martedì 30 maggio 2017

NON ESISTONO TERAPIE CON ACQUA E ZUCCHERO



Un curioso fenomeno ha lungamente interessato gli storici prima di trovare una spiegazione scientifica. Dall'anno Mille alla fine del XVIII secolo, si trovano resoconti di episodi di impazzimento collettivo che presentavano caratteristiche particolari: avvenivano improvvisamente; erano circoscritti a particolari zone dell'Europa - diverse ma sempre nel Nord Europa - che non avevano precedenti storie di follia; come erano comparsi, altrettanto improvvisamente scomparivano. Tali fenomeni erano collettivi, nel senso che coinvolgevano tutta la comunità della zona, erano caratterizzati anche da atti di violenza e in ogni caso da manifestazioni esagerate e incontrollate, da qui il detto popolare di "ballo di S. Vito" o "Tarantolati". A detta degli studiosi, l'ultimo di questi fenomeni è stato quello noto come "la Vandea Bianca".
Pazienti ricerche hanno incrociato tutti i dati disponibili ex post, mettendo in relazione i luoghi e i periodi in cui queste vere e proprie, seppur particolari, epidemie si manifestavano, con vari possibili fattori causali. Alla fine, è emerso che queste manifestazioni erano i sintomi neurologici di una particolare forma di intossicazione prodotta da una muffa della segale cornuta, con la cui farina è prodotto il pane in molte zone del Nord Europa. Questa muffa velenosa si sviluppava nella segale conservata nei granai solo in certe zone e solo in presenza di particolari condizioni ambientali: estati particolarmente umide e inverni particolarmente miti. Il termine "particolarmente" definisce un range specifico di temperatura/umidità al cui interno si verificava il fenomeno del fungo che intossicava il sistema nervoso dei nostri antenati. Non è stato semplice capire bene tutto il meccanismo, ma la scienza permette anche questo.
Ora, un'altra epidemia - anche più grave - sta avvelenando mentalmente tante persone, al punto da portarle alla loro stessa morte, o alla morte dei loro figli, cioè quanto di più caro un genitore possa avere: sto parlando della scelta di curarsi con metodi privi di efficacia, che equivale a scegliere di non curarsi. Quando la malattia è potenzialmente mortale, la scelta di non curarsi può significare morire.
La premessa di partenza è metaforica, va presa analogicamente, ovviamente non ci sono sostanze alimentari che possano ragionevolmente essere chiamate in causa come fattori responsabili, anche perché la scelta di medicine cosiddette alternative - spesso spacciate per naturalistiche - generalmente si accompagna a forme altrettanto naturalistiche di alimentazione, che vanno dalle scelte vegane in giù, fino a estremi difficili anche solo da immaginare.
I casi stanno aumentando drammaticamente, sia in termini numerici sia in termini di gravità delle conseguenze; ovviamente, i casi che arrivano a fare notizia sono quelli dagli esiti tragici, come appunto la tragedia che ha coinvolto il piccolo Francesco, il bambino morto ad Ancona per un'otite curata con farmaci omeopatici, cioè non curata. Questa è solo la punta dell'iceberg: sono 10 milioni gli italiani che si curano con l'omeopatia: è il 20% della popolazione, nel 2000 erano 6 milioni secondo il Rapporto Italia 2017 di Eurispes.
Fortunatamente, non tutti i casi di malanni trattati con rimedi omeopatici hanno esiti tragici, ma di certo tutti hanno esiti nulli, data la comprovata inefficacia dell'omeopatia nei numerosi trial clinici controllati randomizzati: è puro effetto placebo, che si può avere gratuitamente, mentre la cura omeopatica oltre che inefficace è anche costosa (e sugli aspetti economici torneremo presto). E, ripeto, fortunatamente pochi medici sono come il dottor Massimiliano Mecozzi, che ha una storia molto particolare: quando c'è una malattia seria, conosciuta nelle sue origini e per le sue possibili conseguenze, di cui esiste un protocollo di cura ben stabilito e validato, com'è il caso delle infezioni batteriche, la maggior parte degli omeopati responsabili prescrive un antibiotico. Quelli che non lo fanno, come il soprannominato, dovrebbero essere mandati per un anno in qualche ospedale pediatrico africano, come il Centro cardiochirurgico "Salam" di Kartum, uno degli ospedali di Emergency, a vedere di persona - come ha visto chi scrive - che cosa produce la "naturalezza" dell'infezione batterica non curata quando finisce nel sangue.
Parliamo di omeopatia perché è la medicina alternativa più famosa e diffusa, ma accomuniamo in questa nostra analisi tutta la medicina alternativa, compreso il famoso "metodo Hamer" che tragicamente, come per Achille seppur meno nobilmente, "molte anzi tempo all'Orco generose travolse alme d'eroi". I casi sono recenti e sono ancora nella memoria di tutti.
Più che di eroi, rimanendo in metafora, parlerei di vittime innocenti, vittime di un'epidemia, o meglio di una pandemia. E le pandemie vanno prevenute laddove possibile con vaccinazioni individuali - per i naturisti un altro anatema - e curate con trattamenti a livello di popolazioni.
Soffermiamoci, però, prima sulle responsabilità di sistema. Per quanto tempo la scienza e la medicina - le definisco solo così senza ulteriori aggettivi caratterizzanti, perché non ne hanno bisogno - hanno quantomeno tollerato, se non anche incoraggiato, la nascita e la sopravvivenza di aberrazioni pseudo-terapeutiche incontrollate, quindi senza prove di efficacia, quindi potenzialmente dannose? Ci sono state molte pressioni per inserire l'omeopatia nelle facoltà di medicina e chirurgia, proposta scellerata che fortunatamente non è andata a buon fine.
Nell'ottobre 2016 Giovanni Gorga, presidente di Omeoimprese, scriveva su Il Sole 24 Ore: "L'omeopatia va in serie A", compiacendosi del fatto che "da oggi non si parla più di prodotto, rimedio o altro bensì di 'farmaco' vero e proprio", ma anche lamentando il fatto che l'omeopatia per molti accademici restava e resta ancora un tabù. Meno male. Io continuo a sostenere che "farmaco omeopatico" sia una contraddizione logica in termini. Va ricordato, per par condicio, anche che su Il Sole 24 Ore scrive Gilberto Corbellini, Ordinario di Storia della Medicina e autore di taglienti articoli in favore del metodo scientifico e contro le frodi e le falsità scientifiche: anche lui a suo tempo si era occupato di Wakefield e dei vaccini.
Tornando agli interventi, quello vaccinale preventivo non può che essere culturale: agisce sulle popolazioni e richiede tempo. È un intervento da Nudging, la spinta gentile di cui abbiamo già parlato. Ricordiamoci che l'Italia è storicamente paese in Europa con bassissimo livello culturale, misurato con la percentuale di persone laureate (solo la Romania si colloca dietro di noi), con il più basso consumo di libri e giornali – a chi importa? Tanto ora ci sono i post altrui su Facebook che ci istruiscono - e con uno dei più alti tassi di analfabetismo funzionale o di ritorno, cioè le persone leggono ma non capiscono e non sanno ripetere quello che hanno letto (ci ricordiamo ancora cosa ci veniva richiesto a scuola? "Ora ripetilo con parole tue"). Parliamo di percentuali attorno al 50% della popolazione, e sono destinate ad aumentare: i dati all'epoca raccolti dal mai abbastanza compianto linguista Tullio De Mauro sono ancora tristemente attuali.
E poi l'abbiamo visto con la polemica relativa ai vaccini: i credenti, in quanto tali, credono e non si convincono con le evidenze, c'è sempre una teoria complottistica che giustifica e spiega tutto e il suo contrario. Io li chiamo i credenti, o "webnubilati", mentre Enrico Mentana coniò il termine "webeti". Si tratta di coloro che non leggono i giornali, pieni di menzogne e falsità prezzolate, ma solo i sacri blog della purezza e verità: sono tanti, fanno tanti soldi, più bufale pubblicano più fanno soldi e più tenti di smascherare le bufale più i credenti si radicalizzano e credono più fortemente di prima, attivando un classico effetto backfire. Ora abbiamo scoperto, grazie al giornalista Jacopo Iacoboni, che si sono messi in mezzo pure gli hacker russi. Ma di questo parleremo un'altra volta.
Al netto dei bias, della copertura mediatica che hanno tragedie come quella di Ancona e della conseguente euristica della disponibilità, per cui il fenomeno per le persone risulta ingigantito, non c'è dubbio che il numero di persone che si affida a medicine alternative (scritto tra mille virgolette) è in aumento, i dati lo dicono chiaro.
C'è un comun denominatore alla base di questa follia. Abbiamo visto che per troppo tempo anche il mondo scientifico ha avuto un atteggiamento laissez-faire, talvolta anche compiacente, lasciando che un sottobosco di interventi senza efficacia - spacciati per medicina alternativa - proliferasse e facesse affari fin troppo a lungo. Pagano i più deboli e incolpevoli: i bambini.
Far affari: questa è una parola chiave. Basta prestare attenzione a quanta pubblicità passa nelle stazioni radio, durante l'inverno, per promuovere i farmaci omeopatici contro l'influenza senza effetti collaterali di una nota ditta francese di prodotti omeopatici, descritta dal proprietario come un'impresa familiare ma che ha quattromila dipendenti ed è quotata in borsa: non esattamente il profilo di una piccola o media impresa.
Girano molti soldi, ma stranamente i credenti in questo caso non si sono posti gli stessi interrogativi che pongono rispetto ai soggetti definiti "Big Pharma". Eppure, tempo addietro, negli Stati Uniti, qualcuno ha iniziato una class action proprio contro quel prodotto antinfluenzale che contiene solo acqua e zucchero. Come sappiamo, gli statunitensi sono molto pragmatici: non sono riusciti a fermare Al Capone per la Strage di S. Valentino, ma ci sono riusciti incriminandolo per evasione fiscale. La class action è già costata molto cara all'industria in oggetto, condannata a risarcire 12.5 milioni di dollari, ed è solo la prima, e nel tempo costerà caro anche l'obbligo di scrivere chiaramente sulle confezioni che il prodotto non è riconosciuto come farmaco dalla FDA.
Un'altra class action analoga è già partita in Quebec. Solo qualche anno fa, la stessa azienda aveva minacciato di adire le vie legali contro uno studioso italiano che in un blog, come questo, aveva osato parlare dell'inefficacia dei preparati omeopatici, inefficacia che centinaia di ricerche indipendenti e controllate hanno dimostrato ampiamente. I tribunali americani hanno aggirato il problema, poiché dichiarare di contenere ciò che un prodotto non contiene costituisce pubblicità truffaldina. Semplice.
Siamo tutti, almeno a parole, molto critici con Internet, compreso chi ha creato noti social network. Siamo in molti consapevoli che siamo intossicati digitali. Facciamo però attenzione a non dare la colpa anche di questo a Internet. Chi cercava le medicine alternative esisteva anche prima di Internet, solo che le cerchie comunicative sociali erano ristrette. "I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli", sosteneva Umberto Eco: i social media sono un mezzo di comunicazione sociale che ha contribuito ad allargare quelle cerchie consentendo anche agli imbecilli di esprimersi appunto da imbecilli (un'alternativa comunicativa sarebbe strutturalmente impossibile), ma non sono la causa degli imbecilli. L'utente che ha scritto su un post riferito a Roberto Burioni "ho una pallottola con il suo nome pronto in canna" (scovato dal debunker David Puente) andava ricoverato d'urgenza anche prima di Internet.
Considerazione conclusiva: in quale campo della scienza trova ancora applicazione una teoria settecentesca, formulata da un medico che viveva in un tempo in cui non esisteva ancora la medicina scientifica, si ignorava l'esistenza e il ruolo dei microorganismi, non c'era un modello razionale di malattia, l'aspettativa di vita era inferiore ai 50 anni e la mortalità infantile superiore al 40%?
Prevengo un'obiezione: lo so, in quanto psicologo dovrei guardare prima le travi nella nostra disciplina e poi le pagliuzze altrui. Anche in psicologia ci sono troppi trattamenti psicoterapeutici totalmente privi o gravemente carenti di prove di efficacia. Alcuni, ciò nonostante, sono ancora popolari, soprattutto in alcune fasce sociali che in parte coincidono con quelle degli utilizzatori di prodotti omeopatici.
Per quanto mi riguarda, ho fatto le mie scelte di campo e di metodo molti anni fa e cerco di trasmettere nel mio insegnamento la mia scelta non di fede, ma di fiducia razionale nel metodo scientifico anche in psicologia, che inevitabilmente porterà all'abbandono dei trattamenti sciamanici. Se sarà, quando sarà, sarà sempre troppo tardi.
Paolo Moderato – Huffington Post