giovedì 5 maggio 2011

SCUSI, LE DISPIACE SE LE FACCIO UNA VERIFICA FISCALE?

Nel Decreto sullo sviluppo economico approvato in data odierna (5 maggio) è contenuta una norma, curiosa fino alla stravaganza, che introduce il concetto, nell’ambito della lotta all’evasione fiscale, del “controllo garbato”, la “verifica discreta”, insomma le ispezioni fiscali ad aziende, imprese e singoli contribuenti, d’ora innanzi, debbono poggiare sulle solide basi della buona educazione, delle buone maniere, si devono svolgere in un clima non già intimidatorio, ma improntato alla cordialità e al bon ton. Insomma, basta visite a sorpresa, con le sirene spiegate e gli agenti in divisa, ma un paio di controlli all’anno possono essere considerati più che sufficienti, soprattutto se eseguiti in punta di piedi, senza arrecare troppo disturbo al possibile evasore, che potrebbe restarne non solo contrariato, ma addirittura disgustato. E noi non vogliamo che i possibili evasori possano essere traumatizzati da controlli assillanti, effettuati a sorpresa, senza preavviso, e, soprattutto, non osservando quel galateo indispensabile a preservare i buoni rapporti che devono, in un paese civile, intercorrere tra fisco ed evasori fiscali.
Sembra una barzelletta, lo capisco, eppure è tutto vero. Per questo motivo pubblico l’articolo messo in linea oggi dal quotidiano “La Repubblica” , relativo ad una sconcertante, esilarante, grottesca, norma introdotta nel decreto sullo sviluppo economico. E’ talmente surreale che non merita neppure un commento, sembra uscita dal Paese dei balocchi di Pinocchio, anzi dal paese degli “acchiappa citrulli”, dove in galera venivano condotti i cittadini onesti, e i ladri e i grassatori erano a piede libero.
Nel 2010 gli italiani non hanno dichiarato al fisco redditi per quasi 50 miliardi di euro. Precisamente 49,245 miliardi di euro, una somma cresciuta del 46% rispetto all'anno precedente. Il dato è contenuto nel rapporto annuale della Guardia di Finanza, presentato a Roma, e conferma quanto già reso noto dal comandante delle Fiamme Gialle, il generale Nino di Paolo, ai membri della Commissione Finanze della Camera.
Alla luce di questi dati quello che leggerete più avanti non solo appare sconcertante, ma addirittura provocatorio. Fino a quando dovremo  tollerare ancora questa classe politica? Continuiamo ad alzare l’asticella dell’indignazione, ingoiando tutto quello che ci viene propinato come una betoniera. Siamo talmente assuefatti alle prodezze dei politicanti di casa nostra, che non riusciamo neppure più a provare vergogna di noi, di questo paese, di questi politici che sono la vera causa del perdurare della crisi economica. Non dimentichiamo mai che, considerando la complessiva tenuta della nostra classe imprenditoriale e del nostro sistema bancario, quello che manca a questo paese è un ceto politico in grado di attuare quelle riforme necessarie ad incentivare lo sviluppo economico, la crescita che da noi non decolla. Se non ci troviamo nella situazione della Francia è solo perché i nostri politicanti sono paragonabili a quelli greci o rumeni. Se, per assurdo, l’evasione fiscale fosse, almeno in gran parte debellata, saremmo in grado di raddrizzare i nostri conti pubblici, il vero tallone d’Achille del nostro paese. Certo che se le misure per stanare evasori ed elusori fiscali sono come quelle varate oggi, possiamo solo prevedere che, d’ora innanzi, gli evasori fiscali, in Italia, non potranno che moltiplicarsi.

E' una svolta quella che si annuncia nella lotta all'evasione fiscale ed alle irregolarità amministrative e contabili che spesso ne sono il paravento. Il governo e l'Agenzia delle entrate hanno infatti varato oggi due provvedimenti che introducono il guanto di velluto e le buone maniere durante controlli, ispezioni e verifiche per l'accertamento della fedeltà dei contribuenti.

A muoversi per primo è stato il governo che, nel decreto sullo sviluppo approvato oggi dal consiglio dei ministri, ha previsto un pacchetto di misure relative ai controlli amministrativi nelle aziende. Il testo dispone che, fatta eccezione per le situazioni di emergenza, i controlli amministrativi del personale ispettivo sulle imprese debbano essere concentrati in un'unica "visita" in azienda, essere semestrali (dunque in qualche modo annunciati) e non possano durare più di 15 giorni. A quanto si apprende, inoltre, i militari della Guardia di finanza dovranno presentarsi in borghese e non più in divisa. Il pacchetto si conclude con la previsione di una sanzione disciplinare per il pubblico ufficiale, militare o ispettore che sia, che assilli o vessi un'azienda eccedendo nei controlli.

Quasi contemporaneamente, mentre il consiglio dei ministri avviava la procedura per la sua riconferma, il direttore generale dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera, ha pubblicato sul sito dell'Agenzia una lunga e durissima lettera rivolta ai propri ispettori, in cui chiede "rispetto" per i contribuenti, sottolineando che "soprusi e arroganza nei controlli" finiscono "quasi per apparentare l'azione del fisco a quella di estorsori" e che in presenza di "gravi comportamenti", "gravi saranno anche le relative sanzioni, nessuna esclusa".

A parte la curiosa coincidenza fra l'iniziativa del governo e quella del fisco, da cosa nasce la lettera di Befera? Il direttore dell'Agenzia ne attribuisce l'origine al fatto che "continuano ad arrivare" alla sua attenzione segnalazioni di contribuenti che si lamentano degli ispettori del fisco e ne denunciano gli atteggiamenti vessatori: "La nostra azione - scrive Befera - di controllo può rivelarsi realmente efficace solo se è corretta. E non è tale quando esprime arroganza o sopruso o, comunque, comportamenti non ammissibili nell'ottica di una corretta e civile dialettica tra le parti".

Certo, ammette il capo dell'Agenzia delle entrate, alcune segnalazioni potrebbero esser strumentali, ma sono comunque indice di un disagio che va raccolto soprattutto "quando mi viene riferito che qualcuno, a giustificazione di tali comportamenti, farebbe presente di operare in quel modo per necessità di raggiungere l'obiettivo assegnato". Insomma, il fine (l'accertamento dell'irregolarità) non può giustificare mezzi scorretti perché ne deriverebbe un "devastante danno di immagine" per l'Agenzia e per i colleghi, finendo "quasi per apparentarne l'azione a quella di estorsori: operando così, si alimentano purtroppo i peggiori stereotipi".

La lettera di Befera si trasforma poi in direttiva operativa con indicazioni che sono, per il personale, "vincolanti e impegnative" e "rilevanti sotto il profilo disciplinare": "Se un accertamento non ha solido fondamento, non va fatto - scrive il direttore generale ai propri dipendenti - e se da una verifica non emergono fatti o elementi concreti da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudoinfrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la verifica stessa sembri essersi chiusa negativamente. Insomma, se il contribuente ha dato prova sostanziale di buona fede e di lealtà nel suo rapporto con il Fisco, ripagarlo con la moneta dell'accanimento formalistico significa venire meno a un obbligo morale di reciprocità. Allo stesso modo, non è ammissibile pretendere dal contribuente adempimenti inutili, ripetitivi e defatiganti; e costituisce una grave inadempienza ritardare l'esecuzione di sgravi o rimborsi sulla cui spettanza non vi sono dubbi".

Per il direttore dell'Agenzia, a prevalere devono essere le "modalità di relazione che i contribuenti stessi elogiano nelle lettere che da qualche tempo pubblichiamo su intranet: disponibilità, cortesia, capacità di ascolto, chiarezza nelle spiegazioni, attenta valutazione senza preconcetti di problematiche complesse, volontà di cogliere la sostanza delle questioni e di trovarne tempestivamente la soluzione. Senza trincerarsi dietro esasperanti formalismi o piccole astuzie burocratiche". In fondo, conclude Attilio Befera, "la regola da seguire è molto semplice. E' una regola di rispetto: comportiamoci tutti, come funzionari del Fisco, così come vorremmo essere tutti trattati come contribuenti".
(Fonte: "La Repubblica") RIPRODUZIONE RISERVATA