venerdì 21 ottobre 2011

TRICHET E IL MISTERO DELLA TRIPLA "A" (della Francia)


Nel congedarsi dalla scena dell’Eurotower, Jean Claude Trichet ha pronunciato uno dei suoi discorsi migliori, tenendosi a debita distanza dalla retorica, con uno stile secco e asciutto ha semplicemente constatato che l’unica via di uscita, non dalla crisi (che non ha vie d’uscita) ma di gestione della crisi risiede unicamente in una maggiore collegialità europea, una governance comune in economia e finanza, magari auspicando la figura di un super ministro delle finanze europeo. Constatando, senza dirlo apertamente, che la crisi è ormai nel cuore dell’Europa, che la distinzioni tra il club dei paesi dalla tripla “A” e paesi periferici è nei fatti caduta, che paesi come la Francia sono vistosamente sopravvalutati (altro che tripla A). La Germania è rimasta l’unico paese a mantenere una economia tuttora solida. Ma la Germania senza euro e senza il resto dell’Europa avrebbe il fiato corto. Va da sé che o la crisi si amministra insieme, oppure, se si prosegue nella strada degli interessi particolari, siamo predestinati all’ingresso in un nuovo medioevo. Non gli ultimi della classe, le tanto vituperate Spagna e Italia, ma anche Belgio, Olanda, Austria, Regno Unito (il cui sistema bancario sta dando seri cenni di cedimento). O se ne esce insieme o non se ne esce. E’ una constatazione ovvia, ne convengo, ma credo che Trichet bene abbia fatto a ribadirlo un’ultima volta.
E, tanto per rinfrescarci un po’ la memoria, ricordiamo i due problemi fondamentali che le nostre banche (la fase 3 della crisi) si trovano a fronteggiare. Il primo problema è il cosiddetto “funding”, il finanziamento, i nostri istituti di credito sono poco patrimonializzati, hanno bisogno di aumenti di capitale e quindi di liquidità di difficile reperimento. Il secondo, ben più complesso, è il “deleveraging”.
Deleveraging: uno dei problemi delle istituzioni finanziarie oggi è quella di un troppo elevato livello di indebitamento (in inglese  si parla di leverage elevato). Da questo ha origine l’esigenza di un deleveraging, cioè di una riduzione del suo livello. Ora, un’operazione di questo genere si può fare, nella sostanza,  o aumentando il capitale sociale, o riducendo il livello dei prestiti alla clientela. La prima operazione appare difficile perchè mancano i soldi, l’altra comporta gravi difficoltà per l’economia reale. In questo momento è molto forte, tra l’altro,  l’intervento pubblico, con l’immissione nelle banche in crisi di rilevanti risorse di capitale.
Un'ultima postilla intorno ad uno strumento che è stato alla radice delle cause dello sfacelo finanziario cui stiamo assistendo: parliamo dei famigerati HEDGE FUND. Vediamo, intanto, cosa sono.
Una definizione appropriata di Hedge Fund potrebbe essere: "Qualsiasi fondo che non sia un convenzionale fondo d'investimento"; in altri termini qualsiasi fondo che utilizzi una strategia o una serie di strategie diverse dal semplice acquisto di obbligazioni, azioni (fondi comuni d'investimento a capitale variabile - mutual funds) e titoli di credito (money market funds) e il cui scopo è il raggiungimento di un rendimento assoluto e non in relazione ad un benchmark.
Gli Hedge Fund vengono di volta in volta indicati come strumenti di investimento alternativi, fondi speculativi, fondi di fondi, sempre in contrapposizione con le forme di gestione dei risparmio di tipo tradizionale, regolate da leggi e regolamenti specifici che ne limitano l'operatività e il rischio.
Il termine anglosassone "hedge" significa letteralmente copertura, protezione e, in effetti, questi fondi nascono proprio con l'intento di gestire il patrimonio eliminando in gran parte il rischio di mercato. La filosofia degli Hedge Fund è quella di ottenere risultati di gestione positivi indipendentemente dall'andamento dei mercati finanziari in cui operano.Ora, è chiaro per tutti che finchè simili strumenti non saranno soggetti ad alcun tipo di regolamento, continueranno la loro scellerata opera di smantellamento dei mercati e delle borse.
Trichet come De Gasperi: Per uscire dalla crisi è necessario che i Paesi europei uniscano le loro economie.
SE L'UNIONE EUROPEA vuole davvero impegnarsi a superare la crisi e rafforzare le proprie economie, deve provvedere al più presto alla creazione di una vera e solida unione economica tra gli stati, in grado di svolgere mansioni di "rigorosa sorveglianza sia delle politiche fiscali che delle politiche per la competitivita'" dei singoli Stati.
QUESTO QUANTO SUGGERITO da Jean-Claude Trichet, presidente uscente della Bce, nel discorso tenuto a Francoforte in occasione della cerimonia ufficiale per il suo addio all'Eurotower.
SECONDO TRICHET l'Unione europea deve muoversi in fretta, creando, nel più breve tempo possibile, un supporto operativo, che agisca nell'economia e nella finanza.
C’E BISOGNO di qualcuno che abbia responsabilità dirette in almeno tre campi, il primo riguarda la rigorosa sorveglianza delle politiche fiscali e di competitività, campo in cui deve avere la possibilità, in casi eccezionali, di prendere decisioni applicabili nell’immediato, soprattutto, in merito alle economie degli Stati che potrebbero mettere a repentaglio la stabilità finanziaria dell’intera Europa.
IL SECONDO CAMPO riguarda la volontà di realizzare una piena integrazione nei servizi finanziari ed il terzo deve rappresentare l'unione nelle istituzioni finanziarie internazionali.
NEGLI AUGURI RIVOLTI a Draghi, suo successore alla Bce, Trichet,si è lasciato andare ad una citazione di De Gasperi: "la volontà di realizzare l'Unione deve essere il fatto determinante, la forza di propulsione".
Lo aveva augurato a suo tempo De Gasperi all’Italia, oggi lo augura Trichet all’Europa.
Di contro, i tre porcellini, le tre agenzie di rating che continuano a sparare giudizi a ripetizione, come un disco rotto. Non possiedono la minima affidabilità, vivono un palese e sfrontato conflitto di interessi, sbagliano continuamente (come spiegare il mantenimento della tripla A alla Francia, o il giudizio stabile sul Belgio che si è appena svenato per salvare il gruppo Dexia), quando ci decideremo a ridurle al silenzio?
IL COMMISSARIO EUROPEO, Michel Barnier, lancia gravi accuse verso le agenzie di rating definendole, addirittura, una delle cause principali della crisi.

A NOVEMBRE, preannuncia, che sarà presentata una nuova regolamentazione al fine di evitare valutazioni sbagliate, molto spesso fatte senza giusta cognizione, ma che, purtroppo, non fanno altro che aggravare la situazione.

IN CONFERENZA STAMPA a Bruxelles, Michel Barnier, ha affermato che le agenzie di rating sono una delle cause della crisi, non hanno saputo anticiparla, non hanno dato il giusto rating ai prodotti, hanno fatto valutazioni sbagliate che hanno però



prodotto un effetto deleterio per l’Europa.

BARNIER VORREBBE IMPEDIRE alle tre agenzie di esprimere giudizi negativi nei confronti dei rating dei Paesi europei più vulnerabili.

UN GIUDIZIO NEGATIVO emesso contro un Paese "in un momento inopportuno", quando ad esempio lo stesso Paese è in trattative per ricevere aiuti dal fondo salva stati dell'Ue o dal Fmi, produce solo "effetti negativi per la stabilità finanziaria del paese e possibili conseguenze destabilizzanti per l'economia globale". Vediamo, tanto per intenderci, la definizione stessa di “rating” cosa recita:
Rating (classificazione, o votazione ) le agenzie di rating forniscono, senza richiesta alcuna da parte del soggetto sottoposto ad analisi, sia esso uno stato sovrano, un ente pubblico, locale, un istituto di credito, una società ecc., una valutazione della qualità dei titoli che saranno emessi o sono stati emessi da tali enti; la valutazione può cambiare nel tempo. Uno degli aspetti dello scatenamento della crisi attuale è stata costituita dal fatto che le agenzie hanno dato una valutazione troppo ottimistica dei titoli derivati dai prestiti sub-prime. Una delle ragioni dei pessimi risultati ottenuti da tali agenzie risiede nel fatto che esse vengono pagate dagli stessi enti che devono sottoporre a giudizio di affidabilità, trovandosi quindi in un rilevante conflitto di interessi. Non occorre aggiungere altro.
Fonti: trend-online, professionefinanza.com