sabato 9 luglio 2011

LA CRISI IN QUATTRO FASI

Ritengo utile una precisazione ulteriore rispetto all’ultimo post (“Crisi: siamo entrati nella fase due”), per quanto concerne la stadiazione della crisi. Avevo parlato, allora, di tre possibili fasi: gli ultimi avvenimenti lasciano intravvedere la possibilità concreta di una diversa scansione in quattro fasi. Vediamo di riprendere brevemente il discorso. 

FASE 1
La prima fase, come tutti sappiamo, è stata innescata, in  un mercato deregolato e in mano agli speculatori e ai fantasisti della finanza, dai noti mutui subprime americani. Le banche concedevano prestiti a famiglie non in grado di onorarli per far acquisire un immobile ad immigrati senza uno stipendio regolare. Il crack della “Lehman & Brothers”, il primo colosso bancario a fallire, ha segnato, convenzionalmente l’inizio, a metà del 2008, della crisi economico finanziaria mondiale. La finanza creativa e la gestione inetta e corrotta di alcuni stati, in Europa, hanno fatto il resto. Una finanza senza regole che cerchi di moltiplicare i guadagni senza più essere ancorata all’economia reale, ha creato l’illusione che i soldi si potessero fare con i soldi. La realtà ci ha spiegato che i soldi si fanno con il lavoro.
FASE 2
La seconda fase della crisi è quella che viviamo attualmente: il fallimento degli stati. Cominciano ad andare in default uno dopo l’altro (Grecia, Portogallo e Irlanda, per adesso) perché la sola iniezione di liquidità garantita dalla BCE e misure draconiane di tagli alla spesa pubblica non possono da sole, risanare una situazione irrimediabilmente compromessa dall’economia reale che, in questi paesi, è già in recessione. La recessione è costituita dalla crescita inesistente, anzi dal segno negativo del PIL, che, se non risollevato, provoca inevitabilmente una condizione di stallo. I prestiti erogati dall’Unione Europea o dal Fondo Monetario Internazionale, non fanno che spostare in avanti un fallimento inevitabile e tecnicamente già in atto.
FASE 3
La fase tre della crisi potrebbe corrispondere ad un Euro a due velocità: un Euro1 dei paesi più stabili e un Euro2 per quelli periferici. Non si tratta di una ipotesi fantasiosa, la misura è già allo studio della Germania la cui economia è apparentemente rallentata dalla crisi dei debiti sovrani periferici. L’Euro 1 ha già un nome, sinistramente inquietante: UBER-EURO. Potrebbero rientrare in questa prima moneta i seguenti paesi: Germania, Austria, Olanda, Finlandia. Entrambe le monete sarebbero comunque gestite dalla BCE, ma con un euro1 rivalutato di almeno il 30% rispetto all’euro2. A questa seconda moneta aderirebbero tutti gli altri paesi, Francia compresa. Un ritorno della sola Grecia alla dracma è da escludersi a priori, avrebbe un costo troppo elevato per la Germania stessa. Questa fase costituirebbe comunque una grossa incognita sia per i paesi aderenti all’euro1 che per quelli aderenti al’euro2. La  Germania è stata la maggiore beneficiaria della moneta unica, ed è altamente probabile che la perdita  di contatto con i paesi dell’euro 2 non sarebbe vantaggiosa per i tedeschi, che, correndo in pratica da soli, non riuscirebbero a fronteggiare la speculazione dei mercati internazionali.
FASE 4
La fase quattro è quella del collasso finanziario globale. In un futuro non troppo lontano, una volta esperiti tutti i tentativi di evitare il fallimento dovuto in primo luogo alla deindustrializzazione dell’occidente a favore dell’oriente, terminato il tentativo di galleggiare con due monete europee, al fallimento degli Stati Uniti, i cui segnali cominciano ad arrivare, corrisponderebbe il collasso dell’Europa  che prevedrebbe, inevitabilmente,  il ritorno alle valute nazionali con le conseguenze catastrofiche che abbiamo in precedenza illustrato. Sarebbe la fine dell’occidente così come lo abbiamo conosciuto, e l’inizio di un nuovo Medioevo pieno di oscure incognite.

Un’ultima notazione, a margine. Abbiamo finalmente capito che le sorti economiche e finanziarie mondiali non possono essere lasciate in balia di tre agenzie americane di rating, manovrate da speculatori senza scrupoli, i cui nomi sono noti a tutti, anche se la stampa fatica non poco a divulgarli, quasi ne temesse le pericolose ritorsioni. Confidiamo nell’esperienza e nella capacità di Draghi, del presidente del FMI Lagarde, di Barroso e del presidente dell’eurogruppo Juncker  affinchè si limiti drasticamente il raggio di azione di tali agenzie, che non possono essere in grado di  assegnare un giudizio ad uno stato sovrano. Possono farlo sul sistema creditizio di un paese, mai sugli stati. In ultimo, la costituzione di una agenzia europea non sarebbe una idea da scartare. Peccato sia giunta piuttosto tardivamente, considerati i crolli giornalieri delle borse, quella italiana su tutte.

CONCLUSIONI
Ora, credo che sia chiaro per tutti che i mercati e soprattutto la Borsa italiana non potranno sopportare a lungo un crollo dopo l’altro, quello che si sta verificando non in questi mesi, ma in questi giorni. Piovono le vendite sui bancari e tutti, risparmiatori ed investitori italiani stanno perdendo ogni giorno qualcosa. Ma il problema è che la Consob, che dovrebbe vigilare appunto su questi crolli pilotati, è un organismo decorativo, praticamente privo di poteri. In un mercato globale l’Italia non può stabilire delle contromisure unilaterali e la conseguenza è quella che dobbiamo, nostro malgrado, assistere impotenti all'attacco alla nostra finanza da parte dei soliti tristi figuri. Quali sarebbero le regole da introdurre in un mercato che continua ad essere senza regole e fa ciò che vuole? Intanto, per esempio abolire o limitare le “short selling”, le vendite allo scoperto, vale a dire vendere azioni che non si posseggono ancora, per poi acquistarle quando il prezzo è vistosamente calato. Non possiamo scagliarci contro gli speculatori se poi una misura così elementare non viene introdotta. L'attacco da parte dei cosiddetti "hedge fund" fa, appunto, parte di questa strategia. Siamo alle porte di una settimana che, prevedibilmente, sarà ancora più rovinosa della precedente. Ormai siamo dietro la stessa Spagna, la debolezza del nostro esecutivo è stata fiutata dai mercati, che hanno compreso benissimo che un governo in declino, che ha licenziato una manovra tutta sbilanciata nel biennio 2013-14, solo per cercare di non perdere consensi, non è in grado di gestire la situazione. Le banche italiane sono troppo compromesse con il fallimento dello Stato, e i margini di azione sono sempre più ristretti.
Le quattro fasi della crisi sono state descritte: è vero che siamo troppo grandi per cadere, un nostro fallimento trascinerebbe l’intera Europa nel caos, ma proprio per questo è allo studio la fase tre, consistente nella creazione di una doppia moneta comunitaria. Non sappiamo quando arriveremo alla fase quattro: per la prima volta anche Obama ha parlato chiaramente, per gli USA,  di un rischio default. Non sappiamo  quali saranno i tempi e le modalità, ma una cosa ormai è certa: percorreremo la strada sino in fondo, passando attraverso le varie fasi, e, a questo punto, il collasso finale appare sempre più inevitabile.