A
proposito dei monumenti di epoca fascista, mi spiace che la "furia
iconoclasta", tipica dei fondamentalisti, abbia attecchito anche su alcuni
colleghi con i quali abbiamo condiviso vertici economici, summit e infinite
riunioni delle tante Leggi Finanziarie. Credo che sia un'idiozia, una
provocazione anticulturale e antistorica, degna solo di qualche personalità
istituzionale senza cultura storica, propugnare l'eliminazione delle scritte
e/o immagini di monumenti eretti durante il Ventennio mussoliniano. Dovremmo
pertanto modificare piazza Augusto Imperatore a Roma? Il museo Pigorini, la
"groviera"/Palazzo della Civiltà e la sede dell'INPS all'EUR? Rifare
Latina, ex-Littoria, e Pontinia? Buttare giù le case coloniche delle Bonifiche
dell'Agro Pontino e di Maccarese? Abrogare la voce Piacentini tra i padri del
razionalismo architettonico, che tutto il mondo ci invidia e copia? Non
utilizzare più edifici pubblici, spesso scuole (le uniche costruite con un certo
criterio, seppure dell'epoca) che ancora portano fasci e aquile?
I
giornali e i blog di destra, spesso inclini a distorcere la realtà e a
manipolare le dichiarazioni politiche degli avversari, hanno di recente messo
sul banco degli accusati la Presidente della Camera, Laura Boldrini, che
avrebbe suggerito la "distruzione" dei monumenti fascisti. Non era
proprio così, come ha riportato la dettagliata nota dell'ufficio stampa della
Boldrini, pubblicata il 12 luglio sull'Agenzia Adnkronos:
In
risposta a chi le ha domandato se, alla luce del dibattito sull'apologia del
fascismo innescato dalla proposta di legge Fiano, non ci sia in Italia il
problema di alcuni monumenti come l'obelisco "Mussolini DVX" al Foro
Italico, la Presidente della Camera ha detto: "Ci sono persone che si
sentono colpite da questo, a volte anche offese. Quando ho accolto i partigiani
alla Camera, in occasione del Settantesimo anniversario della Liberazione,
alcuni di loro hanno evidenziato questo stato di cose dicendo che non accade
altrettanto in Germania dove i simboli del nazismo non ci sono più. Questi
vecchi partigiani si sentono ancora offesi da questo. Io rispetto la loro
sensibilità". La Presidente Boldrini si è limitata dunque a ricordare il
turbamento dei partigiani e a mostrare comprensione per chi ha ridato la
democrazia all'Italia.
Ma
nella campagna degna della più abusata Disinformatia è caduto anche il
segretario del PD, Matteo Renzi, il quale durante il programma di Enrico
Mentana "Bersaglio mobile" su La7 ha voluto ribadire che: "Buttare giù i palazzi fascisti credo sia
folle, con tutto il rispetto per chi pensa questo. E assurdo immaginare di
distruggere l'Eur", riferendosi a quanto detto dalla
Presidente Boldrini.
Il
fatto è che non si capisce perché accanirsi essenzialmente con le scritte sui
monumenti, quando si sta discutendo una nuova, ennesima legge che vorrebbe
punire il reato di "apologia del fascismo", proposta da
Emanuele Fiano del PD, visto che esiste già l'Articolo 5 della Costituzione e
sono in vigore altre due leggi in merito, la Scelba del 1952 e la Mancino del 1993. Oggi, qualcuno scopre, sotto
l'ombrellone, nella calura estiva, che esistono e prosperano anche sulla rete i
neofascisti e i revisionisti negazionisti? E prendersela con la simbologia è
sinonimo davvero di antifascismo moderno e militante?
I
tanti sopravvissuti dai campi di sterminio, che ho avuto l'onore di
intervistare alla fine degli anni Settanta, mi facevano vedere con un orgoglio
fuori dal comune il numero tatuato sull'avambraccio. Era come se ne andassero
fieri, perché erano scampati al nazismo, agli orrori, alle "marce della
morte" e testimoniavano anche così un periodo storico orrendo. Lontano da
loro l'idea di cancellare quel marchio degradante, l'immagine sulla carne viva
delle stigmate del nazismo! Ecco, allora, mantenere le "vestigia" del
fascismo non significa essere revisionisti o nostalgici, ma difensori della
memoria storica, affinché quella barbarie, quella "banalità del
male", come la definì Hannah Arendt, non si ripeta.
In
Francia hanno introdotto il reato di revisionismo storico contro il
negazionismo, che condivido pienamente, pur forzando uno dei principi della
rivoluzione del 1789 sulla libertà di espressione. Da noi no! Da noi si grida,
invece, da più parti al tentativo di censurare la libertà di opinione, di fare
dell'antifascismo ormai demodé! Ma noi abbiamo in Costituzione il divieto di
rifarsi al fascismo, eppure nessun terrorista nero o neofascista è mai stato
condannato con l'aggravante dell'apologia, nonostante le leggi del '52 e del
'93. Perché la magistratura e le forze dell'ordine se ne sono dimenticate per
tutto questo tempo? Certo è più facile prendersela con i monumenti, tanto
quelli non parlano!
Grazie a Piacentini, comunque, il nostro paese contrastò
l'obbrobrio dell'architettura e dell'urbanistica "neoclassicista" del
periodo post-umbertino e perfino Le Corbusier ne ha tratto spunti fondamentali.
E poi perché negare il positivo che si sviluppò durante il regime? Ancora oggi
Mosca mostra in tutto il suo vanto l'architettura del regime staliniano, come
Pechino quelle del maoismo. Eppure si trattava di regimi dispotici e
sanguinari. Lasciamo in pace questi reperti e cominciamo ad analizzare quanto
di totalitarismo e illiberalità stia avanzando nelle nostre società
democratiche e liberiste, mali che si annidano in tutte le storture che
viviamo: dalle tecnologie invasive, alle crisi economiche, al terrorismo
diffuso, alla negazione dei diritti acquisiti, alla concentrazione dei media e
al pensiero unico, che cercano di imporre un nuovo e più subdolo regime
autoritario.
L'antifascismo
deve scorrere dentro di noi, entrare nelle scuole, sui libri, sui mezzi di
comunicazione, e non quando d'estate si è a corto di temi da sbattere in prima
pagina. Provocatoriamente invito i tanti che hanno postato commenti sui social
net, a rileggere ad esempio la storia economica del nostro paese e con occhi
obiettivi, da studiosi, ripercorrere alcune delle "invenzioni" di
quel periodo, che fecero dell'Italia fascista (ben prima che si gettasse
nell'abbraccio mortale del nazismo) un punto di riferimento, tanto da essere
riprese dall'America democratica di Roosevelt. Un nome su tutti: Alberto Beneduce, che costruì l'IMI e l'IRI e diede l'impulso
allo sviluppo industriale del paese. Quella stessa America che nel 1933 ospitò
con i più grandi onori e festeggiamenti il "fascistissimo" Italo Balbo
e gli equipaggi dei suoi idrovolanti, dopo la trasvolata transoceanica, sulla
Quinta Avenue di New York e alla Casa bianca con lo stesso Roosevelt. Rispetto
agli antifascisti da ombrellone, preferisco rileggere le dure e ancora attuali
lezioni di Piero Calamandrei.
Gianni Rossi – Huffington Post