venerdì 28 ottobre 2011

WATERLOO DIETRO L'ANGOLO

Il mercato fa i conti, ed è facile capire che l’accordo fra Sarkozy e la Merkel va a penalizzare gli altri Paesi dell’eurozona, è chiaro che così l’Europa non va da nessuna parte.
Con la scusa di “salvare gli altri” la Francia cerca di rubacchiare qua e la per salvare se stessa, è evidente che, a questo punto, anche i transalpini fanno parte, a tutti gli effetti, di quell’Europa del Sud la cui crisi rischia di minare la sopravvivenza dell’euro.
A tal proposito, io invito tutti i lettori ad una riflessione: tutto il mondo parla apertamente della crisi dell’euro che, a sentire autorevoli commentatori, potrebbe essere sull’orlo di un baratro, bene allora come si spiega che ancora oggi vale quasi il 42% in più del dollaro?
I dati macro provenienti dagli Usa non hanno destato sorprese per quanto riguarda le spese personali, mentre è stato davvero confortante l’incremento, ben oltre le attese, dell’indice di fiducia del Michigan balzato a 60,90 punti.
Sul nostro Ftse Mib pesante il comparto bancario, le ricapitalizzazioni non saranno indolore in un momento in cui anche le fondazioni potrebbero essere in difficoltà, oggi forse abbiamo assistito solo ad un “assaggio”, staremo a vedere nelle prossime settimane le ripercussioni sui titoli quando saranno noti anche i particolari.
Un anno fa, il 21 ottobre 2010, pubblicavamo un articolo dal titolo “Parigi è un po’ “Piigs”, nel quale dicevamo che il debito d’Oltralpe non era da tripla A (il livello più alto di giudizio), perché il deficit primario aumentava, ma i francesi non sembravano preoccupati. Infatti, i conti pubblici hanno continuato a deteriorarsi. Oggi, la Francia rischia il downgrade. Lo spread (differenziale) rispetto ai titoli decennali tedeschi è passato dai 70 punti base di settembre a 115 (al 26 ottobre).
Cosa c’è di nuovo
Perché le agenzie di rating hanno lanciato il monito solo ora? “Ci sono due fatti nuovi”, spiega Fabrizio Quirighetti, capo economista e gestore obbligazionario di Banque Syz&Co, che già un anno fa aveva messo in guardia sulla situazione francese. “Nel 2010 il disavanzo aumentava, ma l’economia cresceva. Oggi Parigi ha dovuto rivedere le stime del Pil (Prodotto interno lordo) al ribasso e nello stesso tempo deve prendere misure di austerità per risanare i conti pubblici”. Insomma è entrata nello stesso circolo perverso di altri paesi occidentali fortemente indebitati: una minor crescita significa meno entrate per lo stato; provvedimenti fiscali restrittivi compromettono ulteriormente lo sviluppo. In più, c’è il problema delle banche, che hanno in pancia titoli dei Piigs (acronimo di Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) e hanno bisogno di essere ricapitalizzate.
Se l’Italia è “too big to fail” (troppo grande per fallire), il caso della Francia è ancor più critico per il futuro dell’Eurozona, perché mina le possibilità di successo dell’European financial stability facility (il cosidetto fondo salva-stati), che necessita di garanti solidi. Per questo agenzie di rating e analisti aspettano di vedere che misure intenderà prendere il governo francese per il 2012 e di capire se dovrà correre in soccorso agli istituti di credito. Se la situazione si deteriorerà ulteriormente è sicuro che Parigi perda lo status di tripla A.


Se poi consideriamo la totalità dei titoli pubblici dei paesi a rischio come la Grecia, l'Italia, la Spagna, il Portogallo e l'Irlanda arriviamo ad una cifra record in mano alla Francia di 412 miliardi di euro.

Se l'Italia sarà quindi la seconda nazione dopo la Grecia a chiedere un piano di ristrutturazione del debito e il ricorso al fondo salvastati dell'UE, la terza non sarà la Spagna o il Portogallo, ma appunto la Francia.




Non a caso la prima banca europea a subire un tracollo e a chiedere un piano di salvataggio all'UE è stata la francese Dexia.

La Francia inoltre ha un tessuto economico basato soprattutto sulle grandi società e sulle multinazionali, che a differenza delle piccole e medie aziende italiane, hanno una maggiore propensione a ricorrere alla leva finanziaria per far quadrare i bilanci.

In un periodo di elevata volatilità dei mercati come questo, le grandi società francesi che hanno in cassa notevoli quantità di titoli azionari e titoli di stato esteri, sono sottoposte ad un continuo stress finanziario.


Questa strategia di accumulo aveva funzionato molto bene nel periodo in cui c'erano le premesse per un'espansione commerciale, perchè avere tanti titoli di stato di un paese straniero rappresentava un notevole vantaggio competitivo e una corsia preferenziale nei rapporti con la nazione in cui si voleva penetrare.





Pensiamo solamente all'invasione nei mercati italiani della grande distribuzione francese (Auchan, Carrefour e Leroy Merlin), alla scalata di Lactalis a Parmalat, alla fusione fra BNP Paribas e BNL, alla partecipazione di Air France in Alitalia, e all'accordo già raggiunto dall'EDF con il governo italiano per la costruzione delle sette centrali nucleari, stralciato poi dal referendum.

Paradossalmente adesso l'Italia ha il coltello dalla parte del manico, e utilizzando la minaccia dell'imminente fallimento, l'Italia potrebbe usare all'inverso la stessa strategia usata in passato dai francesi per ottenere agevolazioni commerciali in Francia.

Se il governo Berlusconi è un pugile alle corde, la Francia di Sarkozy è l'avversario a cui il pugile frastornato si è aggrappato al collo per non cadere; se fallimento sarà, Francia e Italia cadranno insieme.



Fonte: Trend-online - Diggita

A dire il vero la tripla A la dovrebbero perdere da oggi.  Sarkozy ha dichiarato: “se avessero lasciato cadere la Grecia, poi sarebbe toccato all’Italia”. No, caro Napoleone IV, non sarebbe toccato all’Italia, perché se l’Italia cade la prima a farne le spese è proprio la Francia, per le strette interconnessioni tra le nostre economie e per il fatto che le banche francesi rigurgitano di nostri titoli. Napoleone IV, accecato dal suo sciovinismo, dimentica che non ci sono soldi per salvare l’Italia, perchè se cade una economia complessa ed articolata come quella italiana, non solo implode l’Euro, ma si crea il collasso della finanza globale. In una parola, non ci trasciniamo dietro solo l’Europa, ma il mondo intero. Non esiste possibilità di default per l’Italia, l’Italia non è neppure lontanamente paragonabile alla Grecia, un paese non industrializzato, con una economia fortemente arretrata, una classe dirigente non solo corrotta ma che ha addirittura falsificato i bilanci a livello europeo. Il solo accostarci alla Grecia, da parte del novello Napoleone,  per il solo fatto di distogliere lo sguardo dei mercati da una deriva sicura del suo paese, è vile e puerile.