Un
curioso fenomeno ha lungamente interessato gli storici prima di trovare una
spiegazione scientifica. Dall'anno Mille alla fine del XVIII secolo, si trovano
resoconti di episodi di impazzimento collettivo che presentavano
caratteristiche particolari: avvenivano improvvisamente; erano circoscritti a
particolari zone dell'Europa - diverse ma sempre nel Nord Europa - che non
avevano precedenti storie di follia; come erano comparsi, altrettanto
improvvisamente scomparivano. Tali fenomeni erano collettivi, nel senso che
coinvolgevano tutta la comunità della zona, erano caratterizzati anche da atti
di violenza e in ogni caso da manifestazioni esagerate e incontrollate, da qui
il detto popolare di "ballo di S. Vito" o "Tarantolati". A detta
degli studiosi, l'ultimo di questi fenomeni è stato quello noto come "la
Vandea Bianca".
Pazienti
ricerche hanno incrociato tutti i dati disponibili ex post, mettendo in
relazione i luoghi e i periodi in cui queste vere e proprie, seppur
particolari, epidemie si manifestavano, con vari possibili fattori causali.
Alla fine, è emerso che queste manifestazioni erano i sintomi neurologici di
una particolare forma di intossicazione prodotta da una muffa della segale
cornuta, con la cui farina è prodotto il pane in molte zone del Nord Europa.
Questa muffa velenosa si sviluppava nella segale conservata nei granai solo in
certe zone e solo in presenza di particolari condizioni ambientali: estati
particolarmente umide e inverni particolarmente miti. Il termine
"particolarmente" definisce un range
specifico di temperatura/umidità al cui interno si verificava il fenomeno del
fungo che intossicava il sistema nervoso dei nostri antenati. Non è stato
semplice capire bene tutto il meccanismo, ma la scienza permette anche questo.
Ora,
un'altra epidemia - anche più grave - sta avvelenando mentalmente tante
persone, al punto da portarle alla loro stessa morte, o alla morte dei loro
figli, cioè quanto di più caro un genitore possa avere: sto parlando della
scelta di curarsi con metodi privi di efficacia, che equivale a scegliere di
non curarsi. Quando la malattia è potenzialmente mortale, la scelta di non
curarsi può significare morire.
La
premessa di partenza è metaforica, va presa analogicamente, ovviamente non ci
sono sostanze alimentari che possano ragionevolmente essere chiamate in causa
come fattori responsabili, anche perché la scelta di medicine cosiddette
alternative - spesso spacciate per naturalistiche - generalmente si accompagna
a forme altrettanto naturalistiche di alimentazione, che vanno dalle scelte
vegane in giù, fino a estremi difficili anche solo da immaginare.
I
casi stanno aumentando drammaticamente, sia in termini numerici sia in termini
di gravità delle conseguenze; ovviamente, i casi che arrivano a fare notizia
sono quelli dagli esiti tragici, come appunto la tragedia che ha coinvolto il piccolo Francesco, il bambino morto ad Ancona per un'otite
curata con farmaci omeopatici, cioè non curata. Questa è solo la punta
dell'iceberg: sono 10 milioni gli italiani che si curano con l'omeopatia: è il
20% della popolazione, nel 2000 erano 6 milioni secondo il Rapporto Italia 2017 di Eurispes.
Fortunatamente,
non tutti i casi di malanni trattati con rimedi omeopatici hanno esiti tragici,
ma di certo tutti hanno esiti nulli, data la comprovata
inefficacia dell'omeopatia nei numerosi trial clinici controllati
randomizzati: è puro effetto placebo, che si può avere gratuitamente, mentre la
cura omeopatica oltre che inefficace è anche costosa (e sugli aspetti economici
torneremo presto). E, ripeto, fortunatamente pochi medici sono come il dottor Massimiliano Mecozzi, che ha una storia molto
particolare: quando c'è una malattia seria, conosciuta nelle sue origini e per
le sue possibili conseguenze, di cui esiste un protocollo di cura ben stabilito
e validato, com'è il caso delle infezioni batteriche, la maggior parte degli
omeopati responsabili prescrive un antibiotico. Quelli che non lo fanno, come
il soprannominato, dovrebbero essere mandati per un anno in qualche ospedale
pediatrico africano, come il Centro cardiochirurgico "Salam" di Kartum, uno degli
ospedali di Emergency, a vedere di persona - come ha visto chi scrive - che
cosa produce la "naturalezza" dell'infezione batterica non curata
quando finisce nel sangue.
Parliamo
di omeopatia perché è la medicina alternativa più famosa e diffusa, ma
accomuniamo in questa nostra analisi tutta la medicina alternativa, compreso il
famoso "metodo Hamer" che tragicamente, come per Achille
seppur meno nobilmente, "molte anzi tempo all'Orco generose travolse alme
d'eroi". I casi sono recenti e sono ancora nella memoria di tutti.
Più
che di eroi, rimanendo in metafora, parlerei di vittime innocenti, vittime di
un'epidemia, o meglio di una pandemia. E le pandemie vanno prevenute laddove
possibile con vaccinazioni individuali - per i naturisti un altro anatema - e
curate con trattamenti a livello di popolazioni.
Soffermiamoci,
però, prima sulle responsabilità di sistema. Per quanto tempo la scienza e la
medicina - le definisco solo così senza ulteriori aggettivi caratterizzanti,
perché non ne hanno bisogno - hanno quantomeno tollerato, se non anche
incoraggiato, la nascita e la sopravvivenza di aberrazioni pseudo-terapeutiche
incontrollate, quindi senza prove di efficacia, quindi potenzialmente dannose?
Ci sono state molte pressioni per inserire l'omeopatia nelle facoltà di
medicina e chirurgia, proposta scellerata che fortunatamente non è andata a
buon fine.
Nell'ottobre
2016 Giovanni Gorga, presidente di Omeoimprese, scriveva su Il Sole 24 Ore: "L'omeopatia va in serie A",
compiacendosi del fatto che "da oggi non si parla più di prodotto, rimedio
o altro bensì di 'farmaco' vero e proprio", ma anche lamentando il fatto
che l'omeopatia per molti accademici restava e resta ancora un tabù. Meno male.
Io continuo a sostenere che "farmaco omeopatico" sia una contraddizione logica
in termini. Va ricordato, per par condicio, anche che su Il Sole 24 Ore scrive Gilberto Corbellini, Ordinario di Storia della Medicina e
autore di taglienti articoli in favore del metodo scientifico e contro le frodi
e le falsità scientifiche: anche lui a suo tempo si era occupato di Wakefield e
dei vaccini.
Tornando
agli interventi, quello vaccinale preventivo non può che essere culturale:
agisce sulle popolazioni e richiede tempo. È un intervento da Nudging, la spinta gentile di
cui abbiamo già parlato. Ricordiamoci che l'Italia è storicamente
paese in Europa con bassissimo livello culturale, misurato con la percentuale di persone laureate (solo la Romania si colloca
dietro di noi), con il più basso consumo di libri e giornali – a chi importa?
Tanto ora ci sono i post altrui su Facebook che ci istruiscono - e con uno dei
più alti tassi di analfabetismo funzionale o di ritorno, cioè le persone
leggono ma non capiscono e non sanno ripetere quello che hanno letto (ci
ricordiamo ancora cosa ci veniva richiesto a scuola? "Ora ripetilo con
parole tue"). Parliamo di percentuali attorno al 50% della popolazione, e
sono destinate ad aumentare: i dati all'epoca raccolti dal mai abbastanza compianto linguista Tullio De Mauro sono ancora tristemente
attuali.
E poi
l'abbiamo visto con la polemica relativa ai vaccini: i credenti, in quanto
tali, credono e non si convincono con le evidenze, c'è sempre una teoria
complottistica che giustifica e spiega tutto e il suo contrario. Io li chiamo i
credenti, o "webnubilati", mentre Enrico Mentana coniò il termine
"webeti". Si tratta di coloro che non leggono i giornali, pieni di
menzogne e falsità prezzolate, ma solo i sacri blog della purezza e verità:
sono tanti, fanno tanti soldi, più bufale pubblicano più fanno soldi e più
tenti di smascherare le bufale più i credenti si radicalizzano e credono più fortemente di prima,
attivando un classico effetto backfire.
Ora abbiamo scoperto, grazie al giornalista Jacopo Iacoboni, che si sono messi in mezzo
pure gli hacker russi. Ma di questo parleremo un'altra volta.
Al
netto dei bias,
della copertura mediatica che hanno tragedie come quella di Ancona e della
conseguente euristica della disponibilità, per cui il fenomeno per le persone
risulta ingigantito, non c'è dubbio che il numero di persone che si affida a
medicine alternative (scritto tra mille virgolette) è in aumento, i dati lo
dicono chiaro.
C'è
un comun denominatore alla base di questa follia. Abbiamo visto che per troppo
tempo anche il mondo scientifico ha avuto un atteggiamento laissez-faire, talvolta anche
compiacente, lasciando che un sottobosco di interventi senza efficacia -
spacciati per medicina alternativa - proliferasse e facesse affari fin troppo a
lungo. Pagano i più deboli e incolpevoli: i bambini.
Far
affari: questa è una parola chiave. Basta prestare attenzione a quanta
pubblicità passa nelle stazioni radio, durante l'inverno, per promuovere i
farmaci omeopatici contro l'influenza senza effetti collaterali di una nota
ditta francese di prodotti omeopatici, descritta dal proprietario come
un'impresa familiare ma che ha quattromila dipendenti ed è quotata in borsa:
non esattamente il profilo di una piccola o media impresa.
Girano
molti soldi, ma stranamente i credenti in questo caso non si sono posti gli
stessi interrogativi che pongono rispetto ai soggetti definiti "Big
Pharma". Eppure, tempo addietro, negli Stati Uniti, qualcuno ha iniziato
una class action proprio contro quel prodotto antinfluenzale che contiene solo acqua e zucchero. Come sappiamo, gli statunitensi sono
molto pragmatici: non sono riusciti a fermare Al Capone per la Strage di S.
Valentino, ma ci sono riusciti incriminandolo per evasione fiscale. La class
action è già costata molto cara all'industria in oggetto, condannata a
risarcire 12.5 milioni di dollari, ed è solo la prima, e nel tempo costerà caro
anche l'obbligo di scrivere chiaramente sulle confezioni che il prodotto non è
riconosciuto come farmaco dalla FDA.
Un'altra
class action analoga è già partita in Quebec. Solo qualche
anno fa, la stessa azienda aveva minacciato di adire le vie legali contro uno
studioso italiano che in un blog, come questo, aveva osato parlare
dell'inefficacia dei preparati omeopatici, inefficacia che centinaia di
ricerche indipendenti e controllate hanno dimostrato ampiamente. I tribunali
americani hanno aggirato il problema, poiché dichiarare di contenere ciò che un
prodotto non contiene costituisce pubblicità truffaldina. Semplice.
Siamo
tutti, almeno a parole, molto critici con Internet, compreso chi ha creato noti social network. Siamo in molti consapevoli che siamo
intossicati digitali. Facciamo però attenzione a non dare la colpa anche di
questo a Internet. Chi cercava le medicine alternative esisteva anche prima di
Internet, solo che le cerchie comunicative sociali erano ristrette. "I
social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli", sosteneva
Umberto Eco: i social media sono un mezzo di comunicazione sociale che ha
contribuito ad allargare quelle cerchie consentendo anche agli imbecilli di
esprimersi appunto da imbecilli (un'alternativa comunicativa sarebbe
strutturalmente impossibile), ma non sono la causa degli imbecilli. L'utente
che ha scritto su un post riferito a Roberto Burioni "ho una pallottola
con il suo nome pronto in canna" (scovato dal debunker David Puente) andava ricoverato d'urgenza anche prima di
Internet.
Considerazione
conclusiva: in quale campo della scienza trova ancora applicazione una teoria
settecentesca, formulata da un medico che viveva in un tempo in cui non
esisteva ancora la medicina scientifica, si ignorava l'esistenza e il ruolo dei
microorganismi, non c'era un modello razionale di malattia, l'aspettativa di
vita era inferiore ai 50 anni e la mortalità infantile superiore al 40%?
Prevengo
un'obiezione: lo so, in quanto psicologo dovrei guardare prima le travi nella
nostra disciplina e poi le pagliuzze altrui. Anche in psicologia ci sono troppi
trattamenti psicoterapeutici totalmente privi o gravemente carenti di prove di
efficacia. Alcuni, ciò nonostante, sono ancora popolari, soprattutto in alcune
fasce sociali che in parte coincidono con quelle degli utilizzatori di prodotti
omeopatici.
Per
quanto mi riguarda, ho fatto le mie scelte di campo e di metodo molti anni fa e
cerco di trasmettere nel mio insegnamento la mia scelta non di fede, ma di
fiducia razionale nel metodo scientifico anche in psicologia, che
inevitabilmente porterà all'abbandono dei trattamenti sciamanici. Se sarà,
quando sarà, sarà sempre troppo tardi.
Paolo Moderato – Huffington Post