giovedì 15 novembre 2012

MONTI: UN ANNO VISSUTO PERICOLOSAMENTE



Da più parti è stato stilato un bilancio di un anno di governo Monti. I saldi,come li chiama lui, sono quasi tutti negativi. Basta consultare la tabella che pubblico più avanti. Lo spread oscilla pericolosamente tra i 350 e i 400 punti (l’obiettivo era quello di ridurlo a 150 punti), continuiamo a pagare interessi troppo elevati sui titoli di stato, la disoccupazione è al 10,80%, massimo storico per la nazione, il PIL è caduto da -1,51% dello scorso anno a -2,56%, la produzione industriale dal -4,05% passa a -5,07%, il debito pubblico è ormai prossimo ai 2.000 miliardi di euro, passando dal 120 al 126% nel rapporto col PIL,  i consumi sono crollati, la capacità di acquisto dei salari idem, i mutui per la prima casa sono calati addirittura del 50%. Non sono numeri di cui si possa andare fieri. Non si vuole certo qui impartire una lezione al prof. Monti che è un togato della Bocconi, ci mancherebbe altro, ma una delle leggi dell’economia politica mondiale,  almeno quella del capitalismo avanzato e degenerato come è il nostro, dice che, in presenza di un elevato debito sovrano le manovre fatte di risparmi di spesa, tagli della spesa pubblica, inasprimento della pressione fiscale si tramutano, nel concreto, in misure recessive. Questo lo deve sapere uno studente del primo anno della facoltà di Economia, pena la bocciatura. L’unico provvedimento sensato, una vera patrimoniale sui capitali finanziari improduttivi, o un taglio alle pensioni oltre i 150.000 euro l’anno Monti non è stato in grado di farlo, probabilmente perché non dimentica di essere stato un banchiere della Goldman Sachs. Ora, è evidente per tutti che l’unico pregio che dobbiamo riconoscere a Monti è quello di aver riabilitato l’Italia sotto il profilo dell’immagine a livello internazionale. Berlusconi l’ha deturpata per lungo tempo, Monti ne ha fatto un restyling. Ma niente di più. Per il resto la sua politica economica è dettata parola per parola dalla Merkel e dalla cricca della Commissione europea, che ha esigenze e bisogni completamente inconciliabili con i nostri. E proprio qui sta il punto. La debolezza dell’argomento di chi vuole restare nell’euro senza se e senza ma è che la BCE, nonostante i suoi limitati poteri, ha sinora agito con provvedimenti che incontrano il favore di nazioni profondamente diverse dall’Italia come l’Olanda, la Finlandia, la Germania stessa. La mancanza di una banca centrale che possa attuare una politica monetaria, stampare moneta, divenire prestatore di ultima istanza ecc., è proprio il requisito che ci manca, quello più importante. L’euro esploderà per le sue contraddizioni. Dal momento che non arriveremo mai a costituire una confederazione (la vedete una federazioni di stati con Finlandia e Italia assieme?), per forza di cosa la moneta unica si estinguerà. Da molto tempo predichiamo un ritorno alle valute nazionali ordinato, concordato, pilotato nel modo più indolore possibile. Monti è stato solo un freddo e solerte esecutore di politiche stabilite altrove e buone per quei climi e quei paesi. Attuare politiche recessive nei momenti in cui la crisi morde più forte, come ricordava Keynes, è la cosa più folle, alla lunga conduce alla depressione economica. Dobbiamo tornare alla lira non perché ci buttano fuori dall’euro o perché l’euro va in break up, ma facendo in modo che l’eurogruppo decida di farlo estinguere, preso atto che si è trattato di uno sbaglio, di una esperienza fallita perché partita nel modo sbagliato. Prima si perviene ad una unione politica, poi si pensa a quella finanziaria. Noi abbiamo fatto il contrario. Non poteva durare. Il successo parziale di Monti è dovuto al livello di corruzione di impreparazione della nostra classe politica. Monti ha brillato cioè di luce (o di buio) riflessa, perche con dei politicanti come il nostri avremmo certamente fatto la fine della Grecia. E le prossime elezioni saranno un grosso problema per assoluta mancanza di preparazione da parte di politicanti buoni solo a curare i propri interessi e calare come rapaci sulle risorse pubbliche. Ma la loro inettitudine è almeno pari al loro livello di corruzione. Per questo il dopo Monti è guardato dai mercati e da noi stessi con preoccupazione: non perché veniamo privati di colui che si è comportato con un ragioniere che ha fatto le serali, ma perché nel panorama politico italiano non c’è una sola persona in grado di governare in un frangente come questo. Le primarie del PD andate in onda su Sky sono state uno spettacolo a dir poco penoso per tutti: cinque tristi figuri che parlavano per frasi fatte, slogan degli anni ottanta, banalità ed ovvietà stucchevoli, la peggiore retorica ad alto tasso zuccherino che si sia mai vista in TV. Uno spettacolo desolante. Grillo è diventato un pessimo comico e, purtroppo anche un pessimo politico, parla a ruota libera e  tre quarti di quello che dice è composto da sciocchezze senza capo né coda, Di Pietro si è fatto pescare con le mani nella marmellata, IL PDL è un partito in disfacimento, con un Berlusconi che si aggira come uno spettro per il Parlamento, pare un fantasma. Insomma, nessuno appare in grado di prendere il timone del paese in un momento così difficile. Siamo d’accordo che il tempo di Monti è scaduto, le sue manovre (perché nonostante i nomi di fantasia, sono state tutte manovre finanziarie) ci hanno strangolato e fatto imboccare la strada della depressione, ma non si profila all’orizzonte alcuna figura sostitutiva. Qui ci vorrebbe Nembo Kid, e noi abbiamo Brunetta. Peccato, avevamo riposto su Monti stesso e sul suo esecutivo non poche speranze, ma i numeri, tanto cari a lui e al suo governo parlano chiaro. E’ stato un fallimento. Le politiche di austerità e rigore stanno cominciando a creare anche in Italia una vera instabilità sociale, occorre essere più prudenti se non si vuole arrivare alla rivolta aperta. Se non si avviano politiche di investimenti pubblici, se non si fa ripartire l’economia abbandonando il solo rigore, ci si avvita solo sul debito, entrando in un circolo vizioso senza fine, la cui ultima tappa è costituita dal default dello stato per eccesso di indebitamento. C’è qualcuno che crede ancora al pareggio di bilancio nel 2013? Siamo seri, ci vuole la faccia di bronzo del ministro Grilli per dire una simile enorme stupidaggine. Ricordiamo che la differenza tra una recessione e una depressione in economia è piuttosto sottile: la depressione è una recessione che si prolunga non per qualche trimestre ma indefinitamente, il PIL può arrivare a toccare percentuali fino a -10%, la produzione si ferma, i consumi crollano, i prezzi cominciano a scendere. E’ lo spettro della deflazione, il segnale peggiore. Se seguitiamo sulla strada del “risanamento” e del “pareggio di bilancio” a tutti i costi, se seguiteremo ad attuare  politiche lacrime e sangue, cominceremo a vedere i prezzi calare e allora capiremo che la depressione è arrivata. Come lo compresero, dolorosamente, gli americani negli anni ’30.