lunedì 15 maggio 2017

RICORDO DI OLIVIERO BEHA



Da più di trent'anni conoscevo le grandi battaglie giornalistiche e di costume intraprese da Oliviero Beha. Gli intrighi e la corruzione nel mondo del calcio. Il doping nello sport. La denuncia di un impressionante degrado della morale pubblica e dei comportamenti dei gruppi dirigenti italiani.
Ero, poi, un appassionato ascoltatore delle sue invenzioni radiofoniche e televisive; una tra tutte "Va Pensiero" in compagnia dell'indimenticabile Andrea Barbato. Eppure, fino a qualche tempo fa l'avevo solo incontrato casualmente in occasioni pubbliche. Qualche parola, tra tanta gente.
Poi, circa cinque anni fa, Oliviero mi telefonò dicendomi che avrebbe avuto piacere di incontrarmi. Risposi subito di sì. Mi disse che era rimasto incuriosito da alcune cose che avevo scritto sui giornali e dal mio libro "oltre i partiti". Da lì partirono incontri frequenti e ripetuti nel tempo, fino alla sua prematura, improvvisa e così dolorosa scomparsa.
Erano, per lo più, colloqui disinteressati, variopinti per la diversità dei temi che ci appassionavano. Credo che ci scoprimmo reciprocamente: molto diversi da come ognuno aveva pensato l'altro prima di vederlo di persona. Via via, egli così critico verso l'insieme dei partiti, si incuriosì sempre di più della mia attività politica e, soprattutto, di quell'area di pensiero così minoritaria ma così produttiva che io presiedevo: "campo democratico".
Di quest'area diventò un libero, ma fedele compagno di strada. Gli piaceva il fatto che in essa contassero le persone e non i gruppi di potere, le cordate e la faziosità correntizia. Le persone, per Beha, erano il mistero e anche la risorsa alla quale egli si affidava con più sicurezza. Mi ripeteva con insistenza quanto fosse sfasciato il paese e misera e ignorante la maggioranza dei politici. Il suo sguardo era severissimo, realistico, senza false illusioni.
Eppure, anche nella più intensa oscurità, trovava uno spiraglio per combattere e ricominciare: appunto, la resistenza, la ricchezza, la voglia di riscatto, l'esperienza delle persone. Molti hanno ricordato, in queste ore, come Beha sia stato un professionista libero, non ricattabile, non omologabile; per questo, aggiungo io, anche un po' solo e grandemente non utilizzato rispetto alle sue doti.
Si è ricordato, anche il suo carattere spigoloso fino a "rompere le scatole". Una sorta di anarchico, in polemica un po' con tutti. Non so. Se è stato anarchico, lo è stato per un accesso di amore verso le regole, la correttezza, il senso di responsabilità personale e civico. Un eccesso di identificazione con la Repubblica.
Sentimenti, questi, così poco frequentati dagli ambienti italiani che contano, dalle lobby, dai percettori delle mille rendite, dai responsabili delle decisioni. Anarchico, perché autoespulso da una facile normalità che non gli piaceva e che non accettava.
Forse "rompi scatole": perché rigoroso nei comportamenti, anche quelli interpersonali. Non gli piacevano le promesse non mantenute, lo sgarbo di una telefonata annunciata e poi non fatta, una riunione saltata con una qualsiasi scusa, un "volemose bene" finto e senza sostanza. No. Rispettava i suoi amici e pretendeva di essere rispettato da loro. Questo è stato, forse, il segreto della nostra grande amicizia. Un'amicizia che me lo ha fatto scoprire dolcissimo, delicato, attento al dolore e avido di imparare dall'esperienza.
All'improvviso, qualche settimana fa, giustificandosi per non esser potuto venire alla Cappella Orsini per un incontro a cui tenevamo entrambi, mi comunicò che aveva avuto un piccolo ictus. Qualche giorno dopo disse che gli esami avevano scoperto un male peggiore. Da allora ci siamo sentiti molte volte per telefono.
Non voleva parlare di sè, diceva che sicuramente si sarebbe ripreso. Poi, che il mese dopo sperava che fosse migliore di quello prima. Poi, avvertii una silenziosa rassegnazione. Voleva, tuttavia, continuare a scambiare le nostre opinioni sulla politica e mi incitava a continuare nel lavoro che avevamo intrapreso insieme.
Non un lamento, non un auto commiserazione, non un rimpianto. Con la serenità e la forza di un uomo giusto si è, cosi, rapidamente spento. Lasciandoci interdetti e più soli. E lasciando una famiglia unita, larga e straordinaria; alla quale rivolgo i sentimenti più cari di solidarietà.
Goffredo Bettini – Huffington Post