martedì 10 dicembre 2013

L'ITALIA DEI FORCONI E L'ITALIA DEI PARIOLI



BRUXELLES, 10 DIC - L'"Istat certifica lo stop della recessione. In ripresa import, export e produzione industriale. Ancora molta strada da fare ma la direzione è giusta": così il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni su Twitter
Sistema fiscale non sia ostacolo a crescita - Rendere più efficiente l'azione amministrativa di accertamento dei tributi "al tempo stesso evitando di trasformare il sistema fiscale in un ostacolo per la crescita dell'economia nazionale". E' la ricetta del ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni per contrastare l'evasione fiscale tutelando le "imprese sane".
Il Pil nel terzo trimestre 2013 segna una variazione congiunturale nulla, interrompendo la caduta iniziata nel terzo trimestre 2011, ovvero otto trimestri prima, due anni fa. Lo rileva l'Istat, secondo cui però ''la fine della recessione non può ancora essere dichiarata'', anche perché ''non è compito dell'Istituto certificarlo''. crescita zero terzo trim., -1,8% annuo
Nel terzo trimestre 2013 il Prodotto interno lordo è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente mentre è sceso dell'1,8% su base annua. Lo rileva l'Istat rivedendo in miglioramento le stime precedenti (-0,1% il congiunturale e -1,9% il tendenziale). (ANSA – 10 dicembre 2013)

(TORINO) L'onda lunga della “protesta dei forconi”, contro le tasse e in generale contro il governo, si abbatte sull'Italia.
"Non è il momento di andare a Roma. Bisogna vivere qualche altro giorno di passione e far salire l'adrenalina degli italiani". Così al telefono con l'ANSA Mariano Ferro, leader del Movimento dei Forconi, che attribuisce gli scontri di ieri a Torino a "quattro scalmanati, ma la stragrande maggioranza era pacifica". Sul gesto dei poliziotti che si sono tolti i caschi, Ferro ha detto che "è un'immagine meravigliosa, che rimarrà a lungo". "Dopo quattro anni di lavoro sembra che l'Italia si sia svegliata - ha aggiunto -. E' stato un elettroshock". "Ma non è il momento della 'marcia su Roma'", ha ribadito Ferro. (ANSA – 10 dicembre 2013)


Le due notizie sembrano apparentemente slegate. Sembra, a prima vista che non ci sia un nesso tra le sparate di Saccomanni e la protesta dei “forconi”. Non è così. Le due vicende sono strettamente correlate: la popolazione è stanca di sentirsi raccontare continuamente balle sull’andamento dell’economia e, in generale, del paese. Da una parte c’è il fortino di Montecitorio e Palazzo Madama, dove stanno asserragliati deputati e senatori che non hanno ancora capito nulla di quanto sta accadendo, dall’altra il popolo delle piazze, i primi moti spontanei, gli abbozzi di un movimento che potrebbe facilmente allargarsi, perché il brodo di coltura nel quale nasce si nutre dell’unico sentimento che tutti ci accomuna: il disgusto, la nausea, la repulsione per una classe di politicanti incapaci e cialtroni, prima ancora che bugiardi. Quando Saccomanni dice che la recessione è finita, e d’ora in poi inizierà la crescita, sa benissimo di mentire. E questo non è concepibile da parte del responsabile del dicastero più importante dell’esecutivo. L’Italia viaggia verso la deflazione, il calo dei prezzi che conduce alla paralisi dell’economia di un paese. Si blocca la produzione per la concreta impossibilità di esportare con un euro sempre più apprezzato sul dollaro (viaggiamo verso 1,38 dollari per 1 euro), si tenta di alimentare il consumo interno abbassando i prezzi, ma i consumatori, che attendono ulteriori ribassi per acquistare, provocano l’arresto della produzione. Altre aziende chiudono i battenti o delocalizzano. I consumi si fermano del tutto. E’ lo scenario che la deflazione ha causato per un ventennio in Giappone. Dopo due anni esatti di recessione, siamo arrivati ad un PIL uguale a zero. Ma non per questo arriverà la crescita di cui parla Saccomanni. Una bassissima inflazione o una franca deflazione traghettano un paese verso la stagnazione economica. Che è una sorta di limbo nel quale una nazione galleggia senza recedere, senza crescere, prossima ad uno stato di paralisi generale.  Ma nella paralisi della stagnazione economica gli stipendi perdono terreno, diminuiscono vistosamente la loro capacità di acquisto, e la classe media scompare per appiattirsi sulla soglia della povertà. Un’insegnante all’inizio della carriera guadagna circa 1.300 euro, se appartiene ad una famiglia monoreddito, o se si tratta di un single, nel caso non possieda un tesoretto di risparmi, si ritrova sulla soglia della miseria. Se si vive con un simile stipendio, un imprevisto come una spesa condominiale straordinaria o un intervento odontoiatrico diventano ostacoli insormontabili. L’insegnante in questione è costretto a ricorrere ad un prestito, che dovrà restituire in innumerevoli “comode” rate, ma nel frattempo potrebbe sorgere qualche altro imprevisto: si crea un circolo vizioso, ci si avvita sul debito che si autoalimenta, non c’è più via d’uscita. E stiamo parlando di una carriera di concetto. Figurarsi le altre. In Italia il divario tra ricchi e poveri, nella sparizione della classe media, è divenuto insopportabilmente vasto. La forbice si è talmente allargata che, mentre i pochi speculatori si sono magari arricchiti ulteriormente con la crisi, troppe famiglie vivono un disagio talmente forte da divenire apertamente povertà. Dopo aver dato fondo ai pochi risparmi in banca e chiesto aiuto ai familiari rimangono solo gli strozzini. Ecco perché esiste un nesso preciso tra le parole in libertà di Saccomanni e il movimento dei forconi. Il primo sa benissimo di raccontare solo frottole, i secondi si sono stancati di fare da punching ball. La distanza tra politica e cittadini non è mai stata così incolmabile. Due Italie si confrontano, una dei privilegiati che non mollano le  loro rendite di posizione, le loro indennità e prebende, i loro benefit, bonus e pensioni d’oro, l’altra di poveri cristi che non riescono più a coniugare il pranzo con la cena. Hanno figli malnutriti che crescono con i cibi al vetriolo degli hard discount, un passaporto per il cancro, i disordini cardiovascolari, l’obesità. Qui non è più questione di ideologie di destra o di sinistra: in Parlamento, e questa specie di governo ridicolo ce lo dimostra tutti i giorni, vivono ed operano dei ricchi signori che non fanno altro che cercare d aderire alle pressanti richieste della Troika (Commissione Europea, BCE, Fondo Monetario Internazionale), che di fatto ha commissariato da tempo i cosiddetti PIIGS. Hanno messo mano cinque volte alla “legge di stabilità” (che poi non è altro che una manovra finanziaria), per venticinque volte all’IMU, facendola diventare tutto e il contrario di tutto, attribuendole i nomignoli più strampalati (Trise, Tari , Tasi, Service tax, Tuc e Iuc). Siamo nelle mani di dilettanti allo sbaraglio, che hanno dovuto farsi dire dalla Corte Costituzionale che la legge elettorale con la quale seggono sugli scranni parlamentari è una emerita porcata. Da soli, evidentemente, non lo avevano ancora capito. In questo scenario, con la prospettiva di una lunghissima stagnazione economica, il movimento dei forconi può aggregare le forze più disparate, intorno a pochi, grandi elementari argomenti. Già fin d’ora, che si trova alle prime mosse, è una specie di armata Brancaleone. C’è di tutto: dai centri sociali, ai padroncini, agli agricoltori raggirati dai vincoli europei, al popolo delle partite IVA, ai nuovi disoccupati, agli esodati, ai pensionati, ai coordinamenti studenteschi, fino a Casa Pound, che cerca di cavalcare  il movimento spostando il baricentro a destra, non comprendendo che le distinzioni politiche, in questo caso, non solo non servono a nessuno, sono inesistenti. Per adesso siamo allo spontaneismo o poco di più, ma è facile prevedere sviluppi organizzati e ben coordinati, se i “ras” del movimento sapranno pilotarlo e veicolarlo verso forme ben strutturate ed omogenee. Solo così sarà possibile far sentire chiaro e forte il messaggio che sempre più prepotentemente, con rabbia e determinazione, sgorga dalla coscienza popolare: non è una questione di PD o FI o Nuovo Centrodestra: questi fantocci se ne devono semplicemente andare, non saranno neppure in grado di accordarsi sulla sacrosanta riforma della legge elettorale, pazienza, voteremo con il  proporzionale puro, ma questa volta i politicanti li scegliamo noi e non i capi corrente dei partiti. Nuove elezioni, e subito, perché il governo di “palle d’acciaio “ Letta è in letargo, è immobile, è incapace di prendere qualsiasi provvedimento in un senso o nell’altro. Non possiamo permetterci di traccheggiare ancora, di continuare questa lenta, angosciosa agonia. Occorre prendere provvedimenti in ambito economico, finanziario, bancario e del welfare adesso, subito, senza anteporre altro, senza fare melina, come sta facendo questo insulso esecutivo. Ne abbiamo le tasche piene dei governi di palazzo, degli inciuci, degli esecutivi del “Presidente”: Napolitano non è un monarca che possa cambiare gli assetti parlamentari. Andiamo ad elezioni, per carità, prima che il movimento dei “forconi”, possa diventare una terribile, violenta realtà, prima che  qualcuno possa davvero farsi male. Siamo su di una brutta china, se non corriamo ai ripari la situazione potrebbe veramente degenerare, e una guerra civile, francamente, non se l’ augura nessuno.