lunedì 7 novembre 2011

QUANDO FRANA IL SENSO DELLA STORIA

Ci sono degli appuntamenti con la storia che debbono essere considerati irrinunciabili, ineludibili: si possono differire di qualche tempo, ma la storia esige adempimenti inesorabili. Siamo ad una svolta storica per l’Italia e per il berlusconismo: non perché lo sostiene una opposizione la cui credibilità è di poco superiore a quella di Berlusconi, ma semplicemente perché lo hanno sentenziato i mercati e gli investitori. Il buon Angelino Alfano, che di economia capisce quanto di astrofisica, sostiene che non sono i mercati a dettare l’agenda politica di un paese, ma il famoso “popolo sovrano”, di cui vanno riempiendosi la bocca gli esponenti del PDL. E invece, caro Angelino, è proprio così. Sono i mercati a dettare le decisioni politiche, gli assetti dei governi, le alterne sorti dei premier. In questa situazione di contrazione economica mondiale, del tutto eccezionale seppure destinata a durare decenni, l’economia condiziona pesantemente la politica, fino a dettarne e a scriverne le regole. Può piacere o non piacere, ma è un dato di fatto. Lo spread tra i BOT decennali e i bund tedeschi oggi ha toccato quota 500 punti base, solo in seguito ad un massiccio intervento della BCE, è sceso intorno ai 480. Siamo arrivati a rendimenti del 6,67% che lo stato italiano deve accollarsi per pagare gli interessi agli acquisitori (pochi per la verità, tutti fuggono dai nostri titoli) di BOT o BTP. Siamo diventati il problema centrale dell’Europa, per il semplice fatto che, a differenza di una Grecia le cui dimensioni sono imparagonabili alle nostre, un nostro default costituirebbe un problema talmente enorme da divenire irresolvibile. Intendiamoci bene: ancora un paio di settimane con questi differenziali e lo stato è obbligato a dichiarare bancarotta. E dietro lo stato italiano, le sue banche, una dopo l’altra, con tutti i nostri risparmi, che subirebbero una dolorosissima ristrutturazione, con perdite dal 20 al 25%. Qui non si tratta di Berlusconi, qui si tratta di un paese che è sulla strada del fallimento e che si trascinerebbe dietro l’Euro e l’intera Europa. Il discorso di “muoia Sansone con tutti i Filistei” non vale, perché non c’è nessun eroismo in un uomo che è finito politicamente e umanamente. Un dignitoso passo indietro con conseguente biglietto di sola andata ad Antigua appare l’unica via d’uscita possibile. Conveniamo che l’effetto delle dimissioni di Berlusconi avrebbero una breve durata sui mercati e sulle borse: è l’Italia stessa ad essere discreditata, è la nostra classe politica, l’intero Parlamento. Sulla base di una legge elettorale che ha fatto entrare a Palazzo Chigi dei somari della taglia di Scilipoti, il mondo intero sa che un governo di larghe intese non servirebbe a niente: lo chiamano, con disprezzo, “rigore all’italiana”, per dire un rigore allungato, annacquato, diluito, fatto di annunci e di scarsa concretezza. Siamo famosi all’estero per queste caratteristiche. Solo un governo tecnico, formato da personaggi della statura di Mario Draghi, potrebbe definitivamente tranquillizzare i mercati e far cessare le fibrillazioni sui nostri titoli e arginare l’emorragia delle nostre banche. Se non si costituirà un governo siffatto, dopo una settimana dalla caduta di Berlusconi, saremo daccapo. Aggiungiamo che l’Europa non ci facilita il compito, due paesi come Germania e Francia ci sono chiaramente ostili, e il direttorio franco-tedesco condiziona pesantemente le politiche della UE, della BCE e del FMI. Non c’è fine ai rischi sul debito pubblico italiano. Ci mancava adesso anche il recente intervento dell’Eba, l’autorità bancaria europea. La decisione dell’Eba, che prevede per gli istituti europei di innalzare dal 7% al 9% il Core Tire 1, ossia l’indice che misura la solidità patrimoniale delle banche, cela un pericolo sui debiti pubblici dei paesi periferici. Le nuove regole contabili previste dall’autorità presieduta dall’italiano Andrea Enria stabiliscono di valutare con il mark-to-market i titoli del debito pubblico. In altri termini, si dovranno contabilizzare anche le minusvalenze potenziali dei titoli statali, ma in questo modo si assottiglia il patrimonio e così le banche sono costrette dall’Eba a ricapitalizzarsi. Un invito indiretto, dicono i banchieri italiani, a vendere le obbligazioni pubbliche che i nostri istituti di credito hanno in percentuale maggiore rispetto agli istituti francesi e tedeschi.
Detto questo, e ammettendo che la sola defezione del premier non risolverà da sola il problema Italia, le sue dimissioni sono una cosa talmente indispensabile che anche un bambino capirebbe che è arrivato da tempo il momento di scomparire dalla scena politica. Non sappiamo ancora cosa succederà dopo, ma le sue dimissioni sono qualcosa di storicamente improcrastinabile. Stupisce che Berlusconi non se ne accorga, e incrementa, anzi,  le voci su di una condizione di equilibrio da parte del premier  fortemente precaria. Dopo quasi un ventennio, come quello fascista, che ha condizionato la società italiana solo per farla regredire ad un livello sudamericano, come Mussolini anche Berlusconi sembra non essere più in grado di valutare la realtà che lo circonda, sembra aver perso il contatto stesso con la realtà, e vivere in uno stato attonito di trasognamento, come stralunato, una condizione vicino alla catalessi. La ripetizione ossessiva, io non lascio, voglio vedere chi mi tradisce. Come se si trattasse di un fatto personale tra lui e i suoi pretoriani, e non una condizione nazionale e internazionale, una situazione in cui dalle sue decisioni dipendono in larga misure le sorti di una nazione intera. Di questo il premier sembra non curarsi: se mi guardo intorno non vedo nessuno in grado di prendere il mio posto, questo è l’allucinante refrain che continua a ripetere, come per convincere anche se stesso. Dopo di me il diluvio. Caro Silvio, sapessi quanti camposanti pullulano di personaggi che si ritenevano insostituibili! Siamo nelle mani di una persona in evidente difficoltà, che andrebbe seguita ed aiutata. Possiamo solo sperare, per le sorti dei nostri sudati risparmi e dei nostri lavoratori, che la congiura dei pretoriani abbia successo e al voto di fiducia si vada in minoranza aprendo la crisi di governo. Sarebbe un uscita ingloriosa, igniominiosa, da personaggio che un tempo fu grande, ed ora è poca cosa. Berlusconi, in un recente intervento sostiene che il paese è come prima, il benessere non è cambiato, i ristoranti sono sempre pieni (?) sugli aerei non si trova posto. Sono le parole di una persona, come dicevamo, che ha perduto il contatto con la realtà, e vive in un mondo parallelo che la sua fantasia e quella dei suoi lacchè gli hanno costruito mattone dopo mattone, un mondo irreale dove tutto continua a filare liscio grazie alle cure del grande demiurgo, il grande statista Berlusconi. Questo signore capisce qualcosa di economia aziendale, nulla di economia politica e di macrosistemi. Ignora anche le fondamenta più elementari della scienza delle finanze. Se non si possiede il senso dello stato, che, con tutte le loro lacune, possedevano gli esponenti democristiani, occorre almeno avere il senso della storia: se non si comprende quando è arrivato il momento di uscire di scena e di lasciare, si assume una responsabilità talmente grave e schiacciante che un solo uomo non può sopportare senza gravi conseguenze: ci rifletta colui che vuole cadere sul campo per un inutile, farsesco e tragico amor proprio.
Dimenticavo: Berlusconi non è solo a gettare discredito sul popolo italiano: è in buona compagnia, con lui abbiamo il signor Lorenzo Bini Smaghi, un oscuro burocrate (dicono sia un banchiere, mah!). Questo tizio, entrato Dio solo sa come nell’Eurotower non intende assolutamente lasciare il posto per far entrare un francese nel board della BCE. E’ vero che non esiste, a riguardo, una legge scritta, ma è pur vero che in un momento come questo, non fare entrare un esponente francese nella BCE solo perchè al signor Bini Smaghi non è stata prospettato un cambio favorevole, ci sembra francamente troppo. Draghi, un italiano, presiede la Banca centrale, in questo momento nessun francese è presente nell’Eurotower, non sembra legittima, per una volta, la richiesta di Sarkozy? Che cosa ha nella testa questo Bini Smaghi? Vuole gareggiare col Cavaliere nella gara a chi resiste più a lungo incollato alla sua poltrona? Il destino è segnato per entrambi, l’unica differenza è che il cavaliere, con tutti i suoi smisurati difetti, ha una certa statura politica, Bini Smaghi, sia detto senza offesa, è solo patetico.