No, non è un primo maggio di
festa. E’ solo il titolo di una canzone, tragica e beffarda, di Claudio Lolli,
un cantautore troppo spesso dimenticato, tratto dall’album “Ho visto anche
degli zingari felici”, e ascoltabile cliccando qui. C’è poco da festeggiare, la disoccupazione
giovanile , quella ufficiale, è arrivata a toccare il 38,4%, quella reale ci
racconta che un giovane su due non trova lavoro. C’è persino qualcuno, dalla Commissione
europea (come sembrano lontano le pesanti, inutili e paludate istituzioni
europee…) che profetizza un principio di crescita, per il nostro paese, a
partire dalla fine del 2013. Ma chi vogliamo prendere in giro? Ha ragione la
Merkel, quella stessa Merkel che ci ha condotti fin qui, di crescita, in
Italia, se va bene , se ne parlerà a partire dal 2015, altro che favole. Ci
troviamo schiacciati come sardine in un pullman che sta per andare a sbattere
contro un muro. Oltre al lecito dispiacere che proviamo per noi stessi, si
aggiunge il rammarico per un uomo, Enrico Letta, che meritava una sorte
migliore. Abbiamo apprezzato tutti il suo discorso alla Camera e quello al
Senato. Ha messo insieme, con una abilità diplomatica e una capacità di
mediazione straordinarie, un governo presentabile, con idee ragionevoli ed
equilibrate. Ma già alla prima uscita, il Cavaliere si è messo per traverso: o
l’IMU viene abolita e restituita, o ce ne andiamo a casa. E’ ovvio anche per il
più sprovveduto che non solo è paradossale restituire l’IMU già versata, ma è
anche impossibile abolirla tout court. I proprietari di seconde e terze case devono continuare a pagarla, per
il semplice fatto che i Comuni, privati di questo gettito, sarebbero costretti
a cancellare i servizi alla persona. E questo è solo il primo ostacolo. Ve lo
immaginate che cosa accadrà quando, se il governo durerà abbastanza, il nodo
della Giustizia arriverà al pettine? Che cosa dobbiamo fare per liberarci una
volta per tutte di Berlusconi? Ci vorrebbe un salvacondotto, una sanatoria
eterna che cancelli con un colpo di spugna tutte le sue innumerevoli pendenze
giudiziarie. Basta che si tolga dalle scatole una volta per tutte. Che se ne
vada nell’isola di Anguilla, che ha acquistato, o in una parte qualsiasi del
mondo che disti da Roma almeno 10.000 km. Un governo di larghe intese, o, per
essere più precisi, del Presidente, perché di questo, nonostante le flebili
smentite di Napolitano, si è trattato, va bene, andrebbe benissimo, gli stessi
tedeschi lo hanno sperimentato. Ma non avevano Berlusconi. Napolitano è stato
pregato in ginocchio da tutti i partiti
(eccetto il M5S) perché togliesse le castagne dal fuoco e desse vita ad un governissimo,
accollandosi una responsabilità che non poteva partire da un partito come il PD
che ha fatto dell’antiberlusconismo la sua bandiera. E’ dunque possibile, se
non auspicabile, un governo di emergenza, di “scopo”, che vari quei
provvedimenti economici irrinunciabili, che modifichi il porcellum, che possa
essere latore in Europa della posizione più keynesiana possibile, spingendo l’acceleratore
dello sviluppo e della crescita, accantonando temporaneamente il rigore e l’austerità.
Ma con Berlusconi tutto si complica. Quest’uomo sarebbe capace di sfasciare
questo governo e far sciogliere le camere tornando al voto con questa
miserabile legge elettorale, qualora i suoi smisurati conflitti di interesse corrano il rischio di essere intaccati, o una qualsiasi condanna penale cominciasse
pericolosamente ad aleggiare intorno alla sua persona.
Enrico Letta ha fatto quello che
ha potuto, nel migliore dei modi, gli siamo, credo, tutti grati. Dispiace che
il suo tentativo, nobilissimo, sia quasi certamente destinato a naufragare per
mano di plurindagati come Berlusconi o di inetti velleitari come Brunetta. E’
un vero peccato, perché la navigazione sta prendendo una brutta piega, e non
vorremmo ritrovarci al timone il comandante Schettino. I mercati, che conoscono
Silvio Berlusconi molto meglio di noi italiani (considerato il fatto che 10
milioni di connazionali continuano a votarlo), sanno bene che l’esperimento non
può durare e che la probabilità di un naufragio è altissima. Per questo,
nonostante la discesa temporanea dello spread, rimaniamo dei sorvegliati
speciali. Ci guardano con scetticismo,
ed un esperimento che all’estero in qualsiasi altra nazione europea sarebbe
stato coronato da successo, qui da noi è ad altissimo rischio. Il Cavaliere può
staccare la spina quando vuole o quando gli conviene, trascinando il paese
nella catastrofe. Per questo motivo, per
quanto Enrico Letta sarà accolto con grande educazione e garbo nel suo tour
europeo, l’apertura di credito che ci stanno facendo i mercati è limitata nel
tempo e nella sostanza. Lo conoscono il Cavaliere, noi che siamo i suoi
connazionali, continuiamo a farci prendere per i fondelli da un pifferaio
magico.
Non è un primo maggio di festa,
nonostante il titolo, è un primo maggio duro, amaro, severo, tutti sentiamo che
non è finita e che non finirà presto, che non se ne esce con questa classe
politica, che la discesa è ancora lunga e la risalita una chimera. Il concerto,
che con stanca abitudine, ripeterà anche quest’anno il suo inutile rito, non
farà che accentuare dolorosamente la frattura tra la dimensione onirica del
sogno e la triste realtà di tutti i giorni.