mercoledì 16 marzo 2011

L'ITALIA E' UN TRISTE PAESE

Purtroppo, una volta di più, non possiamo che constatare la povertà dei nostri mezzi, l’inefficacia delle nostre misure, la miseria delle nostre coscienze. Davanti al disastro storico di Fukushima, al terremoto di uno dei massimi gradi della scala Richter, al conseguente tsunami, la reazione dei giapponesi non può che suscitare la nostra ammirazione, che dico, la nostra più profonda e sincera compassione. Ma noi, in cuor nostro, sappiamo fin troppo bene come avremmo reagito in circostanze simili. Non si tratta qui di fare dell’autolesionismo, di autoflagellarci come qualcuno asserisce, soprattutto da una certa parte politica. Qui si tratta solo di guardare in faccia la realtà. Anzitutto un terremoto di magnitudo 8.9 avrebbe cancellato una buona metà della penisola; la cementificazione anarchica e la non osservanza dei più elementari criteri idrogeologici avrebbero fatto il resto. Già solo dopo un simile terremoto e maremoto ci saremmo pianti addosso per i prossimi dieci anni e i nostri politicanti si sarebbero sbranati come cani rabbiosi pur di scaricare le colpe del consueto “disastro annunciato”. Se poi al terremoto, si fosse aggiunto l’incidente nucleare, il panico più totale si sarebbe impadronito di tutti, cittadini ed istituzioni. Ora, la compostezza ed il senso altissimo di dignità che contraddistingue, in queste ore, il popolo giapponese, sono tali da meritare almeno una riflessione commossa da parte nostra. Come non pensare ai 50 tecnici giapponesi che, esponendosi consapevolmente ad un livello intollerabile di radiazioni, allo scopo di garantire i primi interventi sui reattori, hanno sacrificato le loro vite per adempiere al loro dovere... La sera stessa del terremoto, nel corso di una trasmissione condotta da Andrea Vianello su RAI3, tra gli invitati compariva anche un economista, che, dopo un conteggio sommario dei morti, si è messo a formulare previsioni sulle possibili reazioni dei mercati e sulle probabili ricadute del disastro sulle nostre economie. A questo siamo arrivati. Non abbiamo neppure il pudore di aspettare l’assestamento del cataclisma, che già siamo pronti a far i conticini di casa nostra. E’ evidente che la terza economia mondiale condizionerà le nostre finanze, ma dobbiamo considerare che, a differenza della nostra inclinazione alla sceneggiata, il popolo nipponico non solo sopravviverà, ma saprà trovare certamente le risorse per risalire la china, con buona volontà e senza troppi vittimismi. Come è triste il confronto con gli altri paesi! Abbiamo una classe politica inconcludente pilotata da uno bizzarro personaggio, e le caratteristiche generali di noi italiani non raggiungono certo l’eccellenza. Non è vero che i popoli, le nazioni sono tutti uguali. La nostra costante, ipocrita paura di scivolare nel razzismo ci fodera gli occhi di mortadella. Non ci possiamo paragonare che so, al popolo olandese, che, avendo a disposizione un solo lembo di terra, ha strappato un terzo del territorio al mare, e ha dominato gli oceani per parecchi decenni. Il nostro porto di Genova, pur possedendo enormi potenzialità, per la cecità e la cupidigia di chi lo ha amministrato (e dei lavoratori stessi) è stato ampiamente surclassato dal porto di Rotterdam. Non si tratta, come è evidente, di differenze razziali, ma di popoli che si sono costituiti, secoli fa, in nazioni. Noi italiani tolleriamo che, in occasione della ricorrenza dei 150 anni dell’unità nazionale, un partito politico facente parte della maggioranza di governo, non solo non partecipi alle celebrazioni,  ma che le  boicotti deliberatamente. Si tratta di un partito separatista, che mira, nella sostanza, alla secessione di una parte del paese. Ma il solo fatto che esponenti leghisti del governo dileggino apertamente i festeggiamenti dell’unità nazionale, è semplicemente intollerabile. L’immagine del nostro paese all’estero è ormai grottesca: ci troviamo a metà strada tra i paesi dell’america latina e quelli di tipo “presidenziale” africani. Se non siamo alla bancarotta statale (non bancaria!) è solo perchè l’Europa, quella vera, costituita da Germania, Francia, Regno Unito e Olanda, ha deciso di serrare i ranghi e mantenere in vita lo scudo dell’euro, cercando di non escludere nessuno, compresi i paesi dal debito sovrano fuori misura. Se per un motivo imponderabile, ma sempre possibile, considerando quello che sta accadendo (crisi del mondo arabo, incidente nucleare in Giappone), dovessimo tornare alla nostra valuta nazionale, saremmo rovinati nel giro di poche settimane.
Non è vero, allora, che tutti i popoli sono uguali, a noi è toccato in sorte di nascere a queste latitudini, non possiamo fare altro che rassegnarci, o, per chi se lo può permettere, trasferirsi in qualche posto meno incline alla farsa e più propenso al “buon governo”.