venerdì 18 novembre 2011

DOMANDA: I BANCHIERI SONO TECNICI?


La domanda, dopo l’ubriacatura di consensi che sono piovuti sul nuovo esecutivo Monti, tanti, troppi, è se davvero sia tutto perfetto. Diciamo subito, per sgombrare il campo da ogni equivoco, che non lo è.  Il governo Monti non è la panacea per tutti i mali dell’Italia. Prima di tutto perché non si tratta di un governo squisitamente tecnico. Il termine tecnico è improprio per il fatto che per “tecnici” si intende personaggi svincolati da caste o consorterie, i cosiddetti “poteri forti”. In sostanza, un governo degli economisti e degli esperti in scienza delle finanze. Questo è un governo dei banchieri (circa la metà dei ministri designati appartengono o sono appartenuti all'universo bancario). La lobby delle banche non ha la coscienza immacolata: una parte delle responsabilità della situazione in cui versiamo è anche loro. Non solo. Un governo dei banchieri, inevitabilmente, è già di per sé in conflitto di interessi. L’interesse fondamentale, in questo momento, è quello di portare in sicurezza il paese, pensare alle sorti delle fasce di popolazione più deboli, tutelare i risparmi della classe media che va scomparendo, rimettere in moto la macchina dell’economia partendo dall’economia reale, non quella fittizia della finanza costruita dalle banche. L’eventuale conflitto di interessi potrebbe consistere nell’avere un occhio di riguardo ai bilanci degli istituti di credito più che alle sorti del paese reale. Ora, il primo, fondamentale errore di Mario Monti è stato quello di affidare il ministero chiave della crescita, quello dello sviluppo economico ad un genio della finanza come Corrado Passera, l’ex presidente del secondo gruppo bancario italiano. Non è stata una scelta felice. Se per tecnici si intende “esperti nel settore dell’economia e della finanza” non occorre essere banchieri per cercare di governare la crisi. La preoccupazione che inizia a trapelare è quella che il governo Monti non sia il governo della discontinuità, ma quello della continuità sotto mentite spoglie. Il loden di Monti ha sostituito il doppiopetto di Berlusconi, ma il taglio di un governo che dovrebbe essere tecnico e invece è più politico che tecnico rimane, sostanzialmente, quello di una destra che contesta qualunque tipo di patrimoniale, che preferisce introdurre l’ICI sulla prima casa (una misura odiosa perché indiscriminatamente colpisce chi con sacrificio sta pagando un mutuo per acquistare un appartamento), che pensa a misure restrittive sul mercato del lavoro, che pensa a tartassare per l’ennesima volta i pubblici dipendenti, che proseguirà il cammino di privatizzazione e liberalizzazione che aveva già avviato Berlusconi. E allora, in definitiva, il sospetto che Berlusconi sia uscito dalla porta per rientrare dalla finestra non mi pare infondata. Monti toglie le castagne dal fuoco a Berlusconi, fa le cose che lui avrebbe voluto fare e non poteva fare per non scontentare i propri elettori. In questo gioco dei quattro cantoni, la parte dell’allocco la fa la sinistra del PD, che, appoggiando incondizionatamente Monti, gli ha consegnato lo stato sociale e il welfare. In fondo, Berlusconi ne è uscito per l’ennesima volta vincitore e ha dimostrato di essere più scaltro di quanto si potesse pensare, e la sinistra, al colmo del grottesco, appoggia un governo che non potrà che portare avanti una politica di destra. Così il governo Monti sarà l’unico governo al mondo a fare una politica di destra appoggiato dal maggiore partito della sinistra. Il Bersani intervistato dai telegiornali non è il vero Bersani, è Crozza travestito e che parla come Bersani.

APPROVATO dalla Merkel e dal Presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso, dal Presidente Ue van Rompuy, contestatissimo dagli italiani che giustamente pensano che sarà per l’Italia l’inizio della fine.

DESTANO ENORMI preoccupazioni e raccolgono grandi dissensi le misure fiscali, che prevedono il ritorno Ici, abolita nel 2008 dal Governo Berlusconi, non solo sulla prima ma su tutte le abitazioni, senza tener conto se queste siano almeno fonte di reddito o meno, e con aggiornamento delle rendite catastali.

CONTESTATISSIMA la patrimoniale che si abbatterà sui patrimoni solo per il semplice motivo di possederli e su rendite, contanti, azioni, fondi e obbligazioni. Il tutto unito a spesometro e redditometro.

PER QUEL CHE RIGUARDA le pensioni, fermo restante l’età di 67 e 70 anni, sono previste penalizzazioni per chi lascerà il lavoro, tra i 62 e i 67-70 anni. La chicca è l'abolizione totale delle pensioni di vecchiaia a partire dal 2015.

SU QUESTO PUNTO è doveroso, però, da parte del nuovo governo spiegare perché i lavoratori dovrebbero continuare a versare contributi all’Inps.

PREVISTI TAGLI per i lavoratori pubblici, mobilità con spostamenti in altre regioni e, immobilità per due anni percependo l’80% dello stipendio. Tagli ai posti di lavoro anche nel settore privato.

PREVISTE LE DISMISSIONI del patrimonio immobiliare dello Stato, la privatizzazione e liberalizzazione delle società controllate dagli enti locali. Concorrenza negli ordini professionali, nelle reti dei servizi tra cui i distributori dei carburanti, quella del gas, i trasporti regionali.

QUESTO NON È IL MODO per azzerare il deficit, ridurre il debito e riavviare la crescita, incalzano le forze politiche.  "Questo è una rassicurazione per avviare l’Italia e gli italiani verso un default sicuro!"

SCONTRI nelle varie città italiane dove molti studenti hanno rivendicato il diritto allo studio. I manifestanti hanno disapprovato il "Governo dei banchieri".
Fonte: professionefinanza.com

 Riportiamo, considerandola illuminante, la seguente intervista al Prof. Di Taranto, lui sì un “tecnico” che non avrebbe sfigurato nell’esecutivo Monti, magari al posto di Corrado Passera.

Giuseppe Di Taranto è economista e professore alla Luiss. Il programma presentato dal nuovo governo riuscirà a far uscire l’Italia dalla crisi?
«Spero sia sufficiente. Ma su questa crisi ho grosse perplessità. Temo che non basti un governo di destra, di centro o di sinistra a risolverla. La riprova è che nonostante ora abbiamo un presidente con grandi competenze e gradito all’Europa lo spread continua ad essere a livelli molto alti».
Cosa servirebbe allora?
«Quello che manca è una governance europea. Abbiamo fatto l’unione monetaria, ma non un governo europeo. Servono regole più elastiche che governino l’unione. Oggi la crisi si sta espandendo a Francia, Austria, Belgio».
Quindi potrebbero non bastare i sacrifici richiesti?
«La verità è che in Italia il debito pubblico sta diminuendo. Il nostro rapporto deficit-Pil è al 4,5. In Gran Bretagna è all’8,4% in Francia al 7. La speculazione non nasce solo al di fuori dell’Europa ma anche dall’interno. La forza dei bund tedeschi permette alla Germania di attirare capitali pagando un interesse che è solo dell’1,8%. Quindi i tedeschi hanno a disposizione capitali pagando interessi bassi e possono reinvestirli. Non a caso pare, e sottolineo pare, che nell’ultima asta dei Btp a 5 anni molti siano stati comprati dalle banche tedesche. Dunque ci sono paesi che ci guadagnano. Le dico un’altra cosa. Se non ci fosse stato l’euro, il marco si sarebbe rivalutato del 40% e la Germania non sarebbe stata di certo il maggiore esportatore d’Europa come invece adesso è».
Ma l’Europa riuscirà a darsi nuove regole?
«L’euro e la Ue sono stati dei tabù. Ma evidenziarne i punti deboli, non vuol dire volerne la fine, ma cercare di salvarli. Quale altro paese ha regole così rigide che impongono un rapporto deficit/Pil al 3%? Non gli Usa, non il Giappone. Regole così bloccano la crescita. Un manifesto fatto da premi Nobel quando nacque la Bce diceva che la banca centrale europea non poteva solo occuparsi della lotta all’inflazione, ma anche della crescita e dell’occupazione. Invece la Bce chiede rigore ai singoli stati per combattere un’inflazione che di fatto non c’è e poi dice loro di occuparsi del problema della crescita».