martedì 22 novembre 2011

PIC NIC SUL CIGLIO DEL BURRONE


Mi tocca, per dovere di cronaca, riportare due articoli che affrontano lo stesso argomento, pervenendo alla medesima conclusione: entro un anno non ci sarà più l’Euro. Le due analisi in questione, una di fonte Cls Bank, il principale organismo al mondo nello scambio di valute, l’altra nientemeno che di Credit Suisse, affrontano il problema da diverse angolazioni, ma il risultato, ahimè, è sempre lo stesso. Siamo, per il momento, nel rango delle ipotesi, ma la percentuale di probabilità che l’evento possa avverarsi stanno crescendo di giorno in giorno, di caduta in caduta. Siamo di nuovo di fronte ad un spread intorno ai 500 punti, lo avevamo previsto, l’effetto Monti è solo fittizio, il suo governo non presenta nessun tipo di discontinuità dal precedente (e d’altra parte non poteva che essere così), torna l’incubo portoghese, il paese lusitano necessita in tempi brevi di almeno una tranche da 25 miliardi di euro, la Spagna arriva a rendimenti sui “bonos” intorno all’8%, non parliamo della Grecia. Ma anche paesi come il Belgio, con un spread sopra i 350 punti, ed una situazione politica nuovamente in stallo: continua ad essere un paese senza un esecutivo. O il caso della Francia, con un sistema bancario allo stremo delle forze e lo spread in rialzo, l’Austria stessa non versa in buone acque. E poi noi, le vendite sui bancari piovono tutti i giorni, siamo alla paralisi del sistema, il cosiddetto “credit crunch”. Negli Stati Uniti, è in arrivo il downgrade, dal momento che repubblicani e democratici non hanno trovato un accordo sulla soluzione del debito. A questi livelli, senza una politica seria, a livello europeo di deleveraging, non possiamo fare molta strada. La Germania ha la gravissima colpa di impedire qualsiasi tipo di riforma: dell’Efsf, di alcune clausole dei trattati, del ruolo della BCE, dell’immissione sui mercati degli eurobond. Alla Germania, lo ripetiamo ancora, vada il nostro sentito ringraziamento per affondare coscientemente l’Euro. Quando torneremo alle rispettive 17 valute nazionali, vedremo che cosa sapranno fare con il loro marco. Da parte nostra, lo vado ripetendo da mesi, non facciamoci illusioni: l’importante è non fallire, il ritorno della lira sarà traumatico, non c’è  dubbio, ma cominciamo a metterci in quell’ordine di idee per non arrivare impreparati all’appuntamento della fine della moneta unica. Lo diciamo soprattutto ai cosiddetti “tecnici”, sarà una bella onda d’urto, puntelliamoci bene, potrebbe portarci via una folata di vento.
Le big bank si preparano alla fine dell'euro. E il mercato più liquido al mondo, quelle delle valute, fa gli stress test sul proprio sistema informatico. Il punto è capire se sia in grado di reggere all'onda d'urto che si abbatterebbe sul mercato con un disfacimento della valuta unica e il contestuale ingresso di 17 monete nazionali, quelle dei Paesi attualmente agganciati all'euro.
Lo ha annunciato alla Dow Jones una fonte vicina a Cls Bank, definita «la spina dorsale del mercato mondiale delle valute». E in effetti lo è, visto che si tratta del principale organismo al mondo che assicura la regolarità degli scambi di valute effettuate dalle piattaforme delle 63 banche globali consorziate (che con Cls effettuano il 70% dei trading valutari in 17 Paesi nel mondo). Cls Bank, per meglio capire di che cosa stiamo parlando, è supervisionata dalla Federal Reserve e da altre 23 banche centrali del mondo che consigliano agli intermediari valutari di utilizzare la piattaforma di compensazione di Cls, seppure l'adesione sia a partecipazione volontaria.
Insomma, che la stanza di compensazione più grande del mercato finanziario più grande al mondo (quelle delle valute con 4 trilioni di dollari di volumi al giorno) abbia avviato uno stress test per individuare se sarebbe pronta a fronteggiare un disfacimento dell'euro, non pare proprio una notizia confortante per l'Unione europea. Inoltre, ci sarebbero già dei rumor sui risultati di questi stress test. Una fonte vicina alla notizia - che preferisce restare anonima - indica che per implementare nuove valute europee sul sistema sarebbe necessario «almeno un anno».
Del resto, sulla possibilità che l'euro salti ci sono ormai anche dichiarazioni ufficiali. Venerdì scorso la banca giapponese Nomura ha definito «davvero reale» un crac della moneta pubblica avvertendo gli investitori a controllare tecnicismi legali sui bond in euro, fra cui se vi sono indicazioni se nel contratto è contemplata l'ipotesi di conversione in un'altra valuta.
Notizie poco confortanti arrivano anche dal mercato dei titoli di Stato dove oggi abbiamo assistito al testacoda della curva dei rendimenti con i titoli a breve scadenza pagare di più rispetto alle scadenze più lunghe. Nel dettaglio i BTp a 2 anni hanno superato la soglia del 7% mentre i "cugini" a 10 anni viaggiano intorno al 6,8%. Non vanno meglio le cose in Spagna che oggi ha assegnato bond a tre mesi al tasso record del 5%, addirittura peggiore delle ultime aste su questa scadenza di Grecia e Portogallo.
Sembra che siamo entrati negli ultimi giorni dell'euro come noi oggi lo conosciamo. Inizia così uno studio di Credit Suisse il cui titolo non lascia adito a dubbi: "The last days of the euro". La banca d'affari elvetica sottolinea che questo non significa che la rottura dell'eurozona sia molto probabile, ma probabilmente entro la metà di gennaio diverranno necessari interventi straordinari "per prevenire la chiusura progressiva di tutti i mercati dei titoli di stato dell'eurozona, potenzialmente accompagnata dall'escalation di attacchi speculativi anche alle banche più forti".

Credit Suisse rimarca che tale scenario può apparire eccessivamente pessimistico ma riflette l'inesorabile logica degli investitori che semplicemente non possono ritenersi sicuri su cosa stanno detenendo o acquistano sul mercato dei bond dell'eurozona. Nel breve termine la questione non può essere risolta né dalla Bce né dai nuovi governi in Grecia, Italia e Spagna. I mercati vogliono "segnali credibili" sulla forma di unione fiscale e politica molto prima che abbiano luogo le modifiche del trattato. Questo significherà per Germania e Francia mettere in atto misure più drastiche e risolutive di quanto al momento i due Paesi sono disposti a tollerare. Solo allora, secondo CS, sarà il turno della Bce di fornire "il ponte finanziario necessario per prevenire un collasso sistemico".

Il dibattito su un'unione fiscale probabilmente entrerà nel vivo già questa settimana con la presentazione da parte della Commissione Ue delle tre proposte per gli Eurobond garantiti vicendevolmente dagli stati. Proposta che fino ad oggi è stata osteggiata principalmente da Berlino. Discussione che continuerà al summit europeo del 9 dicembre.

Titoli di stato italiani e spagnoli oltre il 9%, possibili pressioni anche sui Bund
Fino a quando non si giungerà a conclusioni concrete le tensioni sui mercati si manterranno molto alte e Credit Suisse ipotizza un deciso incremento dei rendimenti dei titoli di stato. Le attese, in uno scenario di acuirsi della crisi del debito sovrano, sono pertanto di un aumento delle pressioni sui titoli di stato dei Paesi periferici e non solo. I rendimenti dei titoli di stato italiani e spagnoli sono visti da Credit Suisse salire oltre il 9%, quelli francesi al 5% e anche i Bund tedeschi potrebbero vedere i propri rendimenti salire nella fase più critica della crisi.

Possibile un sell-off simile a quello di inizio 2009, rifugio nei Treasury
Di contro i rendimenti dei titoli di stato Usa dovrebbero scendere ancora - o almeno non salire - nonostante il rafforzamento dei dati sulla congiuntura Usa nella parte finale dell'anno. Per quanto concerne i mercati azionari la previsione è di un sell-off simile a quello che caratterizzò il primo trimestre del 2009, ma di entità inferiore,  fino a quanto non si perverrà a una soluzione politica della crisi.
"Il destino dell'euro sta per esser deciso - conclude il report del Credit Suisse -  e la pressione per arrivare ai necessari passi in avanti sul piano politico arriverà con ogni probabilità dagli investitori alla ricerca di una protezione contro le conseguenze assolutamente catastrofiche di un collasso dell'euro".

(Titta Ferraro - Riproduzione riservata)