sabato 16 luglio 2011

PARLANDO AI GRANDI

Non vi tedierò con le solite scontate analisi sui mercati e sulle borse, non vi annoierò con i soliti bollettini medici sulla finanza ed economia del nostro paese. Che le cose vadano di male in peggio  è sotto gli occhi di tutti. Non passa giorno che non rechi una cattiva notizia. Chi possiede un portafoglio titoli, di qualunque entità e di qualsiasi diversificazione esso sia,  vede costantemente ed inesorabilmente calare i suoi utili.
Cerchiamo di sollevare allora un po’ lo sguardo, e proviamo a dare una risposta all’interrogativo che tutti si pongono: che cosa accadrà, come andrà a finire? E’ palese che questo stillicidio continuo non potrà proseguire indefinitamente. Gli stress test per conquistare il Core Tier 1, il test di Basilea 3, la messa sotto osservazione da parte di Moody’s dell’intero sistema italiano, il fallimento (perché di fallimento si tratta) di Grecia, Portogallo e Irlanda, la consapevolezza che una manovra fatta di soli tagli di spesa senza crescita non porta da nessuna parte, i costanti ribassi dei titoli bancari, sottoposti ad una pioggia continua di vendite, lo spread tra titoli di stato italiani e bund tedeschi in costante crescita, ben oltre i 300 punti, la debolezza ed impreparazione della nostra classe politica, ma soprattutto la deindustrializzazione del nostro paese sono tutti elementi che, messi uno accanto all’altro, non fanno che condurre economia e finanza italiane verso un’unica direzione. Se a ciò si aggiunge la macroeconomia, il liberismo globale che sta conoscendo il suo pieno fallimento, ma il cui crepuscolo lascerà parecchie vittime lungo la strada, il quadro è completo. Vivendo in uno sciagurato mercato globale e senza regole, il possibile default degli USA (ormai è più che una mera ipotesi) trascinerebbe l’Europa nel disastro economico. L’Europa, unita da una fragile moneta, disunita su tutto il resto, non appare assolutamente in grado di fronteggiare il disastro imminente. Gli estenuanti rinvii sul debito greco, la mancanza di una presa netta di posizione la dicono lunga su questa sorta di rassegnazione che sembra avere paralizzato quello che rimane di una Unione Europea che è ridotta all’ombra di se stessa, ad una grottesca parodia.
Ma allora, che succederà? Abbiamo ipotizzato come fase 3 della crisi la creazione di un euro a due velocità: un euro1 (Germania, Austria, Danimarca, Olanda, Finlandia) ed un euro2 svalutato del 30% rispetto all’euro1. Questo espediente potrebbe rivelarsi solo un palliativo che differisce  quello che, ormai, abbiamo, chi più, chi meno, compreso tutti: l’estinzione dell’Euro. Il fallimento degli stati ha come conseguenza inevitabile il contagio globale: nel momento in cui toccherà a noi, alla Spagna, agli USA, la finanza globale collasserà. Questo accade perché la finanza, se non sorretta dall’economia reale, non può continuare a giocare come si fa con il Monopoli: abbiamo visto dove conduce la finanza creativa, abbandonata a se stessa. Si tornerà alle valute nazionali, le borse chiuderanno per un periodo indefinito, in assenza di scambi, un medioevo carico di incognite e di instabilità sociali, guerre civili, insurrezioni ecc. si abbatterà sul mondo occidentale. Se è vero che la storia è ciclica, che nulla è eterno, il capitalismo ed il liberismo terminano la loro ingloriosa parabola, si crea un vuoto, un periodo di transizione simile a quello della repubblica di Weimar, quindi la nascita di sistemi autoritari per fronteggiare il problema dell’ordine pubblico fuori controllo.
Tutto lascia intravvedere un epilogo di questo tipo. Non c’è uno, un solo indice che ci fa pensare che le cose possano evolvere in un altro modo. Non è questione di pessimismo. Da troppi mesi, ormai, assistiamo allo stillicidio di pessime notizie, quotidiano, inesorabile. Quando anche le banche falliranno ed i cittadini si ritroveranno con un pugno di mosche o di carte bollate, dovranno fronteggiare qualcosa di assolutamente nuovo e inusitato per noi occidentali: il problema della povertà, l’indigenza, la mera sopravvivenza. La discesa nella barbarie è inevitabile a questi livelli. I media e i promotori finanziari delle banche ci tranquillizzano, dicendo che dobbiamo aspettare che le acque si calmino, che passi la tempesta. Ma qui non c’è nessuna tempesta, non si calmeranno più le acque, semplicemente perché si sta andando in un’unica direzione, quella del fallimento. Non si possono aspettare tempi migliori, perché tempi migliori non verranno mai. In questo senso è difficile dare un consiglio a chiunque (a meno che non sia molto ricco) abbia un patrimonio investito:  se vendesse quello che possiede venderebbe ad uno speculatore perdendo moltissimo, se continua a tenersi  titoli di stato , obbligazioni, azioni ecc. è comunque predestinato a perdere tutto o quasi, a seconda dei casi. Non ci sono ricette, ognuno deve capire quello che realmente vuole fare della sua vita, quello che veramente desidera. Ricordando che il desiderio più vero è spesso anche quello più nascosto. Occorre guardarsi bene allo specchio, non farsi illusioni, cercare la strada che limiti al massimo le perdite, e una volta deciso sul da farsi, andare fino in fondo. Sta per arrivare il momento delle scelte irrevocabili, delle scelte decisive, cerchiamo di non restare soli in questi istanti, prendiamo una posizione il più possibile condivisa dai nostri cari, e poi andiamo avanti, senza particolari ottimismi, che sarebbero fuori luogo, ma anche senza rimpianti, considerando che, comunque, non abbiamo più nulla da perdere.