martedì 18 gennaio 2011

SCENDENDO

Avrei voluto sottrarmi ad un commento fin troppo facile, fin troppo scontato, fin troppo amaro, sull’indefinibile spettacolo che ci sta offrendo in questi giorni la politica in generale, e segnatamente Silvio Berlusconi. Lo faccio per un senso di dovere anzitutto nei confronti di quei cari amici lettori che mi hanno fatto la cortesia di richiedermelo, e per una sorta di dovere che provo nei confronti della mia stessa coscienza. Non ripeterò, in questa sede, tutta la serie di ovvietà di cui sono colmi i giornali, né la cronaca di fatti che sono, a questo punto, noti a tutti. Mi trovo, al pari di Rosy Bindi, della quale apprezzo la misura, in serio imbarazzo a commentare qualcosa che va al di là del lecito, dell’immaginabile, dell’umanamente comprensibile. Provo, in queste ore, un moto di pietà (non di compassione, che è ben altra cosa) per un uomo che è giunto alla fine del suo percorso politico e, forse, anche di quello umano. Pietà perché, metaforicamente, siamo quasi arrivati al Piazzale Loreto di questo autocrate fuori controllo, al triste capolinea di un ex leader e di un ex politico. Pietà, perché la fine di quest’uomo è la più ingloriosa che si possa immaginare, perché anche i suoi strenui difensori arrancano penosamente, si arrampicano su degli specchi sempre più scivolosi, perché l’imbarazzo generale è ormai enorme, l’immagine del paese ha toccato i minimi storici della storia repubblicana. Finire nella polvere è la peggiore fine, vessato, dileggiato dal suo stesso popolo, a Craxi tirarono le monetine, a Berlusconi è riservato il silenzio che va oltre le parole, un silenzio carico di disprezzo misto alla pena che proviamo per noi stessi, che lo abbiamo o eletto o tollerato, e per lui che non ha saputo ritirarsi in tempo utile. E’ altresì penoso lo spettacolo offerto dagli sgherri e dalle cortigiane di quest’uomo, costretti dalla loro stessa cupidigia, dal loro stesso attaccamento al potere e allo scranno, a difendere colui che non si può più difendere, a recitare una parte che non garba più nemmeno a loro, che senza Berlusconi non sono nulla, marionette senza fili. Non ci interessa e non interessa credo a nessuno, l’aspetto giudiziario della questione, è probabile che abbiano ragione coloro che parlano di “giustizia ad orologeria” (quest’ultima bordata giudiziaria ha preso le mosse all’indomani del pronunciamento della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento). Non è questo che conta per noi. Per ben altre ragioni la misura è ormai colma. Le storie che trapelano da Palazzo Grazioli e dalla villa di Arcore provocano un disgusto tale dall’essere difficilmente comunicabile. Si parla di serate da suburra, popolate da una fosca umanità, da lenoni, ruffiani a vario titolo, procacciatori, mezzane, megere, avanzi di postribolo, prostitute, prostitute minorenni, signori anziani bavosi e patetici, lumaconi di varia natura, carabinieri e poliziotti distolti dalle funzioni istituzionali per accompagnare le prostitute di cui sopra, concussioni verso magistrati, favoreggiamento della prostituzione e via discorrendo. Torna alla mente, fatalmente, la sarabanda finale del film di Fellini “otto e mezzo”, un carosello di personaggi ora patetici, ora tragici, ora ridicoli, ora grotteschi. E’ chiaro per tutti che Berlusconi compirà il suo percorso fino in fondo: la coppa di cicuta dovrà essere bevuta sino all’ultimo, fino all’epilogo finale, che come dicevo, ricorda il Piazzale Loreto di un suo illustre predecessore, Benito Mussolini. Vorrei ancora una volta soffermarmi su alcune similitudini che è possibile ravvisare tra i due uomini. La stessa pretesa di essere “uomini della Provvidenza”, la stessa “solitudine del capo” (anche Gianni Letta, persona che reputo tutto sommato seria, non ha più alcun controllo su di lui), la stessa compresenza di buffoneria, arroganza, il populismo, la facile retorica, la presa sul grande pubblico, il fiuto politico, l’anticomunismo immaginario, l’idea, patologica, di rappresentare il meglio de popolo italiano, nella realtà disprezzato in segreto, considerato una massa di pecoroni disposti comunque e in ogni caso a seguire il capo; non ultimo, l’aver fondato un partito senza designare un successore, un partito di cui è il demiurgo ed il dittatore assoluto, un partito senza dialettica e senza confronto, non lontano, nella sostanza, a quello fascista.  E’ chiaro che si configura un accanimento terapeutico di questo regime, se non altro perché i suoi peones lo sosterranno fino all’ultimo, salvo cambiare casacca il giorno dopo la sconfitta. La stessa Lega Nord, osserva come da lontano, con malcelato fastidio, le prodezze di quest’uomo, esitando a togliere la spina solo perchè esiste una remota possibilità di portare a termine il federalismo.
E così, malinconicamente, assisteremo alla lenta agonia politica di quest’uomo, tenuto in vita da un pugno di mercenari parlamentari, e lo vedremo scendere, scendere sempre più in basso, in una sorta di “cupio dissolvi” orribile, in una corsa disperata  e grottesca verso l’autoannientamento e l’azzeramento del paese che lo ospita. Quindici anni di Berlusconismo non hanno provocato i danni e le rovine di vent’anni di fascismo, ma la cultura, la morale, la politica della nazione sono regredite di parecchi decenni. Qualcuno mi dirà che simili abitudini, presumibilmente, erano frequenti anche presso altri uomini politici al potere. E’ vero, probabilmente. Ma si trattava di ben altri uomini, con un senso della misura e della discrezione che Berlusconi ha mostrato di disconoscere completamente, cercando quasi, paradossalmente, di dare esibizione delle sue distorte abitudini. Non mi soffermerò sugli aspetti psichiatrici che lo riguardano, l’ho fatto in un post pubblicato precedentemente (“un caso clinico”) cui, eventualmente rimando il lettore. C’è ancora un aspetto da esaminare: l’esempio terribile offerto ad una generazione giovanile, già fin troppo colpita da una predestinazione alla disoccupazione e al precariato. Non è trascurabile l’aspetto diseducativo e offensivo nei confronti delle donne, considerate merce di scambio e da fruire come bambole gonfiabili. Per un quinto di quello che ha combinato Berlusconi, il congresso americano avrebbe votato l’impeachment e lo avrebbe messo fuori causa. Un ultimo aspetto, questo sì ridicolo, è che, stando ai sondaggi, se si dovesse arrivare a nuove consultazioni elettorali, il quadro politico cambierebbe pochissimo. Il partito di Berlusconi perderebbe qualche consenso ma non crollerebbe, acquisirebbe qualche voto in più la Lega e L’Italia dei valori, Il PD andrebbe incontro a viso aperto alla sconfitta, diviso com’è in correnti l’una contro l’altra armate, il partito di Fini non è abbastanza consolidato per conseguire un risultato di rilievo.
Basta. Mi costa fatica pensare e scrivere di questi eventi Se è vero quello che citavo poc’anzi, allora è vero che il popolo italiano è degnamente rappresentato da personaggi del tipo di Mussolini o Berlusconi (vi ricordate la caricatura di Mussolini, il Napoloni di Charlie Chaplin nel “Grande dittatore”?). Berlusconi ha molto di Napoloni, e il film di Chaplin, al di là della satira, era un film serissimo. Siamo noi italiani che non funzioniamo bene, non possiamo che esprimere una simile classe di politicanti. Non possiamo trovare facili scuse o scappatoie. I paesi delle tre “A”, in economia, Olanda, Danimarca, Germania, Finlandia, non sarebbero in grado di generare un simile personaggio. E allora scendiamo, scendiamo sempre più in basso, fino in fondo. Quando il leader rotolerà nella polvere, e noi con lui, nel cataclisma economico, forse saremo in grado di provare un moto di orgoglio e di ribellione. Quello che accade in Tunisia, una rivolta non per il pane, ma per liberarsi a un dittatore ottuso e corrotto, dovrebbe farci riflettere. Quando i nostri giovani prenderanno pienamente coscienza della loro condizione, della loro assenza di futuro, scenderanno in piazza e cominceranno la turbolenze, gli scontri ed un periodo di grande instabilità sociale. Ma per il momento, prima che cali il sipario e scenda la notte, continuiamo a scendere, a scendere gli ultimi gradini.