martedì 31 dicembre 2013

DIO SALVI SCHUMI



Nuovo intervento chirurgico e lievi miglioramenti per Michael Shumacher, il pluricampione di Formula 1 ricoverato nel Centro ospedaliero Universitario di Grenoble in gravi condizioni dopo un incidente sugli sci. L'operazione è stata condotta ieri sera, verso le 22, dal primario di neurochirurgia, Emmanuel Gay, è durata due ore e ha consentito di asportare un grosso ematoma subdurale nella parte sinistra del cranio. (ANSA – 31.12 2013)


Il mondo intero trema e sospira al capezzale del “figlio del vento”, del campionissimo, del pluriridato asso di Formula uno, del semidio, dell’Unico, del grande, più grande di tutti noi messi assieme. Gli attestati di solidarietà alla famiglia sono pervenuti dal tutto il mondo, dalla Germania alla più sperduta isola del Pacifico. Un po’ meno dall’Italia. Chissà perché. Forse perché durante i lunghi anni di permanenza nel nostro paese, nonostante gli innumerevoli successi, il grande “Schumi” non ha imparato neppure a dire “grazie” nel nostro idioma. La nostra lingua gli doveva apparire particolarmente ostica, dal momento che parlava benissimo lui, tedesco, l’inglese, ma dell’italiano neppure l’ombra. I telecronisti sempre più imbarazzati dovevano doppiarlo, e a lungo andare la cosa ha finito con l’infastidire anche il più sfegatato tifoso del cavallino rampante. Eh sì, perché il fatto che “Schumi” non abbia mai volontariamente imparato una parola di italiano voleva dire solo due cose: o era mezzo scemo o nutriva un sovrano rispetto per il paese che lo ospitava temporaneamente. Siccome possiamo escludere la prima ipotesi, resta valida la seconda. Metaforicamente si può dire che “Schumi” sputava nel piatto dove mangiava. E doveva mangiare parecchio considerati i milioni di euro che sono volati nelle sue tasche, consentendogli di diventare uno degli uomini più ricchi del globo. Bene, stando così le cose diremo, fuori dal coro come sempre, che, disprezzo per disprezzo, non ci sentiamo particolarmente dispiaciuti per la sorte dell’ex pilota. Una cosa sapeva fare bene: andare in macchina. Sapeva guidare particolarmente bene un mezzo meccanico. Ma è sufficiente per farcelo andare a genio, o rendercelo particolarmente caro? No, non è sufficiente. Ha deciso, come tanti altri idioti di fare un fuori pista a velocità elevatissima: tutti, anche i bambini sanno che i fuori pista sono pericolosi. Ci sono stati, secondo queste modalità, diversi morti, proprio in questi giorni. Perché non dovremmo rimpiangere questi morti come o più dell’eventuale scomparsa di un uomo qualsiasi, un uomo che sapeva guidare bene le auto di formula uno, ma che ha sempre dimostrato un grandissimo disprezzo per tutto quello che era italiano?  Non si è mai intrattenuto con un solo tifoso, non ha fatto un bagno di folla, sempre lontano, sempre distaccato, trincerato dietro quel suo perfetto inglese. Non si ama, né si rimpiange chi non rispetta , anzi insolentisce e sbeffeggia il tuo paese.  La stessa ripugnanza per tutto quello che è italiano la rispediamo volentieri al mittente, considerato che grazie alla sua amatissima Germania ci ritroviamo nella peggiore crisi economica di tutti i tempi. Abbiamo compassione per i malati di cancro, che si consumano e si spengono giorno dopo giorno, tra sofferenze fisiche e morali indicibili, assistiti magari da volontari della “Gigi Ghirotti”, uomini che meritano tutto il nostro rispetto e la nostra ammirazione. Per queste persone proviamo compassione e commozione. Non per un uomo che si è cercata la fine che ha fatto e che ha sempre  deprecato il paese che gli ha fornito, in cambio, parecchi milioni di euro. Riposi in pace, se sarà il caso, nella sua amatissima terra di Germania, noi ci teniamo i nostri morti, e non ci uniamo all’ipocrita pianto dei tanti santi nostrani che sgranano rosari e pregano in coro tra un bollettino medico e l’altro, pregando il Signore che salvi colui che, per quanto ci riguarda, era un uomo qualsiasi che ha deciso di mettere in un fuori pista a repentaglio la sua vita.

lunedì 30 dicembre 2013

REGALO DI NATALE: L'ULTIMA BUGIA DI ENRICO LETTA



«Le tasse sulle famiglie nel 2013 sono scese e la tendenza continuerà anche nel 2014» assicura, con un messaggio via Twitter, il presidente del Consiglio, Enrico Letta. Il calo delle imposte dovuto al taglio dell’Imu sulla prima casa e all’aumento delle detrazioni per i figli a carico, deciso con la legge di Stabilità dell’anno scorso, «è importante perché si consolidi il trend di fiducia» aggiunge il premier, mentre i suoi collaboratori sottolineano che «sebbene poco percettibile, l’inversione di tendenza si è avviata».

Non sarà per niente facile, però, proseguire sulla strada della riduzione delle tasse: il 2014, anzi, si presenta quanto mai minaccioso per le tasche dei contribuenti italiani.

Ci sarà da pagare la nuova Imu, ribattezzata, ma salata almeno quanto quella pagata nel 2012, tornerà l’Irpef sulle case sfitte e saliranno le imposte di bollo sui conti correnti e i titoli tenuti in banca. Ma c’è anche il rischio di veder aumentare le tasse anche per chi non ha né casa né ricchezze finanziarie e magari ha redditi bassi o bassissimi, vanificando la modesta riduzione delle tasse sul lavoro dovuta al taglio del cuneo fiscale.

Un rischio concreto, che potrebbe materializzarsi già nel giro di poche settimane. La legge di Stabilità appena approvata prevede che entro il 31 gennaio il governo debba «razionalizzare» le detrazioni fiscali del 19%, cioè tagliarne alcune, per ottenere un risparmio di 500 milioni di euro già sul 2014 (che saliranno a 700 nel 2015 e si stabilizzeranno a 600 dal 2016).

Se la razionalizzazione «chirurgica» non dovesse riuscire, scatterà il taglio lineare. Dal 19% le detrazioni Irpef scenderebbero al 18%, e retroattivamente, perché si applicherebbero alle spese fatte nel 2013, e forse anche al 17% per le spese fatte nel 2014 che si porteranno a scomputo delle tasse che si pagheranno nel 2014. Una manovra che colpirebbe tutti, senza discrezione di reddito.

E che potrebbe essere solo l’anticipo di un’altra sforbiciata, infinitamente più pesante, che scatterebbe nel 2015 (taglio di 3 miliardi, poi 7 nel 2016 e 10 dal 2017) se la revisione della spesa pubblica affidata al commissario Carlo Cottarelli non riuscirà a ottenere i risultati sperati.

Evitare il taglio lineare di gennaio delle detrazioni non sarà per niente facile. Mancano solo quattro settimane e la «razionalizzazione» impone una scelta politica forte (bisognerebbe cancellare solo alcuni di questi sconti) e non certo agevole. La riprova è nel fatto che il dossier delle detrazioni Irpef da rivedere è pronto da anni sul tavolo del governo (aveva iniziato a studiarle Giulio Tremonti), ma mai nessuno finora ha avuto il coraggio di metterci le mani.

Così, a meno di non rinviare la soluzione del problema ancora di qualche mese, l’ipotesi di una sforbiciata di un punticino a tutti gli sconti sull’Irpef si fa concreta.

Potrebbero dunque scendere dal 19% al 18% le detrazioni sulle spese sanitarie, quelle sostenute per i portatori di handicap e per l’assistenza dei non autosufficienti, quelle veterinarie, quelle per i funerali, gli interessi dei mutui contratti per l’acquisto della prima casa, le assicurazioni vita e infortuni, e pure quelle sulle spese scolastiche e universitarie dei figli, sugli affitti degli studenti fuori sede, e sulle erogazioni liberali concesse a favore dei partiti politici, la ricerca e le organizzazioni non governative.

Recuperare 500 milioni entro gennaio per evitare il taglio non è impossibile e c’è da credere che il governo farà di tutto per evitarlo. Potrebbe usare gli introiti che arriveranno dalla rivalutazione del capitale Bankitalia, ma sono «una tantum».

Oppure giocare la carta del rientro dei capitali dall’estero, che tuttavia produce un gettito aleatorio per definizione. Senza contare che entrambe queste misure sono già state «ipotecate» per l’ulteriore abbattimento del cuneo fiscale.
Il Corriere della sera – 30.12.2013

giovedì 19 dicembre 2013

STAMINA VERSO IL FLOP



Un metodo che non dovrebbe nemmeno chiamarsi «Stamina» perché di cellule staminali nelle misteriose infusioni ce ne sarebbero sì e no tracce. Nessun accenno a come le cellule mesenchimali del midollo si trasformerebbero in cellule cerebrali e dei tessuti nervosi, in grado di riparare i danni all’origine di molte malattie neuro degenerative, come Sla o Sma1. E persino lo spettro di contaminazioni da morbo di «mucca pazza».
A gettare nuove ombre intorno al contrastato «metodo Vannoni» sono le carte sin qui “top secret” dei verbali dei Nas e degli organismi scientifici istituzionali, oltre che il parere, mai reso pubblico integralmente, con il quale il Comitato di esperti, poi giudicato «non imparziale» dal Tar Lazio, ha bloccato sul nascere la sperimentazione.
Documenti che da un lato confermano quanto già trapelato, come il rischio di trasmissione di malattie infettive, Hiv in testa, per assenza di controlli delle cellule dal donatore. Ma dall’altro rivelano altri rischi per i pazienti. Come quello della Bse, meglio nota come sindrome da mucca pazza. Verbale del 16 ottobre 2012, dopo la chiusura dei laboratori degli Spedali civili di Brescia, dove si coltivavano le cellule per Stamina. Secondo l’Aifa in assenza di sicurezza.
Presenti gli stati maggiori dei Nas, della stessa Agenzia del farmaco, dell’Istituto superiore di sanità e del centro nazionale trapianti. Luca Pani, presidente dell’Aifa, afferma che l’analisi condotta «farebbe supporre l’uso di siero fetale bovino nei terreni di coltura». Dubbio fugato dagli esperti del comitato, che nel parere svelano come sia la stessa documentazione presentata da Stamina a confermare l’uso di siero bovino per la coltura delle cellule. Cosa che in sé non sarebbe vietata anche se sconsigliata.
Purché – ricorda il comitato – «per ridurre i rischi di natura infettiva… il siero fetale bovino provenga da animali allevati e sacrificati in Paesi privi di Bse», il tutto mediante certificazione europea. «Nessuna di queste informazioni è presente nei documenti pervenuti», si legge però nel parere.
Ma i pericoli non finiscono qui. «Il terreno di coltura contiene antibiotici», rivela sempre il comitato, che considera questa pratica «non giustificata» e a rischio di tossicità. E poi la presenza di detriti dei tessuti potrebbe provocare micro embolie polmonari e cerebrali. Del resto un altro verbale rivela che in un campione prelevato a Brescia il 30% delle cellule sarebbe stato contaminato. In un altro campione la contaminazione sarebbe invece «bassissima», ma in entrambi si rileva l’assenza di un marcatore che generalmente rileva la presenza di cellule staminali mesenchimali.
Sorge allora il dubbio su cosa venga realmente somministrato ai pazienti. Tanto che il generale Cosimo Piccinno, capo dei Nas, avanza il sospetto che il metodo Stamina sia nella realtà cosa diversa da quello descritto nella domanda di brevetto presentata a suo tempo da Vannoni e poi respinta negli Usa.
Nel consenso informato fatto firmare ai pazienti, rivela un altro verbale, «sorprendentemente si dichiara che le cellule somministrate possono essere leucociti del sangue, di solito mescolati ad altre componenti minori… oppure cellule più purificate quali le cellule mesenchimali estratte dal midollo osseo». Insomma, un frullato indefinibile. E infatti per gli scienziati del comitato che hanno potuto leggere per esteso le carte di Vannoni dal metodo Stamina di coltura «la popolazione (cellulare) che si ottiene non è purificata, non è omogenea, non è una popolazione di cellule staminali».
Qualunque cosa sia però per il comitato non c’è nulla che dimostri la trasformazione di cellule del midollo in cellule neuronali in grado di riparare i danni delle malattie neuro degenerative. Secondo le sequenze descritte nella domanda di brevetto la trasformazione avverrebbe dopo solo un’ora di coltura in acido retinoico.
All’Iss, rivela un verbale, ci hanno provato per 2 ore e poi per 24. Ma del miracolo della trasformazione cellulare nessuna traccia. «Su Stamina serve chiarezza perché non ci siano più dubbi», ha ribadito la Lorenzin preannunciando a breve la nomina del nuovo comitato. A meno che prima degli scienziati a sollevare nuovi dubbi arrivi la magistratura.
PAOLO RUSSO   La Stampa

Mentre da Chieti i genitori di Noemi, la bimba di 18 mesi malata di Sla, implorano i medici per curarla con il metodo Stamina, da Torino quelli di Simona (nome di fantasia, ndr), 11 anni, in carrozzina per una «paralisi cerebrale infantile» implorano il procuratore Raffaele Guariniello di porre fine alla «truffa subita dal professor Vannoni».
Quella di Simona è l’ennesima storia di speranze e denaro – 40 mila euro – andati irrimediabilmente in fumo. È dal 2009 che confidano nel miracolo. Tutto inutile. E dopo aver girovagato tra gli ospedali di Gravedona (in provincia di Como), Brescia e Trieste, pochi giorni fa si sono presentati alla Procura di Torino per sporgere denuncia.
«Perché un genitore è pronto a tutto per salvare il proprio figlio – racconta la mamma di Simona -, anche a indebitarsi con le banche. E quando scopri che erano tutte falsità, non soffri tanto per i soldi buttati via, ma per i sogni infranti di tua figlia. La mia è stata illusa: secondo il professor Vannoni oggi Simona dovrebbe correre, e invece è com’era prima. Non autosufficiente e bisognosa di una persona sempre accanto che si occupi di lei».
Non è ricca la mamma di Simona. Si guadagna da vivere come panettiera e tira avanti, tra mille sacrifici, con una spina nel cuore: la sua piccola Simona è vittima di una paralisi ipossico ischemica che non le consente di camminare. Ma quattro anni fa questa mamma premurosa sente parlare del metodo Stamina, delle cellule staminali e le loro affascinanti proprietà, tra cui il potere di rigenerare i tessuti.
La speranza si accende e addirittura si infiamma dopo il primo colloquio con il professor Vannoni. «Mi disse che anche lui era guarito grazie alle cellule staminali – ricorda questa mamma che non si rassegna all’idea che la sua bambina sia stata così crudelmente raggirata -. Che dopo una paralisi parziale al volto era stato curato in Ucraina nel 2007 e da lì aveva deciso di importare il metodo in Italia».
Ma il colpo di teatro è un altro. Vannoni le mostra un video e le immagini sono liberatorie. Prima si vede un uomo in carrozzina, poi lo stesso uomo che corre e cammina. «Non credevo ai miei occhi, ho subito voluto sapere di più delle cure e del modo per potervi accedere». Ma c’è subito un’importante premessa. «La prima cosa che il professore mi ha chiesto sono stati i soldi: me lo ha detto chiaro e tondo».
Il costo della speranza? «All’inizio 36 mila euro in due tranche, una da 27 mila, la seconda da 9. Poi altri 4 mila per gli avvocati per il ricorso ad ottenere il riconoscimento dell’assistenza sanitaria». Con uno spiacevole seguito: per risparmiare sulle spese legali, Simona ha dovuto donare a sua volta «le sue cellule per aiutare bambini malati più piccoli».
Ma 36 mila euro sono troppi da mettere insieme per i genitori di Simona. «Ho dovuto chiedere un prestito – spiega la mamma nella denuncia al dottor Guariniello -, ma per la mia bambina sarei stata disposta a pagare qualsiasi cifra, pur di vederla camminare da sola». Così non è stato. Anzi, il viaggio della speranza di Simona si è consumato anche tra malesseri per la cura e suggerimenti «a non rivelare agli ospedali di Torino delle punture eseguite a Trieste dal dottor Marino Andolino (spalla di Vannoni e indagato anche lui per associazione a delinquere per somministrazione di medicine pericolose e truffa in materia di farmaci, ndr) perché altrimenti la cura rischiava di essere sospesa».
La prima tappa di Simona a Gravedona, per il carotaggio osseo. Poi la puntura, di domenica, all’ospedale Burlo Garofalo di Trieste. Puntura che non viene tollerata dalla piccola di 7 anni: vomita di continuo e così una volta rientrati a Torino la mamma la porta in ospedale. «Ma non dissi la verità su indicazione di Vannoni». La seconda puntura viene eseguita, dopo un secondo carotaggio osseo, a Brescia. E avanti così. Fino al capolinea. Alla Procura di Torino.
GRAZIA LONGO – La stampa

lunedì 16 dicembre 2013

RIFORMARE IL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE



Con il termine di assistenza sanitaria è di pacifico intendimento far riferimento all'insieme delle prestazioni ed iniziative volte alla prevenzione e cura della salute. Noi italiani da quando nasciamo percepiamo quasi osmoticamente come l'assistenza sanitaria sia un diritto insindacabile ed imprescindibile, meglio ancora un diritto che la nostra vetusta Costituzione sancisce con quella intonazione pomposa del primo capoverso all'articolo 32 (La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti). Diamo per scontato che le cure e tutte le loro manifestazioni pratiche (farmaci, protesi, visite, ricoveri, degenze e cosi via) debbano essere fruibili a tutti indistintamente dalla classe sociale di appartenenza e soprattutto debbano essere gratuite a prescindere dall'aspetto meritocratico per cui queste vengono richieste (tralasciamo per adesso l'applicazione del ticket sanitario). Quando pensiamo agli Stati Uniti ci viene da rabbrividire sapendo che ognuno si deve arrangiare e procurarsi privatamente la propria copertura sanitaria. Stranamente anche gli Statunitensi rabbrividiscono pensando alla fiscalità della copertura sanitaria italiana.

Non riescono a capire perchè il singolo contribuente deve partecipare alla copertura delle spese sanitarie altrui. Ovviamente Stati Uniti ed Italia rappresentano i due estremi che individuano i modelli operativi di intervento per la copertura sanitaria: totalmente pubblica o totalmente privata. Pensate che attualmente proprio Obama ha raggiunto il minimo di consenso e popolarità proprio grazie alla sua volontà di istituire l'Obama Care (tecnicamente conosciuto con il nome di Patient Protection and Affordable Care Act), la tanto denigrata copertura federale che promette assistenza sanitaria generica a circa 38 milioni di americani indigenti: per lo statunitense medio il tutto è visto quasi fosse una sorte di crimine federale o una scandalo nazionale. Ma torniamo a noi: la soluzione di ottimo con grande presunzione si posiziona ad un livello intermedio nel senso che lo stato sociale deve garantire cure ed assistenza in prossimità di casi conclamati di vita o di morte o innanzi a malattie genetiche e severe patologie mortali, eliminando invece tutte quelle attenzioni e cure tipiche di patologie generiche o croniche frutto solitamente di scarsa o addirittura inesistente prevenzione da parte del singolo contribuente.

Su questa base ho voluto sviluppare ed articolare la sezione denominata Salute ed Assistenza Sanitaria all'interno del mio Maniesto Economico in cui gli attuali oneri di assistenza e copertura sanitaria vengono splittati in due aree di competenza, una pubblica generica ed una privata dedicata. Sono rimasto molto sorpreso dal livello di consenso ed approvazione ricevuto, pur considerando l'impopolarità della proposta, soprattutto dal personale medico e sanitario. Non nego anche le email di insulto dai contenuti incivili recapitatemi anonimamente da chi contestava e denigrava con veemenza la sua ipotetica applicazione, soprattutto non concependo il perchè pagare privatamente quando la fiscalità diffusa oggi garantisce tutti. Su questo vorrei che ognuno si soffermasse a quanto segue: la spesa sanitaria in Italia nel 2012 è costata 112 miliardi di euro, oltre il 7% del PIL del paese, un capitolo di spesa che cresce mediamente tra il 3/4% all'anno (abbastanza comprensibile a fronte dell'invecchiamento della popolazione e dell'allungamento della speranza di vita). La legge di bilancio ha stimato per competenza in 500 MLD i costi di esercizio comprensivi degli interessi per il 2012, questo significa che la sanità nazionale pesa oltre il 22% se rapportata alla copertura delle rispettive entrate fiscali.

Ora fate questa simulazione: supponiamo che guadagnate 20.000 euro all'anno lordi e dopo aver versato tasse e ritenute ve ne restano 12.000 euro come reddito disponibile netto, possiamo idealmente quantificare in quasi 1.800 euro l'onere fiscale della vostra assistenza sanitaria nazionale (calcolati come il 22% di 8.000 euro). Quindi in poche parole pagate ogni anno circa 1.800 euro per usufuire dell'assistenza sanitaria “gratuita tutto compreso” (magari anche se non ne avrete mai necessità). Ma se è tutto gratuito, ticket a parte, grazie alle tasse che avete già pagato, mi spiegate perchè quando vi rivolgete al servizio sanitario nazionale e desiderate fruire in tempi rapidi (entro trenta giorni ad esempio) di una prestazioni mediche specifica o anche urgente siete costretti a rivolgervi alle strutture convenzionate e pagare privatamente il servizio richiesto in quanto il servizio pubblico (che pagate) non è in grado di erogarvi la prestazione i tempi ragionevoli ? Mi sembra come pagare la polizza RCA per l'assicurazione sul propria vettura ed in presenza di un sinistro/incidente la compagnia di assicurazione vi dice di pagare con denaro vostro il danno per cui vi siste assicurati ! Evviva l'articolo 32 della Costituzione, mi raccomando continuamo a tenere il paese ancorato a idealismi medioevali e fallimentari.
Eugenio Benetazzo – eugeniobenetazzo.com

sabato 14 dicembre 2013

L'INGANNO DI TELETHON



Telethon ha raccolto più di un miliardo di dollari per la distrofia muscolare eppure adesso i malati di distrofia muscolare sono più numerosi di prima. ''in questi anni abbiamo assistito in Italia ad un aumento esponenziale delle malattie  genetiche e quelle rare che interessano circa 50.000 pazienti in età pediatrica" - Francesco Paravati presidente della Società Italiana di Pediatria Ospedaliera a margine del VI Congresso Nazionale tenutosi a Roma il mese scorso.
abbiamo intrapreso un strada sbagliata -Prof. Marc Peschanski, biologo e neurofisiologo specialista delle malattie degenerative e delle cellule staminali direttore del centro di ricerca I-Stem d'Evry, uno degli architetti di questa terapia genica.  
"La gente pensa di donare soldi per la cura. Ma la terapia genica non è efficace. Se i donatori sapessero che il loro denaro, prima di tutto è utilizzato per finanziare le pubblicazioni scientifiche, ma anche i brevetti di poche imprese, o per eliminare gli embrioni dai geni deficienti, cambierebbero di parere". Prof. Jacques Testard, direttore di ricerca presso l’Istituto Nazionale Francese della Sanità e della Ricerca Medica.
Esperimenti contrassegnati fino ad ora da una "lunga serie di fallimenti terapeutici" - Prof. Giulio Cossu, direttore dell'istituto per le cellule staminali del San Raffaele.
Queste informazioni vengono sistematicamente eluse come nascoste sono le ripartizioni dei fondi ricevuti, oltre il 40% vengono spesi per coprire i costi amministrativi. Amministratori e dirigenti hanno stipendi d'oro o giganteschi rimborsi spese, volano in prima classe se non su aerei privati e soggiornano negli hotel più lussuosi. Come non bastasse una parte consistente delle donazioni per diritto viene ceduta all'ideatore del marchio Telethon, Jerry Lewis eredi.
Ma le nefandezze di Telethon vanno ben oltre fino ad opporsi con tutte le forze al metodo Stamina. Il successo del metodo del Prof. Vannoni sancisce il fallimento dei metodi tradizionali con conseguenze disastrose sotto il profilo economico.
Le influenti pressioni della Fondazione Telethon hanno condizionato la composizione della commissione scientifica del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha bocciato il metodo Stamina, a sua volta bocciata dal Tar del Lazio per faziosità. Ne facevano parte numerosi professori provenienti dagli istituti di ricerca finanziati dalla Fondazione, tra i quali il San Raffaele (istituto di Don Verzè noto alla cronaca per il crack finanziario), nelle sue varie emanazioni (Università, Irccs e Fondazione Monte Tabor) ma anche attraverso la joint-venture Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica. Altri professori come Bruno Dallapiccola, Direttore Scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, hanno espresso parere contrario a Stamina, coincidenza nel corso del convegno organizzato proprio da Telethon sulla questione Stamina a Riva del Garda nel marzo di quest'anno. Anche la neo-senatrice a vita Elena Cattaneo che si è espressa contro il metodo Stamina criticando addirittura le decisioni dei giudici sulla prosecuzione delle cure, ha presenziato il medesimo convegno.
Francesca Pasinelli, Direttore generale Fondazione Telethon, Luigi Naldini, Direttore dell'Istituto Telethon San Raffaele di Terapia Genica di Milano e Presidente della Società Europea di Terapia Genica e Cellulare, Alberto Fontana, consigliere d'amministrazione, Francesca Pampinella responsabile comunicazione istituzionale si oppongono alle cure compassionevoli. Se fossero interrotte oltre 9.000 persone affette da malattie neurodegenerative dovranno aspettare oltre 8 anni per la prima iniezione di cellule staminali.
"Noi siamo disponibili ad avere un dialogo con Telethon o chiunque altro sottoscriva davanti ad un legale che qualunque produzione  fatta con questa metodica di qualunque genere sarà mai a fine di lucro, tutti quelli che vorranno mettere in atto questa metodica lo faranno curando gratis le persone. In secondo luogo chiunque vorrà dialogare con Stamina Fondation nell'ambito di questa metodica lo farà portando avanti il piano delle cure compassionevoli perché solo in quel modo si riescono a curare le persone, l'altro modo è solo uno specchietto per le allodole dicendo alle persone: ci stiamo lavorando tra vent'anni quando sarete morti vi potremo fare un'iniezione di cellule staminali. Se Telethon fa con noi questa battaglia un'autostrada aperta in comune" - Prof. Davide Vannoni, presidente Stamina Fondation.
Nessuna risposta formale da Telethon ed intanto i malati di queste patologie assumono un farmaco palliativo dal costo di 12.000 euro circa a scatola per 3 al mese per un totale di 36.000 euro mensili e la malattia non si ferma.
Le lobbies del farmaco conniventi con una classe politica corrotta e senza scrupoli antepongono gli interessi personali al diritto alla vita.
La Rai dovrebbe essere un servizio pubblico di fatto è al servizio di pochi potenti.  Oggi inizia la questua mediatica tramite maratona  di una settimana dai tre canali televisivi a quelli radiofonici, passando per Rainet, Rai Cinema e Rai Scuola.
Esortiamo, quindi,  chi crede nella vera e libera ricerca scientifica di non donare soldi a Telethon.
Stefano Fuccelli