venerdì 18 agosto 2017

SOLITO SCHEMA. CONFUSIONE TOTALE



A 24 ore dall'attacco a Barcellona la prima cosa che viene in mente è: confusione totale. Andiamo per ordine. Prima il furgone contro la folla sulla Rambla, poi la sparatoria in strada, il terrorista asserragliato in un ristorante. La fuga, la caccia all'uomo. Un copione che ormai conosciamo a memoria: Charlie Hebdo, Parigi, Bruxelles.
Ma questa volta non si è trattato di un attacco sofisticato. Un killer a bordo di un veicolo. Punto. Eppure in poco meno di una giornata sono continuate ad arrivare news contrastanti, segno che le stesse autorità spagnole fin dall'inizio non hanno saputo come reagire, dove guardare.
Quando Driss Oukabir, 28 anni, alias "la faina", si è recato alla polizia per dire che il fratello minore gli aveva rubato i documenti per poter noleggiare un furgone lo hanno arrestato. Intanto l'autista vero, il 18enne Moussa Oukabir, si dava alla fuga e mentre scriviamo è ancora a piede libero. I tre suoi presunti complici sono stati catturati (c'è da capire chi sono, da dove vengono e perché). Altri cinque terroristi sono stati invece uccisi a Cambrils, durante un secondo attacco. Il piano era compierne un terzo, seminare panico e terrore.
Indipendente dalle responsabilità di Driss, anche in questa circostanza, come in passato, c'è la storia dei due fratelli. Era accaduto a Boston nel 2013, con gli attentati alla maratona: i fratelli Tsarnaev, ceceni. Era accaduto a Charlie Hebdo: i fratelli Kouachi. A Parigi, nell'assalto del 13 novembre: Brahim e suo fratello minore Salah Abdeslam. Era accaduto anche a Bruxelles, con i kamikaze Khalid e Brahim El Bakraoui.
Un legame di sangue, che ci dice qualcosa sulla natura degli assassini. Giovani, tutti under 30, spesso nati e cresciuti nel Paese colpito. Infelici, senza un'identità, caduti in un'interpretazione distorta dell'islam, troppo difficile da rompere con la sola forza delle braccia.
Nelle ore successive all'assalto si è capito fin da subito che la matrice fosse islamica. Lo suggeriva la dinamica. I separatisti, molto attivi in Spagna, non si muovono in questo modo. Prima che deponesse le armi, anche l'Eta attaccava con dei furgoni. Ma erano furgoni bomba, lanciati contro obiettivi specifici, non contro chiunque com'è accaduto a Barcellona.
Ricordiamo Burgos 2009 e Getxo 2008. Tra l'altro la rivendicazione dello Stato Islamico è arrivata immediatamente. Simpatizzanti dell'Isis in trionfo sul web, ha riferito il Site. C'è un dettaglio però, che va considerato: a quanto pare subito dopo l'attacco, in rete, alcuni fedelissimi del Califfato avrebbero cercato informazioni su Driss Oukabir. Un episodio che conferma due aspetti, uno conseguente all'altro.
Il primo: l'Isis mette il cappello ovunque, sempre, anche quando in apparenza non offre un contributo diretto ai terroristi. Il secondo: il quartier generale di Raqqa si attribuisce la paternità di ogni attacco per mascherare una fase di debolezza. Forse non riescono più a erogare fondi. Sono in declino. È un'ipotesi.
In ogni caso l'utilizzo di veicoli ariete è diventato un classico. Vedi Berlino. Vedi anche Nizza, Stoccolma, Londra. Se n'è parlato anche nelle riviste del Califfato. Al Baghdadi e i suoi uomini hanno dato indicazioni precise ai miliziani. La logica è quella che si segue da Mumbai 2008. Obiettivi soft e armi low tech, vale a dire basso impiego di risorse e massimizzazione del risultato.
Negli ultimi dieci anni è stata una via condizionata per molte cellule terroristiche. Ha iniziato al Qaeda o simili, colpendo ristoranti, hotel, navi da crociera. Luoghi di svago. Con lancio di granate, che facilita l'irruzione, poi fucili-mitragliatori e presa di ostaggi. Ha proseguito l'Isis, riadattando un format studiato a tavolino da Fazul Abdullah Mohammed, l'ex capo di al Shabaab (milizia somala). Lo Stato Islamico ha rivisto alcuni particolari, rendendo il tutto più imprevedibile e letale. Noleggiare un furgone è legale, guidarlo è legale e nessuno può sapere quando il terrorista premerà il piede sull'acceleratore.
A memoria, l'ultimo attentato di matrice islamica condotto in Spagna è Madrid 2004. Poi ne sono stati sventati altri. Uno sempre a Barcellona, nel 2008. Ad agire una cellula dei talebani pakistani (Tehrik-i-Taliban Pakistan). Volevano colpire la metropolitana. Vennero arrestati prima, nel quartiere di Raval. Andando a ritroso ricordiamo il bombardamento de El Descanso (1985), condotto dall'Islamic Jihad Organization, un gruppo salito alle cronache durante la guerra civile libanese. Cugini di al Qaeda. L'obiettivo in quel caso erano militari statunitensi, non il Paese iberico. Per questo l'attacco a Barcellona ha sorpreso più del dovuto, giunto in un momento in cui i flussi di migranti sono quadruplicati a seguito della stretta italiana sulle Ong nel Mediterraneo.
I volti del terrore noti in Spagna sono principalmente tre: Hamed Abderrahman Ahmad, classe 1974, nato a Ceuta (dov'è operativa dal 2006 anche una cellula, la Nadim al Magrebi), catturato in Pakistan e detenuto a Guantanamo; Abu Dahdah, spagnolo di origine siriana condannato a 27 anni di carcere per il suo coinvolgimento negli attacchi alle Torri Gemelle; e Mustafa bin Abd al-Qadir Setmariam Nasar, che ottiene la cittadinanza sposandosi con una spagnola. Nel 2004 è stato trasferito in carcere in Siria e non è da escludere che con la guerra in corso sia tornato operativo. Ceuta e Melilla, invece, sono le due città ad alto potenziale jihadista, le due culle spagnole del radicalismo.
Oggi tutti si domandano quanto sia forte la presenza dell'Isis in Spagna. Abbastanza. A giugno è stata fermata una cellula a Maiorca, nel 2016 a San Sebastian è stato arrestato un allenatore di boxe marocchino sospettato di reclutare uomini per l'Isis (anche in questo caso il pugilato, era un ex pugile pure l'uomo che spinse verso la conversione all'islam il tedesco Deso Dogg, nome di battaglia Abu Talha al-Almani, ossia l'ex direttore responsabile di al Hayat Media Center, il principale mezzo per le comunicazioni e la gestione dei nuovi media dei jihadisti di Isis). Quasi un paio di anni fa a Madrid è arrivata una minaccia video del Califfato: "Ricupereremo la nostra terra dagli invasori'. Nel 2015 è stata attaccata l'ambasciata spagnola a Tripoli, in Libia.
Il Paese iberico fino a ieri era al livello quattro nella scala che misura l'allarme anti-terrorismo. Dal 2001 l'azione di contrasto contro i terroristi è stata forte: quasi 200 arresti per proselitismo e reclutamento, quanti i foreign fighters partiti in Siria e Iraq.
Augusto Rubei – Huffington Post