lunedì 29 maggio 2017

IL DEBITO CALERA’. PADOAN MENTE SAPENDO DI MENTIRE



Il debito pubblico italiano si è stabilizzato, ha smesso di crescere e non potrà stare fermo per molto tempo, scenderà rapidamente»: lo aveva assicurato, il 24 maggio 2016, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan all’Ecofin a Bruxelles, confermando come il governo prevedeva una discesa già quell’anno. Nel Def di aprile il governo stimava che il rapporto debito/Pil sarebbe sceso dal 132,7% del 2015 al 132,4% nel 2016, per poi calare al 130,9% nel 2017, al 128% nel 2018 e al 123,8% nel 2019.
AFFERMAZIONI GIÀ SENTITE. Secondo le stime di allora della Commissione Ue, il debito italiano avrebbe cominciato invece a scendere solo nel 2017, un anno dopo il previsto, ma il ministro da un lato ha ricordato che «rispetto a qualche mese fa l'inflazione in Italia si è rivelata più bassa di quella attesa e quindi la crescita nominale è molto più bassa, ed è la crescita nominale, non la reale, che determina la dinamica del debito». Dall’altro ha aggiunto però: «Continuiamo a prevedere per il 2016 l'inizio della discesa del debito e questo dipende da una diversa valutazione che noi facciamo in tema di privatizzazioni rispetto a quella delle istituzioni internazionali». Va ricordato che anche il Fmi ha definito «difficile» il calo del debito italiano già dal 2016. Simili affermazioni le aveva già anticipate alla Camera, a fine gennaio 2016.
L'INPUT DI RENZI. Il debito pubblico italiano scenderà nei prossimi anni anche nel caso in cui il Pil dovesse diminuire, aveva affermato il ministro dell'Economia durante il question time alla Camera, citando alcune delle previsioni sui conti pubblici italiani redatte a livello internazionale (Ue, Ocse, Fmi). «Il debito comincerà a scendere a partire dall’anno prossimo», aveva detto ancora prima in un’intervista a Bloomberg il 6 settembre 2015, dopo che l'allora premier Matteo Renzi, nel suo intervento al forum Ambrosetti del 5 settembre 2015, aveva ribadito la necessità di un calo dal 2016.
Stiamo andando nella direzione giusta, forse staccheremo gli altri e questo sarebbe un vantaggio per Europa nel suo complesso
Pier Carlo Padoan
«Stiamo andando nella direzione giusta, forse staccheremo gli altri e questo sarebbe un vantaggio per Europa nel suo complesso»: così sempre il ministro, in un’intervista alla tivù Class Cnbc, tirando la volata a Renzi secondo il quale l’Italia punta a conquistare la maglia rosa nella crescita. «Il piano Juncker è uno strumento importante», aggiungeva. «Spero dia una grossa mano al Paese e all’Europa nel suo complesso. Per sfruttarlo al meglio l’Italia deve imparare a fare progetti e a usare strumenti pubblici». Stessi concetti espressi il 18 dicembre 2014, al Congresso della Lega Coop. Peccato che la realtà sia invece diversa, profondamente diversa.
SITUAZIONE DRAMMATICA. Pubblichiamo in calce una tabella riepilogativa del debito pubblico italiano, dalla quale emergono dati drammatici. La crescita annua è sempre significativa, nonostante il bassissimo livello degli interessi passivi che gravano sui titoli emessi dal Tesoro. Negli ultimi anni si è un po’ ridotto il trend di crescita, e si è passati da un aumento di 80 miliardi di euro circa all’anno a uno di circa 40. Però nei primi tre mesi del 2017 l’aumento è stato di 42 miliardi, 14 al mese, crescita storica, pur influenzata da effetti di stagionalità. Non possiamo stare tranquilli, con il debito che abbiamo; le affermazioni-placebo che ci vengono somministrate prima o poi perderanno gli effetti e la situazione emergerà in tutta la sua drammaticità. Il debito pubblico italiano è un mostro che nessuno saprà mai domare, al di là delle chiacchiere e dei proclami. Anzi, è una situazione che tutti cavalcano, alla grande, finché dura.
STESSO REFRAIN SULLE TASSE. Ora però siamo ancora più preoccupati. Padoan sta dicendo che ridurrà anche le imposte (17 maggio 2017). Speriamo proprio non accada come per il debito. Già in aprile aveva affermato, nel corso di un’audizione al Senato sul Def, che il governo intende evitare ogni aumento dell'Iva e procedere sulla strada del taglio alla pressione fiscale con misure credibili. Un anno prima (6 giugno 2016) aveva detto che la pressione fiscale «continuerà a scendere nei prossimi anni anche se non facessimo interventi specifici». Scenderà al 40% «non so se entro la legislatura» ma in ogni caso «in pochi anni», così a Porta a Porta. Anche la crescita «si rafforzerà perché dobbiamo vedere ancora in pieno l’impatto delle riforme strutturali, compresa la riforma costituzionale». Ma c’è da crederci?
Giuseppe Rebecca – Lettera 43