lunedì 1 agosto 2011

L'UOVO DEL SERPENTE

Mi sono giunte, in questi ultimi giorni, diverse critiche per il presunto “disfattismo” o “catastrofismo” che caratterizzerebbero  l’ultimo post del presente blog “Parlando ai grandi”. Comprendo che, soprattutto in un momento come questo, sia difficile per tutti mettere bene a fuoco la situazione economico-politico-finanziaria dell’Italia e dell’Europa stessa. Diamo per scontato che dei media ci si può fidare solo fino ad un certo punto, considerato che i giornali che fanno capo a Berlusconi o dicono sciocchezze o non parlano affatto di ciò che sta accadendo e per quanto riguarda quelli della cosiddetta opposizione, mostrano un livello di preparazione sull’argomento francamente inadeguato. Le uniche fonti di informazioni certe, se si prescinde dal “Sole 24 ore”, sono i siti internet specializzati sull’argomento i quali, non essendo vincolati dalle veline dei partiti, riescono ad offrire una analisi della situazione economica italiana e mondiale discretamente attendibile. Se un cittadino medio, si limita a leggere i quotidiani, guardare i TG, o a domandare consulenza alla propria banca, sarà destinato ad avere una informazione viziata, imparziale, spesso manipolata.
Non è mia intenzione ripercorrere quello che è stato già esposto nel precedente post, solo, questa volta, cercheremo di dare un taglio più socioeconomico all’argomento. Da che mondo è mondo i sistemi politici, quelli economici, il pensiero filosofico, la stessa scienza, si sono dimostrati passibili di miglioramento e cambiamento. Nessun sistema dura in eterno. L’età di Pericle, nell’Ellade, sembrava non dover mai tramontare, l’impero romano pareva destinato ad espandersi indefinitamente, ma poi si scopre che i sistemi stessi, di qualsivoglia segno politico, contengono nei propri presupposti o  prerequisiti, le condizioni per una loro implosione, per la loro estinzione. Allorchè nasce, un sistema comincia già lentamente a morire, come tutto quello che ricade sotto i nostri sensi ed è frutto del lavoro o dell’ingegno umano. Ora, credo sia chiaro per tutti che il capitalismo, inteso in senso economico politico come “liberismo” è al tramonto, vedendo esplodere le sue stesse contraddizioni: un mercato lasciato libero a se stesso, senza alcun correttivo statale, avendo in mente la sola ossessione del profitto, finirà col generare una finanza  di carta che gira a vuoto su se stessa, che perde il contatto con l’economia reale. La finanza “creativa”, utilizzando con disinvoltura strumenti potenzialmente pericolosi come i derivati o gli “hedge fund”, ha finito per generare i presupposti del proprio tracollo globale.
In questo senso, il capitalismo ha covato a lungo il suo frutto più maturo ed avvelenato: l’uovo del serpente capitalistico contiene la fine del liberismo, con i suoi ultimi colpi di coda. Dentro quest’uovo è possibile trovare lo spettro della povertà, il buio della miseria, la distruzione della ragione. E’ quell’età di mezzo (il nuovo medioevo prossimo venturo) che ci traghetterà verso un nuovo sistema politico, economico e finanziario, ma la strada è ancora lunga e parecchie saranno le vittime abbandonate sul ciglio della strada. Non sappiamo che cosa ci aspetta dopo il tunnel del prossimo medioevo, sappiamo che ci stiamo avvicinando a grandi passi verso la caduta dell’Impero d’occidente.
Facciamo un breve riepilogo delle motivazioni che condurranno all’uscita di scena dell’Euro, e la conseguente caduta nel caos e nell’incertezza delle valute nazionali, in una parola, il default. Riassumiamo schematicamente i fondamentali della crisi:
1)      L’attuale crisi prende le mosse, nella metà del 2008, dalla concessione da parte delle banche americane dei cosiddetti “mutui subprime”, coprendo a volte persino il 110% del valore della casa a famiglie che, palesemente, non erano in grado di far fronte ad una estinzione del proprio mutuo.
2)      Sono cominciati i primi fallimenti di istituti di credito americani, la “Lehman & Brothers” per prima. Tale crisi si è allargata al resto dei paesi occidentali, facendo emergere le contraddizioni dell’utilizzo troppo avventuroso di strumenti finanziari (derivati, hedge fund ecc.) che risultavano completamente svincolati dall’economia reale. Un paese come l’Irlanda, che non possiede altro che prati verdi e brughiere, ha conosciuto una esplosione tutta finanziaria a fronte di una economia che rimaneva povera ed arretrata. Si è creato così il presupposto per il fallimento degli stati.
3)      Paesi come la Grecia, che ha condotto una politica economica dissennata e suicida, mantenendo un livello di corruzione altissimo, un apparato amministrativo pletorico ed elefantiaco, sprecando in malo modo le sovvenzioni comunitarie, hanno cominciato il percorso verso il default. A seguito della loro  debolezza strutturale, faranno seguito alla Grecia anche Irlanda e Portogallo.
4)      Dal momento che le regole dei mercati non sono mutate (in una parola non esistono), la speculazione internazionale si è scagliata contro le economie che percepiva come più deboli, lucrando sui titoli di stato dei tre paesi a rischio default. Vengono al pettine i nodi del debito pubblico dei diversi stati, l’Italia in primo luogo.
5)      I titoli bancari sono quelli messi più sotto pressione a causa di una pioggia di vendite, ma non dimentichiamo che nei loro caveau sono presenti una moltitudine di titoli di stato. Se lo stato fallisce, falliscono anche le sue banche, data la stretta interconnessione tra i due enti.
6)      La situazione attuale vede l’Italia sotto il tiro della speculazione internazionale dopo la messa sotto osservazione da parte dell’agenzia di rating Moody’s dei conti pubblici, delle società partecipate dallo stato, degli enti locali e dei principali gruppi bancari. Tale osservazione è effettuata in previsione di un downgrade, di un probabilissimo declassamento del paese. A soffrirne in primo luogo, come sempre, sono i bancari, vittime di vendite continue, e obbligati a ricapitalizzare per esigenze di liquidità. Ma lo stato italiano stesso è sotto un fuoco di fila: lo spread, il differenziale tra titoli di stato italiani e bund tedeschi è ormai agli stessi livelli della Spagna: siamo oltre i 300 punti una pericolosa soglia di allerta, perché lo stato, costretto a pagare interessi di oltre il 6%, non fa che indebitarsi sempre di più, entrando in una spirale senza fine e, soprattutto, vanificando per un buon 50% la manovra finanziaria appena approvata. Sarà necessaria una ulteriore manovra autunnale; il problema però, in questo caso, è dove andare a tagliare senza cercare di incentivare la crescita. Come detto più volte una politica di tagli in assenza di sviluppo economico non fa che dilazionare il crollo inevitabile.
7)      Tutti gli attuale marker, gli indicatori economici, stanno andando in un’unica direzione: lo spread con i bund tedeschi è ormai saldamente attestato sopra i 300 punti, al pari della Spagna, i titoli bancari, pur avendo aumentato il capitale, sono continuamente sotto pressione, collezionando un crollo dopo l’altro, con perdite ingentissime, il PIL italiano è praticamente uguale a zero: lo 0,6 ufficiale è un numero simbolico. Nella migliore delle ipotesi siamo in stagnazione. Se un paese non accenna a crescere è destinato al default. E poi, la disoccupazione altissima, una delocalizzazione forzosa delle imprese e delle industrie italiane, dove i costi del lavoro sono abbattuti;  presto l’Italia non sarà più un paese industrializzato, sparirà una intera classe, quella dei metalmeccanici. La consistente crescita dei CDS (Credit default swap), una sorta di derivato che si configura come una polizza assicurativa sui titoli considerati a rischio di inesigibilità sta riguardando sempre più da vicino i nostri titoli di stato. Si tratta di un pessimo segnale.
8)      Se a questo aggiungiamo un governo incapace di gestire la crisi, che per due anni ha ignorato la situazione drammatica che ci riguardava, che si regge sui voti di un branco di peones come Scilipoti, eletti in Parlamento solo in virtù di una legge elettorale definita correttamente una “porcata”, una legge che fa designare i candidati dai leader di partito, ci rendiamo conto che da questa classe politica non ci possiamo aspettare alcunché. Sarebbe staro auspicabile un passo indietro da parte di Berlusconi, e la costituzione di un governo tecnico di unità nazionale, e invece ci ritroviamo due nuovi ministri, uno più discutibile dell’altro. Non che dal centro sinistra arrivino segnali positivi, anzi. Solo debolezza, divisione, litigiosità, assenza di personalità di rilievo. Zapatero consente elezioni anticipate in Spagna, da noi un politico stracotto e plurisconfitto come D’Alema ha la faccia tosta di sedere ancora in Parlamento.
9)      La situazione prossima al disastro degli USA, che solo in queste ore hanno deciso di innalzare il tetto del debito, dopo una guerra fratricida fra democratici e repubblicani, la totale assenza di una politica comune da parte dell’Europa, dove ogni stato se ne va per i fatti suoi, cercando di coltivare il proprio orticello – la stucchevole pantomima sul salvataggio della Grecia ha costituito uno spettacolo indecoroso – fanno il resto. E’ ovvio che dopo l’ennesimo aiuto alla Grecia, si presenteranno con il cappello in mano anche Irlanda e Portogallo, ma a questo punto non sarà più possibile salvare nessuno. Anche perché, non lo dimentichiamo, a prescindere dalle “C” o dalle “D” delle agenzie di rating, i tre paesi menzionati sono già tecnicamente falliti. Farli restare in qualche modo a galla per salvare l’Euro, non fa che differire nel tempo il loro default.
10)   Quando il rischio concreto di fallimento arriverà in Italia (presumibilmente subito dopo la Spagna), non ci saranno risorse sufficienti a disposizione. Potrebbe crearsi un UBER EURO, adottato da Germania, Finlandia, Austria, Olanda e Danimarca, e un Euro2 svalutato di circa il 30% rispetto all’euro1. Ma sarebbe un’altra misura palliativa, utile solo a procrastinare il default inevitabile dei debiti sovrani e dei sistemi bancari dei paesi che li ospitano.
11)   L’ultimo, estremo passaggio potrebbe essere costituito dall’uscita di scena dell’Euro,  con conseguente ritorno alle valute nazionali. Per noi italiani, il ritorno alla lira comporterebbe una tasso di conversione almeno raddoppiato rispetto a quello del 2002: un euro = 4000 lire, una inflazione alle stelle, la ceduta verticale del potere di acquisto dei salari. Questo causerebbe un periodo indefinito di instabilità sociale e politica, fino alla costituzione di un governo autoritario in gradi di riportare l’ordine in un paese in preda al caos.
12)   In questo scenario il default è garantito. Bisognerà porre mano alla ristrutturazione del debito, che significa coinvolgere i soggetti privati. I titoli azionari o obbligazionari subiranno un taglio del valore nominale, del 20 – 25% e sarà possibile uno slittamento dei tempi di rimborso. Solo che se la ristrutturazione avviene in euro è un conto, se sarà gestita con le lire le conseguenza saranno ben più drammatiche.
13)   Ecco, il serpente del liberismo sta per liberare l’uovo, il suo ultimo figlio avvelenato. Quando l’uovo si schiuderà saranno anni di incertezza politica e sociale, di impoverimento, di conflittualità, di sonno della ragione. E’ la difficile transizione da un sistema giunto ormai al capolinea ed uno nuovo, diverso, del quale non possiamo, allo stato, conoscere ancora le caratteristiche.
Non si tratta, come si può ben vedere, di catastrofismo. In questi casi occorre informarsi dalle fonti il più indipendenti possibile, cercare di muovere, finchè è possibile, quello che appare troppo rischioso o troppo in perdita, ognuno deve studiare a fondo la propria situazione. Non ci sono ricette per tutti ma, per la prima volta, lo stare fermi aspettando che passi la tempesta non è una buona politica. Anche perché non verranno mai tempi migliori: possiamo rimanere stazionari o peggiorare. Molto dipenderà dalle politiche degli USA e della Cina, vedremo se saranno in grado di farci pervenire qualche segnale positivo. Ma è inutile farsi troppe illusioni: non si può mancare agli appuntamenti con la storia: si possono solo rimandare. Quella attuale non è una semplice crisi economica, è una svolta storica mondiale. Esiste, in queste circostanze, una ineluttabilità degli eventi, un ordine naturale delle cose che, con tutta la nostra buona volontà non possiamo modificare, ma solo rinviare. Occorre accettare quello che non si può evitare, senza troppe recriminazioni, senza isterismi, ma con il sangue freddo necessario e con il parere di persone attendibili, in grado di fornirci una consulenza per limitare al massimo i danni inevitabili.