martedì 3 maggio 2011

CHE COS'E' LA SANTITA'?

Nei giorni della beatificazione di Giovanni Paolo II ci siamo un po’ tutti domandati in che cosa consiste la santità, quale portata abbia per gli uomini e le donne di oggi il concetto di salire agli onori dell’altare. Per non fermarsi di fronte ai facili fondamentalismi, alla superficialità del fanatismo religioso (comunque presente anche nel cattolicesimo), cerchiamo di indagare, per quanto possibile, se veramente l’accezione di santità rivesta (se lo riveste) un qualsiasi significato.
Prendiamo le mosse dalla dottrina, dal Magistero della chiesa cattolica. Il dogma che ci interessa, in questa sede, è quello della “intercessione dei santi”. In cosa consiste? Per dirla in parole molto semplici (me ne scuso con i miei dotti lettori), l’intercessione dei santi non è altro che una richiesta di “raccomandazione” da parte del santo prescelto presso Dio onnipotente. Ciascuno di noi è libero di scegliersi il santo che più sente vicino alla propria sensibilità, poniamo San Gaspare, gli domanda una grazia, per esempio un aiuto per estinguere un mutuo che si ha qualche difficoltà a rimborsare, e San Gaspare, dopo una breve disamina della richiesta, si presenta al cospetto di Dio domandando se non si possa fare qualcosa per il malcapitato cattivo pagatore che ha fatto ricorso al santo in questione. Sarà poi Dio Padre, liberamente, a decidere, a valutare se esistono margini di possibilità per aiutare il devoto di San Gaspare. Detta così, me ne rendo conto, la cosa può apparire addirittura comica, ma, in buona sostanza, la dottrina cattolica proprio questo predica. Ma non solo. La vexata quaestio del traffico delle indulgenze, che ha dato fuoco alle polveri della Riforma Protestante, non è mai stata completamente risolta. Esistono delle occasioni, come l’anno del Giubileo, come la proclamazione della santità di Giovanni Paolo II (che presumibilmente avverrà tra un anno)nelle quali, il pellegrino che si reca a San Pietro e magari versa una congrua offerta per accrescere il tesoro di San Pietro stesso, potrà avvalersi di una indulgenza plenaria, nel senso che, senza passare attraverso il sacramento della confessione, vede la remissione totale di tutti i peccati commessi fino a quel momento. Una sorta di amnistia spirituale. Ironia a parte, credo sia evidente per qualsiasi mente critica, che i famosi santi intercessori richiamano da vicino l’Olimpo degli dei che circondano Zeus, e che tale dottrina riprende da vicino i culti ellenici e pagani anteriori alla venuta di Cristo. Le folle plaudenti ed entusiaste che hanno pacificamente invaso la città di Roma non sono probabilmente consapevoli di praticare una sorta di idolatria, dal momento che l’unico ente degno di adorazione o venerazione è Dio e soltanto Dio, tutto il resto ricade nella superstizione e nella credulità popolare. Mi pare ovvio che la Chiesa incoraggia ed approfitta di queste occasioni per fare del facile proselitismo, e per fare dimenticare, dichiarando santo un pontefice qualsiasi, taluni lati oscuri che non gettano una buona luce sulla chiesa in quanto istituzione. Senza incomodare i soliti preti pedofili, da non strumentalizzare, un aspetto che rimane spesso in ombra e di cui non si parla affatto è quello che la Banca Vaticana, anche se si chiama Istituto per le Opere Religiose, è una banca come tutte le altre, che si affianca a San Marino nel novero dei paradisi fiscali che ci teniamo in casa. Per tornare a noi, vediamo che cosa occorre ad un uomo per essere proclamato santo. Prima di tutto, aver compiuto in vita o in morte, invocato dal fedele di turno, un miracolo. In genere si tratta di guarigioni miracolose. A Giovanni Paolo II ne sono state attribuite, postume, diverse. Basta che il miracolato di turno dichiari di aver invocato il santo in parola, e, se la cosa è strumentalmente utile alla chiesa, viene utilizzata come inoppugnabile prova della santità del personaggio. Ora, la cosa che desta, francamente, una certa meraviglia, è il coro unanime di filosofi, politici, pensatori, commentatori, giornalisti, insomma dei media in genere. Praticamente, nessuna voce fuori dal coro. Possibile che a nessuno sia venuto in mente che la santità di Giovanni Paolo II semplicemente non esiste, e questo non perché nessun essere umano, che condivide con gli altri suoi simili le stesse debolezze, fragilità e lacune, possa e debba essere proclamato santo, ma perché alla Chiesa serviva un santo popolare, sentito tale dalle grandi masse, che non fanno sottili distinzioni teologiche, accettano quanto proposto dalle gerarchie vaticane senza discutere, e non si preoccupano di scavare un minimo sotto la sottile coltre della faciloneria popolare. Giovanni Paolo II non era un santo in molti sensi. L’unica dote che lo ha veramente contraddistinto è quella vena politica che gli ha permesso, grazie ad una favorevole congiuntura mondiale, di contribuire alla caduta del muro di Berlino, e di porre fine al comunismo. A parte questa qualità, fuori discussione, Giovanni Paolo II non ha eccelso in alcunché. Teologicamente il suo contributo è inesistente: le sue encicliche, di una noia mortale, non sono che una bolsa e ritrita ricapitolazione del catechismo per gli adulti. Non ha fatto altro che ribadire quanto era già contenuto nel magistero cattolico, non compiendo alcun passo reale (non di facciata) nel senso dell’ecumenismo nei confronti del “fratelli” separati protestanti. Ha scelto come prefetto per la congregazione per la dottrina della fede (l’ex Sant’Uffizio)proprio un reazionario di provata fede come Ratzinger, guarda caso l’attuale pontefice. Ratzinger non si è mai distinto per spirito critico e apertura mentale. E’ un ottuso custode delle fede romana, un pedante conservatore convinto di possedere le chiavi non solo di Pietro ma della verità assoluta. Le dimostrazioni esteriori del futuro santo, l’amore per lo sport, l’ossessione dei viaggi, le sue doti canore ecc. avranno impressionato le masse cattoliche, ma non sono altro che operazioni di pura propaganda e d’immagine, non accompagnate da provvedimenti sostanziali. In tutta la sua opera, in definitiva, Giovanni Paolo II non ha fatto non solo nulla per essere santo, ha semmai fatto di tutto per non esserlo, mantenendo in vigore dogmi o insegnamenti della chiesa ormai superati, facendo riferimento, più che al Concilio Vaticano II, a quello tridentino, non nascondendo la sua ostilità per talune posizioni assunte dal Vaticano II, e le sue simpatie (si pensi alla messa recitata in latino) per provvedimenti assolutamente retrivi.
Piuttosto, c’è qualcuno che è stato dimenticato, rimosso, dalla memoria collettiva del cattolicesimo, non avendo il “carisma”, le doti di richiamo e di popolarità che innegabilmente possedeva Giovanni Paolo II: Giovanni Battista Montini, Paolo VI. Tutti hanno dimenticato che, a dispetto della sua aria dimessa e poco comunicativa, è stato un grande pontefice ed un grande riformatore. Con il suo indispensabile contributo, si è concluso, brillantemente, il concilio Vaticano II, una svolta del cattolicesimo, mai applicato sino in fondo, mai approfondito abbastanza, soffocato dalle idee reazionarie di Giovanni Paolo II e di Ratzinger. Ma non basta. E’ stato Paolo VI a riformare da cima a fondo la Curia romana. Ha stabilito un’età massima (75 anni) oltre la quale un prelato, per quanto porporato, deve essere collocato a riposo; ha istituito una sorta di “parlamento” nella curia romana. Il Vaticano è, politicamente, una monarchia assoluta, ma con Paolo VI è divenuta un po’ meno assoluta. Con l’istituzione del Sinodo dei Vescovi e del Collegio Cardinalizio, (una sorta di Camera e Senato) si sono costituiti due organi consultivi dei quali il monarca pontefice può avvalersi e possono affiancarsi così alle sue decisioni, avvalorandole ulteriormente. E poi, la stagione dei viaggi pastorali non è cominciata con Giovanni Paolo II, ma con Paolo VI, il quale compì una ventina di viaggi,  prendendosi, tra l’altro, una coltellata nella Filippine. Se per un momento, solo per un momento, entriamo nella mentalità cattolica, se proprio crediamo che un uomo sia degno di essere venerato come un santo, Paolo VI avrebbe risposto benissimo a queste caratteristiche. Ma la sua popolarità era scarsissima, era un pontefice riformatore, ma non se ne è accorto nessuno, soprattutto i media, e di lui la gente ricorda solo la sua aria mesta e la sua malinconia. Un po’ poco per diventare santo.
Ricordiamo, infine, una volta per tutte, che la chiesa cattolica, proprio per queste forme di idolatria paganeggiante, è oggetto di ironie e strali da parte di tutte le altre confessioni cristiane, che, professando i due dogmi fondamentali del cristianesimo (l’unità e la Trinità di Dio, l’incarnazione, la passione, la morte e la resurrezione di Cristo) rigettano come pratiche superstiziose e pagane tutte le forme di venerazione che non abbiano come unico oggetto direttamente l’unico Dio di tutti credenti. La proclamazione , la venerazione, l’intercessione dei santi sono delle forme umane, troppo umane, per fare proselitismo, facili conversioni del tutto superficiali, fare propaganda al pontificato romano, fare dimenticare le enormi responsabilità della chiesa nella storia dell’umanità, una storia spesso intessuta di intrighi, di guerre sante, che poi sante non erano, di spargimento di sangue innocente, di assoluta ipocrisia, di vita nel lusso e nello sfarzo, con la scusa della maggior gloria di Dio. Nessun è santo, non esistono i santi in questo mondo. La nostra natura è troppo debole e inconsistente, è troppo lontana dalla perfezione per poter aspirare ad una simile condizione. Chi proclama i santi dimentica che esiste un peccato contemplato anche dal magistero cattolico: quello della superbia e della vanagloria, aspetti di una umanità che non fa che allontanarci sempre più dal vero Dio e dalla vera Chiesa.