lunedì 31 ottobre 2011

CAPORETTO


E infine, anche questo lunedi 31 ottobre ce lo ricorderemo come uno dei più neri in assoluto. Dal giugno 2011 la pressione sull'Italia e i suoi titoli di stato non si è mai allentata, e dopo una piccola pausa, si sta scatenando in tutta la sua virulenza. Lo abbiamo ripetuto più volte: i nostri fondamentali non sono cambiati da un anno a questa parte, tuttavia il fuoco di fila della speculazione sui nostri titoli viaggia a vele spiegate. E' probabile che la BCE abbia smesso di acquisire titoli italiani sul mercato secondario per costringere Berlusconi alle dimissioni. E' una ipotesi già formulata dalle pagine di questo blog. In questo caso, il premier, una volta arrivati a quota 7% di rendimento sui titoli di stato, sarebbe obbligato alle dimissioni, perchè oltre tale quota lo stato è praticamente obbligato a dichiarare bancarotta. E' solo una ipotesi. Fatto sta che un paese avezzo ad amministrare il proprio debito pubblico senza eccessivi scossoni, con un sistema bancario una volta solido e ben patrimonializzato, si trova sull'orlo della disfatta. Ma, a questo punto, occorre mettere mano ad un piano B che si sperava non dovesse mai essere applicato. Vero è che Berlusconi deve dimettersi, ha ragione Montezemolo ad invocare un esecutivo di “salute pubblica”. Tutto questo è vero. E' altrettanto vero che non esiste nessuna manovra finanziaria in grado di fermare questo “effetto valanga” sul nostro paese, e quindi, ammesso che Berlusconi faccia il passo indietro, non è detto che questo solo fatto, di per sé, raffreddi la pressione sui nostri titoli. Allora il piano B consiste in qualcosa che, tra le tante amenità che pronuncia quotidianamente, il cavaliere ha già detto in questi ultimi giorni: minacciare una uscita dell'Italia dall'Euro. So bene che un ritorno alla valuta nazionale, la lira, provocherebbe una depressione economica senza pari, ma è altrettanto vero che i nostri amici europei non se lo potrebbero permettere. Germania e Francia non solo posseggono circa il 40% del nostro debito, ma le loro banche fanno un largo uso della cosiddetta “leva finanziaria”. La leva finanziaria è la quantità di attività e di operazioni che una banca svolge oltre il suo effettivo capitale. Se le banche italiane si attestano sui 10 punti circa, la francesi e tedesche sono tra i 30 e i 40 punti. Sono, di conseguenza, fortemente indebitate perchè svolgono attività ben al di sopra delle loro reali possibilità. Se l'Italia dovesse uscire dall'Euro, le banche tedesche e francesi fallirebbero una dopo l'altra nel giro di pochi mesi, e così i loro rispettivi paesi. Ecco perchè, con tutto il disprezzo di cui sono capaci, Germania e Francia cercano disperatamente di farci galleggiare. Non per amore, ma per necessità. La minaccia di uscita dalla moneta unica potrebbe essere utilizzata anche per un secondo, più grave, motivo. Se lo spread e il triste mercato dei CDS non si allentano, l'Europa sarebbe costretta a “salvarci” ricorrendo al fondo di stabilità. Il che si tradurrebbe in un salvataggio delle nostre banche. Ma la contropartita sarebbe una ristrutturazione “soft” del nostro debito, e quello delle nostre banche. Il che significherebbe coinvolgere i soggetti privati nel salvataggio, banche e risparmiatori, come me, come voi. I nostri titoli, di qualsiasi natura essi siano, subirebbero un haircut, un “taglio” del valore nominale del 20 – 25% per le obbligazioni “senior”, e il rischio del mancato rimborso per tutti quei prodotti strutturati come i derivati o le obbligazioni subordinate sarebbe una concreta prospettiva. Ecco perchè, per una volta, il nostro premier non ha commesso un errore mettendo in discussione l'Euro. Nessuno vuole seriamente abbandonare questa moneta, ma se i nostri amati partners giocano “sporco”, per distogliere l'attenzione dei mercati dalle loro magagne (soprattutto la Francia, che in realtà dovrebbe rischiare qualcosa più di noi) o per disarcionare Berlusconi, allora diventa necessario raccogliere la sfida e giocare pesante, con le loro stesse armi. L'UE, il FMI e la BCE sanno perfettamente che non basterebbero dieci manovre a placare i mercati, eppure continuano a chiedere all'Italia di affamare la sua popolazione, come accaduto per la Grecia. Noi non dobbiamo stare a questo gioco al massacro. Anche perchè servirebbe solo ad azzerare il nostro stato sociale e a far pagare i ceti più deboli. Bisogna uscire dal ricatto di una Europa che (per chi ha assistito alla trasmissione “Report” del 30 ottobre) è essa stessa protagonista del deterioramento del nostro asset economico finanziario. Sarebbe come chiedere dei sacrifici alla persona che hai appena solennemente bastonato. Se ne vada pure Berlusconi, ormai non può fare altro, ma, nella considerazione che a sinistra regna la più totale confusione di idee e di programmi, cominciamo ad entrare nell'ordine di idee che sventolare lo spauracchio di una uscita dall'Euro da parte dell'Italia potrebbe costituire un primo passo in avanti. Speriamo di non arrivare mai a tanto, ma rendiamoci conto che è l'unico sistema per uscire dal vicolo cieco nel quale ci hanno cacciato i nostri stessi partners, che invece di aiutarci seriamente ci hanno chiuso nell'angolo dell'indebitamento senza ritorno.