martedì 31 dicembre 2013

DIO SALVI SCHUMI



Nuovo intervento chirurgico e lievi miglioramenti per Michael Shumacher, il pluricampione di Formula 1 ricoverato nel Centro ospedaliero Universitario di Grenoble in gravi condizioni dopo un incidente sugli sci. L'operazione è stata condotta ieri sera, verso le 22, dal primario di neurochirurgia, Emmanuel Gay, è durata due ore e ha consentito di asportare un grosso ematoma subdurale nella parte sinistra del cranio. (ANSA – 31.12 2013)


Il mondo intero trema e sospira al capezzale del “figlio del vento”, del campionissimo, del pluriridato asso di Formula uno, del semidio, dell’Unico, del grande, più grande di tutti noi messi assieme. Gli attestati di solidarietà alla famiglia sono pervenuti dal tutto il mondo, dalla Germania alla più sperduta isola del Pacifico. Un po’ meno dall’Italia. Chissà perché. Forse perché durante i lunghi anni di permanenza nel nostro paese, nonostante gli innumerevoli successi, il grande “Schumi” non ha imparato neppure a dire “grazie” nel nostro idioma. La nostra lingua gli doveva apparire particolarmente ostica, dal momento che parlava benissimo lui, tedesco, l’inglese, ma dell’italiano neppure l’ombra. I telecronisti sempre più imbarazzati dovevano doppiarlo, e a lungo andare la cosa ha finito con l’infastidire anche il più sfegatato tifoso del cavallino rampante. Eh sì, perché il fatto che “Schumi” non abbia mai volontariamente imparato una parola di italiano voleva dire solo due cose: o era mezzo scemo o nutriva un sovrano rispetto per il paese che lo ospitava temporaneamente. Siccome possiamo escludere la prima ipotesi, resta valida la seconda. Metaforicamente si può dire che “Schumi” sputava nel piatto dove mangiava. E doveva mangiare parecchio considerati i milioni di euro che sono volati nelle sue tasche, consentendogli di diventare uno degli uomini più ricchi del globo. Bene, stando così le cose diremo, fuori dal coro come sempre, che, disprezzo per disprezzo, non ci sentiamo particolarmente dispiaciuti per la sorte dell’ex pilota. Una cosa sapeva fare bene: andare in macchina. Sapeva guidare particolarmente bene un mezzo meccanico. Ma è sufficiente per farcelo andare a genio, o rendercelo particolarmente caro? No, non è sufficiente. Ha deciso, come tanti altri idioti di fare un fuori pista a velocità elevatissima: tutti, anche i bambini sanno che i fuori pista sono pericolosi. Ci sono stati, secondo queste modalità, diversi morti, proprio in questi giorni. Perché non dovremmo rimpiangere questi morti come o più dell’eventuale scomparsa di un uomo qualsiasi, un uomo che sapeva guidare bene le auto di formula uno, ma che ha sempre dimostrato un grandissimo disprezzo per tutto quello che era italiano?  Non si è mai intrattenuto con un solo tifoso, non ha fatto un bagno di folla, sempre lontano, sempre distaccato, trincerato dietro quel suo perfetto inglese. Non si ama, né si rimpiange chi non rispetta , anzi insolentisce e sbeffeggia il tuo paese.  La stessa ripugnanza per tutto quello che è italiano la rispediamo volentieri al mittente, considerato che grazie alla sua amatissima Germania ci ritroviamo nella peggiore crisi economica di tutti i tempi. Abbiamo compassione per i malati di cancro, che si consumano e si spengono giorno dopo giorno, tra sofferenze fisiche e morali indicibili, assistiti magari da volontari della “Gigi Ghirotti”, uomini che meritano tutto il nostro rispetto e la nostra ammirazione. Per queste persone proviamo compassione e commozione. Non per un uomo che si è cercata la fine che ha fatto e che ha sempre  deprecato il paese che gli ha fornito, in cambio, parecchi milioni di euro. Riposi in pace, se sarà il caso, nella sua amatissima terra di Germania, noi ci teniamo i nostri morti, e non ci uniamo all’ipocrita pianto dei tanti santi nostrani che sgranano rosari e pregano in coro tra un bollettino medico e l’altro, pregando il Signore che salvi colui che, per quanto ci riguarda, era un uomo qualsiasi che ha deciso di mettere in un fuori pista a repentaglio la sua vita.