domenica 28 agosto 2011

IL TIFOSO NEL PALLONE

C’è una categoria, nel nostro disgraziato paese, che, anticipando la stesura definitiva della manovra finanziaria, ha deciso di scioperare, gettando una nazione intera in un panico anche peggiore di quello doverosamente tributato alla crisi economica. Sto parlando dello sciopero deciso per la prima giornata di campionato dai calciatori. Avendo sentito vagamente parlare di “contributo di solidarietà” sopra le soglie dei 90.000 e 150.000  euro, e avendo incassato il rifiuto da parte delle società di pagarlo in loro vece, tanto per non sbagliarsi hanno stabilito di scioperare, tra le recriminazioni e lo sconforto di milioni di tifosi, orfani della giornata inaugurale del campionato. Il provvedimento relativo ai redditi sopra i 90.000 e 150.000 euro è già praticamente rientrato, insieme, guarda caso, a quello applicabile ai politici, rinviato a data da destinarsi (cioè mai), ma nonostante tutto i signori del calcio vanno caparbiamente avanti, non per soldi, ma per danaro. Il povero Luca Tommasi, cui dobbiamo riconoscere, in ogni caso, il merito di averci messo la faccia (non era impresa da poco), ha biascicato qualche questione di principio e l’appello ad un contratto nazionale, quando la tendenza, per tutte le categorie lavorative, nessuna esclusa, è quella di abolire le contrattazioni nazionali. Tommasi non brilla per dialettica né per acutezza di ingegno, se questo è il rappresentante che si sono scelti i signori calciatori c’è poco da stare allegri. Ora, sulla questione è già stato detto tutto quello che si poteva dire. Mi permetto solo di dare risalto ad alcuni aspetti di una storia che, altrimenti, andrebbe rubricata come gag comica di fine estate o come  possibile soggetto da episodio di una commedia all’italiana dei fratelli Vanzina. Sui calciatori è inutile aggiungere alcunché: si tratta di una categoria di persone di mediocre cultura, vezzeggiati e coccolati come bambini viziati, hanno a disposizione tutto: denaro, auto di lusso, natanti, ville, cocaina e veline a volontà. Appartengono ad un mondo sordido, al limite dello squallore: un mondo fatto di corruzione e raggiri, la vicenda che ha recentemente coinvolto Beppe Signori & C. ci rimanda ad un ambiente stupido, ottuso, avido di denaro e privo di qualsiasi principio, un verminaio. Ma non sarebbe il caso di dire che le colpe vanno ripartite tra tutti i soggetti di questo spettacolino da cabaret? A cominciare dai presidenti delle società, sempre disponibili  a pagare somme da capogiro per aggiudicarsi qualche presunto campione, alle folle sterminate dei tifosi che, idolatrando queste ballerine di prima fila, le hanno persuase di essere veramente quello che credono di essere: degli idoli, cui tutto è permesso, cui tutto è concesso. Perché non pensare invece ad uno sciopero dei tifosi, perché non immaginare uno scenario in cui 22 signori prendono a calci un pallone in uno stadio semivuoto? Ma il potere di attrazione che gli italiani provano per il calcio è tale che la sola ventilata proposta di uno sciopero ad oltranza ha seminato un vero e proprio panico tra i tifosi.  Troppi sono i lettori di quel quotidiano dalle pagine rosa, un quotidiano riempito di nulla, fatto di niente, solo carta priva di idee, paragonabile unicamente ai settimanali di gossip. L’unico quotidiano di carta rosa che personalmente conosco è il “Sole 24 ore”. In conclusione, è ovvio per tutti che uno sciopero dei calciatori è una incredibile sciocchezza, roba da restare stupefatti, è ovvio che la responsabilità di un simile stupidaggine non è da addebitare alla sola categoria dei calciatori ma ad una nazione intera ammalata di calcio e totalmente cieca e non udente. Ci sono alcune consorterie, in questo paese, da considerarsi intoccabili: i politici anzitutto, la cui cupidigia è pari solo alla loro inefficienza, i notai, gli avvocati, i farmacisti, e anche loro, i calciatori, le soubrettes della domenica, cui tutto è permesso, cui tutto è perdonato. Dopo il primo momento di sdegno per le motivazioni dello sciopero, i disoccupati, i cassintegrati, gli studenti senza prospettive, fra qualche tempo dimenticheranno tutto, saranno disposti a rimuovere le sbalorditive ragioni dello sciopero, ripugnanti per qualsiasi essere minimamente  in grado di pensare. Siamo fatti così, noi italiani, il nostro sdegno,la nostra vergogna durano un’ora, poi tutto come prima. Un esempio per tutti è questa surreale manovra economica, partita con obiettivi ben precisi, quelli richiesti dalla BCE, e poi perdutasi per la strada, per approdare in Parlamento totalmente stravolta, svuotata per non perdere consensi, e destinata a prepararne un’altra, ben peggiore, cui mettere mano tra qualche mese. Siamo un paese inaffidabile, il nostro è un “rigore all’italiana”, come definito dalla stampa estera, un paese di suonatori di mandolino e consumatori di pizza, la cui parola, universalmente, non vale neppure un centesimo di euro. Non prendiamocela, allora, con i soli calciatori, prodotto degenerato di un paese senza identità e senza onore, senza dignità e senza decoro, pensiamo al rivoltante mercato che sta dietro il pallone, ai milioni di tifosi che fanno ore e ore di fila ai botteghini per guadagnarsi l’agognato biglietto di un posto in gradinata. Sono loro che dovrebbero scioperare, ma si guardano bene dal farlo. Ed è un vero peccato, perché sarebbe l’unico segnale da dare alle signorine del pallone: non siete indispensabili, siete delle persone mediocri che esercitano uno sport. Ad ogni olimpiade, puntualmente, quando qualche nostro sportivo vero si guadagna una medaglia, solo allora ci ricordiamo che esiste lo sport autentico: il tiro con l‘arco, l canottaggio, l’hockey su prato. Sono sport totalmente ignorati, praticati da persone che lavorano (loro sì per davvero) e sacrificano il loro tempo libero a snervanti allenamenti, in silenzio, nell’ombra, con discrezione e dignità. Pensiamo qualche volta a anche a questi sportivi non stipendiati, gli unici che ci possono riconciliare con questo mondo dove gira solo denaro, droga e prostituzione. Ricordiamo sempre che quello praticato dai milionari del pallone si può chiamare in mille modi, tranne che sport. E la prossima volta che ci ritroveremo fra le mani una copia della “Gazzetta” o ci troveremo sugli spalti ad urlare, cerchiamo, in un angolo del nostro cuore, un momento di autentica vergogna per quello che stiamo facendo e stiamo permettendo.