Se torniamo
indietro di vent’anni quando l’idea di una Unione Europea e di una moneta in
comune tra tutti i suoi stati componenti era ancora in gestazione, scopriamo
con grande sorpresa che la nazione più europeista ossia quella più
desiderosa di adottare questo nuovo conio condiviso con molte altre nazioni
europee era proprio il nostro Paese. Sostanzialmente durante la fine
degli anni novanta gli italiani erano in Europa la popolazione più entusiasta
della moneta unica e desiderosa della sua implementazione in tempi ristretti.
Si può dire per semplicità che gli italiani erano il paese più europeista,
addirittura molto più dei germanesi. A distanza di due decenni questo
quadretto è stato completamente ribaltato: vale a dire che oggi in seno
alla UE, i paesi più critici sono l’Italia, seguita addirittura dalla Grecia.
Parlare di Euro e di Europa ad un italiano che rappresenta la media della
popolazione equivale a sentirsi dire un profluvio di imprecazioni e
denigrazioni, tutte rivolte alla moneta unica come unico e principale
responsabile del declino sociale ed economico italiano. Ne abbiamo parlato
diffusamente su Apocalyps€uro
assieme a Gianluca Versace: raffreddando gli animi ed analizzando senza
emotività il quadro macroeconomico complessivo esistono elementi oggettivi
che ci possono far dichiarare l’euro l’unico responsabile del nostro attuale
stato di rovina ? Non voglio passare per il difensore della BCE, del QE e della
moneta unica, tuttavia in questi ultimi anni a fronte di riscontri continui sia
con il mondo politico italiano che con quello imprenditoriale ho iniziato a
chiedermi se effettivamente non stia andando in scena la tipica sceneggiata
napoletana da parte della popolazione italiana. Ovunque e trasversalmente
mi sento dire che è tutta colpa dell’euro, la moneta unica ci ha portato alla
rovina, non se ne può più dell’Europa, siamo schiavi di un’establishment
sovranazionale che decide tutto e per tutti.
Proviamo a
mettere a fuoco il tutto, confidando di avere la vostra attenzione e
soprattutto la vostra lungimiranza nel giudicare il tutto con un approccio
possibilmente oggettivo. In questi ultimi due anni abbiamo avuto tre episodi
eclatanti in ambito politico che avrebbero potuto dare il colpo di grazia
all’euro ed all’Europa: il primo è avvenuto nel 2015 con la pantomima greca
(che sembra essere andata nel dimenticatoio), il secondo lo scorso anno con il
Regno Unito che ha votato per andarsene dalla UE (almeno questo era l’intento),
la terza invece con la Francia giusto qualche mese fa, che avrebbe potuto rompere
queste catene al collo ed alle mani, il cui voto invece ha prodotto un
risultato esattamente opposto ossia Europa Uber Alles ed Euro Nothing
Compares You. Il voto francese è stato analizzato in più occasioni e va
decisamente contro il pensiero e la cultura media italiana. Recentemente lo
stesso UK ha dovuto far marcia indietro sulla Hard Brexit tanto sbandierata da
Theresa May, della serie “scusate stavamo scherzando” perchè questo è quello
che emerge dal recente impasto di governo. Molti analisti ritengono a questo
punto che la stessa Brexit possa essere messa completamente in discussione
nei prossimi anni per le ovvie pressioni ricevute dall’establishment finanziario
inglese. Lo hanno chiamato Brexit Regret vale a dire il rimorso di aver votato
per l’abbandono della UE lo scorso anno, in buona sostanza molte persone
(parliamo di milioni di britannici) se potessero rivotare,
manifesterebbero un desiderio completamente diverso ossia rimanere nella UE.
Come si spiega allora il fatto che alcune nazioni a cui è stata data la
possibilità di provare ad abbandonare l’euro e questa Europa, se ne siano
guardate bene dal farlo sul piano pratico e formale (Atene, Parigi e Londra
insegnano). Questione di dimensioni. Proviamo a spiegarlo con semplicità senza
appesantire la narrazione con cifre, statistiche e richiami alla teoria
economica.
Ad esempio,
in Italia il principale assunto che viene sbandierato al vento ad ogni tribuna
politica è sempre lo stesso mantra: ritorniamo indietro, riprendiamoci
la lira, ripristiniamo la cosidetta sovranità monetaria e usciamo da questa
Europa. Detta così chi non vorrebbe non essere più schiavo della BCE. Tuttavia
ci si dimentica di rammentare che per fare questo, allora dovrebbe tornare
indietro anche i 2/3 dell’economia planetaria. Alla fine degli anni
novanta, prima che la Cina entrasse nel WTO, i competitors delle aziende
italiane erano sostanzialmente nostrani ovvero ubicati a poche centinaia di km
dai centri di produzione. L’Italia arrivava all’inizio del uovo millennio con
una propulsione economica tutto sommato rilevante, era allora la quinta
potenza economica mondiale. Oggi lo scenario è invece decisamente cambiato e
molto più desolante. Sono subentrati due nuovi players planetari che non
c’erano vent’anni fa, o meglio c’erano ma non spaventavano ancora nessuno.
Nel 2030 i paesi leaders al mondo saranno Cina e India seguiti a distanza dagli
USA, che nel frattempo vedranno insediata la loro terza posizione da
Indonesia, Brasile e Messico. La povera Italia sarà catapultata in quindicesima
posizione scavalcata dalla Turchia. Lo stesso UK non se la passerà tanto bene,
situato al decimo posto, scavalcato da Russia e Messico. Quindi per semplificare
al massimo, mentre vent’anni fa noi italiani potevamo competere con economie
di dimensione simile alla nostra come Francia, Germania e Regno Unito,
adesso e sempre di più nel futuro che ci attende ci dobbiamo scontrare con
giganti economici del calibro di Cina, India, Messico e Turchia. Stiamo
parlando non solo di giganti per il proprio potenziale economico che possono
sprigionare, ma anche per il relativo impulso demografico, autentico
motore di crescita universale. Pertanto va bene tornare alla lira, ma allora
anche la Cina deve tornare ad essere la Cina di vent’anni fa. Vi sembra
un caso che la prima banca in Europa, HSBC (fatalità una banca inglese) abbia
dichiarato che sposterà il proprio head quarter da Londra a Shanghai e questo
molto prima che si conoscesse il voto del 23 Giugno 2016.
Senza gli
scudi europei, un paese come il nostro (purtroppo) sarebbe semplicemente
spazzato via alla prima aggressione valutaria, senza dimenticare gli
effetti sui tassi di interesse. Facciamo un altro esempio: secondo voi, come
impresa, è meglio provare a trattare da soli con le dogane indiane oppure è più
conveniente che lo faccia un’autority sovranazionale europea nell’interesse (si
spera) di tutte le nazioni europee. Non è un caso che il M5S stia facendo
marcia indietro sull’euro rendendosi conto dei rischi devastanti a cui
verrebbe esposto il Paese. L’Europa, oggi è il più grande mercato del mondo,
per il risparmio, i consumi privati e l’energia: rappresenta non una potenza
economica, ma la prima potenza economica al mondo, se solo riuscisse
politicamente a far nascere gli Stati Uniti d’Europa. A paesi come la Cina e
gli USA, gli andrebbe di lusso che nazioni come la Francia, l’Italia ed
il Regno Unito se ne andassero ognuno per la loro strada ossia ricercassero l’indipendenza
perchè in tal senso non sarebbero più un competitor viste le loro dimensioni
ridotte come singole nazioni. Washington sogna la disgregazione monetaria,
perchè a quel punto il dollaro non avrebbe più avversari credibili nel lungo
termine. Ritornando al nostro Paese: chiediamoci che cosa abbiamo fatto in
vent’anni per rendere più competitiva l’Italia. Niente, anzi abbiamo creato le
condizioni per far scappare i più capaci che difficilmente ritorneranno
indietro. Non sono un eurista convinto, tuttavia mi è difficile mettere in
cattiva luce l’euro, soprattutto perchè i vantaggi (risparmi in oneri
finanziari) che ci ha consentito di avere in quasi vent’anni (il cosidetto
dividendo di Maastricht) ce li siamo fumati per continuare a dare sostegno
alle tipiche scelte di politica sociale iperprotezionistica volta ad
accontentare il più possibile l’elettorato e preservare il consenso. Purtroppo
euro o non euro, il declino del nostro Paese sembra inarrestabile, solo
incredibili razionalizzazioni nei costi e fruizioni dell’assistenza sanitaria e
una profonda revisione del sistema pensionistico con tagli lineari alle sue
rendite attuali potrebbero generare risorse significative da impiegare per
un nuovo rinascimento fiscale e forse industriale. Tuttavia in Italia
provare a mettere mano a questi capitoli di spesa equivale a firmare il proprio
suicidio politico. Continuiamo perciò a credere che sia l’euro il male assoluto
tanto chi si è reso conto del futuro che attende la maggior parte degli
italiani ha già abbandonato da tempo il Vecchio Stivale, lasciando il resto
della popolazione a filosofeggiare su un mondo che presto sopprimerà le
loro ambizioni e polverizzerà ogni sogno di vita.
Eugenio Benetazzo –
eugeniobenetazzo.com