venerdì 27 febbraio 2015

A CHI GIOVA L'EURO?



Grecia tenuta “a forza” dentro l’euro, ma solo temporaneamente, perché se già oggi un solo tedesco su cinque approva il prestito di sette miliardi al Paese ellenico (che naturalmente non verranno mai restituiti), figuriamoci quando fra qualche mese ce ne vorranno altri venti. Per la Merkel diventerebbe sempre più difficile spiegare ai suoi elettori che “regalare” quei soldi alla Grecia “conviene”, si perpetua una situazione che avvantaggia sfacciatamente l’economia tedesca, ma non è un concetto di facile trasmissione agli elettori, e sotto questo punto di vista qualche segnale alla  CDU (il partito della Cancelliera) è già arrivato. Ma la Merkel non è incalzata solo dalle richieste di denaro della Grecia, anche gli “alleati” dell’eurozona, soprattutto fra i Paesi del sud-Europa, cominciano ad avere qualche pretesa in più L’economia tedesca sta marciando a ritmi straordinari, non era mai stata così in salute, il tasso di disoccupazione in Germania è ai minimi storici, la fiducia delle imprese e dei consumatori non è mai stata su livelli così elevati e la Borsa di Francoforte, quindi, fotografando questa situazione idilliaca, continua giornalmente a ritoccare i propri massimi assoluti. Con queste premesse, a chi giova l’euro? La Grecia è alla fame, letteralmente. In Spagna un movimento senza alcuna esperienza politica, “Podemos”, in pochissimi mesi è arrivato in testa ai sondaggi per le prossime elezioni politiche avendo come unica bandiera un chiaro antieuropeismo. In Italia fatevi un giro per le “zone industriali” delle città del nord che, fino ad un po’ di anni fa, brulicavano letteralmente di attività e guardate ora come sono ridotte. Ed ora questi Paesi del sud Europa chiedono alla Germania di utilizzare almeno un po’ del suo surplus commerciale, arrivato alla strabiliante cifra di 217 miliardi di euro (prima della crisi aveva raggiunto al massimo i 195 miliardi), affinché anche loro possano beneficiare delle eventuali briciole che potrebbero ricadere? Certo, è un po’ come se io andassi da uno che mi sfrutta fino all’osso per chiedergli un po’ di elemosina che mi permetta di tirare avanti. La cosa da fare, ovvia e banale, è di non permettere più alla Germania di succhiare tutto il nostro sangue, il sangue di milioni di italiani che stanno soffrendo per una situazione che li penalizza enormemente. Tornando ad essere una Nazione, uno Stato libero ed indipendente e non una colonia dell’Europa. (source)

mercoledì 25 febbraio 2015

ITALIANI #STATESERENI: IN ARRIVO ALTRI 72 MILIARDI DI TASSE



La spending review prevedeva dall’inizio corposi tagli alla spesa e anche ai costi della politica ma non è riuscita a produrre i suoi frutti. Mancando questi, invece che i bonus, l’italiano si troverà a pagare altri 72 miliardi di tasse. Che si vanno ad aggiungere a quel +115% di aumento delle tasse sulla casa e al +130% di aumento, dal 2011 ad oggi, di tasse su conti correnti e investimenti. Amen. Pressione fiscale esorbitante? Non mettiamo limiti alla Provvidenza, c’è sempre la possibilità di aumentare la cifra del tassato qualora non si potrà più aumentare la varietà. Semplice. Cosa significa questo? Che se tutto ormai è soggetto a prelievo fiscale in maniera più o meno diretta, non significa che non si possa aumentare la quantità della cifra prelevata.
L'allarme
A lanciare l’allarme è la Corte dei Conti che ha fatto notare come gli ultimi provvedimenti del governo Renzi su Irap e Irpef potrebbero essere a rischio a causa della mancanza di una adeguata copertura economica la quale, a sua volta, avrebbe dovuto arrivare dalla Spending Review (a proposito, qualcuno sa che fine ha fatto l’agenda di Cottarelli? Dio Lui direttamente è inutile chiedere visto che ha immediatamente capito ciò che in realtà già sapeva e cioè che pretendere che la politica autolimiti i suoi privilegi è pura utopia. Per questo motivo ha preferito dimettersi, ritenendo il suo incarico, soprattutto dopo i paletti che Renzi stesso gli ha imposto, assolutamente una perdita di tempo. Naturalmente il tutto non è stato mai ufficializzato, perché in politica, come spesso nella vita reale, non si può mai dire ciò che si pensa, per convenienza, per viltà per necessità, per educazione. o fosse anche solo per ipocrisia, la stessa arma che si rivela sempre più necessaria per chi è costretto a vivere nell’umano consorzio e non ha il coraggio (o la mentalità) per farine a meno il più possibile. Al che verrebbe facilmente rispondere ”No, grazie, preferisco gli animali”. E senza avere torto.
Spending review
Pochissima spending review, per giunta con vari iter a loro volta poco chiari, che non garantiscono adeguati capitali per tagli all’Irap o anche solo per i famoso bonus il quale, alla luce di quanto detto, e per voce della stessa Corte dei Conti può essere vanificato se considerato non come elemento aggiuntivo permanente del reddito, ma come elemento compensativo di un aumento di pressione fiscale
Una spesa che non sarà tagliata se non in futuro (sperando che…) e sulla quale, mancando dettagli certi, non si possono certo basare le scelte future di una nazione. Non solo, ma la nebulosa dei tagli potrebbe anche inficiare sulla qualità dei servizi (già da adesso non certo efficienti) con aumento delle imposte necessarie per riuscire a sanare la situazione.
Situazione che a questo punto chiama in causa una conseguenza che è tra le peggiori in assoluto: se la revisione di spesa non sarà più concreta, applicabile, affidabile, sarà necessario ormai chiamare in causa le clausole di stabilità ovvero quelle misure di emergenza che autorizzano l’aumento della tassazione per reperire capitali in modo da rientrare nei parametri fissati dall’Unione Europea.
I dati della Confcommercio
E qui entra in campo anche uno studio di Confcommercio-Cer secondo cui le suddette clausole di salvaguardia arriverebbero a toccare la cifra di 72 miliardi ddi euro spalmati del triennio 2016-2018.
Necessario perciò un breve riepilogo: la spending review che fu adottata da Cottarelli e che prevedeva dall’inizio corposi tagli alla spesa e anche ai costi della politica e delle amministrazioni, non è riuscita a produrre i suoi frutti. Mancando questi, invece che i tagli e i bonus, l’italiano si troverà a pagare altri 72 miliardi di tasse. E che si vanno ad aggiungere a quel +115% di aumento delle tasse sulla casa oltre al 130% di aumento, dal 2011 ad oggi, di tasse su conti correnti e investimenti. Amen.  (source)

martedì 24 febbraio 2015

DALLE POSTE UN BELL'ESEMPIO DI PUBBLICITA' INGANNEVOLE



Sulle locandine si promette un tasso annuo dell’1.50% lordo. Attenzione però! Tante sono le clausole e limitato il tempo per cui godere dell’interesse maggiorato. E se tutto va bene il rendimento effettivo netto sarà pari nemmeno allo 0.50%. Ecco spiegato perchè.
Alcuni mesi fa avevo denunciato lo “strano ed anomalo” comportamento che le Poste Italiane avevano nei confronti di alcuni prodotti finanziari precedentemente collocati, che non mantenevano (per farla breve) le promesse fatte.
Si poteva anche pensare che fosse un caso isolato. E poi le Poste Italiane fanno capo in modo indiretto allo Stato. Quindi perché pensare che proprio le poste si siano messe a fare truschini per i clienti o ancor peggio pubblicità ingannevole?
Già… perché…
Il perché lo posso immaginare. Intanto però le Poste ci cascano di nuovo, ma stavolta è il caso di dirlo: “errare humanum est, perseverare diabolicum”!
Libretto Smart: si, smart, ma per le Poste!
Premessa: sulla carta, il «Libretto Smart» è stato pensato per fare crescere i risparmi in modo semplice. I titolari potranno assicurarsi un tasso di interesse dell’ 1,50% annuo lordo.
Questo è quanto è scritto sulle locandine presso gli uffici postali ed è quello che al sottoscritto è stato spiegato da un’impiegata delle Poste la quale, ovviamente, non mi conosceva e mi ha visto come potenziale cliente da acquisire.
E io, da buon pesciolino, ho risposto: “Ma cavolo! 1.50% annuo lordo, oggi, non è assolutamente un brutto tasso. Siete diventati aggressivi”.
E la risposta è stata: “Eh si, è una bella promozione che non bisogna farsi scappare”.
Non ho solo capito chi è che alla fine deve scappare, il risparmiatore oppure i sogni di rendimento, visto che la realtà dei fatti è un po’ diversa. Eccovi un elenco dei punti da contestare ai signori delle Poste.
a) Tanto per cominciare il tasso dell’1.50% non è per 12 mesi ma SOLO fino al 30/06/2015. Direi che cambia non poco.
b) occorre mantenere almeno fino a tale data il 90% del saldo iniziale
c) inoltre bisogna anche attivare una carta elettronica con microchip
d) occorre infine mantenere il Libretto Smart fino al 31/12/2015
Bene, voi direte, alla fine non è proprio trasparentissimo ma almeno per un periodo di tempo limitato si potrà godere di un ottimo tasso di interesse. Un 1.50% anche solo per pochi mesi non si trova facilmente. E poi qui sono le Poste e quindi CdP. Si dorme su due guanciali.
Fermi tutti che non ho finito.
Come detto fino al 30/06 il tasso è dell’1.50%, ma poi il rendimento lordo passa allo 0.15%. Tutti i rendimenti saranno liquidati solo a fine anno.
Facendo i conti “della serva”, se io oggi investo una cifra su questo Libretto Smart, il rendimento effettivo NETTO che avrò a fine anno, tenendo conto dei relativi periodi con diverse remunerazioni, più ovviamente la ritenuta fiscale sarà pari all’incirca allo 0.495% (lordo circa lo 0.67%).
Inizia a suonare diversamente come cifra vero?
Inoltre questo rendimento effettivo non potrà che calare ancora se manterrò la cifra investita oltre il 31/12.
Se poi decidete di versare più di 5.000 € non dimenticate anche l’imposta di bollo, pari a 34.20 € che su somme non elevate possono fare la differenza.
Ultimo alert: ricordate i punti b), c) e d)? Se per errore non manterrete le Vostre promesse, la Posta vi riconoscerà non più l’1.50% per un periodo limitato di tempo, ma lo 0.15% per TUTTA la durata dell’investimento.
Occorre sempre essere onesti e mantenere le promesse.
Per carità, la Posta le mantiene le promesse scritte sul Prospetto informativo. Peccato che poi allo sportello non lo legge nessuno e tutto ciò che resta è quella che si chiama “pubblicità ingannevole” condita dalla sportellista che è sicuramente in preda ad un raptus da “budget urgentissimus”.
E correggetemi se sbaglio. (source)

lunedì 23 febbraio 2015

L'ENNESIMA BUFALA DELLE PRIVATIZZAZIONI



Fredda accoglienza delle associazioni dei consumatori al via libera del governo al ddl concorrenza. A destare preoccupazioni è soprattutto l’addio al mercato tutelato dell’energia che potrebbe tramutarsi in un "regalo alle aziende", ammoniscono Adusbef e Federconsumatori. Il Codacons invece si scaglia contro il provvedimento sull'RC auto che rischia di essere una "bufala” per i cittadini" determinando costi a carico degli utenti ben più elevati degli sconti promessi. 
Addio a mercato tutelato dell’energia
Per l'Unione nazionale dei consumatori (UNC) in questi anni chi è passato al mercato libero dell'energia ha pagato prezzi superiori del 15-20% rispetto a quello tutelato. "Il passaggio obbligato al mercato libero dell'energia è un sopruso ed un gentile omaggio alle imprese, non certo ai consumatori" ha dichiarato Massimiliano Dona, Segretario dell'Unione Nazionale Consumatori. Dopo oltre 7 anni da quando il mercato dell'energia è stato liberalizzato (1° luglio 2007) il primo operatore detiene circa il 50% dei volumi serviti ed i principali 3 oltre il 70%. Per il gas dal 1° gennaio 2003 i consumatori possono scegliere il proprio fornitore di gas naturale. "Eppure, dopo oltre 12 anni, solo 4 venditori hanno quote di mercato significative in più di 5 regioni e, di questi, solo 2 sono presenti in più di 15 regioni", rimarca l'UNC. 
Penali telefoniche reintrodotte
Il ddl concorrenza va poi a reintrodurre le penali per chi abbandona la compagnia telefonica. "Invece di eliminare del tutto le spese di chiusura del conto telefonico (salvo smartphone in omaggio e promozioni particolari),  realizzando la vera portabilità, come c'è ad esempio per i conti correnti, il Governo prima partorisce un topolino: le spese e gli altri oneri restano e l'unico obbligo è quello di commisurarle al valore del contratto e renderle note al consumatore e all'Agcom", tuona l'UNC. Inserito anche un tetto al contratto di 2 anni perché il consumatore possa liberarsi della compagnia. Nel testo si riparla delle penali formalmente eliminate dalla legge 2 aprile 2007, n. 40: "l’eventuale penale deve essere equa" si legge nel testo. 
Secondo l'UNC non mancano le cose che potrebbero essere facilmente fatte e di cui non c'è traccia nel disegno di legge, dall'eliminazione delle spese di spedizione delle bollette a carico degli utenti alla completa liberalizzazione dei saldi e delle vendite sottocosto. 
RC Auto e scatola nera, più costi che risparmi
Sotto accusa anche il provvedimento sull’Rc auto contenuto nel Ddl Concorrenza che introduce uno sconto sulle tariffe assicurative in favore degli automobilisti che decideranno di installare la scatola nera sulla propria vettura. Il Codacons ritiene che rischia di tramutarsi in una colossale "bufala” per i cittadini, e di determinare costi a carico degli utenti ben più elevati degli sconti promessi. "Se tutti gli italiani decidessero di dotarsi della scatola nera, la spesa per l’intero sistema sarebbe pari a 3,1 miliardi di euro, considerato che ogni singolo apparecchio ha un costo di gestione annuo di circa 75 euro – spiega il presidente del Codacons, Carlo Rienzi – La spesa per l'installazione, la gestione e la manutenzione della scatola nera, se a carico degli automobilisti, non solo vanificherebbe lo sconto sulle tariffe rc auto promesso dal Governo, ma addirittura determinerebbe rincari in quelle zone d’Italia dove le tariffe rc auto sono più basse. Se invece tali costi fossero a carico delle compagnie si assicurazioni,  inevitabilmente verrebbero traslati sugli assicurati attraverso i prezzi delle polizze”. 
Da rc auto a pedaggi autostrada, le liberalizzazioni che non hanno portato vantaggi ai consumatori
L'Ufficio studi della CGIA rimarca come, a eccezione di medicinali e telefonia, nei settori che negli ultimi 20 anni sono stati interessati dal processo di apertura alla concorrenza, i prezzi e le tariffe sono aumentati in misura maggiore dell’inflazione: in pratica, l’obbiettivo di favorire i consumatori finali non è stato raggiunto. In particolare per le assicurazioni sui mezzi di trasporto dal 1994 a oggi le tariffe sono aumentate del 189,3%, a fronte di un incremento dell’inflazione del 50,1%. per i servizi bancari/finanziari in 20 anni le tariffe sono cresciute del 115,6%, i pedaggi autostradali (liberalizzazione a partire dal 1999) le tariffe sono mediamente cresciute del 69,9%, mentre l’inflazione del +36,5%.  

Farmaci: I farmaci di fascia C continueranno ad essere venduti solo nelle farmacie.
Salta la liberalizzazione dei medicinali di fascia C dal ddl Concorrenza all'esame oggi del Consiglio dei ministri. Ad annunciarlo è l'ufficio stampa del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che via Twitter "cinguetta": "Passa la linea del ministro @bealorenzin: "la vendita dei #farmaci di fascia C rimane in #farmacia. Vittoria dei pazienti, soprattutto degli anziani". Non si comprende bene di quale vittoria si parli, se non di quella della lobby dei farmacisti. Per il cittadino nessun vantaggio: i medicinali continueranno ad avere i prezzi elevati stabiliti dalle multinazionali del farmaco, alle parafarmacie rimangono i soli integratori e le medicine da banco. Complimenti al Ministro che tutela gli interessi di una delle tante lobby del paese.

venerdì 20 febbraio 2015

ESISTE ANCORA L'EUROPA?



L’Ucraina è un problema serio? Ed allora da Putin ci va la Merkel, portandosi dietro il cihuahua francese tanto per non essere accusata di egocentrismo. Poi, rendendosi conto che è comunque inutile avere con sé “l’animale da compagnia”, lo lascia a casa, prende l’aereo, attraversa l’Atlantico e da Obama ci va da sola.
Quindi ha senso chiedersi: ma, l’Europa esiste ancora?
Renzi aveva fatto passare come un suo grande successo politico la nomina di una italiana, Federica Mogherini, ad Alto Rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, c’era voluto addirittura un mese di duro lavoro diplomatico da parte del Premier per convincere gli alleati che quella poltrona spettava all’Italia e che la Mogherini avrebbe ricoperto degnamente quel ruolo.
Si era speso in toto anche il Presidente della Repubblica, e Napolitano aveva dichiarato trionfalmente come  quella nomina, di fatto, fosse un “Riconoscimento per l’Italia”.
Ed adesso? Cosa ne dobbiamo dedurre? Che l’Europa avesse accettato la candidatura italiana proprio perché sapeva che tanto la Mogherini non avrebbe contato nulla?
L’intervento al Parlamento europeo del deputato leghista Gianluca Buonanno è di quelli che, senza dubbio, rimarranno negli annali. Prendendo la parola dai banchi dell’Europarlamento, infatti Buonanno rivolgendosi alla Mogherini, presente in aula, le ha detto senza mezzi termini che “Lei in Europa non conta un emerito cazzo”(sic!)
Mi chiedo chissà come è stato tradotto nelle diverse lingue ai vari europarlamentari presenti, e come comparirà sui verbali ufficiali dell’assemblea, presumo che sarà stato utilizzato una sorta di eufemismo.
Crudele poi il primo piano sulla Mogherini, personalmente non voglio infierire, ma l’espressione del volto diceva tutto, in quel momento il nostro “Alto Rappresentante dell’Unione europea”, deve essersi sentita … diciamo … una … “nullità” .
Questi i fatti. Ora, al di là dell’espressione un po’ cruda utilizzata da Buonanno, la sostanza è che nessuno può dare torto all’eurodeputato leghista, la Mogherini non conta … diciamo … nulla.
Non possiamo però limitarci a sottolineare la mancanza di dignità della Mogherini, che non sente l’esigenza di dare le dimissioni neppure dopo esser stata umiliata dalla Merkel in quel modo, ma occorre a questo punto porci prioritariamente il quesito che ho voluto riportare nel titolo:
Ma l’Europa esiste ancora?  (source)