domenica 7 agosto 2011

L'ITALIA E' UN'ESPRESSIONE GEOGRAFICA (Metternich riabilitato)

Abbiamo tutti ascoltato con un certo sgomento il discorso di Berlusconi alle due camere: era evidentemente in stato confusionale e, come ha accortamente osservato Rutelli, per la prima volta, mostrava di non credere neppure lui alle castronerie che stava dicendo. Parlava semplicemente di un altro paese, forse la Francia (che da Standard & Poor ha mantenuto la tripla A). Parlava di un paese inesistente, dove tutto va bene, tutto è solido e sano, e a sbagliare sono solo i mercati, gli investitori, gli speculatori e gli stessi risparmiatori italiani (che, presi dal panico, corrono in banca a vendere i titoli di stato). La conseguenza di questo intervento, la mancata uscita di scena del Cavaliere, e il ridicolo pellegrinaggio che 100 deputati del Parlamento italiano desiderano compiere in terra santa a settembre, non solo hanno fatto il giro del mondo, ma hanno provocato, di fatto, il commissariamento dell’Italia da parte della BCE. Acutamente l’on. Casini ha osservato che un governo tecnico si configura come un “commissariamento delle politica” quando la classe politica di un paese si dimostra incapace di governare la situazione. E’ proprio così. Dal momento che Berlusconi non ha voluto fare come Zapatero, non si è dimesso, non ha consentito elezioni anticipate, ma continua a far galleggiare il suo inutile governo Berlusconi – Bossi – Scilipoti con l’appoggio dei peones “responsabili”, la UE e la BCE non avevano altra scelta che commissariare il paese, dettando loro l’agenda politica dell’Italia. Le consultazioni febbrili di queste ultime ore tra i leader (quelli veri) europei e Barack Obama hanno avuto come risultato che la condizione che pone la BCE all’acquisizione di titoli di stato italiani per alleggerire la tensione sui BTP è quella di imporre la politica economico finanziaria all’Italia. Non per amore del paese degli spaghetti e del mandolino, ma semplicemente perché il default dell’Italia sarebbe insopportabile per l’intera Europa, che crollerebbe insieme all’Italia, e metterebbe a serio rischio l’esistenza stessa dell’Euro. Berlusconi non ha voluto fare un passo indietro dando l’unico segnale positivo che poteva dare ai mercati. Bene. Si trova comunque esautorato dei suoi poteri e ostaggio della BCE, perdendo comunque la sua leadership e facendo fare l’ennesima figuraccia al nostro paese che, governato da incapaci che pensano ai pellegrinaggi sull’orlo del baratro, si trova nella scomoda posizione di lasciare che siano personalità non italiane a decidere l’agenda politica del bel paese. Per carità, siamo tutti sollevati dal fatto che le decisioni cruciali vengano prese a livello europeo, ma da italiano mi posso solo vergognare . Volevamo essere la terza economia del continente, ci ritroviamo, grazie a Dio, ad essere una colonia della Germania. La posizione dello stesso Draghi, a questo punto, diventa delicata e traballante: un presidente della BCE che appartiene ad un paese di fatto commissariato dalla stessa BCE lo pone in una situazione di conflitto di interessi. Se il parlamento europea avesse previsto tutto questo, non ci sarebbe neppure stata l’elezione di Draghi al vertice della BCE. A questo punto ci hanno portato i nostri politicanti. Comunque sia, pur perdendo parte della sovranità sul nostro paese, meglio essere una colonia che essere pienamente indipendenti ma obbligati a tornare alla nostra povera lira che ci porterebbe al caos e alla povertà. Riporto di seguito il bell’articolo di Federico Rampini, tratto da “Repubblica”; con la sua consueta lucidità, illustra con dovizia di particolari la condizione attuale del paese del valzer.
"La Bce ha commissariato l'Italia, Trichet governa a Roma su mandato di Germania e Francia". Sono le 13 a Wall Street, manca un'ora e mezza alla conferenza stampa di Silvio Berlusconi in Italia, e i mercati sanno già tutto. Un "gabinetto di crisi" sovranazionale ha dato mandato alla Bce per scrivere l'agenda del governo italiano. "Anticipo dei tagli al deficit; pareggio di bilancio nella Costituzione; liberalizzazioni dei mercati": in tre diktat, è l'anticipazione che la Borsa americana apprende molto prima dei cittadini italiani.

La fonte che firma lo scoop è l'agenzia Dow Jones, le gole profonde stanno al Tesoro di Washington e alla Federal Reserve, e subito gli indici di Borsa recuperano.

Barack Obama a tarda sera di venerdì si mette al telefono con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy che "ringrazia per la loro leadership". A mezzanotte ora italiana non c'erano invece conferme di telefonate con Berlusconi. Il segretario al Tesoro Tim Geithner è al lavoro dietro le quinte fin da giovedì sera. È costretto a un intervento eccezionale sui governi europei dopo il tracollo di 513 punti del New York Stock Exchange.

I suoi interlocutori privilegiati sono il leader francese che è anche presidente di turno del G7 e G20; la cancelliera tedesca; il presidente della Bce. L'obiettivo è far passare uno schema familiare a Geithner, che si fece le ossa al Fmi e nella diplomazia Usa quando i focolai di crisi erano Thailandia, Argentina, Brasile.

Per spegnerli, arrivavano gli esperti del Fmi con i diktat del "Washington consensus" nelle loro valigette. Commissariamento dei governi inaffidabili, in cambio di aiuti. È la ricetta che ieri Geithner ha caldeggiato nel corso della giornata, nelle sue ripetute triangolazioni con Berlino, Parigi, Francoforte. A Berlusconi le condizioni sono state anticipate a metà pomeriggio dal presidente Ue Herman Van Rompuy e dal commissario all'Economia Olli Rehn: "l'Italia deve accelerare il suo risanamento", prendere o lasciare.

Sarkozy e Geithner hanno confermato, costringendo il premier italiano alla conferenza stampa. Ben più difficile era convincere la Merkel. Sull'altro piatto della bilancia, infatti, al commissariamento dell'Italia da parte di un gabinetto di crisi corrisponde l'intervento della Bce per acquisti di titoli pubblici italiani. Uno strappo alle regole del rigore monetario. Un'operazione contrastata dalla squadra tedesca in seno alla Bce: il capo della Bundesbank Jens Weidmann, il chief economist Juergen Stark, più gli alleati olandesi e lussemburghesi.

Ma Sarkozy ieri mattina ha capito di dover fare un pressing estremo su Berlino, quando ha visto allargarsi di nuovo lo spread dei tassi francesi su quelli tedeschi. A dargli man forte sono intervenuti gli americani. "Attenzione a non ripetere l'effetto Lehman  -  hanno detto gli uomini di Geithner agli europei  -  quando quella banca fu lasciata fallire nel 2008, nessuno capì che ne avrebbe trascinate molte altre a picco, e di più grosse". Chiara l'antifona: "l'Italia ha il terzo debito pubblico mondiale in valore assoluto, se avanza verso il default non vi basterà triplicare il fondo di salvataggio europeo".

È intervenuto Ben Bernanke, il presidente della Federal Reserve, con dati inquietanti sull'esposizione delle stesse banche americane al debito pubblico italiano; figurarsi quelle francesi e tedesche. A rafforzare le pressioni americane sulla Merkel, si sono aggiunte due voci autorevoli dall'Estremo Oriente: Cina e Giappone, due mercati strategici per il made in Germany. I governi di Pechino e Tokyo hanno chiesto un'"azione coordinata" per arginare il panico creato nel giovedì nero dallo spettro del default italiano.
Federico Rampini “La Repubblica”


In questa situazione, l’ex commissario europeo Mario  Monti legge  "quattro inconvenienti" per l'Italia. Il primo è la "scarsa dignità", perché "dispiace che l'Italia possa essere vista come un Paese che preferisce lasciarsi imporre decisioni impopolari". Ci vorrebbe almeno "un po' di patriottismo economico". Il secondo svantaggio è il "downgrading politico". "Quanto è avvenuto nell'ultima settimana - afferma Monti - non contribuisce purtroppo ad accrescere la statura dell'Italia tra i protagonisti della scena europea e internazionale". E questo è grave soprattutto per la possibile "efficacia" dell'azione del nostro Paese: "Il ruolo di un'Italia rispettata e autorevole, anzichè fonte di problemi, sarebbe di grande aiuto all'Europa". A ciò si aggiunge il terzo inconveniente: il troppo "tempo perduto", svantaggio derivato dal fatto che, per Monti, "la perseveranza con la quale si è preferito ascoltare solo poche voci, rassicuranti sulla solidità della nostra economia e anzi, su una certa superiorità del modello italiano è una delle cause del molto tempo perduto e dei conseguenti maggiori costi per la nostra economia". Infine, c'é lo svantaggio della "crescita penalizzata". "Nelle decisioni imposte dai mercati e dall'Europa - conclude Monti - tendono a prevalere le ragioni della stabilità rispetto a quelle della crescita". (Fonte: "Ansa")