mercoledì 12 gennaio 2011

TUNISI !

E’ di queste ultime ore la notizia che la situazione in Tunisia sta precipitando verso la guerra civile o l’insurrezione armata. Non ci sarà in realtà alcuna insurrezione popolare, per il semplice fatto che il regime di Ben Alì, praticamente alle corde, non cadrà per mano della guerra civile (che è una prerogativa delle democrazie), ma solo in virtù di un golpe militare. Facciamo ordine. Il generale Zine Al-Abidine Ben Alì, una volta deposto l’ex dittatore Bourguiba, diventa, da militare che era, Presidente della Repubblica a vita. Era il 1987 (sic!). Le consultazioni elettorali e gli emendamenti costituzionali che si sono avvicendati non hanno mutato questa realtà. Sappiamo bene che nel continente africano e in quello Sudamericano, quando alla voce “forma istituzionale” leggiamo “repubblica presidenziale” si tratta in realtà di una dittatura mascherata. Ho visitato in tre circostanze diverse  questo paese, pieno di contrasti e contraddizioni, ma ricco di una formidabile vitalità, e di una certa creatività da parte dei suoi  abitanti. Ho amato questo paese, ma debbo rilevare che 23 anni di dittatura di Ben Alì non sono facilmente spiegabili a noi occidentali. Un mediocre generale, che si improvvisa Presidente, che riempie le carceri di prigionieri politici, primi fra tutti i sindacalisti, che soffoca le libertà di stampa (i giornali quotidiani sono 18,9 per 1000 abitanti; in Italia sono 109 per mille abitanti), che ha instaurato un regime poliziesco – la polizia è presente ovunque, costantemente, per quanto cerchi di mimetizzare la sua presenza con una certa discrezione -  che, soprattutto, ha costruito un regime politico economico di tipo familiare-clientelare, con livelli di corruzione inimmaginabili, un regime autocratico degno di un Bokassa. E proprio qui sta la contraddizione più vistosa di questo paese. Si tratta di un paese, non lo dimentichiamo, con una economia non disperata, dotato di discrete infrastrutture, di una collaudata rete di accoglienza turistica, con buone rimesse da parte degli emigrati, con una alfabetizzazione al 78% (per un paese africano un’ottima percentuale), insomma in una nazione che di fatto non appartiene neppure al terzo mondo, governato da un dittatore da Repubblica Centrafricana. Esistono, infatti, numerosi casi analoghi nell’Africa subsahariana, ma si tratta di paesi dall’arretratezza non paragonabile alla Tunisia. Dispiace profondamente constatare che per tutti questi anni il popolo tunisino si sia fatto soggiogare da un simile monarca assoluto. Non si tratta, come è ovvio, di una banale (ma non troppo) “rivolta per il pane”, si tratta, più in profondità di una rivolta degli studenti e dei giovani per i quali non ci sono sbocchi se non appartengono alla cricca del regime, di una rivolta delle opposizioni civili stanche di continuare a vivere sotto il tallone dei militari. Eppure, paradossalmente, saranno proprio i militari a liberare il paese da Ben Alì, che troverà sicuramente rifugio in qualche accogliente “repubblica presidenziale” del continente. Così, ad un regime militare si succederà un altro regime militare, che sicuramente, dopo aver modificato per l’ennesima volta la costituzione, prometterà quanto prima una consultazione elettorale, per riconsegnare il potere ai civili. Ma intanto ci saranno tempi tecnici da rispettare, per questo passaggio istituzionale, ed i militari, tirando a campare, si accorgeranno che, in fondo, non è così male stare al potere. Si troverà in questo modo un altro generale disposto a fare il presidente a vita. Come già detto, l’aspetto che desta un certo rammarico, è vedere chiaramente che il popolo, utile solo a dar fuoco alle polveri, finisca ancora una volta per non essere protagonista di questo importante cambiamento istituzionale, ma sia obbligato a subirlo, gestito come sarà da una giunta militare, la quale non farà altro che raccogliere il testimone della precedente. Un vero peccato. Un’ultima considerazione. Alle anime belle che si strappano le vesti deplorando le dittature militari che governano paesi come la Tunisia e soprattutto l’Algeria, ricordiamo che noi occidentali abbiamo ampiamente foraggiato ed appoggiato, magari sotto traccia, tali giunte, per il semplice fatto che se questi paesi andassero a vere libere elezioni le probabilità di vittoria da parte dei partiti islamici sarebbero parecchio alte. Una delle cose che noi europei abbiamo apprezzato di più del regime di Ben Alì e della giunta militare algerina è che l’esercito, tradizionalmente laico, ha messo fuori legge qualsiasi partito islamico. E a noi questo tutto sommato non dispiace. Vedere affacciato sul Mediterraneo una paese come l’Iran di Ahmadinejad, francamente non è una alettante prospettiva.