martedì 5 luglio 2011

L'AVVELENATA

“Ma se io avessi previsto tutto questo…” cominciava così una ben più celebre “Avvelenata” di Francesco Guccini; senza paragonarmi al più erudito dei nostri cantautori, ho voglia di scrivere qualcosa di simile, anche se l’assenza del supporto musicale rischia di produrre un testo inerte, senza vita, senza l’accento graffiante ed incisivo che ha contraddistinto la famosa canzone di Guccini. Un testo senza musica rischia di non arrivare al cuore delle persone, rischia di non suscitare quelle bellissime emozioni che solo la musica sa regalare: ma fa lo stesso, mi ci proverò ugualmente.
Da quando ho iniziato la stesura ed il costante aggiornamento di questo blog, quasi un anno fa, non avevo la benché minima idea di dove sarei andato a parare, non c’era nessun piano, nessun programma precostituito. All’inizio, e almeno per qualche mese, andavo avanti istintivamente, inserendo qualche pezzo ogni tanto, senza alcuna periodicità, cogliendo al volo qualche notizia, qualche sensazione che destasse in me il desiderio di comunicare qualcosa. Adesso le cose non stanno molto diversamente: è mutata la scansione temporale dei post, che hanno assunto una regolarità ed una costanza molto più serrata, oggi sento l’obbligo vorrei dire morale di scrivere su quanto ritengo più importante, ma la cosa che è sostanzialmente cambiata è il rapporto con i lettori. Un rapporto quasi esclusivamente numerico. So che esistono, so che ci siete perché ben tre contatori (sebbene diversamente impostati) mi testimoniano della vostra presenza, ma nessuno ha mai lasciato un commento in fondo ai post. Qualcuno mi ha scritto all’indirizzo di posta indicato, qualcun altro mi ha detto a voce quello che pensava, ma si tratta comunque solo di quelli dei quali ho conoscenza diretta. Degli altri non so nulla. E allora, dopo questa breve introduzione possiamo attaccare:

·         A quelli che leggono i blog e magari sono d’accordo con quello che viene esposto, ma non si azzardano a scriverti una parola di incoraggiamento.

·         A quelli che non sono d’accordo con quello che hai scritto, ma non ti scrivono lo stesso, magari per paura di essere riconosciuti. Io posso scrivere sciocchezze, stupidaggini, asinerie, ma ci metto la firma e la faccia, scusate se è poco.

·         Agli ipocriti benpensanti, non importa a quale religione appartengano, che non riescono proprio a non giudicarti, ti valutano, ti soppesano, fanno acute analisi su come sei o come non sei, non hanno dubbi, solo certezze che si illudono provengano da una fede fasulla, quei farisei che hanno fatto di una fede viva un insieme di norme morte. Quanti ne ho visto ieri,al funerale di un amico, io,in fondo alla chiesa, in disparte, discorrere amabilmente dell’ultimo vestito acquistato in saldo.

·         Agli invidiosi, che si mangiano il fegato quando fai qualcosa con successo, denigrano quello che fai solo perché vorrebbero essere al tuo posto, e gongolano di gioia quando ti vedono rotolare nella polvere, e questi sono la maggior parte. Ma si confessano, si comunicano, sono in grazia di Dio, ma Dio che conosce bene i nostri cuori li giudica per quello che sono: “serpenti, razza di vipere!”

·         Alla nostra classe politica, inetta, corrotta, indifendibile, attaccata ai propri privilegi visceralmente, incapace di vedere, di sentire, buona a nulla, parassitaria, velleitaria, che sta trascinando un paese con potenzialità enormi nella voragine della rovina economica. Capace di licenziare una manovra finanziaria che farebbe arrossire il più spavaldo degli uomini: nessun taglio concreto alla casta di appartenenza, i sacrifici devono ricadere sempre e comunque sui più deboli. A loro auguro la miseria, la povertà, l’angoscia del desco vuoto e la desolazione della consapevolezza di non riuscire più a provvedere ai bisogni della propria famiglia, per loro non basta neppure un girone  dantesco. Ma i potenti di adesso non sfuggiranno alla giustizia di Dio, si troveranno anche loro sull’orlo dell’abisso, dopo una vita spesa nel coltivare i propri interessi, sottraendo risorse a coloro che ne avrebbero realmente bisogno, per loro è pronto un fuoco che non si estingue.
·         Agli sciacalli internazionali che con la loro smisurata ricchezza spostano  e modificano gli indici delle borse, i contenuti dei mercati internazionali, condizionano le sorti di intere nazioni, si troveranno nudi al momento di render conto di ciò che hanno fatto.

·         Ai medici insulsi, somari ed incapaci, dalle cui labbra pendono i malati ed i loro congiunti, sanno che da una sillaba, da una intonazione della loro voce dipendono le sorti dei loro pazienti. Si fanno lautamente pagare per abbreviare una lista di attesa, si sentono arbitri in terra della vita e della morte, hanno costruito ricchezze, patrimoni interi sulla loro fama, costruita su pubblicazioni fasulle o plagiate, su appoggi e complicità delle caste baronali, incapaci di tenere un bisturi in mano, ma circondati sempre da un alone di sacralità, di rispetto, di ammirazione. Quanti ne abbiamo incontrati nella nostra vita? Quanti nostri congiunti sono stati ammazzati da questa macelleria d’alto bordo? Non c’è pena sufficiente per queste iene che speculano sul dolore e sulla necessità.
·         A chi gioca con i tuoi sentimenti solo per appagare il suo narcisismo, non conosce un momento di verità, conduce una vita intera in mezzo alla simulazione e alla menzogna. Semina illusioni, forte di un fascino innato, un dono del cielo, e costella il proprio cammino di vittime subdolamente ingannate, utilizzate strumentalmente per la gioia di un minuto, la conferma del proprio carisma, il senso del possesso, la fascinazione della propria infallibilità. A costoro auguro una vecchiezza piena di acciacchi e malasorte, che abbiano il tempo per riflettere su quanti hanno illuso e poi buttato.

·         Ai venditori di speranza, coloro che hanno fatto dello spirito di religiosità, presente in ognuno di noi, un veicolo per il proprio arricchimento. Guru, santoni, coach, counselor, guide spirituali, maestri di vita e cialtroni di questa risma. Poggiando su di una forte personalità, una indubbia intelligenza al servizio del male, un fiuto tutto speciale per le persone più deboli e bisognose di attenzione, di un aiuto vero, disinteressato, concepiscono miscellanee di filosofie, teosofie, teologie, le più disparate (cristianesimo, induismo, yoga, filosofia zen, taoismo, animismo e sciamanesimo ecc. il tutto mescolato in un minestrone inestricabile senza capo né coda, utilizzato, di volta in volta, a seconda dei loro tristi scopi). Questi maestri di vita, che organizzano incontri, seminari, convegni, sempre a pagamento, predispongono i corsi più disparati rilasciando attestati che altro non sono che comuni pezzi di carta, profittano dello stato di bisogno, soprattutto psicologico, per indurre una sorta di dipendenza e sudditanza nei loro confronti, al solo scopo di continuare nell’opera di spennamento del pollo di turno. Per loro considero equo il trattamento riservato da Dante ai consiglieri fraudolenti.

·         Ai guaritori, medici  e non, che promettono miracolose remissioni da mali incurabili, somministrano bicarbonato di sodio agli ammalati di cancro e scempiaggini di questo tipo. Non so quanti di loro siano in buona fede: presumo pochi. Per chi, tra loro, è solo a caccia di quattrini, è difficile persino pensare ad una pena sufficientemente dura.

·         Ai preti di ogni religione, segnatamente quelli cattolici, incapaci di pietà e compassione, pronti a puntare il dito dal pulpito, dispensatori di assoluzioni, mondatori delle anime, quelli che stanno un gradino sopra i fedeli, perché la loro non è una differenza di funzione rispetto al laico, ma di grado. Amministrano i sacramenti, anche i più fantasiosi, come l’estrema unzione: duri di cuore, sempre pronti a giudicare, poco amore, poca pietà, molta durezza d’animo. A tutti quegli unti del Signore che non hanno ancora capito che, davanti a Dio, siamo tutti sullo stesso piano, non esistono prerogative particolari da parte di pochi sulle moltitudini. Quando qualcuno di loro inciampa in una esistenza che disonora l’abito che indossano, non c’è pena bastevole a castigarli.

·         E infine a me, alla mia superbia, alla mia albagia, alla mia ingratitudine, all'ipocondria ben nota, pronto a far la vittima quando se ne presenta l’occasione, permaloso, rancoroso, mai soddisfatto. Incapace di sorridere, incline ad un cupo pessimismo, come se la vita e la storia fossero prive di scopo e l’uomo non fosse altro che un lupo solitario pronto a sbranare i propri simili. Cerco di migliorare, continuamente, per correggere questo plumbeo nichilismo, e godere delle cose belle dell’esistenza, le più piccole, le più modeste, e, al contempo, le più importanti. Non è un percorso facile, ma da un anno a questa parte sto mettendo tutto me stesso in questa direzione. Giudichi chi mi conosce a fondo.