« Essere uno con il tutto,
questo è il vivere degli dei; questo è il cielo per l'uomo [...] Essere uno con
tutto ciò che vive! Con queste parole la virtù depone la sua austera corazza,
lo spirito umano lo scettro e tutti i pensieri si disperdono innanzi all'immagine
del mondo eternamente uno [...] e la ferrea fatalità rinuncia al suo potere e
la morte scompare dalla società delle creature e l'indissolubilità e l'eterna
giovinezza rendono felice e bello il mondo [...] un dio è l'uomo quando sogna,
un mendicante quando riflette [...] »
(Hölderlin, Iperione)
- LA CREAZIONE
Alla luce
dei principi e delle leggi della fisica e astrofisica moderne, e soprattutto
dei modelli cosmologici esistenti, si può escludere qualsiasi tipo di
creazione, non solo dell’uomo, prodotto dell’evoluzione della vita, ma anche
della materia. Il cosiddetto “bosone di Higgs” definito del tutto
impropriamente “particella di Dio”, con Dio non ha nulla a che vedere. E’ una
sorta di “collante” della materia, nulla di più. Le due ipotesi fondamentali
della cosmologia, quella del “big bang” e quella dell’universo “ciclico”
escludono l’intervento divino. Nel primo caso, sebbene l’universo sia tuttora
in espansione, si può supporre, ad un certo punto della sua storia, un
movimento contrario di contrazione, sino a pervenire ad un “big crunch”, il
ritorno del cosmo alla dimensione di un punto di densità infinita dal quale
potrebbe ripartire un big bang e così via. L’altra ipotesi, quella degli
universi ciclici, prevede l’esistenza di un numero indefinito di universi, che
continuano ad espandersi, come il nostro, fino al raggiungimento massimo del
grado di entropia, cioè fino al massimo del disordine possibile. La materia,
allontanandosi da un nucleo centrale, finisce col diradarsi al punto che l’universo
potrebbe essere costituito da soli buchi neri dove la materia si annichilisce.
E’ la morte termica dell’universo. Dalla costituzione di un unico buco nero di
dimensioni infinite potrebbe rigenerarsi un nuovo o altri nuovi universi,
ciclicamente. In sostanza, sebbene sotto diversi aspetti, la materia esiste da
sempre e sempre esisterà. Non c’è nessun Demiurgo che abbia dato vita
all’universo per poi disinteressarsene, così come non esiste un Dio provvido,
che crea la materia, la fa evolvere fino alla creazione della vita,
intervenendo poi periodicamente nella sua esistenza. Non dimentichiamo
che, a livello probabilistico, la nostra posizione nel cosmo è talmente
marginale da poter lecitamente supporre l’esistenza di un numero elevatissimo
se non infinito di altri mondi le cui condizioni siano compatibili con la vita.
Statisticamente la probabilità dell’esistenza di altre creature intelligenti
nell’universo è elevatissima. Queste stesse creature potrebbero avere elaborato
anche loro una teologia analoga o contraria alla nostra, sulla base delle loro
conoscenze e del grado delle loro intelligenze. In conclusione è probabile che
esistano altri esseri viventi che professino una religione non antitetica alla
nostra ma anzi, egualmente possibile. Non possiamo, in un simile contesto,
pretendere di possedere la chiave del mistero della vita, il nostro è solo un
punto di vista molto limitato e marginale.
- LA TRINITA’
Non
essendovi un Dio creatore, il dogma trinitario, di conseguenza, non ha più
alcuna ragion d’essere. Si tratta di una sofisma, una elaborazione di qualche
secolo posteriore alla vicenda di Cristo, una evidente forzatura di natura
ellenistica per giustificare il più importante dogma dell’incarnazione. In
epoca patristica, quando bisognava dare una sistemazione filosofica al
cristianesimo, sotto la forte influenza di Paolo di Tarso e dell’impianto
filosofico platonico, venne concepito, i maniera peraltro assai farraginosa, un
dogma che contemplava tre aspetti della figura di Dio. Tre persone distinte che
partecipano della stessa sostanza. Ora, se può essere comprensibile una
distinzione tra Padre e Figlio, la persona dello Spirito Santo non è che il
frutto di una elaborazione puramente umana, non essendovi in tutte le sacre
scritture alcuna traccia di tale persona. Il dogma trinitario sfiora, di fatto,
l’eresia, in quanto mette a serio rischio il monoteismo assoluto, presupposto
fondamentale del cristianesimo. Esiste un unico Dio, una sola persona divina,
le altre due non sono altro che “emanazioni”, che aspetti o riflessi dell’unica
persona di Dio.
- L’INCARNAZIONE
Altro dogma
fondamentale, che accomuna tutte le confessioni cristiane, cattoliche e
protestanti, è costituito dall’Incarnazione di Dio o del figlio di Dio in un
essere umano. Il dogma, anch’esso definito in epoca molto posteriore alla
vicenda terrena di Cristo, si rese necessario per motivare la sostituzione
vicaria del Cristo all’uomo imperfetto e peccatore. In altra parole, solo il
sacrificio della divinità stessa poteva cancellare, al cospetto di Dio, la
perdita dell’integrità della natura umana, la sua propensione al peccato, la
sua imperfezione. L’obiezione non è difficile: se Dio, che possiede tutte le
perfezioni, è onnisciente, onnipresente ecc. crea l’uomo imperfetto, lo dota di
una natura corruttibile, è evidente che prevede anche la sua caduta. La perdita
dell’Eden, la caduta dal paradiso terrestre non è altro che un mito. Dio crea
l’uomo imperfetto, messo alla prova delude le aspettative del creatore, perde
di conseguenza le prerogative dell’Eden, prima fra tutte l’immortalità. Per
riparare ad un danno che Dio aveva ampiamente previsto, il Padre manda sulla
terra il Figlio, lo fa patire e morire sulla croce per ricostituire una
integrità perduta. Il ragionamento appare, francamente, un poco macchinoso. Che
bisogno aveva Dio di farsi crocifiggere per la salvezza delle anime delle sue
stesse creature, che essendo create imperfette non potevano che deludere il
creatore. Non esiste dunque nessuna incarnazione divina in un uomo. Cristo è
stato semplicemente l’ultimo dei profeti dell’Antico Testamento. L’ultimo ed il
più importante, perché ha radicalmente riformato il giudaismo. Si badi bene,
non ha fondato una nuova religione, questo lo farà Paolo di Tarso, come
vedremo, ha riformato profondamente una religione già esistente, l’ebraismo. Ma
la sua natura era umana, solo umana.
- GESU’ CRISTO
Gesù, figura
storica fuori discussione, viene trattato dalle cronache storiche dell’epoca
come un profeta minore dell’epoca di Tiberio. La sua natura è solo umana, le
sue doti, amplificate dai suoi agiografi, sono state esagerate, come spesso
accadeva in quel tempo, in cui molti sedicenti profeti si proclamavano “l’unto
del Signore, il figlio di Dio”. Il Cristo storico, probabilmente, non si
proclamò mai tale, era sicuramente in possesso di doti particolari: le
guarigioni miracolose erano, nella maggior parte dei casi, il frutto di doti da
pranoterapeuta possedute da Cristo ed il prodotto di una possibile
autosuggestione. Il Nuovo Testamento è un libro mitologico che descrive l’epica
cristiana, non deve, necessariamente, essere preso alla lettera, non avendo
pretese di essere una scrittura storica. La sua crocifissione, un fatto
probabilmente reale, fu sicuramente dovuto al seguito sempre crescente che le
sue parole di riformatore della proverbiale ipocrisia del sinedrio ebraico
incontravano presso la popolazione della Palestina di allora. Il clero ebraico,
ancorato a privilegi e favori non indifferenti, lasciato pressocchè libero di
agire dai dominatori romani, racchiudeva nelle sue mani un potere
considerevole, è evidente, quindi, che un predicatore che considerava come
eretici i suoi componenti dovesse essere eliminato, quale scomodo elemento
disturbatore e fomentatore di disordini. L’esecuzione di Cristo non aveva
motivazioni solo religiose. L’atteggiamento permissivo del governo romano,
rappresentato da Ponzio Pilato, ne è una chiara testimonianza. Per il sinedrio
Gesù era uno scomodo disturbatore, per i romani era un perturbatore dell’ordine
pubblico. Cristo fu concepito come un qualsiasi altro essere umano, Maria non
possedeva, di conseguenza, prerogative particolari, né verginità, né,
tantomeno, immacolata concezione, un dogma, quest’ultimo, che sfiora
addirittura il ridicolo.
- LA NATURA DI DIO
Il Dio unico
è una entità assoluta, metafisica, non creatore, puro spirito di cui noi siamo
solo delle emanazioni. E’ un essere eterno, appartenente alla sfera spirituale
cui noi partecipiamo con la parte spirituale della nostra anima. Essendo solo
sue emanazioni, possedendo una sua scintilla dentro la nostra anima, a lui
apparteniamo, e a lui torneremo alla fine del nostro percorso terreno. Dio non
giudica nessuno, non essendo questo il suo compito, non ha creato degli esseri
viventi imperfetti per poi giudicare le loro azioni. Al termine della nostra
vicenda terrena, l’uomo viene riassunto nella sua essenza, torna a far parte
del suo principio vitale. Dio non è il grande ragioniere dell’universo che alla
fine della nostra esistenza fa un bilancio delle nostre opere, e su tale base
decide se comminarci la pena eterna o il Paradiso. Ci accoglie semplicemente
come un Padre, il nostro Padre celeste. In lui, la nostra anima, dopo le
sofferenze e i dolori che la vita terrena comporta, trovano pace, ristoro,
consolazione e misericordia. Torneremo a Dio perché siamo parte di Lui.
- L’UOMO
Nell’uomo
esiste una parte dell’anima, intesa come complesso di emozioni, percezioni,
sensazioni, amore, memorie, che non appartiene a questo mondo, ma lo trascende.
E’, appunto, la parte spirituale. Esiste una distinzione fondamentale tra anima
razionale (che si può identificare con il cervello e tutte le sue implicazioni
neurologiche e psichiatriche) e la sfera spirituale che, non essendo materiale,
è insondabile alla ricerca scientifica umana. Questa parte, che appartiene solo
a Dio è quella che ci consente di tornare a lui al termine della nostra vita,
conseguendo così l’immortalità. In questo senso l’immortalità dell’anima è la
prerogativa fondamentale del nostro spirito, non della nostra anima. Ritorniamo
a Dio, al nostro principio immortale. Non esistono opere meritorie, perchè
Inferno, Purgatorio e Paradiso, sono delle pure invenzioni umane, anche
piuttosto fantasiose e maldestre. Ricordiamo sempre che inferno e paradiso sono
solo delle metafore o delle allegorie di cui si servono i compilatori delle
sacre scritture, alludono all’unica realtà della vita eterna per tutti, una
volta riassunti in Dio. La fede, in questo senso, non è un mezzo per destinarci
alla salvezza, è solo un segno che possiedono alcuni uomini che riescono a
raggiungere la consapevolezza del nostro destino. La fede non costituisce
nessun merito, come le opere, è solo il mezzo con il quale l’uomo entra in
comunicazione con Dio, e comprende il proprio destino finale. Il bene si compie
come norma universale di comportamento, come imperativo categorico, è
doveroso compierlo di per sé stesso, non in vista di un tornaconto , ancorchè
spirituale.
- LE SACRE SCRITTURE
Le sacre
scritture, intendendo con esse sia il Vecchio che il Nuovo Testamento, sono da
intendersi, ovviamente non come cronache storiche ma i libri dell’epica del
popolo ebraico prima e di quello cristiano per quanto attiene il Nuovo
Testamento. Quest’ultimo, in particolare, scritto a più mani e simbolicamente
attribuito ai quattro evangelisti, riporta i racconti tramandati oralmente dai
primi cristiani, coloro che hanno conosciuto personalmente il Cristo, e i
fedeli che si sono succeduti nel tempo. I racconti orali passati di bocca in
bocca, di memoria in memoria, si arricchivano ad ogni passaggio di qualche
particolare miracolistico in più, allo scopo di alimentare la fede nel
redentore. E’ probabile che le prime narrazioni fossero del tutto verosimili,
riconducendo la figura del Cristo ad uno dei profeti dell’antico testamento,
con l’accentuazione dell’aspetto riformatore del suo predicare. Gesù, lo
ricordiamo, non si è mai sognato di fondare una nuova religione. Nel corso dei
passaggi da una generazione all’altra, la sua figura, ad opera soprattutto di
Paolo di Tarso, il vero fondatore del cristianesimo, si sono arricchiti di
testimonianze dubbie se non talvolta del tutto fantasiose, che fecero di Gesù
il Messia, il figlio di Dio morto sulla croce per la nostra salvezza. La
moltitudine di Vangeli apocrifi non fa che avvalorare questa tesi. Sono stati
accolti, in effetti, nel canone sia cattolico che protestante, solo quelle
scritture che rimarcassero l’aspetto divino della natura di Cristo. Gli altri
vangeli furono scartati essenzialmente perché facevano di Gesù una figura
esclusivamente umana. Il risultato fu che i Vangeli cosiddetti canonici sono
dei racconti allegorici pieni di simbolismi e svincolati, per buona parte,
dalla realtà dei fatti storici. Il cristianesimo propriamente detto, fu creato
successivamente da Paolo di Tarso, la cui influenza, desumibile dalle sue
celebri epistole, sui fedeli del tempo fu enorme. Egli sistematizzò anche
filosoficamente la figura di Gesù, facendone il Cristo, l’Unto del Signore,
attribuendo alla sua morte sulla croce un valore salvifico per tutta l’umanità
(la sostituzione vicaria), gettò le basi per la creazione della chiesa
cristiana, le diede una struttura gerarchica, si inventò la figura di un
“pontefice”, un rappresentante di Dio sulla terra, ed un clero ad egli
sottomesso. La distinzione, che poi generò il dogma trinitario, tra il Padre ed
il Figlio è dovuta sempre all’opera di Paolo. A rigore, il cristianesimo,
religione nata all’insaputa del suo ispiratore Gesù di Nazareth, dovrebbe
chiamarsi “paolinismo”.
- IL CULTO
Nella chiesa
cattolica i cosiddetti “papisti” pensano che un uomo come tutti noi possa
essere il vicario di Dio sulla terra. In effetti, nelle rare occasioni in cui
il Pontefice parla “ex cathedra” il suo dire è vincolante per tutti i fedeli ed
ha effetto dogmatico. E’ evidentemente una distorsione della realtà. Nessun
essere umano è in grado di rappresentare Dio in questo mondo, Le nefandezze
compiute dai pontefici nella storia sono abbastanza note a tutti per essere qui
ricordate. Non esiste nessuna differenza di grado tra fedele e sacerdote: il
sacerdote è solo un divulgatore della parola di Dio, nulla di più. Nel
cattolicesimo il prete amministra i sacramenti e la differenza con i fedeli è
di grado oltre che di funzione: egli solo può, per esempio, nell’ambito della
Messa, bere il vino dal calice consacrato. Presso i protestanti, il pastore può
avere una famiglia come un qualsiasi fedele, non amministra alcun sacramento,
la comunione avviene sotto le due specie, del pane e del vino. La “libertà del
cristiano” implica un libero esame delle scritture: in esse ciascuno di noi può
trovare autonomamente l’ispirazione che più gli si addice. Non ha senso un
apparato teologico ed un catechismo degli adulti che interpreti per noi quello
che ha stabilito il Magistero cattolico. La teologia della chiesa di Roma è
fortemente influenzata dal pensiero ellenico e dai culti precristiani: non è la
teologia di Dio. Il culto della Madonna, dei santi ecc. è pura idolatria. Il
culto mariano venne introdotto per accogliere alcune istanze femminili
nell’alveo cattolico: le donne sono tuttora escluse, paradossalmente, dal
sacerdozio, in questo modo si è cercato di usare come contrappeso un
culto della Vergine che potesse colmare l’esclusione di fatto della donna
dall’amministrazione dei sacramenti e la sua posizione di secondo piano nella
chiesa cattolica. La misoginia del cattolicesimo è nota a tutti.
L’intercessione dei santi, il traffico delle indulgenze (che esiste tuttora in
occasione, per esempio, dei giubilei), il culto mariano sono tutti esempi di
neopaganesimo presente tuttora presso i papisti. L’olimpo degli dei Dei con a
capo Zeus – Dio padre e Giunone nelle vesti della Vergine Maria. Come già
ribadito, la madre di Cristo non ha meriti particolari, non essendo “madre di
dio”, ma madre di un uomo, per quanto eccezionale, ma solo un uomo. I
protestanti rifiutano il culto mariano, considerandolo “iperdulia”, e rigettano
il culto de santi e delle immagini, considerate inadeguate a rappresentare
l’assoluto, e comunque pericolosi veicoli dell’idolatria e della superstizione.
Il culto si deve ridurre alla sola Santa Cena, il memoriale della morte di
Cristo, l’ispiratore della nuova religione.
- LA GRAZIA
Da molti
secoli si sono accese dispute tra cattolici e protestanti circa il ruolo dell’uomo
nei confronti della Grazia, intesa come veicolo alla comunione con Dio e
partecipazione al suo disegno nei nostri confronti. Secondo i cattolici i
Sacramenti sono il veicolo della Grazia, e solo attraverso i Sacramenti l’uomo
si può salvare, può cioè conseguire la vita eterna. Secondo la maggior parte
delle confessioni Protestanti i Sacramenti non sono altro che simboli che
ricordano solo spiritualmente il ruolo di Gesù Cristo ed il confronto con la
divinità. In realtà non esiste una Grazia propriamente detta. Dio non ha
stabilito dall’eternità coloro che saranno salvati (predestinazione assoluta –
posizione protestante) e tanto meno l’uomo è in grado ci collaborare con la
Grazia di Dio per guadagnarsi il Paradiso (predestinazione relativa – posizione
cattolica.)Dio non stabilisce nulla circa il nostro destino, non fa bilanci
delle nostre esistenze, delle nostre opere pie e delle nostre malefatte in
questo mondo. Anche la fede, invocata da sempre dai protestanti quale unico
mezzo di salvezza, non ha valore salvifico, è solo un segno del nostro grado di
consapevolezza della nostra finitudine, della nostra nullità al cospetto di
Dio, della nostra convinzione che, al di là delle nostre intenzioni e del
nostro grado di corruzione saremo comunque accolti dalle braccia del Padre che
ci attende alla fine della vicenda terrena.
- I SACRAMENTI
Non hanno
alcun valore, come pensano i cattolici, di veicolo alla grazia, hanno un valore
puramente simbolico e spirituale, ma non mettono in comunicazione, trattandosi
di azioni puramente umane, la creatura con Dio. Sono solo due, quelli istituiti
direttamente da Cristo e menzionati dalla Scritture: il battesimo e la Santa
Cena o eucarestia. Il battesimo ha un valore puramente formale e sociale,
oltreché allegorico: designa l’ingresso della creatura nella comunità
cristiana. La Santa Cena, fatta sotto le due specie del pane e del vino,
ricorda l’agape ellenica. Si tratta della condivisione del pane del vino da
parte della comunità dei fedeli a celebrare solo spiritualmente il sacrificio
di Cristo, che, lo ricordiamo, essendo solo uomo è diventato un simbolo della
vittima sacrificale, l’agnello di Dio. I cattolici credono che nel tabernacolo,
fermo restando gli accidenti del pane del vino, sia realmente presente il
Cristo crocifisso. In altre parole, noi umani percepiamo con gli occhi l’ostia
consacrata, ma in realtà, dentro la teca, si nasconde il corpo di Cristo. Si
tratta, ovviamente, di una posizione del tutto irrazionale e superstiziosa,
ancora una volta paganeggiante. Nel tabernacolo è celato solo un simbolo, e la
presenza di Dio è solo spirituale, come insegnava il riformatore zurighese
Zwingli.
- IL PECCATO
Tutte le
confessioni cristiane si sono sforzate di attribuire un senso ultimo al
peccato, inteso come offesa a Dio, contravvenendo la sua legge, e offesa
all’uomo, contravvenendo le leggi che gli uomini hanno stabilito per convivere
in consorzi civili e sociali. Solo Dio è in grado di stabilire il nostro grado
di consapevolezza, nel commettere una azione contraria alla sua legge o a
quella degli uomini. Gli uomini non hanno le stesse possibilità genetiche, di
evoluzione ambientale e di maturazione psichica e intellettuale. Un rampollo
della famiglia Rothschild, i più ricchi del mondo, non si troverà a
fronteggiare le stesse circostanze, gli stessi eventi di un figlio di Scampia,
a Napoli. Esiste un ordine naturale delle cose, secondo il quale il nostro
servo arbitrio sarà chiamato a misurarsi con avvenimenti che ad altri non
toccheranno mai. E viceversa. Dal momento che solo Dio può vedere nella nostra
coscienza come in una radiografia e leggere i nostri cuori, non possiamo
pretendere di condannare spiritualmente il nostro prossimo. Possiamo metterlo
in carcere per tutelare la convivenza civile e l’ordine pubblico, ma Dio non fa
i nostri stessi conti, ha un’altra misura di giudizio. Soprattutto non ha
parametri di giudizio. Tutti gli uomini, indistintamente, non andranno in
paradisi, inferni e purgatori, ma, alla fine dell’esistenza, torneranno al loro
principio, la quintessenza di Dio, che tutti accoglierà come un Padre celeste.
Dio non ha creato l’uomo per giudicarlo, non lo ha creato e basta. E quindi non
lo giudica, siamo sue emanazione nel mondo, torneremo semplicemente al nostro
principio spirituale. Il giusto compie il bene di per se stesso, come regola
universale di comportamento.
- LA CHIESA
Non c’è
bisogna di alcuna Chiesa, tanto meno papista. La Chiesa è una invenzione
dell’uomo, Gesù non si è mai sognato di fondare una chiesa nuova, al di fuori
del culto giudaico. La chiesa è una innovazione di Paolo di Tarso, che si è
inventato una struttura gerarchica, una struttura che, col tempo, è diventata
per il mondo intero un centro di potere temporale formidabile. Non
occorre ripercorrere la storia di questa situazione per sapere quanto male ha
fatto al mondo, di quante nefandezze, violenze, sopraffazioni si è macchiata.
All’epoca della riforma protestante si era toccato il culmine. I Papi si
comportavano come principi rinascimentali, circondati da fasti e atmosfere grevi
da basso impero. Il solo fatto che fino al 1850 la chiesa di Cristo avesse
possedimenti secolari ed un governo politico sui suoi abitanti è una autentica
bestemmia dinanzi al Padre. Per sua stessa natura la chiesa deve essere
esclusivamente spirituale, ciascun fedele può liberamente interpretare le
scritture, non ha senso edificare una struttura materiale con delle regole ed
una gerarchia, ma anche e soprattutto una amministrazione. Il denaro non deve
scorrere nelle vene della vera chiesa, che è e deve restare solo spirituale,
una comunità di fedeli accomunati solo dallo stesso pensiero e dalla stesa
fede. Le opere di carità si possono svolgere benissimo in forma laica, non
dobbiamo alcun rispetto, anzi dobbiamo riservare solo il nostro fiero disprezzo
nei confronti di coloro che, vestendo i panni di “uomini di dio” hanno la
convinzione di agire nel suo nome. Sono solo dei postulanti, degli impostori,
millantatori di un credito che non ha dato loro nessuno.
E così dopo
tanto tempo
Son tornato
a Te,
e viverti mi
basta
e, credi, è
sufficiente,
Te che io
uso come alibi d’amore
Perché è
davvero orribile accettare il niente.
A. Fortis “Dio volesse”