giovedì 25 aprile 2013

LA FINTA DEMOCRAZIA DELLA RETE



Si fa un gran parlare, soprattutto da parte del movimento 5 stelle, ma non solo, della “democrazia della rete”, che da strumento diventa un fine, che da mezzo diventa un obiettivo. Gli argomenti li conosciamo tutti a menadito: occorre stare al passo con i tempi, la tecnologia si evolve, è alla portata di tutti, ormai smartphone, Iphone, tablet e notebook sono noti a tutti, è cambiato il modo di comunicare, la comunicazione si globalizza, diventa più veloce, persino il Vaticano si avvale di Facebook o Twitter, i social network hanno cambiato fisionomia alla società e alle reti di relazioni che si stabiliscono tra cittadino e istituzioni e via discorrendo. Ora, tutta questa serie di imbecillità è diventato un tormento quotidiano. Si tratta di luoghi comuni, di frasi fatte di una banalità sconcertante, che sarebbero innocue se pretendessero solo di fotografare una condizione comunicativa, diventano pericolose se utilizzate in campo sociologico o, peggio, politico. Può darsi che prima o poi si arrivi anche da noi all’agognata meta di un uomo, una macchina, ma per adesso siamo molto lontani. Solo un paese remoto e di 350.000 abitanti come l’Islanda si avvicina a queste proporzioni, ma in quella landa desolata comunicare è più di una necessità.  Noi siamo un paese di oltre 60 milioni di abitanti, in cui la dimensione dell’analfabetismo informatico è ancora elevata e con una popolazione di anziani di parecchi milioni. Ora, se l’analfabetismo alligna anche tra non pochi quarantenni, figuriamoci se una persona di ottanta anni ha voglia di rimettersi a studiare le basi informatiche indispensabili per avvalersi correttamente di questo mezzo. A loro basta saper usare il telefono cellulare per chiamare il figlio in caso di necessità e, al massimo, inviare qualche SMS. Non possiamo biasimarli. Il primo limite, quindi, della “democrazia della rete, è il numero. Vengono tagliati via diversi milioni di italiani che non posseggono un computer, non capiscono nulla di informatica (il leitmotiv è “ah, io di queste cose non capisco niente, in casa fa tutto mio figlio…”), e altri milioni di pensionati che non hanno voglia di tornare a scuola di informatica di base. Ma c’è dell’altro. Quello che vediamo e che apprendiamo dal web non è, ovviamente, la realtà. E’ solo una sua rappresentazione filtrata e distorta dalle nostre opinioni personali. Se si prescinde dai soli siti delle agenzie di stampa (Ansa, Adn Kronos ecc.) tutti gli altri vi daranno la loro versione della realtà, che è cosa ben diversa dalla realtà stessa. Lo stesso non accade in televisione, dove il dibattito tra più persone con ideologie e visioni del mondo differenti, garantisce un minimo di imparzialità. Sulla rete si trovano blog o siti internet che fanno capo a singoli o a organizzazioni, movimenti di parte che forniranno, commentandola, una visione della realtà completamente faziosa e mai obiettiva. Se ci colleghiamo con il sito dei grillini, non possiamo pretendere che ci fornisca un quadro esauriente delle cose che avvengono nel mondo politico e sociale. Troveremo un certo numero di post, regolarmente tendenziosi, diffamanti, insolenti, arroganti, zeppi di volgarità e ingiurie per tutto e tutti. Ma anche collegandosi ad altri siti che dovrebbero garantire una maggiore trasparenza, troveremo la stessa rappresentazione della realtà poco fedele e poco imparziale. E’ normale che sia così: il web è uno strumento che non deve, come dicevamo, essere confuso con il suo fine. Non fa informazione, è un veicolo di opinioni, di pareri, di tendenze ben determinate e circoscritte. L’informazione sul web ha questo di caratteristico: non ha contraddittorio, l’autore che scrive il pezzo può dire quello che vuole, anche una serie di asinerie (come spesso fa Grillo) e nessuno può contraddirlo se non sul suo sito internet personale. E non mi venite a parlare di Twitter  o Facebook: chi posta qualche tweet, come si dice oggi, non è detto che non venga censurato da chi ospita il forum. Grillo stesso non pubblica tutte le critiche che arrivano nei suoi confronti, a volte perché sono solo stupide o volgari, altre volte perché non gli conviene essere sommerso da pareri contrari alla sua linea. Per questo abbiamo più volte rilevato che l’assenza imposta agli iscritti al movimento 5 stelle da qualsiasi talk show televisivo è la cosa più antidemocratica che esista. Una regola fondamentale del sistema democratico è il confronto, se tutti i dibattiti si svolgono senza un esponente del terzo polo scaturito dalle elezioni politiche, è ovvio che l’informazione risulterà monca e parziale. La televisione, con tutto il male che se ne possa dire, ha il pregio di arrivare, lei sì, proprio da tutti i cittadini, nessuno escluso, e il metodo del dibattito televisivo con il conseguente confronto di idee rende l’informazione più completa ed ha il pregio di essere accessibile a tutti, senza distinzione di classe sociale o culturale.  Il mondo informatico di Grillo è affascinate ma non è realistico perché taglia fuori milioni di persone, perchè è autoreferenziale, e perché cade inevitabilmente nella propaganda politica di una sola parte, la sua. Può darsi che tra qualche decennio ognuno di noi avrà la propria appendice informatica, ma fino ad allora la democrazia si esercita non solo sul web, ma anche sui giornali e sulla televisione, con buona pace dei grillini. Se il mondo fosse come lo pensano loro ci sarebbe una sorta di “aristocrazia della rete”, che escluderebbe coloro che non ne fanno uso, e questo, con ogni probabilità, è proprio il sogno, neppure troppo nascosto, di un dittatore occulto come Beppe Grillo.