Il test elettorale appena
svoltosi in Sicilia parla chiaro: ha votato meno del 50% degli aventi diritto.
Non è solo un dato locale, è sicuramente predittivo delle prossime politiche
nazionali, in qualsiasi momento si tengano. Ovunque sposti lo sguardo non vedi
che faciloneria, pressapochismo, dilettantismo, impreparazione, propensione a
delinquere, idee vecchie con il vestito nuovo, professionisti imbolsiti della
politica, cotti e stracotti. Le dichiarazioni di Berlusconi rilasciate sabato
27 ottobre parlano chiaro: si naviga a vista, si avanza tentoni, brancolando
nel buio, non esiste neppure un progetto degno di questo nome di legge
elettorale sul quale far convergere il consenso dei partiti. E’ bastato che
Berlusconi si sia sfogato per una condanna relativa ad uno dei suoi mille
processi, per mandare i mercati in fibrillazione e fare crollare la Borsa di
Milano, bruciando milioni di euro. Un crollo di parecchi punti solo per la
velata minaccia di elezioni anticipate. Stiamo sul filo del rasoio, basta un
rumor sul mal di pancia di qualche politicante per farci mangiare la polvere, aumentare lo spread di venti
punti, colpire i titoli bancari, mandarci sull’orlo del fallimento, farci
diventare il paese che succederà alla Spagna nella lista delle nazioni aiutate
dalla troika. Il mondo intero è preoccupato per l’instabilità politica
italiana: gli osservatori sanno benissimo che la nostra bussola è impazzita.
Non abbiamo un nocchiero, tutti i partiti, con l’eccezione di Casini, sono
contrari ad un Monti bis, ma allo stesso tempo sono divisi, litigiosi, rissosi,
privi di idee concrete, del tutto inetti ad affrontare una crisi globale. Non
esiste in parlamento un solo uomo capace di discernere qualcosa di economia e
finanza. O sono invecchiati sui banchi di Motecitorio non facendo praticamente
nulla (D’Alema) o si sono improvvisati
politicanti senza basi e senza costrutto. L’Europa sa bene che la nausea di
questa classe politica impreparata e corrotta non potrà che condurre
all’astensionismo da un lato e alla vittoria del populismo dall’altra. Arrivano
gli uomini della provvidenza. Grillo , chiuso nella sua torre d’avorio
cibernetica spara stupidaggini dalla mattina alla sera: basta leggere un suo
discorso. Si affida all’improvvisazione, ma se uno dei suoi sproloqui viene
messo per iscritto, al netto delle parolacce, non rimane che una misera
demagogia da dilettanti, in quello che dice un terzo corrisponde alla verità ,
i rimanenti due terzi sono frutto della sua mente devastata, sono pura
immaginazione. Un uomo che non sa distinguere un fondo hedge da un ETF non può
governare un paese nel mirino degli speculatori, che non aspettano altro che il
crollo della politica, seppellita dagli scandali e da quei delinquenti abituali
che sono i nostri amministratori. Berlusconi voleva solo un salvacondotto per
togliersi dalle scatole: è ovvio per tutti che si tratta di un malandrino che
ha preso il potere grazie al suo impero mediatico, si è fatto le leggi su
misura per scampare alla galera e ha
condotto il paese alla rovina economico finanziaria, al pari della Grecia. I
magistrati potevano chiudere un occhio, assolverlo una volta per tutte, e ce lo
saremmo tolto dalle scatole per sempre. E invece, questi esecutori indefessi
della giustizia, con un senso di abnegazione degno di miglior causa hanno
voluto comminargli 4 anni per farlo inviperire e tornare in campo, aumentando
il livello di confusione di un panorama
politico già ingarbugliato, e facendo crollare borse e mercati, facendo diventare
l’Italia il prossimo bersaglio della speculazione. Complimenti a questi ferrei
esecutori della giustizia. Abbiamo assistito tutti alla conferenza stampa di
sabato 27 ottobre: un uomo alle corde, con la bava alla bocca, la parola
impastata, un uomo vecchio, in crisi. Una figura patetica ma ancora capace di
distruggere il paese, potendo contare sul voto di un discreto numero di
squilibrati. Ma se guardiamo alla sinistra non va meglio: Vendola è nei guai
fino al collo, per l’ennesima storia di corruzione, Bersani è un brav’uomo
senza idee, Renzi un parolaio, un guitto col dono della parola velleitario come
un grillino, completamente ignorante in fatto di economia e finanza. Del PDL è
meglio non parlare: senza Berlusconi figure come Alfano, Lupi o Cicchitto e
Quagliarella sono talmente inconsistenti da sembrare sagome di cartone. Per
questo prevarrà l’indignazione, la sfiducia, l’astensione. E i pochi voti
spendibili se li prenderanno i dilettanti allo sbaraglio come Grillo. Siamo in
piena emergenza economica, il nostro paese sta scivolando sulla stessa china
della Spagna, le nostre banche stanno boccheggiando, e noi affidiamo il paese
ad un comico. Ve lo immaginate Grillo in mezzo a Hollande e la Merkel? Eppure
questo siamo, questo abbiamo prodotto. Dispiace per le generazioni più giovani
votate ad una miseria sicura, ma questo, piaccia o meno, non è un paese
europeo. Lo sono la Francia, la Spagna o il Portogallo. Un paese dominato dalla
criminalità, sia essa organizzata (mafia, camorra, ‘ndrangheta) sia politico
amministrativa, quella dei delinquenti abituali che ci hanno finora governato,
non è degno di rimanere in Europa. Diciamolo pure, guardandoci allo specchio:
se ci buttassero fuori dall’eurozona non avrebbero torto.
Il presente blog si propone di occuparsi di politica, costume, cronaca, attualità, da un punto di vista di un osservatore critico, soprattutto nei confronti della stampa e TV mainstream, cercando di mantenersi il più possibile equilibrato ed obiettivo. In un momento storico come quello attuale, caratterizzato da una deriva totalitaria, le voci veramente libere non sono solo scarse, ma emarginate entro i confini dei social media.
lunedì 29 ottobre 2012
venerdì 26 ottobre 2012
94 NOMI DA RICORDARE (o da rottamare?)
Vi ricordate l’articolo di qualche mese fa sulle pensioni d’oro?
Credo che sia giunto il momento di riproporre i nomi dei signori e signore che si sono opposti… visto che imperversano negli studi televisivi a diffondere solidarietà …
Qualche giorno fa un fatto clamoroso ha scosso il Senato. Nella votazione sui tagli alle pensioni d’oro ai supermanager pubblici il governo (che voleva difenderle) è stato battuto grazie da un emendamento di Idv e Lega noi di finanzanostop ne abbiamo parlato QUI.
Sorprendentemente, la maggioranza dell’Aula si è dichiarata favorevole ad intervenire sul trattamento pensionistico dei burocrati di Stato che oggi godono di stipendi favolosi e domani avrebbero goduto di pensioni altrettanto favolose.
ora inserisco nomi e cognomi dei senatori contrari ai tagli… sono 94 nomi con il partito d’appartenenza… memorizzateli Diamo merito a questo sito per la ricerca fatta… non facile tra l’altro
Forse, finalmente, si sono resi conto che in un momento in cui tutti gli italiani vengono a grandi sacrifici togliere qualche euro a boiardi di Stato, che oggi percepiscono, come il presidente dell’Inps o quello di Equitalia, stipendi fino a 1.200.000 euro all’anno (pagati da noi) sarebbe stato un atto minimo di equità.
E tuttavia, in 94 si sono battuti come leoni contro quell’emendamento e a favore del mantenimento delle pensioni d’oro. Tutto il Pd, ad eccezione di sette senatori che, in uno scatto di dignità hanno votato contro. Ad esprimersi a favore dell superpensioni dei manager pubblici troviamo, per esempio, figure del calibro di Anna Finocchiaro, Enzo Bianco, Maurizio Gasparri o Pietro Ichino, lo stesso che va in giro a predicare il superamento del divario tra le generazioni.
Non è stato facile trovare i nomi dei 94. Nessuno li ha pubblicati o diffusi, forse pensando così di occultare un dato importantissimo e imbarazzante. Grazie alla ricerca di questo sito QUI possiamo farlo anche noi.
Credo che gli elettori debbano sapere come si muovono i propri rappresentanti dentro il Parlamento, perché è lì, nei meandri dell’attività parlamentare, che va giudicato il loro lavoro e non sui giochetti retorici nei salotti tv.
E’ Il compito di chi fa informazione, anche di chi, la fa in maniera volontaria e gratuita come noi o il blog che ha scovato la lista nera
Di seguito l’elenco.
Vi invitiamo a diffonderlo il più possibile
1) Adamo Marilena (Pd)
2) Adragna Benedetto (Pd)
3) Agostini Mauro (Pd)
4) Armato Teresa (Pd)
5) Astore Giuseppe (Gruppo Misto)
6) Baio Emanuela (Api)
7) Barbolini Giuliano (Pd)
8) Bassoli Fiorenza (Pd)
9) Bastico Mariangela (Pd)
10) Enzo Bianco (Pd)
11) Biondelli Franca (Pd)
12) Blazina Tamara (Pd)
13) Filippo Bubbico (Pd)
14) Antonello Cabras (Pd)
15) Anna Maria Carloni (Pd)
16) Maurizio Castro (Pdl)
17) Stefano Ceccanti (Pd)
18) Mario Ceruti (Pd)
19) Franca Chiaromonte (Pd)
20) Carlo Chiurazzi (Pd)
21) Lionello Cosentino (Pd)
22) Cesare Cursi (Pdl)
23) Mauro Cutrufo (Pdl)
24) Cristina De Luca (Terzo Polo)
25) Vincenzo De Luca (Pd)
26) Luigi De Sena (Pd)
27) Mauro Del Vecchio (Pd)
28) Silvia Della Monica (Pd)
29) Roberto Della Seta (Pd)
30) Ulisse Di Giacomo (Pdl)
31) Di Giovan Paolo Roberto (Pd)
32) Cecilia Donaggio (Pd)
33) Lucio D’Ubaldo (Pd)
34) Marco Filippi (Pd)
35) Anna Finocchiaro (Pd)
36) Anna Rita Fioroni (Pd)
37) Marco Follini (Pd)
38) Vittoria Franco (Pd)
39) Vincenzo Galioto (Pdl)
40) Guido Galperti (Pd)
41) Maria Pia Garavaglia (Pd)
42) Costantino Garraffa (Pd)
43) Maurizio Gasparri (Pdl)
44) Antonio Gentile (Pdl)
45) Rita Ghedini (Pd)
46) Giai Mirella (Gruppo Misto)
47) Basilio Giordano (Pdl)
48) Claudio Gustavino (Terzo Polo)
49) Pietro Ichino (Pd)
50) Cosimo Latronico (Pdl)
51) Giovanni Legnini (Pd)
52) Massimo Livi Bacci (Pd)
53) Andrea Marcucci (Pd)
54) Francesca Maria Marinaro (Pd)
55) Franco Marini (Pd)
56) Ignazio Marino (Pd)
57) Marino Mauro Maria (Pd)
58) Salvatore Mazzaracchio (Pdl)
59) Vidmer Mercatali (Pd)
60) Riccardo Milana (Terzo Polo)
61) Francesco Monaco (Pd)
62) Enrico M0rando (Pd)
63) Fabrizio Morri (Pd)
64) Achille Passoni (Pd)
65) Carlo Pegorer (Pd)
66) Flavio Pertoldi (Pd)
67) Lorenzo Piccioni (Pdl)
68) Leana Pignedoli (Pd)
69) Roberta Pinotti (Pd)
70) Beppe Pisanu (Pdl)
71) Donatella Poretti (Pd)
72) Raffaele Ranucci (Pd)
73) Giorgio Roilo (Pd)
74) Nicola Rossi (Pd)
75) Antonio Rusconi (Pd)
76) Gian Carlo Sangalli (Pd)
77) Francesco Sanna (Pd)
78) Giacomo Santini (Pdl)
79) Giuseppe Saro (Pdl)
80) Anna Maria Serafini (Pd)
81) Achille Serra (Pd)
82) Emilio Silvio Sircana (Pd)
83) Albertina Soliani (Pd)
84) Marco Stradiotto (Pd)
85) Antonino Strano (Pdl)
86) Salvatore Tomaselli (Pd)
87) Giorgio Tonini (Pd)
88) Achille Totaro (Pdl)
89) Tiziano Treu (Pd)
90) Simona Vicari (Pdl)
91) Luigi Vimercati (Pd)
92) Vincenzo Vita (Pd)
93) Walter Vitali (Pd)
94) Luigi Zanda (Pd)
mercoledì 24 ottobre 2012
I FIGLI DEI POLITICI SONO SCHIZZINOSI?
In un paese dove il 78% dei lavori si trova per
«segnalazione» (dato Eurostat), i figli di banchieri, professori universitari,
rettori, presidenti di Cda, prefetti, manager pubblici, tutti futuri (attuali)
ministri, non hanno tempo per essere choosy, «schizzinosi»: il lavoro arriva e
coi fiocchi.
Al di là dei loro sicuri meriti, non deve aver fatto la schizzinosa Maria Maddalena Gnudi quando il padre, il ministro Gnudi (ex presidente Enel, quota Udc) le ha proposto di diventare socio del prestigioso Studio Gnudi (commercialisti in quel di Bologna), il suo. Approdo sicuro anche per Eleonora Di Benedetto, avvocato 35enne, assunta da uno dei più importanti studi legali di Roma, lo studio Severino, quello della madre Paola, ministro della Giustizia.
Ma non tutti i brillanti figli si impiegano indoor, altri lo fanno outdoor, sempre ad altissimi livelli. Come Costanza Profumo, brillante architetto laureata al Politecnico di Torino, figlia del rettore del Politecnico di Torino Francesco Profumo (ora ministro dell'Istruzione), ha lavorato nello studio newyorkese dell'archistar Daniel Libeskind, ora pare sia a Rio de Janeiro. Carlo Clini, figlio del ministro dell'Ambiente Corrado, è rimasto invece in Europa, a Bruxelles, dove coordina progetti per la Regione Veneto.
Ricordate Carlo Malinconico, il sottosegretario tecnico che si è dimesso per una vacanza pagata da altri? Suo figlio, Stefano, avvocato, ha fatto pratica nello studio Malinconico (del padre), poi ha trovato lavoro al ministero dell'Ambiente dov'era direttore generale Corrado Clini (ex collega di governo del padre), e quindi all'Antitrust, quando il presidente era il sottosegretario Catricalà, (ex) collega del padre nel governo Monti. A sua volta il segretario Catricalà, che ha gestito l'Antitrust per sei anni, ha una figlia che è in una società, Terna, partecipata dal ministero dell'Economia, dove da sempre siede Vittorio Grilli, ministro dell'Economia, che però ha figli ancora in età scolare.
Brillante carriera per un altro rampollo, Luigi Passera, figlio del ministro Passera. Passera jr., dopo la laurea in Bocconi (come il padre) si è occupato di marketing per la Piaggio, società di Colaninno, partner dell'ex ad di Intesa nella cordata di salvataggio Alitalia. Ora Passera jr ha un impiego di tutto rispetto presso la multinazionale Procter & Gamble.
Di Monti jr, invece, si sono perse le tracce. Dopo aver lavorato a Londra per Citigroup e Morgan Stanley, il figlio del premier era stato chiamato alla Parmalat da Enrico Bondi (a sua volta poi chiamato da Monti padre come commissario straordinario per la spending review). Dopo le polemiche sul posto fisso (il premier disse che era «noioso») il curriculum del figlio, che nel frattempo ha lasciato Parmalat, è sparito dal web. Si sa però che la seconda figlia di Monti, Federica, ha lavorato nel prestigioso studio Ambrosetti , quelli del Forum Ambrosetti di Cernobbio, dove si riunisce la crème dell'economia italiana. E che poi ha sposato Antonio Ambrosetti, unico figlio maschio degli Ambrosetti.
Benissimo è andata a Giorgio Peluso, 42 anni, figlio del ministro Cancellieri. Già assunto trentenne come direttore di Unicredit, poi direttore generale di Fondiaria Sai a 500mila euro l'anno, l'ha in questi giorni lasciata con una buonuscita di 3,6 milioni, scoperta dal Fatto. Ma non è rimasto a spasso: assunto da Telecom Italia come Chief Financial Officer.
Poi c'è la Fornero. La figlia Silvia ha una cattedra all'Università di Torino (dove madre e padre sono professori ordinari), e lavora in una fondazione finanziata da Intesa (dove la madre era nel consiglio di Sorveglianza). L'altro figlio, Andrea Deaglio, invece, è uno stimato regista e produttore di film socialmente impegnati (emarginazione, minoranze etniche). Chissà cosa pensa dei choosy.
Copyright © Il Giornale. All rights reserved
Al di là dei loro sicuri meriti, non deve aver fatto la schizzinosa Maria Maddalena Gnudi quando il padre, il ministro Gnudi (ex presidente Enel, quota Udc) le ha proposto di diventare socio del prestigioso Studio Gnudi (commercialisti in quel di Bologna), il suo. Approdo sicuro anche per Eleonora Di Benedetto, avvocato 35enne, assunta da uno dei più importanti studi legali di Roma, lo studio Severino, quello della madre Paola, ministro della Giustizia.
Ma non tutti i brillanti figli si impiegano indoor, altri lo fanno outdoor, sempre ad altissimi livelli. Come Costanza Profumo, brillante architetto laureata al Politecnico di Torino, figlia del rettore del Politecnico di Torino Francesco Profumo (ora ministro dell'Istruzione), ha lavorato nello studio newyorkese dell'archistar Daniel Libeskind, ora pare sia a Rio de Janeiro. Carlo Clini, figlio del ministro dell'Ambiente Corrado, è rimasto invece in Europa, a Bruxelles, dove coordina progetti per la Regione Veneto.
Ricordate Carlo Malinconico, il sottosegretario tecnico che si è dimesso per una vacanza pagata da altri? Suo figlio, Stefano, avvocato, ha fatto pratica nello studio Malinconico (del padre), poi ha trovato lavoro al ministero dell'Ambiente dov'era direttore generale Corrado Clini (ex collega di governo del padre), e quindi all'Antitrust, quando il presidente era il sottosegretario Catricalà, (ex) collega del padre nel governo Monti. A sua volta il segretario Catricalà, che ha gestito l'Antitrust per sei anni, ha una figlia che è in una società, Terna, partecipata dal ministero dell'Economia, dove da sempre siede Vittorio Grilli, ministro dell'Economia, che però ha figli ancora in età scolare.
Brillante carriera per un altro rampollo, Luigi Passera, figlio del ministro Passera. Passera jr., dopo la laurea in Bocconi (come il padre) si è occupato di marketing per la Piaggio, società di Colaninno, partner dell'ex ad di Intesa nella cordata di salvataggio Alitalia. Ora Passera jr ha un impiego di tutto rispetto presso la multinazionale Procter & Gamble.
Di Monti jr, invece, si sono perse le tracce. Dopo aver lavorato a Londra per Citigroup e Morgan Stanley, il figlio del premier era stato chiamato alla Parmalat da Enrico Bondi (a sua volta poi chiamato da Monti padre come commissario straordinario per la spending review). Dopo le polemiche sul posto fisso (il premier disse che era «noioso») il curriculum del figlio, che nel frattempo ha lasciato Parmalat, è sparito dal web. Si sa però che la seconda figlia di Monti, Federica, ha lavorato nel prestigioso studio Ambrosetti , quelli del Forum Ambrosetti di Cernobbio, dove si riunisce la crème dell'economia italiana. E che poi ha sposato Antonio Ambrosetti, unico figlio maschio degli Ambrosetti.
Benissimo è andata a Giorgio Peluso, 42 anni, figlio del ministro Cancellieri. Già assunto trentenne come direttore di Unicredit, poi direttore generale di Fondiaria Sai a 500mila euro l'anno, l'ha in questi giorni lasciata con una buonuscita di 3,6 milioni, scoperta dal Fatto. Ma non è rimasto a spasso: assunto da Telecom Italia come Chief Financial Officer.
Poi c'è la Fornero. La figlia Silvia ha una cattedra all'Università di Torino (dove madre e padre sono professori ordinari), e lavora in una fondazione finanziata da Intesa (dove la madre era nel consiglio di Sorveglianza). L'altro figlio, Andrea Deaglio, invece, è uno stimato regista e produttore di film socialmente impegnati (emarginazione, minoranze etniche). Chissà cosa pensa dei choosy.
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martedì 23 ottobre 2012
IL PREFETTO DI FERRO E IL CURATO DI CAMPAGNA
Il prete e il prefetto, la Chiesa e lo Stato. Due mondi diversi, due mestieri diversi, ma un solo presidio di legalità nella "Terra dei fuochi" (di recente protagonista di una cruda inchiesta del quotidiano dei vescovi "Avvenire"). La terra dove i rifiuti tossici bruciano a cielo aperto tra indifferenza e complicità.
Invece capita, nel corso di un incontro istituzionale anti-camorra alla prefettura di Napoli dedicato al problema dei roghi, che il parroco di Caivano, Don Maurizio Patriciello, vita da prete in una terra dove lo Stato fatica ad esistere, si rivolga al prefetto di Caserta, Carmela Pagano, chiamandola "Signora". Solo "Signora" e non "Signora Prefetto", o meglio Sua Eccellenza la Signora Prefetto, come da rimprovero aspro di un'altra Eccellenza, il Signor Prefetto di Napoli Andrea De Martino. Che di fatto ha impedito a don Patriciello di parlare.
Grazie ad un filmato con tanto di sonoro, la scena ha già fatto il giro di mezzo mondo. Spettacolo rapido e pessimo. Dove un prete-soldato-semplice della Chiesa è zittito dal rappresentante del Governo italiano che lo richiama al rispetto dello Stato. Una prova di forza esemplare, anzi protocollare.
Solo questione di forme, si dirà. È previsto un incontro di riappacificazione tra il prete e il prefetto, Don Patriciello ha già scritto una lettera in cui afferma il suo "amore per lo Stato", è stato insomma solo un incidente di percorso, lo sfogo di un minuto del Prefetto. Nulla di più, signori e signore, di prima o seconda classe. Evitiamo strumentalizzazioni, fughe in avanti, ulteriori polemiche.
Invece no. Non dovrebbe finire così. Un'altra signora, il ministro dell'Interno (e prefetto) Anna Maria Cancellieri, non può accontentarsi che il caso scivoli via per auto-estinzione, sepolto dal ridicolo di una guerriglia nominale di un guardiano dello Stato che nel cortile di casa abbaia a un prete. Non è questione di forme e di formali scuse. È questione di sostanza e ne va della credibilità dello Stato: il ministro può muoversi affinché il Prefetto lasci il suo incarico. Punto. Semplice, da ministro a prefetto, da governo a rappresentante del governo. Abbassando le maiuscole, ma facendo vedere a tutti che lo stato, davvero, c'è.
Guido Gentili per il “Sole 24 ore”
E’ vero. C’è molta sostanza in questa piccola storia
ignobile. Poca forma e molta sostanza. Nella terra dove la Camorra governa,
vorremmo dire quasi indisturbata, dove la popolazione si è rassegnata a
convivere con i taglieggiamenti delle estorsioni, lo spaccio degli
stupefacenti, il racket della prostituzione, la guerra tra bande rivali per il
controllo del territorio, la presenza perenne dei rifiuti a cielo aperto, ci
domandiamo: il sacerdote don Patriciello è certamente in perfetta buona fede:
possiamo dire lo stesso di Sua Eccellenza il Signor Prefetto di Napoli De
Martino? Mentre sull’armadio di don Patriciello ci sentiamo di mettere la mano
sul fuoco, su quello dell’Eccellenza abbiamo la vaga impressione che qualche
scheletro possa avervi trovato riparo. Nel paese del “Lei non sa chi sono io!”
la dura reprimenda del Prefetto di ferro ricorda una scena di sapore
manzoniano: l’arroganza, la prepotenza, in questo caso la strafottenza del
potere contro l’umile, l’innocente, l’indifeso che è portatore di una causa
giusta, sacrosanta. E allora De Martino – Don Rodrigo ristabilisce l’ordine,
ricaccia Don Patriciello – Renzo nell’angolo dal quale è uscito. Qui comando
io, tu non sei nessuno, sei un povero fraticello, io sono e rappresento il
potere, questo matrimonio non s’ha da fare. Quale potere rappresenti poi Sua
Eccellenza il Signor Prefetto di Napoli è tutto da verificare: in una terra
ostaggio della criminalità organizzata, i margini di azione dello stato
indegnamente rappresentato da questo tristo figuro, deve essere molto esiguo.
Il prefetto di Napoli non solo non è una eccellenza, non è
neppure un signore. E’ un dipendente dello stato che si è dimostrato infedele
al mandato conferitogli, che ha abusato del
potere ascrittogli, che non è in grado di relazionarsi con la
popolazione che dovrebbe tutelare, lui rappresentante di uno stato latitante in
terra di Camorra. Ha ragione Guido Gentili. C’è una soluzione a questa piccola
storia ignobile, che la dice però lunga sui rapporti di forza che l’ignoranza
delle buona maniere, e la protervia del potere hanno stabilito: il prefetto va
rimosso. Semplicemente. “Promoveatur ut amoveatur” dicevano i latini. Bene,
assegniamolo ad altro incarico, visto che gli piace comandare e ristabilire
l’ordine costituito, nominiamolo Generale dei Granatieri di Sardegna. “Signor
Generale” in fondo non suona male. In caserma, a Nuoro, potrebbe comandare
dalla mattina alla sera, ordinare tutti i caffè con i biscotti che vuole,
passare in rassegna la truppa compatta e allineata. Facciamogli indossare una
divisa piena di galloni e mostrine e diventerà un uomo felice, realizzato, e lo
stato si sarà tolto dalle scatole un pallone gonfiato, tronfio e ridicolo. Se
lo ricordi il Ministro Cancellieri, faccia un gesto degno di un grande
politico, ristabilisca l’ordine naturale delle cose destinando il signor De
Martino ad altro incarico.
AGGIORNAMENTO
Come nella migliore tradizione di questo disgraziato paese, nulla è avvenuto. Il ministro tecnico Cancellieri non ha mosso un dito, Sua Eccellenza il Signor Prefetto De Martino di Napoli è rimasto al suo posto, il curato di campagna se n'è tornato a Caivana con le pive nel sacco. Grazie, signor Ministro, ammesso che avessimo ancora bisogno di una conferma, la mancata rimozione del prefetto di Napoli è l'ennesima riprova che lo Stato, da quelle parti, non esiste.
AGGIORNAMENTO
Come nella migliore tradizione di questo disgraziato paese, nulla è avvenuto. Il ministro tecnico Cancellieri non ha mosso un dito, Sua Eccellenza il Signor Prefetto De Martino di Napoli è rimasto al suo posto, il curato di campagna se n'è tornato a Caivana con le pive nel sacco. Grazie, signor Ministro, ammesso che avessimo ancora bisogno di una conferma, la mancata rimozione del prefetto di Napoli è l'ennesima riprova che lo Stato, da quelle parti, non esiste.
sabato 20 ottobre 2012
I PARLAMENTARI IN PENSIONE ANDRANNO A GIOCARE A TRESETTE?
Mentre
qualche giorno fa, all’indomani dell’approvazione da parte del Consiglio dei
Ministri della manovra
di stabilità, i giornali sussidiati di regime plaudivano per
l’apparente taglio delle tasse, il
sottoscritto, facendo un prima disamina dei provvedimenti adottati, in un
articolo (lo trovate qui), scriveva che si trattava di una
stangata che avrebbe
colpito le classi meno abbienti, quelle più deboli e che avrebbe fatto precipitare verso la povertà un numero considerevole di famiglie, già provate profondamente da questa crisi.
colpito le classi meno abbienti, quelle più deboli e che avrebbe fatto precipitare verso la povertà un numero considerevole di famiglie, già provate profondamente da questa crisi.
A distanza
di qualche giorno, sebbene con le rituali e vomitevoli riverenze per questo
governo che, pur non eletto e sostenuto da un manipolo di incompetenti e
cialtroni, sta disegnando a sua immagine e somiglianza la vita e il futuro di
60 milioni persone, debbo dire che anche i media sussidiati, che nel frattempo
si saranno fatti bene i conti, si sono allineati abbastanza alle conclusioni a
cui ero già giunto a poche ore dalla conferenza stampa del governo a margine
del Consiglio dei Ministri, arrivando perfino a gridare allo scandalo per la
retroattività dei tagli alle deduzioni fiscali, che colpiranno una determinata
platea dei contribuenti già dall’anno in corso.
Ad ogni buon
conto, tanto per non farci sfuggire l’argomento, che è quello di smentire le
scioccanti menzogne del Ministro Grilli secondo il quale il risultato della manovra
sarebbe a saldi invariati e, cito testualmente, “migliorerebbe il reddito
disponibile delle famiglie meno abbienti”, proprio oggi, la Cgia di Mestre,
certamente più autorevole del sottoscritto, ha diffuso un comunicato con il
quale spiega che impatto avrà la manovra di
stabilità sulle tasche degli italiani.
In
particolare, nella nota si legge che:
“L’effetto
composto della riduzione dell’Irpef, dell’aumento dell’Iva, dell’introduzione
della franchigia e del conseguente taglio delle deduzioni e detrazioni fiscali
costerà alle famiglie italiane 2,5 miliardi di euro. Questa è la stima fatta
dalla CGIA di Mestre sulle indiscrezioni circolate in questi giorni attorno ai
contenuti della Legge di Stabilità.
“Una
stangata – commenta il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi – che rischia
di mettere in ginocchio le famiglie italiane già stressate da una crisi
che dura ormai da 4 anni”.
Continua la
nota:
Nel 2014,
quando subiremo per tutti i 12 mesi dell’anno l’aumento di un punto delle
aliquote Iva del 10 e del 21%, a fronte di una diminuzione del carico fiscale
sui redditi pari a 5 miliardi di euro, le famiglie si troveranno un aumento
dell’Iva di 6,5 miliardi di euro e un taglio delle agevolazioni fiscali pari a
1 miliardi di euro. Pertanto, nel “dare/avere” con il fisco, lo “sbilancio”
sarà di 2,5 miliardi di euro, pari ad un incremento medio annuo per
famiglia di circa 100 euro.
“ Se teniamo conto che dall’inizio
della crisi i senza lavoro sono aumentati di oltre 1 milione e 200 mila
persone, i consumi reali delle famiglie sono scesi del 4,5%, i prezzi e le
tariffe sono in costante crescita, con questa ulteriore stangata
difficilmente il Paese reale riuscirà a trovare le risorse per rilanciare la
domanda interna e quindi l’economia del Paese. Una situazione – prosegue
Bortolussi – che rischia di avvitarsi e farci sprofondare in una depressione
senza precedenti”.
Senza
addentrarci troppo sui meccanismi di calcolo, variati per effetto
dell’introduzione delle franchigie di 250 euro e del limite massimo di
detrazione posto a 3000, vorrei ribadirvi che, chi sarà maggiormente
penalizzato dall’introduzione delle nuove norme che, violentando lo
statuto dei contribuenti, almeno in parte, troveranno applicazione
già dall’anno in corso, saranno i pensionati che vivono con le pensioni più
basse e la classe media del paese ( che non sarà più media). I primi,
subiranno completamente l’aumento dell’Iva; mentre i secondi, oltre a subire
l’aumento dell’Iva, subiranno anche l’effetto dell’introduzione delle
franchigie e del limite massimo di detrazioni fruibili, che non verrà in alcun
modo compensato dalla tanto decanta riduzione di appena un punto percentuale
dell’Irpef sulle aliquote del 23 e del 27%. Insomma la classe già colpita da
questa crisi e la platea più numerosa del paese che tenderà a scivolare
sempre più verso la povertà.
E’ evidente
che, come denunciato dalla CGIA di Mestre, gli effetti della manovra si
abbatteranno anche sulle dinamiche della domanda interna, destinata a contrarsi
ulteriormente per effetto del calo dei consumi. Questo provocherà un ulteriore
caduta del PIL e delle entrate tributarie, con la conseguente formazione di
ulteriori buchi di bilancio che dovranno essere colmati. A colpi di tasse, a
quanto sembra, fino alla povertà.
Ora visto
che siamo in piena campagna elettorale…
propongo un
vecchio articolo ma utile per chi andrà a votare
Visto che
siamo in fermento politico, rispolvero questo articolo con delle liste e nomi
che potranno esservi utili quando dovete decidere chi votare…;-)
Governo
Monti: sacrifici chiesti a tutti e tra i Deputati
esistono delle persone che hanno avuto il coraggio di fare
ricorso annotare i loro nomi e ricordatevi di loro quando andrete a
votare, non c’è altro da aggiungere credo, dopo tutto è giusto… loro lavorano
tanto!
Parlamentari
italiani “giustamente” … Ritengono di essere sottopagati
per il durissimo lavoro a cui dedicano tutto il loro preziosissimo
tempo, quotidianamente, 24 ore su 24 della loro durissima esistenza di politici
italici. Ecco le foto, poverini sono stanchi!!
Lega Nord
Elisabetta Castellazzi (nata a Milano nel 1966)
Franca Valenti (Milano, 1959)
Roberta Pizzicara (Milano, 1955)
Diana Battaggia (Venezia, 1966)
Enrico Cavaliere (nato a Venezia nel 1958, deputato sia nella XII che nella XIII legislatura)
Oreste Rossi (Alessandria, 1964, deputato nell’XI, XII e XIII legislatura)
Alberto Bosisio (Lecco, 1953)
Francesco Stroili (Venezia, 1954)
Edouard Ballaman (Vallenried, 1962)
Flavio Bonafini (Brescia, 1953)
Fabio Padovan (Conegliano, 1955, deputato nell’XI legislatura)
Salvatore Bellomi (Robecco D’Oglio, 1952)
Roberto Asquini (Udine, 1964, XII e XII legislatura)
Giulio Arrighini (Brescia, 1962, XI e XII legislatura)
Elisabetta Castellazzi (nata a Milano nel 1966)
Franca Valenti (Milano, 1959)
Roberta Pizzicara (Milano, 1955)
Diana Battaggia (Venezia, 1966)
Enrico Cavaliere (nato a Venezia nel 1958, deputato sia nella XII che nella XIII legislatura)
Oreste Rossi (Alessandria, 1964, deputato nell’XI, XII e XIII legislatura)
Alberto Bosisio (Lecco, 1953)
Francesco Stroili (Venezia, 1954)
Edouard Ballaman (Vallenried, 1962)
Flavio Bonafini (Brescia, 1953)
Fabio Padovan (Conegliano, 1955, deputato nell’XI legislatura)
Salvatore Bellomi (Robecco D’Oglio, 1952)
Roberto Asquini (Udine, 1964, XII e XII legislatura)
Giulio Arrighini (Brescia, 1962, XI e XII legislatura)
Ulivo
Michele Cappella (XIII legislatura, nato in provincia di Catania nel 1953)
Antonio Borrometi (XIII legislatura, nato a Modica nel 1953)
Michele Cappella (XIII legislatura, nato in provincia di Catania nel 1953)
Antonio Borrometi (XIII legislatura, nato a Modica nel 1953)
Melandri…
poverina!! Giovanna Melandri, 50 anni, deputata Pd, ministro della Cultura con
D’Alema e Amato e responsabile dello Sport con Prodi. La parlamentare non si
vergogna a dire di aver lasciato il suo lavoro d’economista alla Montedison per
entrare in politica, forse attratta dai possibili facili guadagni.
L’onorevole, per giustificare la sua levata di scudi in difesa degli emolumenti
ai deputati, tira in ballo addirittura Berlinguer e Fanfani. “Loro erano
d’accordo sulla nozione di vitalizio – ha detto al Corriere della Sera
- e anche io penso che quel concetto non sia sbagliato. Non ho da
recriminare nulla, ma ho paura di quello che resterà sotto le macerie del
populismo”. La Melandri ovviamente ha il suo perché nel lamentarsi. Due giorni
fa ha compiuto 50 anni. Con le vecchie regole avrebbe avuto già diritto ad una
corposa pensione, mentre ora? “La prenderò fra dieci anni, nel 2022″ dice
sconsolata la deputata Pd
Ugo
Malagnino (XIII legislatura nato a Manduria nel 1952)
Forza Italia
Emanuela Cabrini (XII legislatura nata a Piacenza nel 1961)
Paola Martinelli (XII legislatura, nata a Parma nel 1955)
Emanuela Cabrini (XII legislatura nata a Piacenza nel 1961)
Paola Martinelli (XII legislatura, nata a Parma nel 1955)
Alleanza
Nazionale
Domenico Basile (XII legislatura, nato a Vibo Valentia nel 1952)
Daniele Franz (XIII e XIV legislatura, nato a Udine nel 1963)
Domenico Basile (XII legislatura, nato a Vibo Valentia nel 1952)
Daniele Franz (XIII e XIV legislatura, nato a Udine nel 1963)
Considerando
d’essere consapevole che io la pensione non la vedrò mai!! ecco il decreto
sulla manovra Monti inerente ai tagli delle pensioni e in seguito Vi inserisco
un elenco di pensionati FORTUNATI
Per i comuni
mortali
Il governo
risparmierà e questo risparmio arriverà grazie alle pensioni. Il Governo stima
di destinare 21,43 miliardi delle risorse raccolte alla riduzione del deficit
e 18,54 miliardi al rifinanziamento di spese indifferibili e alla crescita
dell’economia.
Se si somma
l’entità di questa manovra a quelle varate nei mesi scorsi dal Governo Berlusconi, le cifre della correzione
diventano astronomiche: 76 miliardi nel 2013, 81,2 nel 2014. Per avere un
termine di paragone, la maxi-manovra del ’92 (Governo Amato),
valeva 90mila miliardi di vecchie lire (ovvero circa 45 miliardi di euro).
Vediamo le
misure: le principali novità introdotte rispetto a quanto previsto dal decreto
riguardano le pensioni. La rivalutazione viene bloccata non più per quelle superiori a due
volte il minimo ma a tre: significa che resteranno rivalutate al 100% le pensioni
fino a 1.405 euro. Secondo i calcoli della Cgia di Mestre. E’ stato
introdotto un prelievo di solidarietà per le pensioni d’oro, pari al 15%
sulla quota che eccede i 200mila euro. Il prelievo sarà applicato dal luglio
2011 al dicembre 2014.
Come già
previsto dl decreto, sale l’età per la pensione di vecchiaia e ci sono
cambiamenti anche sul fronte dell’anzianità, che dal primo gennaio 2012
resta possibile solo per gli uomini che hanno 42 anni e un mese di contributi e
le donne che hanno 41 anni e un mese di contributi.
C’è però una
deroga che garantisce la possibilità di ritirarsi a 64 anni a chi
entro il 2012 ha maturato 35 anni di contributi. Possono andare in pensione a
64 anni anche le donne del settore privato che entro il prossimo anno avranno
compiuto 60 anni e versato almeno 20 anni di contributi.
Tornando
all’età, come già previsto dal decreto dal 2018 sarà a 66 anni per tutti.
A questo bisogna aggiungere gli scatti dell’adeguamento alle aspettative di
vita, che vengono elaborati dall’Istat ogni tre anni. Si stima che nel
2018, sommando età e aspettative di vita, ci vorranno 66 anni e sette mesi per
andare in pensione. La progressione per le donne del settore privato
(nel pubblico vanno in pensione a 65 anni dall’anno prossimo) è la seguente: 62
anni nel 2012, 63 e sei mesi dal primo gennaio 2014, 65 anni nel 2016 e,
appunto, 66 nel 2018.
Quanto all’anzianità,
ai 42 anni e un mese (41 e un mese per le lavoratrici) bisognerà aggiungere un
mese nel 2013 e un altro nel 2014, anno da cui anche qui scatta l’adeguamento
alle speranze di vita. Infine, previsto un disincentivo per chi sceglie
la pensine di anzianità e non ha ancora 62 anni: riduzione dell’1% sulla
quota retributiva per ogni annodi anticipo, che sale al 2% dal terzo anno in
su.
E qui siamo
all’ultima novità sulle pensioni, rimasta invariata rispetto al decreto, ovvero
il passaggio al sistema contributivo per tutti.
ORA
INSERISCO LA LISTA DEI FORTUNATI, con un pò di amarezza ed invidia : quando li
sentirete parlare non dimenticate quello che loro prendono e il perchè lo
possono percepire
Vittorio Sgarbi, ex parlamentare, in
pensione a 54 anni, 8 mila e 500 euro al mese. Mauro Sentinelli, classe ’47, ex
manager Telecom, 3 mila euro al giorno, 90 mila euro al mese di pensione.
Manuela Bossi, ex insegnante, moglie del Senatur, in pensione a 39 anni.
Alfonso Pecoraro Scanio, ex parlamentare, in pensione a 49 anni, 9 mila euro al
mese. Achille Serra, Senatore, stipendio da parlamentare più 22 mila euro al
mese di pensione. Clemente Mastella, stipendio da Eurodeputato più pensione da
9 mila e 600 euro al mese: 397 giorni di lavoro per maturarla.
Finanzanostop
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