martedì 28 febbraio 2017

DEDICATO ALLE ANIME BELLE DEL CATTOLICESIMO. NON C’E’ NULLA DI PIU’ ANTICRISTIANO



Fai buon viaggio Dj Fabo. Non importa che sia l'ultimo di questa vita che hai scelto, da uomo libero, di non vivere più. Io ti auguro che sia il più bello di tutti quelli che lo hanno preceduto, che porti con sé le sensazioni di tutti quelli che lo hanno preceduto.
Che ti accompagni il sole dell'India e il profumo delle spezie che riempie l'aria anche quando sei vicino al mare. Che ti accompagni il vento che ti seccava la pelle su uno scooter mentre scodinzolavi per qualche stradina sterrata con la tua Valeria aggrappata dietro. Giovani, innamorati e, soprattutto, normali, con un futuro che decidevate insieme e che, diversamente dal presente, era aperto all'infinito. Un futuro di Dj set a Goa o a Ibiza o ovunque decideste di andare. Di barba incolta e treccine sulla testa. Di figli, o anche no, di corse, di camminate, di momenti per riposare.
Un futuro che non era la Svizzera, che era qualche spiaggia con le sue notti di musica, qualunque musica, comunque la tua musica.
Dicono che da qualche anno tu non possa nemmeno più sentirla la musica, che ti commuova troppo, che ti stringa ancor più addosso la bara immobile che è diventato il tuo corpo. Dipendente in tutto, libero solo nel pensiero. E non deve essere una grande libertà, nonostante quello che un ragazzino nato imprigionato, sostenga nel tentativo (un pochino goffo) di incoraggiarti. Perché nessuno, nemmeno lui, quel ragazzino, conosce la tua vita e la scatola di sofferenza in cui è rinchiusa.
Ci vorrebbe fede, dicono quelli che camminano, vedono, ridono, parlano. La fede è un privilegio e, in ogni caso, è un esercizio di libertà. Esattamente come lo è decidere di morire perché di giorni neri e paralizzati se ne sono vissuti già abbastanza.
Che la vita è bella perché può sorprenderti, ma mi domando quali sorprese possa riservare a un ragazzo che non può vederla, non può percorrerla, non può viverla come sapeva fare. Cosa c'è di meraviglioso in una notte che conosce sempre e solo la stessa sfumatura di nero, e che, soprattutto, non vedrà mai più la luce?
Cosa c'è di meraviglioso in un letto d'ospedale, il corpo immobile, le piaghe che bruciano, il bisogno costante di qualcuno che ti curi, ti cambi posizione, ti lavi la faccia, ti pettini i capelli, ti cambi biancheria e vestiti scegliendo per te perché tu non sei più in grado di operare nessuna delle scelte che per il resto del mondo sono la banalità del quotidiano?
Io non so immaginare l'angoscia di un ergastolo come quello che ti è toccato, Dj Fabo. Peggio di una sentenza di morte. Sulla cartella cinica della tua vita è scritto: "fine pena mai". Nemmeno la possibilità di prendere una penna e tirare una riga su quel "mai" per sostituirlo con una data. Le mani non le puoi muovere: sei costretto ad affidarti alle mani di un altro perché la tua pena abbia fine.
Così, ora che sei andato di là dalle Alpi a cercare quelle mani e che, tanto per cambiare, qua tra noi normodotati si discute sulla legittimità della tua scelta, io vorrei allungarti una carezza (quelle le senti ancora, no?). Perché anche adesso che noi ti immaginiamo soddisfatto per avere raggiunto l'obiettivo di liberarti di una vita che era una galera, io penso al tuo dolore.
Nessuno è felice di morire, figurarsi se lo può essere qualcuno costretto a discutere e pianificare i dettagli della sua morte, a fissarle una data con un pochino di anticipo e vivere i minuti che gli restano come un conto alla rovescia verso la fine. E dunque non ti penso felice e soddisfatto, non credo che tu oggi, investito tuo malgrado, del ruolo di eroe dei diritti civili, possa sorridere delle ore che ti restano. Perché comunque te ne andrai e non ci sarà più Valeria a tenerti la mano, a spazzolarti i capelli. Morirai da uomo libero e coraggioso, morire può essere una liberazione, sì, ma fa paura.
Allora io vorrei solo che, dopo tutto questo calvario, tu non avessi paura, che almeno lasciando la tua vita tu lo facessi accompagnato dalla musica di uno dei tuoi Dj set, dal vento caldo che ti coccolava in India, dalle braccia di Valeria strette al corpo come quando vi addormentavate in una delle tante notti belle che avete trascorso assieme.
Vorrei che tu ti addormentassi col cuore leggero e con il ricordo del sole impresso nella retina. Vorrei che tu fossi libero dal ricordo del dolore... Lo so che non si può, ma io vorrei che tu ti addormentassi certo di svegliarti domani a Goa col mare davanti e una gran voglia di sentire le onde sulla pelle.
Deborah Dirani – Huffington Post

venerdì 24 febbraio 2017

LIBERE DI ABORTIRE



"Il clericale domanda la libertà per sé in nome del principio liberale, salvo a sopprimerla negli altri, non appena gli sia possibile, in nome del principio clericale". Basterebbero le parole di Gaetano Salvemini a liquidare in fretta la questione delle ingerenze della Chiesa nelle questioni dello Stato.
Per gli ignoranti dell'altrui libertà, che spesso si incontrano in piedi a sgranar rosari davanti agli ospedali dove le donne che per libera scelta (o almeno mi auguro sempre che lo sia) richiedono l'interruzione della gravidanza, però non basta la buonanima di Salvemini che immagino rotolarsi nella tomba davanti a questo fenomeno oscurantista, retrogrado e medioevale rappresentato dai sit-in di preghiera degli antiabortisti.
Gente che, con raro cinismo, usa la croce nella quale sostiene di credere (dimenticando però il principio di pietà e comprensione che quella stessa croce dovrebbe rappresentare) per manifestare un pensiero che con la fede non c'entra niente. Molto c'entra con la politica. Gente che sancisce con la violenza della presunzione di giustizia ciò che altra gente, nella fattispecie donne, è lecito o non è lecito che faccia.
Gente che viola la sacralità di un luogo di cura per innalzar vessilli d'ignoranza. Perché come altro la si vuol chiamare, se non ignoranza della libertà fondamentale di cui ogni essere umano gode, quella che vorrebbe costringerlo a piegare il suo corpo a una volontà non sua? Perché un fatto è assodato: il corpo di una donna è solo ed esclusivamente suo e può farne esattamente ciò che desidera. Chiacchiere e preghiere stanno a zero.
Anche se vengono dalla Cei, la Conferenza episcopale italiana, che ancora oggi (e siamo nel Terzo Millennio) recalcitra davanti all'opportunità di scindere la politica dalla fede. Opportunismo, smania di potere, desiderio di controllo. Che sarebbe bene ricordare ai 4 gatti che ieri pregavano davanti all'Ospedale Sant'Orsola di Bologna (mentre un po' di Vescovi inveivano contro la decisione di un reparto di ginecologia che aveva deciso di assumere due ginecologi non obiettori di coscienza) che esiste una legge che permette a ogni donna di interrompere una gravidanza.
Senza tante spiegazioni, senza necessità di giustificazioni. Una legge sacrosanta che ha liberato ogni donna dal rischio di morire per essersi fatta conficcare nella pancia un ferro da calza arrugginito. Certo esiste anche una legge che consente ai 4 gatti di starsene in piedi a pregare, manifestando liberamente il loro pensiero. Una legge che permette loro di protestare contro le scelte di un loro simile. Scelte che non interferiscono in alcun modo con la loro vita.
Scelte autonome di donne che per ragioni indiscutibili (indiscutibili!) preferiscono non portare avanti una gravidanza. E per favore, per favore, che nessuno obietti che un feto è una persona perché di fatto non lo è. E altrettanto, per favore, per favore, che nessuno obietti che la donna che chiede di abortire "avrebbe dovuto pensarci prima", perché nessuno ha il diritto di giudicare il comportamento sessuale di una donna.
Di nuovo, per favore, che nessuno mi venga a raccontare che non c'è violenza in un manipolo di ultras pro-life che pregano perché le donne smettano di abortire. Perché la violenza non sono solo le molotov tirate assieme ai sampietrini o gli slogan urlati in un corteo. La violenza è anche tentare di far sentire sbagliata una donna che sta entrando in sala operatoria per interrompere la sua gravidanza.
E permettetemi di dire che è una violenza ben peggiore perché usa la fede per esercitare una pressione psicologica sul suo bersaglio. Fosse almeno intellettualmente onesta meriterebbe un briciolo del mio rispetto, ma non lo è. Non considero gli antiabortisti avversari politici, la politica è una cosa seria.
Loro non hanno niente di quel cristianesimo cui sostengono di essere seguaci: hanno molto di quell'integralismo che dicono di rifiutare. Meritano denunce esattamente come i più violenti tra i manifestanti. Perché in uno Stato laico (e fino a prova contraria l'Italia lo è fin dalla sua fondazione) usare un breviario per tentare di violare un diritto sancito per legge dovrebbe essere un reato almeno quanto lo è tirare un sampietrino contro un poliziotto che sta facendo il suo lavoro.
Deborah Dirani – Huffington Post

mercoledì 22 febbraio 2017

SCISSIONISTI ALL’ITALIANA



Alla fine la scissione è arrivata. Come quasi tutto ciò che capita a sinistra in Italia, è stata frutto di un travaglio inaudito e di un masochismo considerevole. E’ poi stata una scissioncina: molti hanno mantenuto la (tardiva) parola data, ma qualcuno no. Qualche considerazione.
1. Secondo larga parte dell’informazione, quelli “strani” sarebbero gli scissionisti e non chi vota un partito teoricamente di centrosinistra ma ormai berlusconiano, vuoto e ciecamente padronale. Un atteggiamento sconcertante. Tenendo però conto che quella stessa informazione tifava contro Brexit, contro Trump e contro il “no” il 4 dicembre, quello che più dovrebbe preoccuparsi è Renzi. Che – puntualmente – non capirà neanche questo segnale.
2. In questi mesi ce l’hanno menata con il “Renzi cambiato”, che a Pontassieve ha ritrovato umiltà (mai avuta) e forma fisica (?). Come no: ha sfanculato la minoranza, ha chiuso ogni spiraglio e ieri se n’è andato in California mentre gli altri si scannavano. Quel che si dice un uomo democratico, che impara dai propri errori (tanti) e fa tesoro dei propri sbagli (tutti).
3. Di Renzi fa ridere tutto, ma quello che fa più ridere è la goffa sicumera con cui si autorecensisce dopo le sfide. Domenica sera è andato da qualche giornalista e gli ha detto: “Visto come sono stato bravo? Ho scoperto il loro bluff, ah ah ah”. E’ comprensibile che, somigliando sempre più a Hyppo Hyppo e vantando un “giromento” prossimo a Jabba The Hutt, tenda a farsi i complimenti da solo: non glieli fa nessuno. Come ha scritto Dagospia, ormai pure la Boschi gli dice che se si presenta così gonfio non lo vota neanche Nardella. Gli siamo vicini nel dolore (a Renzi, ma pure a Nardella. Alla Boschi no). Ciò detto, Renzi continua a dimostrare una spaventosa incapacità di comprendere la situazione circostante: non ne indovina da anni, il partito si sbriciola, i 5 Stelle crescono e Berlusconi è pronto a signoreggiare di nuovo. Eppure lui fa ancora il figo (?) e lo sbruffone. Poveraccio. Aiutatelo.
4. L’atteggiamento di Michele Emiliano non mi ha stupito, anzi lo avevo previsto una settimana fa. E’ lecito candidarsi contro Renzi nel Pdr (“Partito di Renzi”, cit Bersani-Rossi-Speranza). Sarebbe invece indecente, dopo aver perso, restare dentro il Pd. Tenendo conto che Emiliano perderà e che lui stesso ha più volte detto che in caso di sconfitta (sicura) “sarà fedele”, ne consegue che Emiliano è in rampa di lancio per iscriversi nella lunghissima lista dei “deludenti di sinistra”. Lista, peraltro, che annovera in prima linea un altro pugliese illustre. Vamos.
5. Ieri Civati ha rispolverato un suo post del 2015 in cui, dopo che Bersani aveva baciato le Birkentsock alla Paita per le (trionfali) elezioni in Liguria, aveva risposto alle critiche dello stesso Bersani (“Dove vai?”) con un efficacissimo “Dove sei rimasto?”. Aveva ragione Civati e gliene va dato nuovamente atto.
6. Bersani c’è arrivato con due anni di ritardo, ma c’è arrivato. E’ una persona corretta, che crede nella politica. Lo strappo, per lui, non è stato facile. Merita rispetto. Come lo meritano Rossi, Speranza (tutto questo coraggio da lui non me lo aspettavo), D’Alema e tutti coloro che proveranno a cercare una strada diversa.
7. Il soprastante punto “6” si autodistruggerà se gli scissionisti si uniranno a Pisapia, che – a oggi – non è altro che uno specchietto per le allodole: la stampella di Renzi. Un abbindolatore di delusi, che Pisapia accalappierebbe per poi riportarli dal carnefice: cioè da Renzi.
8. E’ ovvio che il proporzionale ha aiutato i Bersani e i Rossi a trovare il coraggio: con il maggioritario conveniva stare dentro il Pd, con il proporzionale puoi essere decisivo anche con poco (si chiama “Legge del Psdi”, o almeno io la chiamo così). Attenzione, però: se Bersani, Rossi e Civati riuscissero a trovare un punto d’intesa, coinvolgendo magari anche Fratoianni, quella percentuale non sarebbe poi forse così esigua. Poi, certo, parlare di coesione a sinistra è come parlare di coerenza di andrearomano. Lo so. Ma mica è colpa mia.
9. Sempre a proposito di “Renzi è cambiato e ha imparato la lezione” (capito Richetti? Capito Cuperlo?): la sua prima idea, dopo la scissione, è stata ipotizzare uno sbarramento al 5% per segare Bersani e Rossi. Premesso che Renzi si intende di leggi elettorali come Adinolfi di diete, la (comica) cattiveria di Renzi è qualcosa di imbarazzante. Poveraccio. Aiutatelo.
10. Questa storia dell’ “essere fedeli” è una delle più grandi cazzate che abbia mai sentito. Facciamo un esempio. Io lavoro al Fatto, ma a un certo punto Travaglio, Gomez e Padellaro vengono scalzati – tramite primarie organizzate da Farinetti – da Cerasa, Rondolino e la Meli. Ecco: a quel punto, se io rimanessi dentro il Fatto, non sarei “fedele”. Sarei intellettualmente disonesto. E pure un po’ deficiente.
Andrea Scanzi – Il Fatto Quotidiano

martedì 21 febbraio 2017

DEDICATO A RICHETTI: L’ELENCO DEI DISASTRI RENZIANI



Ieri, a Otto e mezzo, c’era quel furbacchione di Matteo Richetti. Persona intelligente e scaltra, quando si trova a difendere per partito preso ciò su cui è il primo a non credere poi granché – ovvero Renzi e il renzismo – utilizza una tecnica dialettica vecchia come il codice di Hammurabi: fingere di dare ragione a chi ti sta criticando. Ieri lo ha fatto con Antonio Padellaro: “Padellaro qui ha ragione”, “Posso essere d’accordo”, “Non nego che in parte sia così”. Esaurito tale artificio, Richetti ha poi riassunto le motivazioni degli scissionisti con un semplicistico “Renzi gli sta antipatico”. Magari fosse quello. Renzi non è solo antipatico, ma privo pure di qualsivoglia talento. L’antipatia bisogna potersela permettere. E lui non può: si atteggia a Messi quando al massimo è Dertycia.
Il punto non è personale, bensì politico. Lasciamo stare gli scissionisti veri o presunti. Pensiamo a quelle centinaia di migliaia di persone che, pur avendo dato credito a Renzi nel 2014, oggi non lo rivoterebbero neanche sotto tortura. Davvero, secondo il prima-renziano-poi-no-adesso-sì-domani-vediamo Richetti, è solo questione di “antipatia”? Se così fosse, gli riassumo (per sommi capi) la sconfinata lista di disastri commessi da Renzi. Disastri che, fino all’altro giorno, era il primo a notare. Infatti, prima di imbarcarlo in fretta e furia nel carrozzone dei “votiamo sì il 4 dicembre per sconfiggere l’Isis come dice la mia amica Boschi”, Renzi detestava Richetti ritenendolo una sorta di Civati 2 La Vendetta. Ecco la lista parziale, caro Matteo (Richetti).
1. Una classe dirigente improponibile, fatta di “Ciaoni” Carboni e “Dolci Forno” Picierni, al cui confronto Fedriga è Churchill e Crimi “Bob” Kennedy.
2. La sconfinata mestizia, e magari fosse solo mestizia, del cosiddetto giglio magico.
3. “La buona scuola”, riforma quasi del tutto indecente grazie alla quale il Pd si è giocato l’appoggio degli insegnanti.
4. Il “Jobs Act”, che a Farinetti e Briatore è piaciuto parecchio, ma agli operai meno.

5. I giovani, così attratti dal giovine gattopardo-rottamatore da votare tutti tranne lui.
6. Gli intellettuali, che a parte Baricco sono scappati così lontano dal Pd che adesso Carofiglio, per recuperarli, dovrebbe essere come minimo uno sciamano navajo coi controcazzi.
7. Liguria, Veneto, Roma, Napoli, Torino, Arezzo, Sesto Fiorentino. Eccetera.
8. Quel gran genio di De Luca, forse esponente illustre di quella sinistra “a cui pensavamo noi emiliani quando volevamo un mondo unito dopo la caduta del Muro” (cito Richetti ieri sera, parola più parola meno).
9. Alfano, Verdini, Lorenzin e questo bel governo rimasto più o meno lo stesso nonostante la Waterloo meravigliosa del 4 dicembre.
10. Una riforma costituzionale da vergognarsi in eterno, scritta peraltro peggio delle bozze di Moccia.
11. Una legge elettorale “che tutti ci invidieranno”. E infatti si è visto.
12. La bocciatura della riforma Madia, le mancette per (non) vincere il referendum, il “salvabanche” per “quelle tre banchette toscane” (cit Renzi), i condoni pronunciati all’inglese (do you know volountary disclosure?), la mancata lotta all’evasione. E molti altri demoni.
13. L’occupazione della Rai, roba che in confronto la Legge Gasparri era quasi figa e Minzolini meritava il Pulitzer.
14. L’Unità attuale, che non è morta perché non la compra nessuno: si è suicidata leggendo andrearomano.
15. Il sistematico disprezzo per il dissenso, l’opposizione e tutto ciò che non era iper-renziano. “Gufi”, “professoroni”. E magari “specchio riflesso”, come si faceva all’asilo, che è poi lo stadio intellettuale a cui è rimasto il renzismo.
16. Una carrellata infinita di sconfitte, al punto tale che – in neanche tre anni – il renzismo è riuscito a dilapidare quasi tutto.
17. Le bugie come se piovesse, compresa quella mitologica secondo cui “se perdo mi ritiro a vita privata e faccio triathlon”. Né la prima e neanche la seconda, a giudicare dal girovita (e dal giromento).
18. La sistematica sopravvalutazione di un bischeruccio che al bar di Montione avremmo zimbellato senza pietà, ma a cui avete permesso di spolpare per anni il partito (e pazienza) e pure il paese (e questo resta imperdonabile)

Potrei andare avanti a lungo, ma mi fermo qui. Caro Matteo (Richetti), sfottere gli scissionisti per il poco coraggio o per quella loro propensione al politichese prebellico è facile. E ci sta pure. Non pretendere però che tutti gli italiani siano così deficienti da credere che sia solo una questione di “antipatia”. Ed è pietosa pure la tua – e non solo tua – litania del Renzi che “ha imparato la lezione, d’ora in poi sarà diverso”: l’uomo è questo e questo sarà. Lo sai meglio di chiunque altro. Non conosce velocità diversa da questa goffa e sciagurata modalità “bulletto comicamente tronfio”. Non è strano che si parli di scissione: è strano che se ne parli solo adesso, dopo che Renzi e il suo Giglio-Barnum hanno raso al suolo un partito che, almeno in via teorica, doveva essere di centrosinistra. Non certo la versione quasi-giovanilista e iper-caricaturale del berlusconismo 2.0.
P.S. Sai qual è la cosa triste, Matteo (Richetti)? Che tra le alternative a Renzi ci siano ormai quasi tutti. Tranne te. Fa un po’ tristezza, constatare come la tua ambizione nascosta fosse quella di assurgere a “Nardella dotato”. Evidentemente non ti vuoi poi così bene come sembra. Peccato.
Andrea Scanzi – Il Fatto Quotidiano