martedì 30 aprile 2013

PRIMO MAGGIO DI FESTA



No, non è un primo maggio di festa. E’ solo il titolo di una canzone, tragica e beffarda, di Claudio Lolli, un cantautore troppo spesso dimenticato, tratto dall’album “Ho visto anche degli zingari felici”, e ascoltabile cliccando qui.  C’è poco da festeggiare, la disoccupazione giovanile , quella ufficiale, è arrivata a toccare il 38,4%, quella reale ci racconta che un giovane su due non trova lavoro.  C’è persino qualcuno, dalla Commissione europea (come sembrano lontano le pesanti, inutili e paludate istituzioni europee…) che profetizza un principio di crescita, per il nostro paese, a partire dalla fine del 2013. Ma chi vogliamo prendere in giro? Ha ragione la Merkel, quella stessa Merkel che ci ha condotti fin qui, di crescita, in Italia, se va bene , se ne parlerà a partire dal 2015, altro che favole. Ci troviamo schiacciati come sardine in un pullman che sta per andare a sbattere contro un muro. Oltre al lecito dispiacere che proviamo per noi stessi, si aggiunge il rammarico per un uomo, Enrico Letta, che meritava una sorte migliore. Abbiamo apprezzato tutti il suo discorso alla Camera e quello al Senato. Ha messo insieme, con una abilità diplomatica e una capacità di mediazione straordinarie, un governo presentabile, con idee ragionevoli ed equilibrate. Ma già alla prima uscita, il Cavaliere si è messo per traverso: o l’IMU viene abolita e restituita, o ce ne andiamo a casa. E’ ovvio anche per il più sprovveduto che non solo è paradossale restituire l’IMU già versata, ma è anche impossibile abolirla tout court. I proprietari di seconde  e terze case devono continuare a pagarla, per il semplice fatto che i Comuni, privati di questo gettito, sarebbero costretti a cancellare i servizi alla persona. E questo è solo il primo ostacolo. Ve lo immaginate che cosa accadrà quando, se il governo durerà abbastanza, il nodo della Giustizia arriverà al pettine? Che cosa dobbiamo fare per liberarci una volta per tutte di Berlusconi? Ci vorrebbe un salvacondotto, una sanatoria eterna che cancelli con un colpo di spugna tutte le sue innumerevoli pendenze giudiziarie. Basta che si tolga dalle scatole una volta per tutte. Che se ne vada nell’isola di Anguilla, che ha acquistato, o in una parte qualsiasi del mondo che disti da Roma almeno 10.000 km. Un governo di larghe intese, o, per essere più precisi, del Presidente, perché di questo, nonostante le flebili smentite di Napolitano, si è trattato, va bene, andrebbe benissimo, gli stessi tedeschi lo hanno sperimentato. Ma non avevano Berlusconi. Napolitano è stato pregato in ginocchio da tutti  i partiti (eccetto il M5S) perché togliesse le castagne dal fuoco e desse vita ad un governissimo, accollandosi una responsabilità che non poteva partire da un partito come il PD che ha fatto dell’antiberlusconismo la sua bandiera. E’ dunque possibile, se non auspicabile, un governo di emergenza, di “scopo”, che vari quei provvedimenti economici irrinunciabili, che modifichi il porcellum, che possa essere latore in Europa della posizione più keynesiana possibile, spingendo l’acceleratore dello sviluppo e della crescita, accantonando temporaneamente il rigore e l’austerità. Ma con Berlusconi tutto si complica. Quest’uomo sarebbe capace di sfasciare questo governo e far sciogliere le camere tornando al voto con questa miserabile legge elettorale, qualora i suoi smisurati conflitti di interesse corrano il rischio di essere intaccati, o una qualsiasi condanna penale cominciasse pericolosamente ad aleggiare intorno alla sua persona.
Enrico Letta ha fatto quello che ha potuto, nel migliore dei modi, gli siamo, credo, tutti grati. Dispiace che il suo tentativo, nobilissimo, sia quasi certamente destinato a naufragare per mano di plurindagati come Berlusconi o di inetti velleitari come Brunetta. E’ un vero peccato, perché la navigazione sta prendendo una brutta piega, e non vorremmo ritrovarci al timone il comandante Schettino. I mercati, che conoscono Silvio Berlusconi molto meglio di noi italiani (considerato il fatto che 10 milioni di connazionali continuano a votarlo), sanno bene che l’esperimento non può durare e che la probabilità di un naufragio è altissima. Per questo, nonostante la discesa temporanea dello spread, rimaniamo dei sorvegliati speciali.  Ci guardano con scetticismo, ed un esperimento che all’estero in qualsiasi altra nazione europea sarebbe stato coronato da successo, qui da noi è ad altissimo rischio. Il Cavaliere può staccare la spina quando vuole o quando gli conviene, trascinando il paese nella catastrofe.  Per questo motivo, per quanto Enrico Letta sarà accolto con grande educazione e garbo nel suo tour europeo, l’apertura di credito che ci stanno facendo i mercati è limitata nel tempo e nella sostanza. Lo conoscono il Cavaliere, noi che siamo i suoi connazionali, continuiamo a farci prendere per i fondelli da un pifferaio magico.
Non è un primo maggio di festa, nonostante il titolo, è un primo maggio duro, amaro, severo, tutti sentiamo che non è finita e che non finirà presto, che non se ne esce con questa classe politica, che la discesa è ancora lunga e la risalita una chimera. Il concerto, che con stanca abitudine, ripeterà anche quest’anno il suo inutile rito, non farà che accentuare dolorosamente la frattura tra la dimensione onirica del sogno e la triste realtà di tutti i giorni.

giovedì 25 aprile 2013

LA FINTA DEMOCRAZIA DELLA RETE



Si fa un gran parlare, soprattutto da parte del movimento 5 stelle, ma non solo, della “democrazia della rete”, che da strumento diventa un fine, che da mezzo diventa un obiettivo. Gli argomenti li conosciamo tutti a menadito: occorre stare al passo con i tempi, la tecnologia si evolve, è alla portata di tutti, ormai smartphone, Iphone, tablet e notebook sono noti a tutti, è cambiato il modo di comunicare, la comunicazione si globalizza, diventa più veloce, persino il Vaticano si avvale di Facebook o Twitter, i social network hanno cambiato fisionomia alla società e alle reti di relazioni che si stabiliscono tra cittadino e istituzioni e via discorrendo. Ora, tutta questa serie di imbecillità è diventato un tormento quotidiano. Si tratta di luoghi comuni, di frasi fatte di una banalità sconcertante, che sarebbero innocue se pretendessero solo di fotografare una condizione comunicativa, diventano pericolose se utilizzate in campo sociologico o, peggio, politico. Può darsi che prima o poi si arrivi anche da noi all’agognata meta di un uomo, una macchina, ma per adesso siamo molto lontani. Solo un paese remoto e di 350.000 abitanti come l’Islanda si avvicina a queste proporzioni, ma in quella landa desolata comunicare è più di una necessità.  Noi siamo un paese di oltre 60 milioni di abitanti, in cui la dimensione dell’analfabetismo informatico è ancora elevata e con una popolazione di anziani di parecchi milioni. Ora, se l’analfabetismo alligna anche tra non pochi quarantenni, figuriamoci se una persona di ottanta anni ha voglia di rimettersi a studiare le basi informatiche indispensabili per avvalersi correttamente di questo mezzo. A loro basta saper usare il telefono cellulare per chiamare il figlio in caso di necessità e, al massimo, inviare qualche SMS. Non possiamo biasimarli. Il primo limite, quindi, della “democrazia della rete, è il numero. Vengono tagliati via diversi milioni di italiani che non posseggono un computer, non capiscono nulla di informatica (il leitmotiv è “ah, io di queste cose non capisco niente, in casa fa tutto mio figlio…”), e altri milioni di pensionati che non hanno voglia di tornare a scuola di informatica di base. Ma c’è dell’altro. Quello che vediamo e che apprendiamo dal web non è, ovviamente, la realtà. E’ solo una sua rappresentazione filtrata e distorta dalle nostre opinioni personali. Se si prescinde dai soli siti delle agenzie di stampa (Ansa, Adn Kronos ecc.) tutti gli altri vi daranno la loro versione della realtà, che è cosa ben diversa dalla realtà stessa. Lo stesso non accade in televisione, dove il dibattito tra più persone con ideologie e visioni del mondo differenti, garantisce un minimo di imparzialità. Sulla rete si trovano blog o siti internet che fanno capo a singoli o a organizzazioni, movimenti di parte che forniranno, commentandola, una visione della realtà completamente faziosa e mai obiettiva. Se ci colleghiamo con il sito dei grillini, non possiamo pretendere che ci fornisca un quadro esauriente delle cose che avvengono nel mondo politico e sociale. Troveremo un certo numero di post, regolarmente tendenziosi, diffamanti, insolenti, arroganti, zeppi di volgarità e ingiurie per tutto e tutti. Ma anche collegandosi ad altri siti che dovrebbero garantire una maggiore trasparenza, troveremo la stessa rappresentazione della realtà poco fedele e poco imparziale. E’ normale che sia così: il web è uno strumento che non deve, come dicevamo, essere confuso con il suo fine. Non fa informazione, è un veicolo di opinioni, di pareri, di tendenze ben determinate e circoscritte. L’informazione sul web ha questo di caratteristico: non ha contraddittorio, l’autore che scrive il pezzo può dire quello che vuole, anche una serie di asinerie (come spesso fa Grillo) e nessuno può contraddirlo se non sul suo sito internet personale. E non mi venite a parlare di Twitter  o Facebook: chi posta qualche tweet, come si dice oggi, non è detto che non venga censurato da chi ospita il forum. Grillo stesso non pubblica tutte le critiche che arrivano nei suoi confronti, a volte perché sono solo stupide o volgari, altre volte perché non gli conviene essere sommerso da pareri contrari alla sua linea. Per questo abbiamo più volte rilevato che l’assenza imposta agli iscritti al movimento 5 stelle da qualsiasi talk show televisivo è la cosa più antidemocratica che esista. Una regola fondamentale del sistema democratico è il confronto, se tutti i dibattiti si svolgono senza un esponente del terzo polo scaturito dalle elezioni politiche, è ovvio che l’informazione risulterà monca e parziale. La televisione, con tutto il male che se ne possa dire, ha il pregio di arrivare, lei sì, proprio da tutti i cittadini, nessuno escluso, e il metodo del dibattito televisivo con il conseguente confronto di idee rende l’informazione più completa ed ha il pregio di essere accessibile a tutti, senza distinzione di classe sociale o culturale.  Il mondo informatico di Grillo è affascinate ma non è realistico perché taglia fuori milioni di persone, perchè è autoreferenziale, e perché cade inevitabilmente nella propaganda politica di una sola parte, la sua. Può darsi che tra qualche decennio ognuno di noi avrà la propria appendice informatica, ma fino ad allora la democrazia si esercita non solo sul web, ma anche sui giornali e sulla televisione, con buona pace dei grillini. Se il mondo fosse come lo pensano loro ci sarebbe una sorta di “aristocrazia della rete”, che escluderebbe coloro che non ne fanno uso, e questo, con ogni probabilità, è proprio il sogno, neppure troppo nascosto, di un dittatore occulto come Beppe Grillo.

venerdì 19 aprile 2013

ASPETTANDO IL MESSIA



Chi ha l'opportunità di entrare ed uscire continuamente dal paese ed anche l'occasione di potersi relazionare con altri europei in questo momento di eterno immobilismo politico italiano rimane abbindolato dall'opinione pubblica comunitaria. Recentemente ho avuto modo di confrontarmi con un team di colleghi, di provenienza mista, Svizzera, Malta, Germania, Lussemburgo e Regno Unito, sulle problematiche finanziarie che stiamo affrontando  e che ci attendono nei prossimi mesi: il messaggio che mi hanno dato tutti quando ci siamo soffermati sullo scenario italiano è stato corale “ma volete fallire come paese ? vi rendete conto dei rischi che dovrete correre a breve ? ma chi volete aspettare ancora ? Il Messia ? Per capire l'Italia bisogna essere italiani o almeno averci vissuto per un numero consistente di anni. Non si può biasimare il rimprovero degli altri paesi europei innanzi all'ennesima vergogna italiana, due mesi ormai in balia del niente aspettando un fantomatico Messia che salvi la popolazione, le sue banche, i suoi risparmi e soprattutto il suo stile di vita.

Purtroppo proprio qui emerge l'area di interesse su cui si dovrà intervenire ovvero l'italian life style. Quanto costa il tanto amato stile di vita italiano. Costa tanto e soprattutto troppo se rapportato in percentuale al PIL degli altri paesi. Mi riferisco al mantenimento dei servizi di assistenza sanitaria primari e secondari (erogati senza alcun forma di meritocrazia) oltre al peso mastondontico delle pensioni italiane. Tanto per dare alcuni numeri, l'incidenza in percentuale delle pensioni sul PIL in Italia è del 15%, contro un 13% in Francia, un 12% in Grecia, un 11% in Germania, un 9% in Spagna ed un 7% nel Regno Unito. Ritengo molto plausibile nei prossimi anni l'istituzione di una imposta di solidarietà (una sorta di rivisitata poll tax all'inglese) nei confronti di tutti i pensionati partendo da una franchigia mensile di 1.000 o 1.500 euro. In buona sostanza per ogni euro di pensione incassato sopra la soglia di franchigia una parte frazionale (calcolata con scaglioni di progressività) sarà trattenuta sotto forma di imposta direttamente dallo stato. Mi auguro che vengano istituiti comunque anche i tetti di percezione massima, andando a rivisitare o ridimensionare quelli che sono i cosidetti diritti acquisiti (soprattutto per statali e parastatali).

Mi capita spesso di parlare con persone della mia età o addirittura ragazzi giovani: tutti sono concordi nell'affermare che non avranno una pensione o che l'avranno molto ridimensionata rispetto all'ultima retribuzione, tuttavia quando chiedo loro che cosa stanno facendo per assicurarsi una rendita finanziaria complementare per poter vivere il resto della propria esistenza decorosamente, la risposta è ancora corale: niente, tanto in qualche modo interverrà lo stato. Questo comportamento quasi infantile rappresenta una forma tipica di silenzioso suicidio assistito senza precedenti. L'italiano della strada ritiene infatti che la sua pensione sia ancora un problema dello stato e non una sua preoccupazione: in Germania il 60% della popolazione ha una copertura previdenziale privata, nel Regno Unito siamo al 160% (significa che tutti ne hanno una privata e che il 60% della popolazione ne ha addirittura anche una seconda). Lascio a voi indovinare a quanto ammonta in Italia. Come ho detto prima l'italian life style costa caro, purtroppo nessun rappresentante politico si farà mai portavoce di un'opera di sensibilizzazione su questo argomento per ovvie ripercussioni elettorali.

Nel nostro paese toccare le pensioni o la sanità o peggio il pubblico impiego è considerato tabù, chi tocca muore, sul piano politico si intende, sono tutti pronti a scendere in piazza per difendere l'italian life style: dopo però sono gli stessi che si lamentano del peso delle tasse, dell'immobilismo italiano e del marcio della classe politica attuale. Ancora ad oggi nessuno si fa portavoce di una dura ed antipopolare politica di risanamento della spesa pubblica, iniziando dalla spesa sanitaria, passando dai licenziamenti economici obbligati del pubblico impiego e finendo con il sistema pensionistico italiano. Sono tutti demagogicamente allineati sugli insignificanti costi della politica o della rappresentanza popolare, pesano meno dello 0,5% del PIL anche a gonfiarli tanto. Chi propone cambiamenti epocali per la ridefinizione ad esempio di una parte della spesa sanitaria, come ha provato il sottoscritto con la Health Tax, viene aggredito mediaticamente e messo alla gogna da chi ha fatto del mantenimento dell'italian life style e dei diritti acquisiti la sua missione di vita. L'orizzonte sempre più probabile che si intravede ormai assomiglia a quello greco sul piano economico e a quello sudamericano sul piano sociale.
Eugenio Benetazzo - eugeniobenetazzo.com

GIUSTIZIA INDIANA



Una bambina di cinque anni è in fin di vita dopo essere stata brutalmente violentata e mutilata a New Delhi. Lo riferiscono oggi le televisioni indiane. Ieri nello stato dell'Uttar Pradesh, un'altra bimba di sei anni era stata trovata morta in una discarica con segni di strangolamento e di sospetto stupro.
La piccola era stata rapita dalla sua casa di Gandhi Nagar, nel sud est della capitale alcuni giorni fa. E' stata trovata solo oggi con i genitali mutilati e diverse ferite sul corpo. Si trova in sala di rianimazione in gravissime condizioni. I medici hanno riferito che ha riportato profonde lesioni interne per essere stata violentata con una spranga e che l'asportazione delle parti intime ha causato una grave infezione.
I genitori, che provengono da una famiglia molto povera, hanno accusato la polizia di inerzia per non aver agito prontamente quando la bambina è scomparsa di casa. Dopo aver interrogato i residenti della zona, gli investigatori sono alla ricerca di un sospetto che è un vicino di casa della famiglia e che è sparito dopo l'accaduto.
Sempre ieri, a New Delhi, un maestro d'asilo ha abusato di un bambino di 5 anni che si trova in serie condizioni all'ospedale. (ANSA)

Questa è l’India. Un paese che applica tuttora la pena di morte ma che lascia tranquillamente impuniti i delitti a sfondo sessuale perché da sempre ampiamente tollerati. La polizia indiana effettuerà certamente le indagini per scoprire i colpevoli dei reati sopra descritti, ma potete scommetterci che non verranno a capo di nulla. La vita di un uomo, in quella terra, vale meno di una rupia. Il sistema legislativo indiano è quanto di più farraginoso e confuso si possa immaginare. Il sistema delle caste non è ancora scomparso, è duro a morire. Gli “intoccabili” rimangono persone che appartengono ad un rango inferiore, non sono pienamente “esseri umani”. Ora, la vita dei due pescatori uccisi dai colpi partiti dalla nave dove si trovavano i marò Latorre e Girone, ha un valore così grande da scatenare un incidente internazionale? E i bambini che muoiono come le mosche per denutrizione, e quelli stuprati e uccisi, le donne continuamente violentate e mutilate, di tutto questo la giustizia indiana si occupa con lo stesso zelo applicato al caso dei due pescatori? Bene ha fatto il Ministro Terzi a dimettersi, tanto di cappello. I nostri soldati non dovevano tornare in un luogo dove la giustizia è una chimera, e la violenza, lo stupro, la mutilazione, e l’omicidio sono una cosa normale.

mercoledì 17 aprile 2013

DALLA DECRESCITA FELICE ALLA MISERIA INFELICE



Beppe Grillo ha fatto di tutto per alimentare la suggestione per cui meno lavoro potrebbe significare più felicità, nonché la convinzione, diffusa tra i militanti del M5S, che la questione della crescita sia molto più semplice di ciò che sembra.

In una intervista andata in onda su Servizio Pubblico due settimane fa, l’ex comico ha dichiarato:

“Questo paese è fallito. Facendo a modo nostro saremo più poveri per i prossimi 4-5 anni, ma senza dubbio più contenti e più felici”. Prima delle elezioni, Grillo aveva spiegato più esplicitamente il suo pensiero sulla crescita a una tv svedese: “La crescita non va aiutata, la crescita non porta posti di lavoro ... non porta ricchezza, perché crea divario tra chi ha e chi non ha, e questa è la crescita”.

È senz’altro vero che una crescita che si accompagni all’inasprimento delle disuguaglianze aumenta ben poco il benessere di un paese, e che l’eventuale aumento della produttività può mitigare, nel breve periodo, le conseguenze positive sull’occupazione.

Ma quella che Grillo ha esaltato a Servizio Pubblico, sostenendo che con le ricette M5S (non è chiaro quali) nei prossimi anni saremo forse più poveri ma almeno più felici, non è decrescita. Si chiama recessione e la conosciamo già fin troppo bene. E se non è affatto certo che la decrescita possa produrre felicità, ci sono pochi dubbi sul fatto che la recessione che stiamo attraversando sia causa di una infelicità sempre più drammatica e diffusa. Ne sono testimonianza tragedie come quella di Civitanova Marche ,che dovrebbero indurre chi ha responsabilità pubbliche a un uso più attento e consapevole delle parole.

Nell’intervista alla tv svedese c’è un passaggio che riteniamo emblematico di come il rifiuto ostinato della complessità da parte di Grillo e i suoi contribuisca ad alimentare, su temi complessi, ogni sorta di equivoco, con conseguenze a volte pericolose (basti pensare, in proposito, alle ciarlatanerie sull’Aids diffuse dal portavoce del M5S al Senato e dallo stesso Grillo in alcuni suoi spettacoli).

"Io sono un facilitatore. facilito i concetti astrusi e complicati della politica. La complicazione è la forza dell'oppressione della politica sui cittadini ... La rete ha migliaia di progetti. Ci scrivono quattro premi Nobel sul blog mio. Abbiamo contatti con le migliori menti ... Stiglitz che è un premio Nobel ... abbiamo le idee delle menti più belle che ci sono oggi: loro fanno delle proposte, poi in rete risponde l'elettricista, l'idraulico, quelli che fanno i lavori, che dicono: "guarda che sbaglia, nobel, perché non si può applicare questo sistema energetico". uno vale uno, il Nobel vale come l'elettricista sulla rete ... i progetti verranno messi dentro, e ci seguiranno i nostri ... da me, essendo un comico, non accettano certe teorie economiche, che non sono mie ma sono di premi Nobel”.

E ancora: “A me, essendo un comico, non accettano certe teorie economiche, che non sono mie ma sono di premi nobel. Io sono un curioso, ho girato il mondo, sono andato nei centri tecnici, per esempio negli istituti svizzeri, nei politecnici di Zurigo a vedere come progettavano le cose, sono stato a far la spesa in un supermercato tedesco, allora ho visto la differenza, ho visto come uno yogurt al mirtillo, che faceva seimila chilometri in un camion, mi sono aperto la vista e ho visto che la politica è dietro le cose più innocenti ... il mercato racconta delle balle, una lattina dovrebbe costare un milione di euro, per i danni che fa ... un milione di litri di latte materno che viene prodotto dalle mamme non vale nulla, un litro di latte della Nestlè vale quattro euro” (l’intervista completa può essere vista qui).

La convinzione, a più riprese sbandierata, che uno valga uno e che il vincitore di un premio Nobel, sulla rete, valga come l’elettricista, è una sciocchezza pericolosa, che nega ogni principio di meritocrazia e soprattutto alimenta l’incapacità di relazionarsi alla complessità. Non sempre uno vale uno. Il talento, la preparazione e l’esperienza contano, e non meritano di essere svilite dalle arroganti semplificazioni grilline.

Se una delle “migliori menti” invocate da Grillo avesse qualche interesse ad ascoltare le castronerie economiche proferite dal guru, lo ammonirebbe sugli effetti distruttivi di benessere che avrebbero “4-5 anni di povertà”. Perché la relazione tra reddito e felicità è, appunto, complessa e non lineare, e se è giusto e saggio arricchire l’analisi economica con una maggiore attenzione per le varie dimensioni del benessere (ed è proprio di questo che si occupano i due autori di questo articolo), la lotta alla povertà e alla disoccupazione devono essere una priorità di qualsiasi governo, e con un tasso di crescita negativo tutto diventa drammaticamente più difficile.

Questo non significa che non si deve studiare la teoria della decrescita, di per sé ricca di spunti interessanti, e capire se e come è possibile implementare alcune sue implicazioni di politica economica nell’azione pubblica. Ma è necessario essere consapevoli che, nel breve periodo, ogni riduzione della produzione si riflette essenzialmente nella riduzione dell’occupazione e ha costi sociali molto elevati (altroché riforma Fornero). Un conto è declinare con più petali la rosa del segno “più”. E un altro è farla appassire, sicuri che da quello “meno” possano sbocciare felicità e progresso sociale.
Luciano Canova e Fabio Sabatini per Micromega

lunedì 8 aprile 2013

UNA FACCIA DA SCHIAFFI



Che magnifica faccia da schiaffi. Mai vista una faccia che si presti così bene ad essere sbeffeggiata, dileggiata, spernacchiata, in una parola schiaffeggiata. Non gli sono bastati, a Bersani, i sonori ceffoni ricevuti da Grillo e il suo sgangherato movimento. Ne reclama a gran voce altri, magari sotto forma di calci, pugni o pizzicotti. E’ un formidabile punching ball, un ottimo incassatore. E’ rimasto l’unico, in questo paese, a credere di poter formare una colazione ed un governo con il movimento 5 stelle. Glielo hanno detto in tutti i modi, ingiuriandolo, coprendolo di contumelie, paragonandolo ad un morto che cammina, niente, non la vuole capire. Eppure non dovrebbe essere difficile. Grillo, un clown prestato alla politica, ha un pensiero fisso: mandare il paese a sbattere contro un muro. Non gli importa né il come né il quando, l’importante è sfasciare l’Italia, farla sfracellare in fondo ad un dirupo. I grillini chiedono a gran voce di poter governare con un surreale monocolore perché sanno benissimo che non è matematicamente possibile: l’unica cosa che sanno fare bene è demolire, distruggere, destrutturare il sistema paese fino a renderlo un cumulo di macerie fumanti. Vi chiederete il perché, cosa ci guadagnano. Non esiste una motivazione fondata, razionale, il movimento di Grillo è una setta religiosa sul modello di Scietology, non esiste dialettica interna, non esiste la modalità del confronto con gli altri (tanto è vero che nessuno di loro partecipa a dibattiti come tutti gli altri), esiste solo l’obbedienza cieca al capo e al suo suggeritore, Casaleggio-Goebbels. Così Bersani, dopo averle prese di santa ragione ed aver raggiunto vette di umiliazione inarrivabili, piuttosto che formare un governo di larghe intese, straparla di “confronto in Parlamento con le altre forze politiche” sperando di raccattare qualche voto qua e là, per andare avanti qualche settimana. E’ possibile essere, alla sua età e con la sua esperienza politica, così miopi, così autolesionisti? E’ proprio vero che solo la sinistra sa farsi del male come pochi altri. Ora, stabilito che con i grillini non è possibile fare alcunché, un po’ perché sono totalmente impreparati a tutto, un po’ perché l’unica cosa che vogliono fare è l’opposizione, non rimangono molte opzioni. Andare alle urne a giugno con la stessa inaudita legge elettorale equivale a conseguire un risultato fotocopia delle precedenti consultazioni. Sarebbe un altro spreco di tempo e denaro. Anche Napolitano, per evitare un danno ancora maggiore, ha preferito inventarsi l’escamotage all’italiana dei comitati dei dieci “saggi”, nulla di più inutile e ridicolo. Sono al lavoro da diversi giorni e non hanno prodotto granchè, se non la solita minestra e le consuete ovvietà. Evidentemente è un prendere tempo in attesa che il PD e il PDL si diano una svegliata. Abbiamo sempre aspramente criticato tutto quello che ha rappresentato per questo paese Berlusconi, ma, al punto in cui siamo, con una crisi economica che ci si divora, appare ovvio che la strada indicata da Renzi sia l’unica percorribile. Il PDL è quello che è, Brunetta lo rappresenta molto bene, con la sua proverbiale ottusa civetteria. Non è sicuramente facile intendersi con certa gente, ma è pur vero che ad un Brunetta corrispondono anche un Lupi ed uno Schifani che non sono da buttare. E’ vero che bisogna turarsi il naso, ma il risultato delle urne non dà scelta. E allora è meglio un governo di larghe intese, di scopo, che realizzi quegli otto o dieci punti che rappresentano altrettante riforme irrinunciabili, prima di tornare , magari fra un anno e con una nuovo legge elettorale, alle urne. Se Bersani non capirà una verità così elementare e continuerà a corteggiare i grillini invece di mettere mano ai provvedimenti più urgenti, il paese andrà a sbattere contro un muro, e alla sua faccia sarà somministrata una dose aggiuntiva di ceffoni.

ULTIM'ORA
Alla trasmissione televisiva "Agorà", intervistato da un giornalista sulla possibilità delle larghe intese, Bersani ha risposto testualmente: "Mi ci vedete in un governo con Renato Brunetta?". Beh, si tratta di qualcosa su cui riflettere. Non esiste nessun altro uomo al mondo che, in una così piccola statura, riesca a racchiudere tante cattive qualità. E' arrogante, velleitario, bolso, bugiardo, impreparato su tutto, tracotante. Non capisce nulla di economia e finanza e si taccia di essere un economista. Siamo sicuri di volere il ritorno, magari allo stesso Ministero che occupava, quello della Funzione Pubblica, di un simile personaggio? La sola idea ci fa rabbrividire. Brunetta è il Tigellino di Nerone, il consigliere fraudolento di Berlusconi. Dante lo avrebbe precipitato nella malebolge, in uno degli ultimi gironi infernali, accanto a Lucifero. Non ce la sentiamo di dare torto a Bersani su questo punto. Un governo di larghe intese è fattibile, ma una pregiudiziale da anteporre prima di ogni trattativa è che un tristo figuro del genere sia escluso da qualunque dicastero. Piuttosto sarebbe preferibile ritornare al voto, ma Brunetta no, sarebbe troppo.