mercoledì 9 marzo 2011

ORA CHE SONO PIOGGIA

Sono nato molto tempo fa, non ricordo più, ormai, da chi o da che cosa. So però di essere sempre stato solo: il cerchio della solitudine si chiude con i miei cinquant’anni: sono nato solo e mi ritrovo adesso nuovamente solo. I miei genitori sono solo due figure sbiadite, un padre assente, immerso nei suoi pensieri e nei suoi problemi materiali, una madre non destinata ad aver figli, che, tuttavia, ha avuto un figlio. Un bambino solo, che ha creato un amico immaginario dentro di sé, con cui parlare per colmare i vuoti del tempo che scorreva. Un bimbo solo, cui era tutto proibito, solo con la sua anima e il suo amico immaginario. Sei anni di solitudine, senza amici, né coetanei, neppure adulti, solo con una madre dalla quale sono uscito per puro caso, una madre fredda, arida, che non dava niente perchè nulla ha mai posseduto. Di questo  bambino triste ho il ritratto ovale sulla scrivania: è una creatura viva, tuttora, non morirà né cambierà mai finchè sono vivo. Di questo bimbo che sono io stesso, e che vive ancora dentro di me, ho deciso, dopo tanti anni di indifferenza colpevole, di prendermi cura. Ha ancora bisogno di amore, di essere accudito, di essere cullato prima di addormentarsi, ha bisogno di baci e di carezze, ha paura di essere abbandonato o di non essere capito, così come accadde allora. Io faccio quello che posso, lo rassicuro, lui sa che finchè ci sono io non gli potrà accadere nulla di grave. Lo consolo come posso, ma soprattutto non faccio finta che non esista. Adesso che veramente sono solo, non ho più nessuno, non ho più legami con questo mondo, non ho che lui, e lui non ha che me. Ecco perché l’ho messo sulla scrivania. Con una infanzia come la mia, non si scherza. Quel bambino che sei stato sarà sempre lì, a chiederti conto di come mai lo hai abbandonato, o del perché fingi di non vederlo, di non accorgerti di lui. E allora, la vita ti insegna che non ti puoi aspettare dagli altri quello che non ti possono dare. Non si può e non si deve dipendere dagli altri, capaci solo di procurarti qualche gioia passeggera, qualche effimera consolazione, ma, alla fine, si richiuderanno, come tutti fanno, nel loro egoismo. Nessuno ti può restituire una madre che non hai mai avuto, o un padre inesistente, che non sapeva neppure quello che faceva, perché a sua volta era solo con la sua incapacità di vedere e di capire, e non c’era nessuno a suggerirgli come si fa ad allevare un figlio, come si risolvono i problemi che fioriscono tutti i giorni. Allora queste capacità le ritrovi dentro di te, dopo un lungo, doloroso lavoro e percorso:  cominci a prenderti cura di questo bambino lasciato per troppo tempo da solo, hai cura di lui, è vero, e, nello stesso tempo, hai cura anche di te stesso. Solo così si può continuare a crescere, solo così si può continuare a maturare e a non essere infelici. Ho impiegato molto tempo, troppo tempo, a capire una verità così elementare, sono arrivato ad una età matura, ha sprecato molto tempo e molte risorse, andate a vuoto o addirittura disperse; ma queste risorse adesso le posseggo, e proprio perché sono rimasto completamente solo, adesso posso impiegarle per andar avanti, per non essere più ripiegato su me stesso, preda di ansie o depressioni, timoroso del giudizio degli altri, cercando di non dispiacere questo o quell’altro, allo scopo di ottenere un amore che nessuno mi poteva regalare, per il semplice fatto che non l’aveva dentro. Adesso non cerco più il riscontro rassicurante degli altri, ora non mi importa più del loro giudizio, di essere amato od apprezzato. Ora so chi sono, so quanto valgo, ho il mio bimbo sulla scrivania che mi guarda e chiede di essere amato, cosa che puntualmente faccio. Basto a me stesso, e del giudizio degli altri poco mi curo. Non permetto più a nessuno di farmi del male, di ferirmi o di offendermi. Quando qualcuno ci prova, so come ribattere, e sto male per un giorno solo. Io mi devo difendere. E devo difendere il bimbo che è in me, che ora non ha più paura di essere abbandonato, perché non lo lascerò più, perché moriremo insieme. Ecco chi era  l’amico immaginario della mia infanzia: era il mio essere adulto, finalmente. Allora non lo sapevo, ma con gli anni questo dialogo con me stesso, tra il mio essere bambino e il mio essere adulto non si è mai interrotto. L’unica differenza è che adesso ne sono cosciente e il nostro dialogo ha assunto un significato di ben altra portata. Tra poco tutto finirà, e anche tutto questo non avrà più senso. Ma ora che sono pioggia, e mi confondo con tutto il mondo, che scivolo sulla pietra nuda, che batto sui vetri, che tamburello sulle persiane, che bagno i tetti delle case e gli orti dei cortili, che inondo le pianure e ingrosso i fiumi, che penetro nei muri e abbevero i deserti, adesso, l’unica cosa che vedo, che sento…è forse amore?