Da più parti è stato stilato un
bilancio di un anno di governo Monti. I saldi,come li chiama lui, sono quasi
tutti negativi. Basta consultare la tabella che pubblico più avanti. Lo spread
oscilla pericolosamente tra i 350 e i 400 punti (l’obiettivo era quello di
ridurlo a 150 punti), continuiamo a pagare interessi troppo elevati sui titoli
di stato, la disoccupazione è al 10,80%, massimo storico per la nazione, il PIL
è caduto da -1,51% dello scorso anno a -2,56%, la produzione industriale dal
-4,05% passa a -5,07%, il debito pubblico è ormai prossimo ai 2.000 miliardi di
euro, passando dal 120 al 126% nel rapporto col PIL, i consumi sono crollati, la capacità di
acquisto dei salari idem, i mutui per la prima casa sono calati addirittura del
50%. Non sono numeri di cui si possa andare fieri. Non si vuole certo qui
impartire una lezione al prof. Monti che è un togato della Bocconi, ci
mancherebbe altro, ma una delle leggi dell’economia politica mondiale, almeno quella del capitalismo avanzato e
degenerato come è il nostro, dice che, in presenza di un elevato debito sovrano
le manovre fatte di risparmi di spesa, tagli della spesa pubblica, inasprimento
della pressione fiscale si tramutano, nel concreto, in misure recessive. Questo
lo deve sapere uno studente del primo anno della facoltà di Economia, pena la
bocciatura. L’unico provvedimento sensato, una vera patrimoniale sui capitali
finanziari improduttivi, o un taglio alle pensioni oltre i 150.000 euro l’anno
Monti non è stato in grado di farlo, probabilmente perché non dimentica di
essere stato un banchiere della Goldman Sachs. Ora, è evidente per tutti che
l’unico pregio che dobbiamo riconoscere a Monti è quello di aver riabilitato
l’Italia sotto il profilo dell’immagine a livello internazionale. Berlusconi
l’ha deturpata per lungo tempo, Monti ne ha fatto un restyling. Ma niente di
più. Per il resto la sua politica economica è dettata parola per parola dalla Merkel
e dalla cricca della Commissione europea, che ha esigenze e bisogni
completamente inconciliabili con i nostri. E proprio qui sta il punto. La
debolezza dell’argomento di chi vuole restare nell’euro senza se e senza ma è
che la BCE, nonostante i suoi limitati poteri, ha sinora agito con
provvedimenti che incontrano il favore di nazioni profondamente diverse
dall’Italia come l’Olanda, la Finlandia, la Germania stessa. La mancanza di una
banca centrale che possa attuare una politica monetaria, stampare moneta,
divenire prestatore di ultima istanza ecc., è proprio il requisito che ci
manca, quello più importante. L’euro esploderà per le sue contraddizioni. Dal
momento che non arriveremo mai a costituire una confederazione (la vedete una
federazioni di stati con Finlandia e Italia assieme?), per forza di cosa la
moneta unica si estinguerà. Da molto tempo predichiamo un ritorno alle valute
nazionali ordinato, concordato, pilotato nel modo più indolore possibile. Monti
è stato solo un freddo e solerte esecutore di politiche stabilite altrove e
buone per quei climi e quei paesi. Attuare politiche recessive nei momenti in
cui la crisi morde più forte, come ricordava Keynes, è la cosa più folle, alla
lunga conduce alla depressione economica. Dobbiamo tornare alla lira non perché
ci buttano fuori dall’euro o perché l’euro va in break up, ma facendo in modo
che l’eurogruppo decida di farlo estinguere, preso atto che si è trattato di
uno sbaglio, di una esperienza fallita perché partita nel modo sbagliato. Prima
si perviene ad una unione politica, poi si pensa a quella finanziaria. Noi
abbiamo fatto il contrario. Non poteva durare. Il successo parziale di Monti è
dovuto al livello di corruzione di impreparazione della nostra classe politica.
Monti ha brillato cioè di luce (o di buio) riflessa, perche con dei politicanti
come il nostri avremmo certamente fatto la fine della Grecia. E le prossime
elezioni saranno un grosso problema per assoluta mancanza di preparazione da
parte di politicanti buoni solo a curare i propri interessi e calare come
rapaci sulle risorse pubbliche. Ma la loro inettitudine è almeno pari al loro
livello di corruzione. Per questo il dopo Monti è guardato dai mercati e da noi
stessi con preoccupazione: non perché veniamo privati di colui che si è
comportato con un ragioniere che ha fatto le serali, ma perché nel panorama
politico italiano non c’è una sola persona in grado di governare in un
frangente come questo. Le primarie del PD andate in onda su Sky sono state uno
spettacolo a dir poco penoso per tutti: cinque tristi figuri che parlavano per
frasi fatte, slogan degli anni ottanta, banalità ed ovvietà stucchevoli, la
peggiore retorica ad alto tasso zuccherino che si sia mai vista in TV. Uno
spettacolo desolante. Grillo è diventato un pessimo comico e, purtroppo anche
un pessimo politico, parla a ruota libera e tre quarti di quello che dice è composto da
sciocchezze senza capo né coda, Di Pietro si è fatto pescare con le mani nella
marmellata, IL PDL è un partito in disfacimento, con un Berlusconi che si
aggira come uno spettro per il Parlamento, pare un fantasma. Insomma, nessuno
appare in grado di prendere il timone del paese in un momento così difficile.
Siamo d’accordo che il tempo di Monti è scaduto, le sue manovre (perché nonostante
i nomi di fantasia, sono state tutte manovre finanziarie) ci hanno strangolato
e fatto imboccare la strada della depressione, ma non si profila all’orizzonte
alcuna figura sostitutiva. Qui ci vorrebbe Nembo Kid, e noi abbiamo Brunetta. Peccato,
avevamo riposto su Monti stesso e sul suo esecutivo non poche speranze, ma i
numeri, tanto cari a lui e al suo governo parlano chiaro. E’ stato un
fallimento. Le politiche di austerità e rigore stanno cominciando a creare
anche in Italia una vera instabilità sociale, occorre essere più prudenti se
non si vuole arrivare alla rivolta aperta. Se non si avviano politiche di
investimenti pubblici, se non si fa ripartire l’economia abbandonando il solo
rigore, ci si avvita solo sul debito, entrando in un circolo vizioso senza
fine, la cui ultima tappa è costituita dal default dello stato per eccesso di
indebitamento. C’è qualcuno che crede ancora al pareggio di bilancio nel 2013?
Siamo seri, ci vuole la faccia di bronzo del ministro Grilli per dire una
simile enorme stupidaggine. Ricordiamo che la differenza tra una recessione e
una depressione in economia è piuttosto sottile: la depressione è una
recessione che si prolunga non per qualche trimestre ma indefinitamente, il PIL
può arrivare a toccare percentuali fino a -10%, la produzione si ferma, i
consumi crollano, i prezzi cominciano a scendere. E’ lo spettro della
deflazione, il segnale peggiore. Se seguitiamo sulla strada del “risanamento” e
del “pareggio di bilancio” a tutti i costi, se seguiteremo ad attuare politiche lacrime e sangue, cominceremo a
vedere i prezzi calare e allora capiremo che la depressione è arrivata. Come lo
compresero, dolorosamente, gli americani negli anni ’30.