venerdì 12 agosto 2011

VENGA A PRENDERE IL CAFFE' DA NOI

Credo sia chiaro per tutti coloro che hanno seguito  con qualche nozione di economia e finanza l’andamento della crisi dal 2008 in poi, che l’ennesima manovra finanziaria varata dal governo Berlusconi – Bossi – Scilipoti non raggiunge l’obiettivo che si prefigge. Si tratta solo della toppa per fermare una crepa che ci stava portando al default. Ma chiudere una crepa significa produrne un’altra che dovrà essere fermata per cercare di continuare a galleggiare per qualche mese o per qualche anno. Si tratta di provvedimenti completamente sbilanciati sui tagli e sulle imposizioni, e per questo destinati ad avere un effetto solo sul breve termine, per ritrovarsi tra sei mesi al massimo costretti a mettere mano ad una nuova manovra aggiuntiva.
E’ d’obbligo una piccola premessa: abbiamo, fino ad ora, parlato impropriamente di “crisi economica”, quando, secondo la precisazione del prof. Rogoff dell’Università di Harvard che riporto di seguito, ci troviamo di fronte ad una “contrazione” economica, un evento di portata ben maggiore e ben più grave di una semplice “grande recessione”. Non si tratta, come si vedrà, di un problema nominalistico, di una disputa sul sesso degli angeli, analizzare e fronteggiare una “contrazione” è ben diverso che misurarsi con una “recessione”, un evento, quest’ultimo, più frequente e facilmente aggredibile.
“Perché tutti continuano a far riferimento alla recente crisi finanziaria chiamandola “La Grande Recessione”? Dopotutto, questo termine è basato su una diagnosi sbagliata, e per questo pericolosa, circa i problemi che affliggono gli Stati Uniti ed altri paesi causando previsioni e policy erronee.
L’espressione “Grande Recessione” dà l’impressione che l’economia stia assumendo il profilo di una tipica recessione, anche se un po’ più severa – qualcosa come un’influenza molto brutta. Ecco perché, durante questo ribasso, gli esperti e gli analisti che hanno tentato di fare analogie con le precedenti recessioni americane post-belliche si sono sbagliati completamente. Inoltre, troppi policymaker si sono basati sulla convinzione che, alla fine dei conti, quella che osserviamo è solo una profonda recessione che può essere domata facendo generosamente affidamento sugli strumenti di policy convenzionali, come un’adeguata politica fiscale o bailout massicci.
Tuttavia il vero problema è che l’economia mondiale si è eccessivamente indebitata, e non c’è alcuna via di scampo veloce senza un piano per trasferire ricchezza dai creditori ai debitori, tramite dei default o delle repressioni finanziarie o utilizzando l’inflazione.  
Una più accurata, anche se meno rassicurante, definizione della crisi in corso è “la Seconda Grande Contrazione”. La prima “Grande Contrazione” naturalmente fu la Grande Depressione, come rilevato da Anna Schwarz e l’ultimo Milton Friedman. La contrazione si manifesta colpendo non solo la produzione e l’occupazione, come in una normale recessione, ma anche debito e credito, e con il deleveraging che tipicamente si completa in parecchi anni.
Perché discutere di semantica? Bè, immaginate di avere una polmonite e di pensare che sia solo una brutta influenza. Potreste facilmente prendere la medicina sbagliata e pensereste certamente di tornare alla vostra vita normale molto più velocemente di quanto sia realmente possibile.
Molti commentatori hanno sostenuto che lo stimolo fiscale ha per lo più fallito non perché è stato mal diretto, ma perché non è stato grande abbastanza per contrastare una “Grande Recessione”. Ma, in una “Grande Contrazione”, il problema numero uno è l’indebitamento esagerato. Se i governi che hanno un alto rating vogliono spendere le proprie risorse in maniera efficace, la cosa migliore da fare è di concentrarsi su cancellazioni o riduzioni del debito.
Alcuni osservatori guardano a qualsiasi suggerimento di inflazione anche poco elevata come ad un’eresia. Ma le Grandi Contrazioni, al contrario delle recessioni, sono eventi molto rari, che accadono ogni 70 o 80 anni. Ci sono momenti in cui le banche centrali devono spendere parte della credibilità accumulata durante gli anni normali.
La fretta di saltare sul carro della “Grande Recessione” è dovuta al fatto che molti analisti e policymaker semplicemente avevano una struttura erronea in mente. Sfortunatamente, adesso è anche troppo chiaro quanto si stessero sbagliando. 
Ammettere che abbiamo usato una struttura interpretativa fallace è il primo passo verso una soluzione. La storia suggerisce che le recessioni vengono sempre rinominate quando il fumo svanisce. Forse in questo caso il fumo svanirà più velocemente se abbandoniamo l’etichetta “Grande Recessione” immediatamente e la sostituiamo con qualcosa di più congruo, come “Grande Contrazione”. È troppo tardi per cancellare le previsioni sbagliate e le policy inopportune che hanno segnato il seguito della crisi finanziaria, ma non è troppo tardi per agire in maniera migliore.”  Kenneth Rogoff è Professore di Economia e Politiche Pubbliche all’Università di Harvard, è stato capo economist del FMI.(Source: ProjectSyndacate)
Ora, senza entrare nel merito della manovra, il testo si trova ovunque e ognuno lo giudicherà per quello che vale, due elementi emergono prepotentemente: l’assenza di misure incentivanti lo sviluppo e la crescita economica e l’assenza di misure cosiddette “strutturali”. La maggiore responsabilità che pesa sulle spalle del ministro Tremonti è stata quella di minimizzare, di stare immobile per due – tre anni. Per troppo tempo abbiamo avuto il parlamento impegnato in case di Montecarlo, lodi Alfano e Ruby Rubacuori. Se alla politica attendistica del ministro avessimo sostituito una politica di riforme progressive, non ci troveremmo adesso alle prese con una manovra fatta di sole imposizioni fiscali e tagli alla spesa che sortiranno come primo risultato quello di deprimere l’economia. I consumi caleranno verticalmente, e il divario tra i ricchi (quelli veri non saranno minimamente sfiorati dalla manovra) ed una classe media che sprofonda sempre di più verso l’indigenza è destinato ad aumentare. A questo primo, grave errore (guai ad aspettare che passi la nottata, l’entità della crisi era nota a tutti a partire dal 2008!) si poteva rimediare, almeno in parte, con misure, come l’alleggerimento degli oneri sociali, di incentivazione per l’industria e l’impresa, soprattutto quella piccola e di recente apertura. L'aumento di un punto relativo all'IVA poteva essere un utile espediente. Niente di tutto questo. Come andiamo ripetendo da molto tempo, una manovra che preveda solo tagli e tasse è una manovra recessiva, e necessiterà tra non molto di una replica ancora più aspra.
A questo punto, considerato che siamo di fatto commissariati dalle BCE, che abbiamo una classe politica del tutto inadeguata a fronteggiare l’attuale “contrazione”, cosa si potrebbe fare, che cosa si potrebbe auspicare? Non il commissariamento da parte della BCE, di sicuro. La Banca Centrale Europea, che ha sede a Francoforte, ha il difetto di essere controllata dalla Germania, e di agire quasi esclusivamente non per il bene comune della casa Europa, ma cercando di favorire in tutti i modi la super potenza (che superpotenza non è più) tedesca. Ovviamente la cosa migliore per noi sarebbe la costituzione di un governo tecnico, ma dal momento che questa strada appare impercorribile, in parte per il viscerale attaccamento alle rispettive poltrone da parte di questi parlamentari, un po’ perché il presidente della repubblica è una figura ornamentale della quale, francamente, si potrebbe fare anche a meno, l’unica strada che ci sembra praticabile è quella di uno svincolamento dalla pesante egida della BCE. Si tratta, come già detto, di una emanazione tedesca, tesa a favorire unicamente gli interessi tedeschi e, soprattutto, non esente da clamorosi errori, primo fra tutti quello di avere affrontato, come precisato più sopra, la presente contrazione economica come una semplice crisi passeggera. Ci dobbiamo persuadere del fatto che la Germania, per continuare a crescere e a fare la “locomotiva” europea ha un disperato bisogno di un paese come il nostro, come, ovviamente, della Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo. Non siamo dei semplici vassalli dell’Impero germanico, se i tedeschi dovessero tornare alla loro valuta, il marco, cadrebbero immediatamente in recessione, hanno bisogno di noi almeno quanto noi di loro. Questo “assoggettamento psicologico” che abbiamo sino ad ora nutrito nei confronti della Merkel, è dovuto quasi esclusivamente al pregiudizio che la Germania sia in grado di sfilarsi dall’Euro continuando tranquillamente a crescere. Nel nome del salvataggio della moneta unica, ci troviamo ad ingoiare rospi che altrimenti non avremmo mai accettato di mandare giù. Qualche analista comincia ad augurarsi timidamente un ritorno alla lira. Come ricordato più volte, è una strada percorribile ma densa di elementi negativi e di incertezze. Avremmo il vantaggio di non dipendere più da un organismo sovranazionale (lo spettacolo di Tremonti che legge in parlamento la letterina di Trichet è stato deprimente), saremmo in grado di esportare con maggiore facilità, possedendo una valuta infinitamente più debole dell'euro. Ma i fattori positivi si fermano qui. Tutti i nostri debiti sono stati contratti in euro e saremmo necessariamente obbligati a ripagarli con la stessa moneta, la conversione con la lira non sarebbe, come è ovvio, quella del 2002, ma molto, molto più svantaggiosa, di qui una pesante svalutazione ed una considerevole impennata inflazionistica. Aggiungiamo che il potere di acquisto, già scarso grazie al governo Berlusconi – Bossi – Scilipoti, dei nostri salari crollerebbe di colpo precipitandoci nella miseria, e la speculazione internazionale sulla nostra debolissima valuta farebbe il resto. Non si tratta, come è chiaro, di una strada percorribile. E non si può neppure eccepire che abbiamo fatto male, a suo tempo, ad entrare nell’euro. Noi non siamo il Regno Unito, avremmo fatto certamente la fine dell’Argentina dopo qualche mese. Ormai ci siamo, dunque, e dobbiamo restarci. Una cosa, però, possiamo fare: non considerarci una colonia tedesca, tenendo presente che siamo indispensabili alla Germania almeno quanto lei lo è per noi, e facendo il possibile, vivaddio, per cacciare i mercanti dal Tempio della politica. La stragrande maggioranza dell’opinione pubblica (basta consultare tutti gli ultimi sondaggi) considera questa classe politica incapace ed inefficiente, ottusa e sfrontata (si veda il caso del menu del Senato e della Camera). Un governo di tecnici potrebbe preparare una riforma della legge elettorale e prendere quelle misure che questo governo, troppo ancorato ai privilegi di chi lo compone non è in grado di predisporre. Se non si farà presto e bene, la conclusione è che ci ritroveremo, tra qualche mese, di fronte ad una nuova manovra correttiva, e che, comunque, di manovra in manovra, arriveremo in ogni caso al capolinea: i bookmaker inglesi, abituati a scommettere su tutto, danno per scontata la fine dell’Euro al massimo entro il 2012. Non sono uno scommettitore, ma questa volta mi sentirei di sacrificare una discreta somma per un risultato che, per una volta, mi appare scontato.