venerdì 21 gennaio 2011

MORIRE PER MADRID?

E’ notizia recente, tratta dal bollettino uscito a gennaio della BCE, che anche l’Italia, con Spagna e Belgio, è entrata nel novero dei paesi UE sotto osservazione per il debito sovrano. Non è una notizia stupefacente, le condizioni del nostro debito pubblico sono tali che non ci potevamo aspettare una sorte migliore. Tuttavia, vederlo scritto nero su bianco fa sempre un certo effetto. Al pari del Belgio, che oltre ad una politica delle sue banche non proprio accorta, soffre di una stallo politico (il paese è paralizzato dalla vittoria dei partiti nazionalisti, fiammingo e vallone, pronti ad una scissione cui l’Europa intera è contraria) anche l’Italia, con la situazione politica che è sotto gli occhi di tutti, non ne esce benissimo. Tuttavia, le preoccupazioni maggiori arrivano, ancora una volta dalla Spagna; nonostante le aste dei titoli pubblici siano andate discretamente, resta pesante la situazione che coinvolge il deficit dello stato e la crisi del sistema bancario di questo paese. Ci troviamo di fronte ad un paese “troppo grande per fallire”, considerando che il fondo salva-stati stanziato dalla BCE sarebbe largamente insufficiente per salvare un paese al quale, perlomeno, servirebbero 800 milioni di euro, una somma che semplicemente non sarà mai a disposizione né della UE né del Fondo Monetario. Ci troviamo, insomma, di fronte al dilemma di cercare il modo di evitare il default della Spagna senza trascinare nella rovina il resto dell’Europa. In gioco, come dico sempre, c’è sempre la sopravvivenza dell’Euro. In questo senso, se le cose non volgessero al meglio, l’unica soluzione praticabile sarebbe quella di far uscire la Spagna dall’Euro, condannandola, con il ritorno alla peseta alla rovina economico finanziaria. Se dovesse essere stabilita una simile strategia, è ovvio che, se non altro per una giustizia perequativa, bisognerebbe escludere dall’Euro anche gli altri paesi, già falliti o a rischio fallimento. Ma in questo caso mezza Europa uscirebbe dall’Euro. L’altra alternativa potrebbe essere quella dell’Euro a due velocità, ma anche questa appare difficilmente praticabile. L’Euro2 sarebbe destinato ad una lenta, inesorabile agonia, e dietro l’angolo ci sarebbe di nuovo il ritorno alle valute nazionali, con tutte le conseguenze del caso. Insomma, un bel rompicapo.
Riporto di seguito l’esauriemte analisi condotta dall’economista Micaela Osella su finanza.com, che riprende le dichiarazioni dell’analista Mike Riddel (M&G Investmens)
"La settimana passata abbiamo assistito a un modesto rally nell'area Euro e nei titoli di stato dei Paesi periferici dell'Eurozona", ricorda Mike Riddell, fixed income fund manager in M&G Investmens. Questo guizzo iniziale è stato causato dalla Bce che ha acquistato grandi quantità di emissioni portoghesi nel tentativo di dissipare i timori del mercato prima di un'asta critica. Le aste tenute la scorsa settimana in Portogallo, Spagna e Italia sono tutte andate bene, stimolando un ulteriore rally.
"Tuttavia - avverte l'esperto - non vorrei vedere troppi significati dietro il buon esito di un'asta: sia la Grecia sia l'Irlanda hanno avuto delle aste soddisfacenti prima dei rispettivi salvataggi, perché i market markers avevano posizioni short sulle obbligazioni che andavano all'asta e quindi hanno riacquistato queste posizioni corte durante l'asta". "La crisi dei titoli sovrani europei - avverte - è stata come assistere a un incidente d’auto al rallenty e mi aspetto che nelle prossime settimane la crisi riprenda". 
Secondo Riddell probabilmente nel lungo termine il Portogallo dovrà ricorrere a un salvataggio e questo è ancora uno scenario gestibile. "Il problema reale - segnala fixed income fund manager - è la Spagna, la cui economia vale due volte quella della Grecia, dell’Irlanda e del Portogallo messi insieme. Per alcuni versi l’economia spagnola assomiglia a quella irlandese: il livello di debito del Paese è piuttosto basso, ma è il sistema bancario che desta preoccupazioni". Se infatti la Spagna dovesse avvicinarsi al default, e c’è un rischio reale che ciò avvenga, - denuncia - ci troveremo di fronte al problema di un Paese non solo troppo grande per fallire, ma anche troppo grande per essere oggetto di salvataggio". 
 
"Si parla di aumentare il fondo per il salvataggio, ma dubito che questo sarà sufficiente: non è pre-finanziato, quindi gli investitori dovranno essere convinti a partecipare prestando denaro ai Paesi dell'Eurozona in difficoltà in un momento in cui quegli stessi Paesi sono depressi proprio perchè nessuno vuole concedere loro dei finanziamenti", argomento. "In secondo luogo, il fondo di salvataggio non è un regalo, ma un prestito: quindi quei Paesi che il mercato ha giudicato insolventi dovrebbero ripagare il proprio debito in pochi anni -  e questo è solo rimandare il problema. Inoltre, il costo di ciascun salvataggio sarà sostenuto dai contribuenti, e convincere i virtuosi contribuenti tedeschi o olandesi a prestare denaro ai contribuenti dei Paesi Mediterranei “spreconi” senza alcuna garanzia di riavere indietro quanto prestato, è pura immaginazione".  
In definitiva a suo avviso è indispensabile una qualche forma di ristrutturazione del debito per gli stati sovrani e per le banche, ma le autorità stanno cercando di evitarlo con ogni mezzo, perché le banche detengono la maggior parte dei titoli di stato dell'Eurozona al loro pieno valore. "Ristrutturare il debito sovrano rischia di causare il collasso del settore bancario perché i titoli di stato dell'Eurozona sottoscritti - per un valore di centinaia di miliardi di euro - dovrebbero essere svalutati e le banche semplicemente non hanno sufficiente capitale per coprire queste perdite", riprende l'esperto.   
Una cosa è certa comunque: le autorità faranno di tutto per prevenire una seconda Lehman. La Bce ha dimostrato che quando aumenta significativamente gli acquisti di obbligazioni governative dell'Eurozona riesce ad abbassare i costi di finanziamento dei paesi, ma la Bce userebbe questa politica solo come ultima risorsa dal momento che è quasi come emettere moneta, e perché implica un rischio morale superiore: perché il governo spagnolo dovrebbe implementare una riforma fiscale dolorosa se sta per essere salvata dalla Bce? "Di conseguenza vedo come scenario possibile un euro molto più debole e un deterioramento della crisi del debito nei Paesi dell'Eurozona", conclude Riddell. "Se non si raggiunge al più presto una decisione - e non credo che esista realmente una soluzione che esuli da un duro risanamento del debito  - la crisi potrebbe facilmente estendersi, passando dai mercati obbligazionari agli altri mercati finanziari".