/Scajola a Renzi come niente fosse
accaduto.
Chi vota questo partito o chi in questo partito ha militato
fino a ieri, non è degno di celebrare la Resistenza né può parlare in
nome dei Padri costituenti che oggi tradisce sempre più, giorno dopo giorno.
Il 5 dicembre 1946, nel progetto di Costituzione,
discusso dalla commissione dei 75, su proposta dell’on. Giuseppe Dossetti,
all’art. 50 §2 prevedeva: «Quando i pubblici poteri violino le libertà
fondamentali ed i diritti garantiti dalla costituzione, la resistenza
all’oppressione è diritto e dovere del cittadino». Un anno dopo, nel 1947,
nella discussione in aula, su proposta di alcuni deputati liberali e repubblicani,
appoggiati dai Dc, il comma fu espunto dal testo definitivo della Carta. Resta
la dichiarazione del democristiano Mortati che pur dichiarandosi contrario
all’inserimento, affermò che «la resistenza trae titolo dal principio della
sovranità popolare» che legittima i cittadini più sensibili a difendere la
Costituzione minacciata.
Questa sera noi siamo gli eredi dei Deputati
Costituenti e affermiamo il nostro diritto dovere di RESISTERE a QUESTA LEGGE
ELETTORALE che abolisce la Democrazia e alla riforma della Costituzione che
distrugge la forma dello Stato, mettendola nelle mani della mafia dei partiti.
Sono vecchio, ma sono ancora capace di scalare i monti
e, armato della mia dignità e della mia coscienza, pronto a difendere ad ogni
costo la Democrazia, la Costituzione del ’48 e la dignità del popolo italiano.
La Liberazione celebrata l’altro ieri è ora e qui e c’impegna a liberare
l’Italia da un governo illegittimo e da un parlamento di ladri e di predoni.
RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE. Con la Costituzione in mano.
Paolo
Farinella, prete – Micromega ©
martedì 28 aprile 2015
LA RESA DI BERLUSCONI E' LA RESA DEL PAESE
Nemmeno due mesi fa Berlusconi alleggeriva la sua quota in Mediolanum scendendo sotto il 10%, non era una scelta, ma una conseguenza della condanna avuta sui diritti tv, o almeno tutti i media avevano riportato questa versione.
La Banca d’Italia, infatti, nell’ottobre dello scorso anno aveva imposto a Fininvest di dismettere le quote superiori al 9,9% in Mediolanum, società quotata, in quanto erano venuti a mancare i “requisiti di onorabilità” previsti dalla legge dopo la condanna definita a Silvio Berlusconi per frode fiscale.
Ricordiamo che l’ex Cavaliere deteneva il 35% della Banca, la stessa quota era in mano al banchiere veneto Ennio Doris, il restante 30% quotato in Borsa.
Fin qui nulla da eccepire, sembrava proprio, visto che i legali di Berlusconi avevano (almeno pare) impugnato il provvedimento, e che l’ex Premier volesse lottare con ogni mezzo pur di mantenere la propria quota e non dismetterla.
Poi sono cominciate a circolare le indiscrezioni sul Milan, sulla volontà di cedere la società che gli aveva data tanti successi ed aveva contribuito anche a renderlo più popolare in ogni angolo del pianeta.
Oggi anche quella partita sta arrivando al triplice fischio finale con la vendita a Mr. Bee e l’uscita definitiva di colui che era stato per oltre 25 anni il Presidente della più titolata squadra di calcio italiana a livello mondiale.
Ma anche questa scelta, pur risultando un campanello d’allarme, non aveva suscitato particolare sorpresa, si sa infatti che il figlio Piersilvio non sa neppure se un pallone da calcio sia rotondo o quadrato, la figlia Marina ha sempre consigliato al padre di smetterla di buttar soldi in una società sportiva che mai avrebbe potuto portare utili e solo la giovane Barbara (forse all’inizio esclusivamente per questioni sentimentali) si era occupata della squadra di calcio.
Ma adesso arriva invece la bomba.
Pare infatti ormai ufficiale che Silvio Berlusconi intenda cedere Mediaset. Si dirà che anche in questo caso “la notizia era nell’aria”, ma un conto sono le voci, un altro i fatti.
Mediaset, con ogni probabilità, diventerà francese, sarà infatti il colosso transalpino dei media Vivendi che fra una quindicina di giorni potrebbe formalizzare l’offerta ufficiale di acquisto.
Per l’Italia questa, più di ogni altra, potrebbe essere la definitiva resa. Dopo la fuga dal nostro Paese di Fiat, diventata di fatto una azienda statunitense, Mediaset era rimasta l’ultima grande azienda italiana, la più importante del “secondo miracolo economico italiano”, quello nato dopo che il nostro Paese aveva spezzato il cappio che gli era stato messo al collo dall’Europa con la complicità determinante di due personaggi che, per quel motivo, erano stati successivamente premiati con il raggiungimento di cariche prestigiose, mi riferisco a Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi.
Berlusconi era l’emblema dell’Italia che non voleva diventare una colonia dell’Europa, per questo, almeno secondo alcuni, è stato sottoposto alla più incredibile e vessatoria campagna mediatica e giudiziaria che mai si sia scatenata contro una persona, almeno in Italia.
Sono stati impiegati migliaia di uomini e spese cifre folli per incastrare Berlusconi e chiuderlo in un angolo, lui, giunto a settantotto anni avrebbe lottato ancora, ma alla fine, come per ogni padre, ha prevalso il desiderio di tutelare i propri figli, ed ha così alzato bandiera bianca. Detto questo, non si può non rilevare che l’ex cavaliere non ha fatto nulla per non farsi perseguitare dalla magistratura: il suo comportamento, nella vita privata come in quella pubblica non è stato certo ineccepibile.
I suoi detrattori hanno raggiunto lo scopo, approfittando della sua forzata assenza per la nota condanna penale, piazzandogli all’interno una bomba che ha fatto implodere la creatura che Berlusconi ha amato di più: Forza Italia. Poteva forse sopravvivere a tutto, ma non alla distruzione del suo partito.
Tramite Forza Italia era arrivato a sedersi al tavolo con tutti i potenti della terra, pochi quelli che l’hanno apprezzato, e fra questi cito solo il nome più importante: Vladimir Putin (il dittatore con il quale si intendeva meglio). Molti quelli che l’hanno osteggiato, e qua potrei fare un elenco molto più lungo.
Come al solito la storia, probabilmente, ci racconterà qualcosa di diverso rispetto a quello che in questi ultimi venti anni abbiamo letto sui giornali. Se a Berlusconi dobbiamo sostituire la sua parodia in salsa democristiana, ebbene, allora preferivamo l'originale. (source)
lunedì 27 aprile 2015
IL TESORO E LO SCANDALO DEI DERIVATI
Maria Cannata |
OMA (WSI) - Negli ultimi quattro anni i derivati sono
costati all'Italia 16,9 miliardi. E non è finita qui: si profila un salasso
ancor più elevato in futuro, che non è condiviso dal debito pubblico di altri
paesi.
È quanto denuncia la trasmissione Report.
Nel solo 2014 i contratti derivati, strumenti di finanza 'creativa', hanno pesato negativamente sul bilancio pubblico per circa 3,6 miliardi, secondo i dati Istat.
Per entrare nell’euro, secondo il patto di stabilità e crescita (PSC) sottoscritto nel 1997 dagli stati membri dell'Ue, bisognava avere un deficit del 3%.
In Italia - che non era la sola a sforare il tetto - era del 7,4%. Uno dei metodo utilizzati per poter rientare nei paramentri è stato il ricorso all'uso di contratti derivati, comprati per esempio da Morgan Stanley.
Ancora oggi e nel prossimo futuro lo stato dovrà pagare con miliardi di euro gli effetti collaterali di contratti stipulati a partire dagli Anni 90.
"Secondo le voci rassicuranti dei nostri ministri - dice il programma Rai - si tratta solo di un'assicurazione sul nostro debito (i titoli derivati in fondo servirebbero a questo )". Ma la situazione non è così sotto controllo come si vuol far credere.
Come ha portato alla luce il giornalista investigativo Claudio Gatti in un'inchiesta pubblicata sul Sole 24 ore, l'operazione è di fatto "un favore alle banche d'affari internazionali, un buco clamoroso per le nostre casse" al suon di miliardi pagati ogni anno.
Nell'articolo si parla anche di ministri e vice responsabili dello scandalo, che dopo aver sbagliato tutte le previsioni su Pil e crescita "girano la porta e trovano un posto di lavoro presso le stesse banche".
"Le banche avevano esperti abituati a strutturare e valutare derivati molto complessi, mentre il Tesoro era alle prime armi".
Insomma, dice l'inchiesta del Sole, è stata fatta "una scommessa altamente rischiosa, resa ancora più imprudente da una clausola che concedeva alle banche la chiusura anticipata" dei contratti.
A parte l'errore enorme, emerge che tutto è stato fatto in segreto e senza che sia rintracciabile un responsabile: "I contribuenti hanno pagato operazioni finanziarie fatte dai gestori del debito senza essere mai state rese note, né tanto meno spiegate" e le decisioni sono avvenute "senza un vero titolare», cioè da dirigenti e tecnici che rispondevano solo al direttore generale o al ministro del Tesoro in carica".
Il Sole elenca chi si è succeduto nei posti al Tesoro nel periodo durante cui i contratti sono stati firmati: Mario Draghi, Domenico Siniscalco, Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi, Giulio Tremonti e Tommaso Padoa-Schioppa.
Quest'ultimo oggi è deceduto, Draghi è supergovernatore a Francoforte, Siniscalco è vicepresidente proprio di Morgan Stanley (curioso), Amato è alla Consulta, Ciampi e Tremonti non hanno più cariche.
Uno di loro (o forse più di uno) è il responsabile politico di questo massacro ai danni degli italiani. Ma "nessuno di loro si è mai fatto carico delle scelte tecniche fatte dai gestori del debito".
(DaC)
È quanto denuncia la trasmissione Report.
Nel solo 2014 i contratti derivati, strumenti di finanza 'creativa', hanno pesato negativamente sul bilancio pubblico per circa 3,6 miliardi, secondo i dati Istat.
Per entrare nell’euro, secondo il patto di stabilità e crescita (PSC) sottoscritto nel 1997 dagli stati membri dell'Ue, bisognava avere un deficit del 3%.
In Italia - che non era la sola a sforare il tetto - era del 7,4%. Uno dei metodo utilizzati per poter rientare nei paramentri è stato il ricorso all'uso di contratti derivati, comprati per esempio da Morgan Stanley.
Ancora oggi e nel prossimo futuro lo stato dovrà pagare con miliardi di euro gli effetti collaterali di contratti stipulati a partire dagli Anni 90.
"Secondo le voci rassicuranti dei nostri ministri - dice il programma Rai - si tratta solo di un'assicurazione sul nostro debito (i titoli derivati in fondo servirebbero a questo )". Ma la situazione non è così sotto controllo come si vuol far credere.
Come ha portato alla luce il giornalista investigativo Claudio Gatti in un'inchiesta pubblicata sul Sole 24 ore, l'operazione è di fatto "un favore alle banche d'affari internazionali, un buco clamoroso per le nostre casse" al suon di miliardi pagati ogni anno.
Nell'articolo si parla anche di ministri e vice responsabili dello scandalo, che dopo aver sbagliato tutte le previsioni su Pil e crescita "girano la porta e trovano un posto di lavoro presso le stesse banche".
"Le banche avevano esperti abituati a strutturare e valutare derivati molto complessi, mentre il Tesoro era alle prime armi".
Insomma, dice l'inchiesta del Sole, è stata fatta "una scommessa altamente rischiosa, resa ancora più imprudente da una clausola che concedeva alle banche la chiusura anticipata" dei contratti.
A parte l'errore enorme, emerge che tutto è stato fatto in segreto e senza che sia rintracciabile un responsabile: "I contribuenti hanno pagato operazioni finanziarie fatte dai gestori del debito senza essere mai state rese note, né tanto meno spiegate" e le decisioni sono avvenute "senza un vero titolare», cioè da dirigenti e tecnici che rispondevano solo al direttore generale o al ministro del Tesoro in carica".
Il Sole elenca chi si è succeduto nei posti al Tesoro nel periodo durante cui i contratti sono stati firmati: Mario Draghi, Domenico Siniscalco, Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi, Giulio Tremonti e Tommaso Padoa-Schioppa.
Quest'ultimo oggi è deceduto, Draghi è supergovernatore a Francoforte, Siniscalco è vicepresidente proprio di Morgan Stanley (curioso), Amato è alla Consulta, Ciampi e Tremonti non hanno più cariche.
Uno di loro (o forse più di uno) è il responsabile politico di questo massacro ai danni degli italiani. Ma "nessuno di loro si è mai fatto carico delle scelte tecniche fatte dai gestori del debito".
(DaC)
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