mercoledì 26 luglio 2017

IL DIPARTIMENTO MAMME DI RENZI E’ UNA VERSIONE MODERNA DELL’OPERA NAZIONALE MATERNITA’ E INFANZIA FASCISTA



Il Dipartimento Mamme is the new Opera nazionale maternità e infanzia. E del resto cosa è passato a fare quasi un secolo, se alla fine noi donne restiamo sempre fulgidi esempi di mucche svitellanti, responsabili del perpetuarsi dell'italica razza gravemente minacciata dall'inarrestabile invasione del barbaro invasore?
Che noi, femmine - laureate, lavoratrici, impiegate, infermiere, premi Nobel, astrofisiche o badanti - alla fine abbiamo un preciso ruolo nella società ed è del tutto inutile che scalpitiamo starnazzando come ochette nello stagno della società civile. Noi dobbiamo fare figli. E siccome ultimamente ne facciamo pochi (e comunque sempre meno dei barbari invasori) è bene che lo Stato intervenga a ricordaci chi siamo, da dove veniamo e dove, nonostante tutto il nostro sbattimento, siamo destinate ad andare: in sala parto.
Che se a farlo (a ricordarcelo, dico) fosse stato un vetusto e nostalgico ultranovantenne lo avrei pure potuto, forse, quasi, accettare. Del resto non per tutti è facile accettare l'evoluzione della specie (razza!) e assistere al progressivo allontanamento di noi donne dalle nursery per così tante ragioni che non basterebbero paginate di parole per spiegarle. Non per tutti, appunto.
Ma per la Pat (per gli amici) Prestipino, 53 anni, bionda e spumeggiante prof di Lettere pare essere più difficile che per il suddetto nostalgico ultranovantenne. E a me crollano le braccia perché se penso a quanto lontane siamo dall'avere un'identità che non sia legata alla nostra capacità/volontà di procreare, chiamo per sapere se mi affittano due protesi.
L'anno scorso era la Lorenzin con la sua clessidra a ricordarci che tic tac tic tac, l'ovaio invecchia e il nostro compito nella società rischia di restare incompiuto. Quest'anno tocca alla Prestipino che, nel vano tentativo di spolverare di politicamente corretto la sua dichiarazione circa il dovere morale di noi donne di fare figli per tutelare la razza italica, ci butta in mezzo pure le coppie gay (mancavano giusto due carote e un gambo di sedano e avevamo fatto il minestrone, Pat).
Perché etero o omosessuali che siano le coppie italiane devono procreare e dato che, al momento, gli uomini sono impossibilitati a farlo è alle donne che spetta il glorioso compito.
Compito nel quale da oggi non saranno più lasciate sole. No, perché ora c'è il Dipartimento Mamme ad aiutarle e sostenerle nel grave compito di allevare giovani virgulti dell'italica razza che si occuperà, più o meno di:
"...protezione e assistenza della maternità, protezione dell'allattamento materno, igiene sociale della prima infanzia, profilassi antitubercolare infantile, igiene scolastica, educazione fisica, protezione igienica del fanciullo nel lavoro, repressione degli abusi della patria potestà, protezione sociale del fanciullo nella vita, repressione degli abusi e dei delitti contro l'infanzia, educazione dei fanciulli anormali, assistenza e la protezione dei fanciulli materialmente o moralmente abbandonati, prevenzione della mendicità, vagabondaggio e criminalità dei minorenni, rieducazione dei fanciulli traviati, trattamento delinquenti". (Atti Parlamentari, Senato del Regno, Legisl. XXVII, Documenti, Disegni di legge e Relazioni, doc. N. 79).
Ringraziamo Giovan Battista Vico per la lungimiranza delle previsioni sulle umane (italiche e non) tristissime aberrazioni.
Deborah Dirani – Huffington Post

venerdì 21 luglio 2017

QUELLO CHE BOERI NON DICE



Il Presidente dell’INPS, Tito Boeri, ad inizio luglio ha esternato con veemenza che senza i contributi degli immigrati il nostro ente di previdenza sociale crollerebbe finanziariamente e sopratutto sarebbe incapace di garantire il nostro sistema di protezione sociale. Stando alla reportistica dell’Ufficio Studi proprio interno all’INPS in vent’anni si sono potuti generare 70 miliardi di contributi provenienti proprio dagli apporti degli immigrati. Sempre stando alle sue esternazioni se non ci fossero gli immigrati sarebbe necessaria una manovra di finanza straordinaria di qualche miliardo ogni anno per preservare la sostenibilità finanziaria delle pensioni italiane. Boeri inoltre ha ritenuto opportuno ricordare che una classe dirigente credibile ad un certo punto deve dire la verità degli italiani in merito all’immigrazione ossia che rappresenta un investimento nel medio lungo termine in assenza di un surplus demografico. Che tradotto significa: visto che l’Italia al pari di molti altri paesi occidentali è soggetta ad un trend demografico discendente, deve avviare ed implementare delle politiche di immigrazione volte a compensare questa deficienza strutturale in ambito demografico. Detta così sembrerebbe un assunto dai concetti assoluti ed universali. Infatti altre nazioni occidentali si muovono da anni in tal senso, pensiamo ad esempio agli USA, al Canada, ed all’Australia. Ma a noi italiani costruire un pensiero in termini assoluti non piace, preferiamo relativizzare ogni circostanza e congettura. Le esternazioni di Boeri sembrano arrivate con una tempistica che faccia più propendere ad una necessità di opportunismo politico (ricordiamo chi lo ha voluto alla guida dell’INPS) più che di effettiva lungimiranza manageriale. Con la nauseante diatriba politica che sta andando in scena in Italia da qualche mese circa la necessità dello ius solis, serviva un monito istituzionale ispirato più sulla paura finanziaria che sulle effettive esigenze di politica economica del nostro paese.
L’immigrazione, o meglio l’invasione a cui stiamo assistendo da ormai da quasi tre anni, rappresentano un costo iniziale in termini di investimento (assistenza, strutture, accoglienza, sanità, inserimento culturale) che produrrà in teoria un flusso finanziario positivo nel medio lungo termine. Significa che in questo momento si sta scommettendo letteralmente e politicamente che i miliardi di euro (oltre quattro solo per lo scorso anno) spesi ad esempio per l’accoglienza ai diversamente bianchi dovrebbe essere ricambiato nel tempo grazie ai contributi che queste persone, in qualche modo inserite in un contesto lavorativo, saranno in grado di ribilanciare questo flusso finanziario a nostra favore. Della serie adesso spendo ogni anno cinque miliardi, però entro una decade me ne arriveranno annualmente dieci sotto forma di contribuzione previdenziale obbligatoria ed anche fiscale. Questo è quello con buona probabilità accade nei paesi che adottano questa scelta di gestione della politica immigratoria. Con una piccola distinzione rispetto al nostro paese: l’utilità marginale dell’immigrato ossia quali apporti significativi introduce all’economia nazionale un soggetto non autoctono (titolo di studio, capitali da investire, professionalità e competenze, capacità di creare e mantenere posti di lavoro e cosi via). Sull’argomento ne so qualcosa avendolo vissuto sulla mia stessa pelle sia a Malta che in Spagna. In Italia invece questo elemento discriminatorio fondamentale è assente, vale a dire che l’ingresso è privo di requisiti di merito se non la farsa mediatica che continua ad essere spacciata dal vile servilismo giornalistico catto-comunista che ci racconta da anni che sono tutti profughi che scappano dalla Siria o da altre nazioni in cui impervia una guerra civile.
Il DEF 2016 (Documento di Economia e Finanza) che non può filosofeggiare su questo fenomeno perchè rimane pur sempre un documento di rilevanza istituzionale a cui fanno riferimenti i burocrati di Bruxelles riporta testualmente questa considerazione in merito ai flussi immigratori che aggrediscono l’Italia: “Le spese sostenute (in merito all’emergenza migranti negli anni 2015 e 2016) derivano in larga parte dalla posizione geografica dell’Italia, considerata prevalentemente un paese di transito dei rifugiati. A fronte del costo sostenuto nel breve termine, questo fattore riduce la potenzialità per l’Italia di ricevere un beneficio economico di medio-lungo periodo derivante dall’integrazione dei migranti nel tessuto produttivo, che sarà invece valorizzato nei vari paesi di destinazione finale”. Ora soffermatevi a leggere i post di commento sui vari socials quando si parla di immi-non-grati diversamente bianchi: l’Italia è una polveriera sociale ad orologeria pronta a scoppiare: se si presentasse l’erede di Hitler alla prossima campagna elettorale non ci metterebbe tanto ad avere la maggioranza. In Italia il concetto di libertà è oramai sofisticamente modificato a seconda delle varie convenienze: siamo arrivati alla follia che dare del clandestino ad un diversamente bianco sarà un atto considerato passibile di denuncia. Vi è una propaganda mediatica tutta a marchio PD che è degna di qualsiasi regime totalitario: o sei pro immigrazione (quella che intendono loro) o sei un nemico del paese, una sorta di essere immondo degno di non poter più vivere nella nazione che ti ha dato la luce. Questo perchè ti devi fare da parte, e lasciare che questo copione scritto da altri continui ad essere recitato impunemente.
Le prossime elezioni politiche in Italia saranno esclusivamente un referendum sull’immigrazione clandestina ribattezzata migrazione assistita per esigenze economiche dai pariolini radical chic. Quello che si deve riconoscere a Boeri è l’essenza aberrante della sua esternazione: senza immigrazione (quella avvenuta comunque nel passato ed in parte regolata) non si potrebbe sostenere il protezionismo sociale. Sarebbe più opportuno tuttavia fare un distinguo: sostenere questo protezionismo sociale, non il protezionismo sociale in sé. Se mai arriverà una nuova classe dirigente dovrà far aprire gli occhi alla nazione ossia che i modelli di rendita su cui si regge l’attuale previdenza nazionale sono insostenibili perchè si basano su un furto intergenerazionale a cui si affianca la spiacevole necessità di allungare l’età lavorativa di percezione della rendita tanto sospirata. Questo perchè la speranza di vita si è allungata e la fiscalità diffusa si deve fare carico di copertura sanitarie un tempo impensabili a causa dell’insorgere di patologie degenerative croniche il cui costo di assistenza e degenza rimane in continua lievitazione. Alla fine il PD & Company altro non vogliono che questo: individuare quali stratagemmi consentono di continuare a pagare pensioni che dovrebbero essere già state razionalizzate da tempo – ma che politicamente non si vuole fare per evitare il suicidio politico  e come permettere di garantire un’assistenza sanitaria priva di approccio meritocratico universalmente a tutti (altro tema politico con cui bruciarsi la carriera politica). Italiani avveduti che ne hanno compreso da tempo il destino, se ne sono andati per sempre da questa Italia, solitamente portandosi via grandi risorse e capacità. Alla fine nella penisola rimarranno presenti solo italopitechi e italioti che saranno mantenuti (in teoria) dal lavoro di basso profilo e sotto pagato di immi-non-grati diversamente bianchi. Ovviamente fino a quando questi ultimi non diventeranno la maggioranza assoluta numericamente su quel che resta della originaria popolazione italica. A quel punto vedremo quanto durerà il protezionismo sociale all’italiana.
Eugenio Benetazzo – eugeniobenetazzo.com

giovedì 20 luglio 2017

COPPIA DELL’ACIDO: IL CASO IN SETTE PUNTI



La Corte d'appello di Milano ha confermato la condanna a 23 anni di carcere per Alexander Boettcher, il 32enne imputato per una serie di aggressioni con l'acido. I giudici hanno anche deciso la trasmissione in Procura di un verbale dell'ex amante di Martina Levato per un eventuale nuova inchiesta a carico del giovane per concorso nel tentativo di evirazione di Antonio Margarito. Boettcher era stato condannato sempre a 23 anni nel processo di primo grado il 30 marzo 2016 scorso.
AVEVANO UN COMPLICE. Boettcher, broker di origine tedesca, ha compiuto gli atti con l'amante Martina Levato e un altro complice, Andrea Magnani. Una vicenda che si è compiuta con atti diversi. Ecco il caso spiegato in punti.
1. Per Boettcher è la terza condanna
La condanna in appello è la terza condanna per Alexander Boettcher, e riguarda le accuse di associazione a delinquere e gli episodi legati all'aggressione con l'acido a Stefano Savi (avvenuta il 2 novembre 2014, secondo l'accusa per sbaglio) e dell’agguato fallito a Giuliano Carparelli (15 novembre 2014).
LA PRIMA A 14 ANNI. Oltre al processo di primo grado Boettcher era già stato condannato con rito abbreviato, in primo grado e insieme con Martina Levato, per l’attacco del 28 dicembre contro Pietro Barbini.
2. Per l'accusa è uno psicopatico sadico
Uno «psicopatico che si crede dio». Così il pm Marcello Musso ha descritto Alexander Boettcher, leader, a suo dire, della «banda dell'acido». Un ritratto a cui hanno contribuito i video mostrati in aula nei quali l'uomo era impegnato a sgozzare galline a mani nude e far bere la sua urina a Martina Levato.
ACCUSATO ANCHE DALLA RAGAZZA. La giovane ha sempre difeso Boettcher, fino al 18 marzo, quando ha consegnato una sua memoria alla procura milanese, dipingendo per la prima volta Boettcher come un uomo ossessivo e oppressivo. In sei pagine, Levato ha indicato il broker come la «regia» dei blitz e ha raccontato le «pratiche di dominazione» di quell'uomo che voleva «che io perdessi un braccio, una gamba, perché io non fossi più desiderabile agli occhi degli altri». Prima di proporle di «purificarsi» andando a sfigurare i ragazzi con cui lo aveva tradito.
3. La difesa: «Uno sciocco disturbato»
Diversa la versione della difesa di Boettcher, che ha dipinto il ragazzo come «uno sciocco» con «una personalità disturbata», affermando che però non c’è «in nessun caso la prova incontrovertibile della partecipazione ad un’associazione a delinquere».
4. Le vittime: gli ex di Martina
Le vittime non sono casuali. Se l'aggressione a Savi pare sia il frutto di un errore, quelle a Barbini e Carparelli (la seconda fallita) sono in realtà mirate a colpire due ex di Martina Levato. Barbini avrebbe pagato una relazione con la ragazza risalendo al liceo, venendo colpito con l'acido ed evitando un'ulteriore aggressione col martello da parte di Boettcher.
MARGARITO SCAMPATO ALL'EVIRAZIONE. Sarebbe stato lo stesso broker italo-tedesco a chiedere a Martina Levato di evirare Antonio Margarito, ex collega alla Bocconi della ragazza. I due si sarebbero appartati e quindi lei avrebbe cercato di colpirlo ai genitali con un coltello, non riuscendo nell'intento.
5. Un figlio che potrebbero non vedere mai
Il 15 agosto 2015 Martina Levato ha dato alla luce un bambino, figlio suo e di Boettcher. Il destino del piccolo, a lungo al centro di un dibattito pubblico, dipenderà dal tribunale per i minorenni, che potrebbe togliere la custodia alla madre e darlo in affido o adozione.
6. Risarcimento danni
Il collegio di giudici, presieduto da Elena Bernante, oltre a condannare Alexander Boettcher a 23 anni di carcere per la serie di aggressioni con l'acido, ha disposto che il broker versi come provvisionale di risarcimento 1,2 milioni di euro a Stefano Savi, il giovane che venne sfigurato il 2 novembre del 2014.
7. Boettcher rischia fino a 37 anni
«Spero che non esca più di cella», è il desiderio espresso da Stefano Savi dopo la condanna a 23 anni di Boettcher. Così non sarà, ma considerando le due pene attribuitegli, il broker potrebbe spendere buona parte della sua vita in carcere.
NESSUNA SOMMA. I 14 anni del primo procedimento non dovrebbero essere sommati ai 23 del secondo, ma si dovrebbe avere l'unione dei due casi per continuazione. Il giudice partirebbe dalla più grave e potrebbe aumentarla fino al triplo, ma senza superare la somma aritmetica delle pene inflitte. In questo caso, e salvo le possibili modifiche delle pene in Appello o Cassazione, non si dovrebbero eccedere i 37 anni.
Lettera 43

martedì 18 luglio 2017

L’ANTIFASCISMO ICONOCLASTA FA BENE SOLO AI NEOFASCISTI



A proposito dei monumenti di epoca fascista, mi spiace che la "furia iconoclasta", tipica dei fondamentalisti, abbia attecchito anche su alcuni colleghi con i quali abbiamo condiviso vertici economici, summit e infinite riunioni delle tante Leggi Finanziarie. Credo che sia un'idiozia, una provocazione anticulturale e antistorica, degna solo di qualche personalità istituzionale senza cultura storica, propugnare l'eliminazione delle scritte e/o immagini di monumenti eretti durante il Ventennio mussoliniano. Dovremmo pertanto modificare piazza Augusto Imperatore a Roma? Il museo Pigorini, la "groviera"/Palazzo della Civiltà e la sede dell'INPS all'EUR? Rifare Latina, ex-Littoria, e Pontinia? Buttare giù le case coloniche delle Bonifiche dell'Agro Pontino e di Maccarese? Abrogare la voce Piacentini tra i padri del razionalismo architettonico, che tutto il mondo ci invidia e copia? Non utilizzare più edifici pubblici, spesso scuole (le uniche costruite con un certo criterio, seppure dell'epoca) che ancora portano fasci e aquile?
I giornali e i blog di destra, spesso inclini a distorcere la realtà e a manipolare le dichiarazioni politiche degli avversari, hanno di recente messo sul banco degli accusati la Presidente della Camera, Laura Boldrini, che avrebbe suggerito la "distruzione" dei monumenti fascisti. Non era proprio così, come ha riportato la dettagliata nota dell'ufficio stampa della Boldrini, pubblicata il 12 luglio sull'Agenzia Adnkronos:
In risposta a chi le ha domandato se, alla luce del dibattito sull'apologia del fascismo innescato dalla proposta di legge Fiano, non ci sia in Italia il problema di alcuni monumenti come l'obelisco "Mussolini DVX" al Foro Italico, la Presidente della Camera ha detto: "Ci sono persone che si sentono colpite da questo, a volte anche offese. Quando ho accolto i partigiani alla Camera, in occasione del Settantesimo anniversario della Liberazione, alcuni di loro hanno evidenziato questo stato di cose dicendo che non accade altrettanto in Germania dove i simboli del nazismo non ci sono più. Questi vecchi partigiani si sentono ancora offesi da questo. Io rispetto la loro sensibilità". La Presidente Boldrini si è limitata dunque a ricordare il turbamento dei partigiani e a mostrare comprensione per chi ha ridato la democrazia all'Italia.
Ma nella campagna degna della più abusata Disinformatia è caduto anche il segretario del PD, Matteo Renzi, il quale durante il programma di Enrico Mentana "Bersaglio mobile" su La7 ha voluto ribadire che: "Buttare giù i palazzi fascisti credo sia folle, con tutto il rispetto per chi pensa questo. E assurdo immaginare di distruggere l'Eur", riferendosi a quanto detto dalla Presidente Boldrini.
Il fatto è che non si capisce perché accanirsi essenzialmente con le scritte sui monumenti, quando si sta discutendo una nuova, ennesima legge che vorrebbe punire il reato di "apologia del fascismo", proposta da Emanuele Fiano del PD, visto che esiste già l'Articolo 5 della Costituzione e sono in vigore altre due leggi in merito, la Scelba del 1952 e la Mancino del 1993. Oggi, qualcuno scopre, sotto l'ombrellone, nella calura estiva, che esistono e prosperano anche sulla rete i neofascisti e i revisionisti negazionisti? E prendersela con la simbologia è sinonimo davvero di antifascismo moderno e militante?
I tanti sopravvissuti dai campi di sterminio, che ho avuto l'onore di intervistare alla fine degli anni Settanta, mi facevano vedere con un orgoglio fuori dal comune il numero tatuato sull'avambraccio. Era come se ne andassero fieri, perché erano scampati al nazismo, agli orrori, alle "marce della morte" e testimoniavano anche così un periodo storico orrendo. Lontano da loro l'idea di cancellare quel marchio degradante, l'immagine sulla carne viva delle stigmate del nazismo! Ecco, allora, mantenere le "vestigia" del fascismo non significa essere revisionisti o nostalgici, ma difensori della memoria storica, affinché quella barbarie, quella "banalità del male", come la definì Hannah Arendt, non si ripeta.
In Francia hanno introdotto il reato di revisionismo storico contro il negazionismo, che condivido pienamente, pur forzando uno dei principi della rivoluzione del 1789 sulla libertà di espressione. Da noi no! Da noi si grida, invece, da più parti al tentativo di censurare la libertà di opinione, di fare dell'antifascismo ormai demodé! Ma noi abbiamo in Costituzione il divieto di rifarsi al fascismo, eppure nessun terrorista nero o neofascista è mai stato condannato con l'aggravante dell'apologia, nonostante le leggi del '52 e del '93. Perché la magistratura e le forze dell'ordine se ne sono dimenticate per tutto questo tempo? Certo è più facile prendersela con i monumenti, tanto quelli non parlano!
Grazie a Piacentini, comunque, il nostro paese contrastò l'obbrobrio dell'architettura e dell'urbanistica "neoclassicista" del periodo post-umbertino e perfino Le Corbusier ne ha tratto spunti fondamentali. E poi perché negare il positivo che si sviluppò durante il regime? Ancora oggi Mosca mostra in tutto il suo vanto l'architettura del regime staliniano, come Pechino quelle del maoismo. Eppure si trattava di regimi dispotici e sanguinari. Lasciamo in pace questi reperti e cominciamo ad analizzare quanto di totalitarismo e illiberalità stia avanzando nelle nostre società democratiche e liberiste, mali che si annidano in tutte le storture che viviamo: dalle tecnologie invasive, alle crisi economiche, al terrorismo diffuso, alla negazione dei diritti acquisiti, alla concentrazione dei media e al pensiero unico, che cercano di imporre un nuovo e più subdolo regime autoritario.
L'antifascismo deve scorrere dentro di noi, entrare nelle scuole, sui libri, sui mezzi di comunicazione, e non quando d'estate si è a corto di temi da sbattere in prima pagina. Provocatoriamente invito i tanti che hanno postato commenti sui social net, a rileggere ad esempio la storia economica del nostro paese e con occhi obiettivi, da studiosi, ripercorrere alcune delle "invenzioni" di quel periodo, che fecero dell'Italia fascista (ben prima che si gettasse nell'abbraccio mortale del nazismo) un punto di riferimento, tanto da essere riprese dall'America democratica di Roosevelt. Un nome su tutti: Alberto Beneduce, che costruì l'IMI e l'IRI e diede l'impulso allo sviluppo industriale del paese. Quella stessa America che nel 1933 ospitò con i più grandi onori e festeggiamenti il "fascistissimo" Italo Balbo e gli equipaggi dei suoi idrovolanti, dopo la trasvolata transoceanica, sulla Quinta Avenue di New York e alla Casa bianca con lo stesso Roosevelt. Rispetto agli antifascisti da ombrellone, preferisco rileggere le dure e ancora attuali lezioni di Piero Calamandrei.
Gianni Rossi – Huffington Post