lunedì 30 settembre 2013

FINE DI UN ASPIRANTE MONARCA



Che il comportamento di Berlusconi e dei suoi dipendenti configuri eversione del nostro ordinamento costituzionale viene ormai proclamato ad alta voce anche da coloro che, in campo politico e giornalistico, hanno sistematicamente trattato MicroMega e il suo direttore da estremisti dell’antipolitica proprio perché dicevano la stessa cosa, e ne traevano le logiche conseguenze: se Berlusconi è un Mackie Messer della politica, se è un Delinquente ormai addirittura patentato da una condanna definitiva, se è un eversore che tenta in permanenza un golpe bianco che gli garantisca impunità tombale, che senso ha intrecciare con lui e i suoi dipendenti il più soft degli inciuci, la più light delle intese, larghe o strette che siano, soprattutto se in una situazione di emergenza, che esige il massimo di lealtà repubblicana da parte di tutti i contraenti, e quando ci sarebbe stata una maggioranza per eleggere Rodotà Presidente della Repubblica (bastava che il Pd, del cui antecedente Rodotà è stato proprio Presidente, avesse sommato i propri voto a quelli del M5S), con successive “praterie” per un governo Zagrebelsky o Settis?

Però non faremo polemiche, neppure all’acqua di rose: non siamo credenti ma ricordiamo troppo bene la parabola del figliol prodigo, e dunque ci rallegreremo e basta – festa grande, vitello grasso e in alto i calici – di questa unanime resipiscenza che sta felicemente saturando l’intero orizzonte del centro-sinistra. Con la speranza che non sia prodromo di altre sviste e successive resipiscenze, per quanto riguarda la crisi di governo che il Caimano/Delinquente/Mackiemesser/Eversore – come tutti ormai lo etichettiamo – ha aperto per sfuggire alla galera o alla latitanza.

Un governo è indispensabile perché al voto si deve andare (al più presto), senza Porcellum e avendo approvata la legge di stabilità, o manovra o finanziaria che sia. Per questo governo provvisorio sono possibili due soluzioni (lo andiamo dicendo da quando è nato il Letta-Alfano, perché era evidente come fosse contro natura e che il Caimano/Delinquente/Mackiemesser/Eversore lo avrebbe fatto cadere il giorno stesso in cui i suoi guai giudiziari fossero venuti al pettine): o una maggioranza Pd con Scelta civica e transfughi Pdl, o un governo Rodotà, Zagrebelsky, Settis ecc.

Nel primo caso la sua solidità (o il suo carattere di governicchio) dipenderà dal numero dei transfughi, che è a sua volta funzione del carattere più o meno definitivo e catastrofico del tracollo di Berlusconi. Se viene dichiarato decaduto da senatore a tambur battente, approssimando quella immediatezza (fin qui disattesa) che la legge Severino impone, i Quagliariello e Lupi potrebbero diventare valanga, perché il Cavaliere assai probabilmente sceglierebbe la latitanza, vista la paura, che manifesta come certezza, di mandati di cattura in arrivo (lui sa quanti articoli del codice ha violato e quante volte). La solidità di un Letta bis dipenderà dunque – paradossi della storia – dal tasso di giustizialismo (cioè di “legge eguale per tutti”) che animerà le prossime settimane.

Per realizzare il secondo basterà invece che Pd e M5S, restando abissalmente lontani e magari in continua polemica, propongano entrambi un governo con le personalità di più adamantina caratura repubblicana e di più ineccepibile levatura professionale, estranee alle cabale e agli intrighi della politica politicosa e partitocratica che tanto disgusta ormai la quasi totalità dell’opinione pubblica, intesa come cittadini in carne e ossa.

Quale delle due soluzioni sia la migliore per la “serva Italia” lo capisce anche un bambino e lo sanno anche i sassi. Ma ben venga (“ben” è un modo di dire) anche il meno peggio, con tutti i suoi miasmi, se solo questo il Pd è in grado di volere, purché implichi per Berlusconi l’uscita definitiva dalla scena pubblica, senza speranza alcuna di farvi più neppure capolino.

Non si dimentichi che una manovra finanziaria improntata all’equità (possiamo esser certi che il vocabolo verrà strombazzato comunque urbietorbi) potrebbe avvalersi del 25% dei famosi capitali scudati (rientrati praticamente a tassazione gratuita) e del pagamento dell’Imu da parte della Chiesa, con il che saremmo già a 30 miliardi! Si aggiunga quanto dovrebbero i biscazzieri delle slot machine, e magari la confisca dei conti all’estero che non venissero immediatamente denunciati, e non sarebbe necessaria nessuna manovra “lacrime e sangue” perché saremmo anzi al “grasso che cola” (ma l’elenco delle misure di equità potrebbe facilmente continuare).

Quanto alla legge elettorale, c’è la possibilità del proporzionale nella versione quasi tedesca ventilata dal M5S, o l’uninominale a due turni come per i sindaci (ballottaggio tra i due più votati), dipende se si vuole privilegiare il peso del cittadino nello scegliere i rappresentanti (che daranno vita al governo secondo alchimie post-suffragium) o nello scegliere il governo e la sua maggioranza. Un governo di alto profilo con i Rodotà, Zagrebelsky, Settis, ecc. avrebbe l’autorità morale per uscire comunque dallo stallo suino del Porcellum.

Insomma, ora che siamo tutti d’accordo che un ventennio è trascorso sotto l’egemonia (anche quando non era al governo) di un Caimano/Delinquente/Mackiemesser/Eversore, si può voltare davvero pagina e aprire un libro nuovo, che abbia come titolo realizzare la Costituzione e i valori di giustizia e libertà che la permeano (tranne l’articolo 7, a dire il vero). Basterà essere logicamente coerenti con quanto finalmente si è ammesso.

Noi di MicroMega (e tanti altri, cioè pochi altri) che la coerenza logico-politica l’abbiamo sempre praticata anche quando faceva scattare la polemica d’ordinanza contro l’estremismo-giustizialismo-girotondismo non pretendiamo autocritiche e meno che mai medagliette. Continueremo a fare i portatori d’acqua per “realizzare la Costituzione”, sperando che la coerenza logico-politica sia a partire da oggi la bussola del ravvedimento operoso di quanti hanno finalmente riconosciuto la natura caimandelinquenzialmackiemesserianeversiva di Berlusconi e del berlusconismo, la cui egemonia è durata vent’anni solo grazie alla corrività dell’inciucio e altre intese.
Paolo Flores d'Arcais per MicroMega

domenica 29 settembre 2013

LA PUGNALATA NELLA SCHIENA VISTA DA FUORI



Riportiamo di seguito i principali giudizi della stampa estera sulla “pugnalata nella schiena all’Italia” inferta da Silvio Berlusconi. E’ significativo e salutare leggere queste opinioni, intanto perché ci possiamo fare un’idea del ridicolo di cui ci stiamo coprendo all’estero, e poi perché i fatti di casa nostra visti da un osservatore esterno sono sempre più imparziali e non condizionati dall’emotività che ha investito, a vario titolo, un po’ tutti a casa nostra.

Nonostante sia scoppiata in mezzo al week-end, la crisi italiana trova reattiva (e caustica) la stampa internazionale, che non esita a metterla ‘in prima' sui siti.
Infatti, è l'apertura di Le Monde: «Silvio Berlusconi fa ripiombare l'Italia nella crisi politica» titola stamattina sulla home page il quotidiano francese. Sotto una grande foto di Berlusconi circondato ai suoi sostenitori, Le Monde scrive: «Il Cavaliere, minacciato di essere escluso dal Senato dopo la condanna per frode fiscale, fa esplodere il governo di coalizione con le dimissioni di cinque ministri del suo partito».
«Obbedendo alle consegne del Cavaliere, i cinque ministri del Pdl – spiega Le Monde – hanno fatto sapere di ritenere ‘inaccettabile' e ‘irricevibile' l'ultimatum del presidente del Consiglio, Enrico Letta», il quale «esasperato dalla fronda costante del Pdl aveva annunciato che avrebbe chiesto la fiducia del Parlamento per ‘chiarire' il sostegno del centro-destra al suo governo e aveva congelato intanto tutte le decisioni dell'esecutivo». Nel resoconto dello show-down in Consiglio dei Ministri, è in evidenza l'accusa di Letta a Berlusconi di usare «l'Iva come alibi» per coprire i suoi problemi personali .
Ancora una volta, continua Le Monde, il mondo politico italiano entra in una fase di trattative per cercare una nuova maggioranza parlamentare pronta a sostenere un altro governo, per evitare di rimandare gli elettori alle urne. «I giochi politici sono aperti e incerti», un ritorno dei cinque ministri del Pdl sembra in ogni caso «improbabile». E, dato il sistema di voto in Italia, nuove elezioni rischiano di ricondurre a «un'impasse politica».
Anche Libération e Le Figaro ci aprono il loro sito. Libération con una foto di Berlusconi davanti a un cartello tricolore «Forza Silvio, Forza Italia»: «I berlusconisti lasciano il governo» titola, pubblicando un lancio Afp.
«Silvio Berlusconi apre la crisi di governo», è invece il titolo di Le Figaro. Su sua domanda, i ministri del Pdl si sono dimessi dal governo di coalizione. Il Pd ha reagito «violenza», in un quadro politico «degradato».
Nelle istituzioni, è in atto «corsa contro il tempo». La giunta del Senato – ricorda Le Figaro - deve pronunciarsi sulla decadenza di Berlusconi il 4 ottobre. La decisione deve poi essere confermata dal Senato in seduta plenaria. «a quel momento, Berlusconi resta senatore a pieno titolo. Se il Parlamento fosse sciolto prima di questo voto cruciale, il Senato sarebbe nell'impossibilità di proclamare la decadenza del Cavaliere».
Sulla homepage del Financial Times, la notizia è in un richiamo: «I ministri di Berlusconi si dimettono». La coalizione sinistra-destra italiana è «sull'orlo del collasso», ««nello scompiglio».
Dopo avere riferito lo scambio di accuse sull'aumento dell'Iva, il Ft spiega che la coalizione tra i due partiti era appesa a un filo da quando Berlusconi ha perso l'ultimo ricorso contro la condanna per frode fiscale. «La crisi ha accelerato il passo mercoledì sera»: proprio mentre Letta a New York stava dicendo agli investitori di Wall Street che l'Italia era «giovane, virtuosa e credibile», i parlamentari di Berlusconi hanno minacciato dimissioni di massa se la giunta del Senato il 4 ottobre avesse votato la decadenza di Berlusconi.
Il Financial Times vede un cammino «irto di difficoltà» per Letta e per «suo alleato» Giorgio Napolitano, «con poco tempo per prevenire una grave ricaduta sui mercati finanziari lunedì». Già la scorsa settimana si erano diffuse voci di un altro downgrade del rating dell'Italia. Secondo il Ft, «è improbabile che venga ripetuta» l'esperienza di un governo di tecnocrati come quello di Mario Monti, che si è rivelata «impopolare e politicamente destabilizzante».
«Il presidente italiano affronta la crisi», titola la Bbc: il presidente Napolitano si prepara a prendere il timone nella crisi politica provocata dalle dimissioni dei ministri dell'ex premier Berlusconi dal governo di coalizione.
L'Italia è «in acque incerte», avverte la Bbc. Napolitano considera le opzioni per uscire dall'acuta crisi e ha fatto capire che cercherà di favorire la formazione di una nuova coalizione senza indire elezioni.
Il corrispondente della Bbc Alan Johnston osserva che Enrico Letta è uno politici italiani dai modi più gentili. Fatto che rende ancora più sorprendente «la ferocia della sua risposta alle manovre di Berlusconi». «Non c'è modo di tornare indietro», constata: «Il più problematico e infelice dei governi di coalizione è finito». Ora Napolitano è un «player chiave».
«Berlusconi dà il colpo di grazia al governo ritirando i suoi ministri» è il titolo sulla homepage di El Pais. Enrico Letta è stato messo alle corde da Silvio Berlusconi, nel contempo suo rivale e alleato di governo.
E' «il secondo fiasco di Napolitano», osserva in un'analisi il quotidiano spagnolo. Il presidente italiano torna a scontrarsi con il boicottaggio di Berlusconi, com'era accaduto per il governo tecnico di Monti.
Tutto questo disastro – scrive El Pais - è cominciato il 22 aprile, quando per la prima volta nella storia, un presidente della Repubblica italiano ha rinnovato il proprio mandato. Enrico Letta è il secondo premier insediato al governo da Napolitano «che fallisce nel tentativo di costruire un Paese moderno e affidabile». «Lo scoglio, sempre lo stesso scoglio, si chiama Silvio Berlusconi».
«I ministri italiani lasciano, scatenano la crisi politica» titola in apertura il sito del Wall Street Journal. Tutti e cinque i ministri dell'ex premier Silvio Berlusconi si sono dimessi ««gettando il governo nel caos». E questo mentre «la terza economia dell'eurozona si sforza d'uscire dalla peggiore recessione» degli ultimi decenni.
La mossa di Berlusconi segna il culmine di una settimana di tensioni crescenti tra Pdl e Pd – scrive il Wsj - e lascia Napolitano con la difficile scelta tra il forzare la formazione di un nuovo governo e il rimandare gli italiani alle urne, appena sette mesi dopo elezioni ««inconcludenti» che hanno prodotto un Parlamento senza maggioranza.
Una mossa «a sorpresa» che accelera lo showdown politico. La crisi di governo – sottolinea il Wsj - «di impedire la ripresa dell'economia italiana, che ha molto bisogno di profonde riforme per essere tirata fuori da due anni di recessione. Il governo Letta, pur avendo varato alcune "modeste misure", è stato in gran parte paralizzato da lotte interne».
I tassi d'indebitamento dell'Italia sono saliti nelle ultime settimane, man mano che il governo si indeboliva, ma "sono lontani dai livelli pericolosi raggiunti durante la crisi politica del 2011". La reazione pacata dei mercati, spiega il quotidiano Usa, è attribuito alle garanzie di stabilità fornite dalla Banca centrale europea.
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venerdì 27 settembre 2013

MUOIA SILVIO CON TUTTI I FILISTEI



ROMA (WSI) - Silvio Berlusconi si spoglia delle vesti di colomba e indossa quelle del falco, puntando su novembre per il ritorno al voto. E la minaccia di un collasso del governo porta Standard & Poor's a minacciare un ulteriore downgrade sul debito "di uno o due scalini", dunque a livello junk, spazzatura, visto che la valutazione attuale è di appena due gradini al di sopra di quella definita, appunto, spazzatura. Questo, a meno che il paese non riesca a dimostrare "una efficacia istituzionale e di governance".

L'Italia, la Borsa di Milano, lo spread, il costo del debito, tutti ostaggio di Silvio Berlusconi. Tanto ha fatto e detto il Cavaliere da azzerare del tutto, in poche ore, i disperati tentativi di Enrico Letta, nipote del suo caro amico Gianni Letta, volti a garantire un minimo di stabilità politica, che in realtà non c'è mai stata.

Parlando da New York, prima di prendere il volo di ritorno per Roma, Letta ha commentato le parole di Berlusconi sul colpo di stato - che ieri hanno scatenato l'ira di Giorgio Napolitano "Re Giorgio" - affermando che l'Italia è stata umiliata.

Ma è indubbio che la stessa persona di Letta è stata umiliata, così come umiliato è stato il suo pacchetto Destinazione Italia, volto a convincere gli investitori stranieri a puntare sul paese.

La sua presenza a Wall Street, le sue interviste rilasciate alle varie televisioni, in cui ha parlato di una Italia "giovane e affidabile", i suoi discorsi pomposi appaiono ora agli investitori come discorsi privi di contenuto, visto il caos che parallelamente sta investendo Roma. E il suo impegno di portare i tassi sui rendimenti decennali del BTP dal 4,3% attuale al 2% nel 2014 appare quasi ridicolo.

Mentre si aspetta l'esito dell'incontro Letta-Napolitano al Colle e circola l'ipotesi della fiducia, il Messaggero titola: "Berlusconi: si va a votare a novembre
L'ex premier per la linea dura".

In una situazione di dimissioni in massa di parlamentari ma anche di ministri del PdL, di firme che si susseguono con la gioia della Lega, si pensa già a una data: il 24 novembre, "se il Pd, come crediamo, è d’accordo, non foss’altro che per impedire a Renzi di prendersi il partito",

Il Messaggero riporta le parole del Cavaliere: "Siamo in guerra e questa guerra la combatteremo fino alla fine. Quel comunista di Napolitano vorrebbe che io mi arrendessi senza combattere, così poi, una volta che ho alzato le mani e mi sono consegnato, i giudici mi sparano . Ma si sbagliano, io sono un combattente. E non ho intenzione di mollare. Voglio solo sapere se voi siete tutti con me".

Letta terrà oggi un Consiglio dei ministri che potrebbe essere anche l'ultimo.
Wallstreetitalia

giovedì 26 settembre 2013

LE SFIDE DI PAPA FRANCESCO



Papa Francesco sta dando prova di coraggio civile, e non solo per la sua intrepida visita alle favelas di Rio. Ha accolto l' invito a un dialogo aperto con i critici non credenti, rispondendo a uno dei più eminenti intellettuali italiani, Eugenio Scalfari.

Delle dodici domande di Eugenio Scalfari (la Repubblica, 11/09/2013) tuttora aperte, a mio parere la quarta, sul tema di una guida riformatrice della Chiesa, riveste un' importanza particolare. Gesù ha sempre affermato che il suo regno non era di questo mondo. «Date a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio». Ma troppo spesso la Chiesa cattolica ha ceduto alla tentazione del potere temporale, che ha soppiantato la sua dimensione spirituale. Dunque Scalfari chiede: «Il papa Francesco rappresenta finalmente la prevalenza della Chiesa povera e pastorale su quella istituzionale e temporalistica?».

Atteniamoci ai fatti: fin dall' inizio papa Francesco ha rinunciato alla pompa e allo sfarzo pontificio, ricercando invece il contatto spontaneo col popolo. A fronte dei numerosi scandali finanziari e dell' avidità di molti ecclesiastici, ha avviato con decisione una riforma dello Ior e dello Stato pontificio, postulando una politica di trasparenza in campo finanziario.
Ora però, nella sua opera riformatrice il papa dovrà affrontare una prova decisiva. Il papa di tutta la Chiesa cattolica non può trascurare il fatto che anche altrove vi sono gruppi umani afflitti da altre forme di "povertà", che anelano a un miglioramento della loro condizione. Si tratta soprattutto di persone che il papa avrebbe la facoltà di aiutare in maniera anche più diretta degli abitanti delle favelas, di cui sono innanzitutto responsabili gli organi dello Stato e la società nel suo complesso.

L'ampliamento del concetto di povertà si ravvisa già nei Vangeli sinottici. Il Vangelo di Matteo chiama beati i "poveri in spirito", mendicanti davanti a Dio nella consapevolezza della loro povertà spirituale. E intende dunque, allo stesso modo dei rimanenti testi delle Beatitudini, non solo i miseri e gli affamati, ma tutti coloro che piangono, emarginati e oppressi, vittime di ingiustizie, respinti, degradati, sfruttati, disperati: Gesù chiama a sé non solo i derelitti e i bisognosi nel senso esteriore del termine (Luca) ma anche chiunque soffra nel proprio intimo la pena e l' afflizione (Matteo) , compreso anche il peso della colpa. Si moltiplica così a dismisura il numero e le categorie dei poveri bisognosi di essere aiutati.

In primo luogo, i divorziati, che in molti Paesi sono milioni; e quando, come spesso accade, hanno contratto un secondo matrimonio, sono esclusi dai sacramenti della Chiesa per il resto della loro vita. Data la maggiore mobilità, flessibilità e liberalità della società di oggi, ma anche in conseguenza della crescente longevità, è assai meno facile che un rapporto di coppia duri per l' intera esistenza. Anche a fronte di queste più difficili circostanze, il papa continuerà certamente a insistere sull' indissolubilità del matrimonio; ma questo precetto non dovrebbe più essere inteso come condanna apodittica di tutti coloro che avendo fallito non possono sperare in una remissione. Ed è proprio in nome della compassione postulata da papa Francesco che si dovrebbero ammettere ai sacramenti i divorziati risposati, purché lo desiderino veramente.

In secondo luogo, le donne: milioni di donne che in tutto il mondo sono vilipese a causa dell' atteggiamento della Chiesa sui temi della contraccezione, della fecondazione artificiale e dell' aborto, e spesso vivono la loro condizione con animo angosciato. Quanto al divieto papale della fecondazione «artificiale», a osservarlo è soltanto una piccolissima minoranza, mentre per lo più le donne cattoliche la praticano senza alcun rimorso di coscienza. Infine, l' aborto ovviamente non va banalizzato, e men che meno adottato come metodo di pianificazione delle nascite; ma le donne che scelgono di abortire meritano comprensione e compassione.

In terzo luogo, i preti costretti a rinunciare al sacerdozio per aver contratto matrimonio: sono decine di migliaia, nei cinque continenti. L' abolizione dell' obbligo del celibato costituirebbe la misura più efficace per ovviare alla catastrofica crisi delle vocazioni sacerdotali che ha colpito il mondo intero, col conseguente tracollo dell' attività pastorale. Oltre tutto, il mantenimento dell' obbligo del celibato renderebbe impensabile un' altra auspicabile innovazione: quella del sacerdozio femminile.

Tutte queste riforme sono urgenti e dovrebbero essere discusse innanzitutto in seno alla commissione dei cardinali. Papa Francesco si trova oggi davanti a una serie di decisioni difficili. Finora ha dato prova di grande empatia e sensibilità per le afflizioni di tanti esseri umani, dimostrando in più occasioni un considerevole coraggio civile. Queste sue qualità gli consentono di prendere decisioni necessarie e determinanti per il futuro su questi problemi, che in parte attendono una soluzione ormai da secoli.
Hans Kung – La Repubblica