venerdì 25 novembre 2011

CI STANNO CARTOLARIZZANDO IL FUTURO


Nessuna concessione sugli eurobond. Per non parlare di una modifica del mandato della BCE per renderla prestatore di ultima istanza. Angela Merkel non ha ceduto di un millimetro sulla propria linea su come affrontare la crisi dei debiti sovrani. Giusta o sbagliata che sia, la strategia della cancelliera tedesca qualche risultato concreto lo ha conseguito. Per l'Eurozona? No per le casse di Berlino.
Dallo scoppio della crisi infatti la Repubblica Federale ha risparmiato la bellezza di 20 miliardi di euro in minori costi di rifinanziamento del debito. La stima, riportata dal New York Times, è del think tank Re-Define e si riferisce al periodo tra il 2009 e il 2011.
Dallo scoppio della crisi greca sui mercati si è assistito a una fuga dai titoli dei paesi periferici, di pari passo con una corsa al bund. Il termine tecnico per definire questo fenomeno è «flight to quality». Letteralmente volo verso la qualità, gli asset più sicuri. Detto in parole più semplici: ci si disfa dei titoli a rischio (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia) e si comprano titoli della Repubblica federale. Anche se rendono poco o nulla, i bund sembrano essere una certezza (pur mostrando in questi giorni qualche debolezza inattesa nei confronti del Gilt inglese).
Questo ha portato a un abbattimento dei rendimenti dei titoli decennali tedeschi. A metà del 2008 garantivano interessi del 4,7% ora appena il 2%, cinque punti percentuali in meno dei titoli italiani che ora rendono il 7%. Non è solo la Germania ad essersi avvantaggiata di questa situazione. Un altro paese virtuoso, l'Olanda, secondo una stima del quotidiano De Volksrant, ha risparmiato con la crisi 7,5 miliardi in minori costi di rifinanziamento del debito.
Insomma, se i tedeschi persistono nella loro rigidità su eurobond e Bce qualche ragione ce l'hanno. Una ragione da 20 miliardi di euro verrebbe da dire. La situazione però è cambiata radicalmente proprio in questi giorni. L’asta decennale dei bund tedeschi è andata praticamente deserta (il 35% dei titoli è rimasto invenduto) è un segnale chiaro: anche la Germania rischia di essere contagiata dalla crisi.
Andrea Franceschi

Ma andiamo oltre e continuamo ad osservare quello che sta accadendo nella impaurita Germania di una Merkel sempre più orientata alla ricerca del consenso elettorale.
Abbiamo già parlato di come la politica sia in grado di manipolare le regole contabili, nessuna svalutazione per prodotti strutturati subprime, obbligazioni corporate e derivati, ma per un titolo sovrano si, quello assolutamente si, specialmente se serve per mostrare la fragilità delle nostre banche rimaste ai margini della speculazione internazionale…
Mentre la Commissione Finanze della Camera ha chiesto di poter svolgere un’audizione del presidente dell’EBA, Andrea Enria, con lo scopo, ha spiegato il presidente della Commissione, Gianfranco Conte, di approfondire le questioni inerenti ai criteri di ricapitalizzazione delle banche europee, le banche tedesche hanno chiesto all’Autorità bancaria europea di posticipare la scadenza per la consegna dei piani di ricapitalizzazione dal 25 dicembre al 13 gennaio.
E’ quanto hanno dichiarato gli stessi istituti in una lettera inviata all’Eba, consultata dall’agenzia Dowjones Newswires. Dal documento emerge che le banche della Germania hanno bisogno di più tempo per potersi adeguare alle nuove regole sui requisiti patrimoniali. La nuova proroga darebbe il tempo alle banche tedesche di chiudere i bilanci prima di adottare le nuove misure.
L’autorità bancaria europea a ottobre aveva dichiarato che il sistema bancario tedesco dovrebbe essere ricapitalizzato per più di 5 miliardi di euro per raggiungere un Core Tier 1 al 9% entro fine giugno 2012 e che, in particolare Commerzbank e Deutsche Bank, avevano bisogno rispettivamente di 2,9 miliardi di euro e 1,2 miliardi di euro…
L’Eba ha anche detto che con molta probabilità rivedrà tali stime al rialzo, tanto che Commerzbank potrebbe aver bisogno di una cifra superiore, ovvero di 5 miliardi di euro. Alla Borsa di Francoforte, dopo la richiesta dell’associazione bancaria tedesca, il titolo Deutsche Bank sale del 3,76% a 25,12 euro e Commerzbank segna addirittura un +8,46% a 1,269 euro, ma risulta il peggiore dell’indice Dax di Francoforte da inizio anno con una perdita superiore al 70%.
Fonte: finanza.com

In conclusione, se dopo la giornata nera dei bund tedeschi invenduti Angela Merkel, come un disco rotto, continua a ripetere (dimostrando, tra l’altro, di avere poca fantasia) la solita litania, che gli eurobond non sono una soluzione, che ciascun paese membro deve risanare i propri bilanci (come se in questo momento fosse possibile!), che la BCE va bene così come è, che l’unica cosa cui si potrebbe pensare è una politica fiscale comune (come se ci volesse un giorno a costruirla!) e altre amenità del genere, è giocoforza arrivare alla conclusione che o il cancellier tedesco non è un’aquila, oppure temporeggia per arrivare all’implosione dell’Euro. Non c’è un minuto da perdere. Non c’è più tempo, il tempo è finito. Non è il problema di un paese piuttosto che un altro. Il Belgio è stato appena declassato, ci mancherebbe altro, l’Austria sarà il prossimo, come pure la Francia. Gli unici paesi che, al momento, non sono in pericolo immediato, sono l’Olanda e la Finlandia. Un pò poco. La Germania stessa è il cuore del problema. Vorremmo tanto che il prof. Monti comprendesse l’elementare verità che mettere mano in questo momento ad una manovra pesante ed iniqua è solo un inutile suicidio. L’Europa è il problema. Se la BCE non si dota da subito di nuovi poteri (emissione di eurobond in grado di assorbire parte dei debiti sovrani, possibilità di stampare moneta, costituzione di un prestatore di ultima istanza), se l’UE non crea da subito un ministero dell’economia e delle finanze europeo, se non la finiamo con i teatrini dei direttori bilaterali, se non la finiamo di inseguire la chimera di un “uber” euro (che al punto in cui siamo potrebbero adottare solo tre paesi su 17), insomma se non si decidono subito cambiamenti importanti, tanto vale abbandonare subito l’Euro. Il Bundestag deve a breve decidere se modificare o meno la norma secondo la quale un paese può uscire dall’euro e restare contemporaneamente nell’UE. Anche questo, la dice lunga. La convinzione che la maggioranza degli analisti hanno maturato è che la cancelliera tedesca, facendo un torto alla propria intelligenza, si sta preoccupando più della sua rielezione che della sorte dell’economia europea e quindi mondiale. Ci stanno cartolarizzando il futuro, questi politicanti mediocri dell’UE. Abbiamo a ragione criticato la classe politica di casa nostra. Ma se osserviamo e soprattutto ascoltiamo le parole di personaggi come Olli Rehn, Juncker, Van Rompuy, Barroso e, dobbiamo dirlo, lo stesso Draghi, ci rendiamo conto che non fanno che ripetere le stesse monotone litanie: è un’arte combinatoria, secondo la quale si dicono le stesse cose con parole diverse. Questi signori continuano a cantare e a ballare correndo dietro il pifferaio magico tedesco, che ci sta conducendo, cantando e ballando, in fondo al dirupo.
Facciano, pure. Se non altro, abbiamo intuito di non essere i soli a non capire un bel nulla. Ci fa compagnia l’élite intera dell’Unione Europea. In quanto a ottusità, cecità ed incapacità fanno a gara con i politici di casa nostra. Pazienza, cerchiamo di tenere duro, di prepararci, di fare in modo, e lo diciamo soprattutto alle nostre banche, di non trovarci impreparati all’appuntamento con il futuro. Non sarà troppo gradevole, ma è l’unico che ci aspetta. Pensano di essere furbi, di avere capito tutto, di prevedere tutto. E invece cadranno con noi, più di noi, solo in quel momento potremo aggiustare i conti e conservare la memoria del passato.