domenica 15 maggio 2011

SE TI TAGLIASSERO A PEZZETTI

Ricordi quella mattina, a Diano Marina, eravamo usciti presto dall’albergo che ci ospitava, era la fine di marzo, faceva ancora freddo, ma il cielo era limpido, sgombro di nubi, l’aria frizzantina, il sole radente si specchiava sulle pozzanghere lasciate sulla strada dalla pioggia del giorno prima. Camminavamo mano nella mano, per le strade non ancora affollate della cittadina, il vento sollevava mulinelli di foglie e scompigliava i tuoi capelli, io ti parlavo di non so quali progetti, tu, muta, con gli occhiali da sole, eri immersa nei tuoi pensieri. Ci sedemmo su di una panchina, in pieno centro, tu avesti un brivido di freddo, io  mi avvicinai per cingerti la vita con un braccio, e rimanemmo così a lungo, a goderci il tepore che emanava quel sole già primaverile. In quel momento mi sentivo felice. Non ti dissi nulla, continuammo la passeggiata, ma il tuo sorriso bastò a confortare il mio cuore. La sera, dopo la cena consumata al ristorante dell’hotel, salivamo nella suite che avevano preparato per noi: uno stile berbero che ricordava un po’ le ambientazioni del “tè nel deserto”, con colori caldi pastello alle pareti, gli arredi essenziali in legno bruno massello, le lampade bellissime, multicolori, le sedie in vimini intrecciati con i cuscini decorati con i fiori di ibisco. Poi uscivamo per percorrere il deserto lungomare. Cercavo il tuo braccio, stringendolo forte, il mare non si vedeva, si udiva solo l’impatto delle onde sugli scogli o sulla battigia, la rare lampade che illuminavano la strada emanavano una strana luce oltremarina, parlavamo poco, a tratti, i lunghi silenzi non pesavano sul cuore, li apprezzavo anzi come un dono da custodire. C’era molta serenità in quelle passeggiate solitarie, accanto ad un mare fuori stagione, incrociando qualche raro passante che scivolava via in fretta. Poi, una volta arrivati al belvedere, sostavamo a lungo, sempre in silenzio, cercando di scrutare un mare indecifrabile ed oscuro, per poi tornar sui nostri passi, a braccetto, qualche volta reclinavi il capo sulla mia spalla, e questo mi bastava ad infondermi un calore dolce e melodioso.

La mattina ti svegliavo piuttosto presto, mi alzavo per scostare la tenda della finestra davanti al letto: inquadrava perfettamente un borgo a picco sul mare, pareva una cartolina illustrata. Tornavo poi a letto, per abbracciarti e darti qualche bacio, tu ancora assonnata, avresti voluto indugiare ancora un po’, avevi ancora sonno: parevi una bambina, con gli occhi chiusi e la magica innocenza del sonno. Non sapevi che già da qualche ora ti guardavo dormire, ed il bimbo che è da sempre in me pareva uscire dalla mia anima ed aleggiare per la stanza, fino ad unirsi alla bimba che sei e che è in te, per giocare a rimpiattino, o semplicemente per raggiungerti nel sonno. Ho ancora nelle orecchie i suoni di risa che mi sembrava di sentire in quei momenti. Dopo la colazione, tutti i giorni, ci dirigevamo verso qualche località dell’imperiese da visitare, camminavamo a lungo, per quelle contrade, senza confusione, nella tranquillità che solo quella stagione sa regalare. A cena poi, una melodia sempre diversa accompagnava le portate, ci guardavamo negli occhi, come da molto tempo non facevamo, e i tuoi occhi azzurri si spalancavano, a volte, in seguito ad una esclamazione, e questi tuoi occhi, di quegli istanti, sono per sempre nei miei occhi.

Nei pomeriggi, ventosi ma soleggiatissimi, ci soffermavamo, per qualche tempo, al tavolino di qualche bar, per bere una birra, o una cioccolata calda. Il sole pareva non vedesse l’ora di tuffarsi nel mare, i tramonti, in quei luoghi e in quei tempi, sono sbrigativi ma intensi: gli ultimi bagliori, prima della scomparsa del disco rosso oltre l’orizzonte marino, sono come i lampi di un temporale, i colori si mescolano, il giallo contro il blu genera il verde dell’ultimo raggio del crepuscolo. Ti vedevo percorsa da un brivido, che ti dava una scossa alle spalle e alla schiena, mi tendevi la mano, allora, ed io te la baciavo teneramente, per poi abbracciarti, sentire ancora una volta il profumo dei tuoi capelli, indovinare la morbida sinuosità del tuo collo,  chiudere gli occhi  per rivivere i primi istanti…L’ultima sera, durante la consueta passeggiata sul lungomare immerso nelle tenebre, una lieve malinconia cominciò a salire dentro di noi, ma senza traboccare. Ci dicemmo cose, quella sera, che non voglio riportare, ma i nostri baci furono limpidi come il cristallo, e i nostri sguardi languidi come specchi d’acqua. Ci coricammo allacciati, una lacrima solcava la tua gota, io sospiravo senza una parola. Poi, prima di scivolare in un sonno d’altri tempi, vidi il tuo cuoricino fondersi con il mio, e l’ultimo pensiero che ricordo, prima di addormentarmi, fu che quello sarebbe stato, presto, molto presto, il nostro futuro.

“Se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio il sorriso.”

(F. De Andrè)

A F.S. con tutto l’amore che posso.