mercoledì 14 novembre 2012

ORA CHE NON HO PIU' TE

 
 
cosi' vai via
l'ho capito sai...
che vuoi che sia
se tu te ne vai...
mi sembra già che non potrò
più farne a meno
mentre i minuti passano...
forse domani correrò
dietro il tuo treno
tu non scordarmi mai...

Cominciava così una delle più celebri canzoni di Claudio Baglioni. Chi l’avrebbe detto… ora mi trovo io in questa  situazione. Quanti anni sono passati? Una vita, una vita intera. Servirebbe a qualcosa se ti dicessi che ti ho molto amata, che ti amo ancora? Che cosa è l’amore, che cosa diventa l’amore dopo tanti anni, alcuni difficili, altri non facili comunque? Come si modifica un sentimento nato puro, sorgivo nei nostri cuori, come una polla d’acqua che sgorga dalla roccia? Rimane il bene, l’affetto, come dicono molti, o resta qualcosa di ben più importante? Non rimane solo il “volersi bene”, l’aspetto affettivo, rimane qualcosa che non si può definire, perché sfugge a qualunque definizione, rimane un pezzo di noi stessi, una parte non già della nostra vita, ma della nostra anima, della nostra personalità, della nostra stessa essenza di esseri umani. In questi giorni, questi primi giorni senza di te, non mi sento smarrito perché mi manca l’abitudine che avevo di te. I soliti incontri, alle stesse ore, gli stessi luoghi frequentati insieme, anno dopo anno. Quello che mi manca e provoca un senso di vuoto e al contempo di angoscia, è che è venuta meno una parte di me stesso, una porzione del mio spirito, forse la parte migliore, quella bambina, quella del fanciullo che è dentro ognuno di noi. Ma non è tutto. Se ne va un bagaglio intero di ricordi, di memorie, di sensazioni, di emozioni, che non può e non deve andare perduto. Sopravvive tutto nello spazio senza tempo della nostra coscienza, dove non esiste passato o futuro, ma tutto è onnipresente. Se io ripenso ad una cameretta a Diano Marina, in un marzo ancora rigido e luccicante di pioggia, alla finestra che inquadrava l’incantevole dirupo di Cervo, se ripenso alle passeggiate, la sera, sul lungomare, mano nella mano, ancora intirizziti dal vento freddo, questo ricordo non appartiene più al mio passato, ma è qui, ora, mentre scrivo queste righe, i miei occhi sono aperti su quella cameretta, e la guardo come se ci fossi dentro. Quante volte ho pensato a noi due anziani, che camminiamo l’uno accanto all’altra, sempre mano nella mano, sulla passeggiata a mare di Nervi, noi due come due puntini che svaniscono all’orizzonte, nell’ultimo bagliore del crepuscolo. Io non immagino tutto questo, lo vedo con gli occhi della mia anima o della mia coscienza, ed è come se lo vivessi adesso, in questo momento. Eppure, tutto è finito, le mie intemperanze, il mio smisurato egoismo, le mie due anime in guerra hanno prevalso, ed ora che non ti vedo più, mi sento non solo abbandonato, ma privato di qualcosa che mi appartiene. Il tuo essere bambina, per sempre bimba, quando alzavi le braccia, al risveglio, per farti sollevare dalle coltri, gli occhi mi si riempiono di lacrime a ripensarci, e non vedo neppure più quello che sto scrivendo. Ho molte colpe, molte responsabilità, che pesano sulla mia anima come macigni, ma servirebbe a qualcosa chiedere il tuo perdono per questa o quella mancanza? Gli anni scorrono, le persone si trasformano, ci sono diverse cose che non rifarei più. E’ vero: ho molti rimpianti e molta, molta nostalgia. Non di quello che ero, dal momento che quegli stessi errori non li rifarei. Ma il nastro non si riavvolge, e la ruota del tempo gira senza pietà. Non so dunque che cosa diventi l’amore, dopo una vicenda come la nostra, in che cosa si tramuti o cosa prende il suo posto. Quello che so l’ho qui, nel mio cuore, è parte di me stesso e non so come fare ad andare avanti. Tutti mi dicono che no, non è niente, in fondo si campa lo stesso, si sopravvive, chiusa una porta si apre un portone, e altre amenità del genere. Ma sono solo sciocchezze, banalità puerili. Io sto perdendo i pezzi per le scale, e chi ci passa su non sa di farmi del male. Svanisco, semplicemente. Il dolore lo senti dappertutto, non ha una localizzazione precisa, ma un pezzo di me è stato amputato ed io mi ritrovo come una statua classica mutilata. Non so cosa dice il tuo cuore: ma anche se non dovessi più tornare io ti conserverò in un angolo del mio, l’angolo dove mi siedo tutte le sere a raccogliere le idee, a scrivere, a pensare e a ricordare. Quell’angolo appartiene solo a me, e nessuno al mondo potrà privarmi di questo spazio, che è tutto per me. Solo la morte, un giorno, mi strapperà da quel luogo, che è anche un luogo dell’anima, oltre che del ricordo.
A F.S., che ho perduta per sempre

Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende ...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

E. Montale – La casa dei doganieri